Pubbl. Ven, 21 Lug 2017
La successione mediata di norme penali
Modifica paginaQuesto argomento fa parte di una categoria estremamente complessa e delicata, sulla quale la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2451 del 2008, ha cercato di fare chiarezza optando definitivamente per la tesi della integrazione.
Sommario: 1. Premessa; 2. Tesi della Integrazione (S.U. 2008); 3. La Legge n. 189 del 2012; 4. Successione delle norme e Legge Balduzzi
1. Premessa
La successione di norme in ambito penale può essere immediata o mediata.
La successione immediata è la successione di norme che hanno all’evidenza natura penale, ossia norme che disciplinano il trattamento sanzionatorio (la norma che prevede qual è la pena per il reato) o di norme che descrivono direttamente la struttura del reato.
La successione mediata invece, ha ad oggetto norme che integrano o specificano il contenuto della legge penale, in particolare norme cui la norma incriminatrice rinvia; è l’ipotesi in cui, a fronte di una disposizione incriminatrice che rinvia ad un atto amministrativo o ad un decreto ministeriale per la specificazione dell’oggetto della condotta esecutiva del reato (ad es. importazione della sostanza stupefacente di cui all'apposito Decreto Ministeriale, e vi è una successione del D.M.). In tali casi la successione non riguarda la norma che definisce la struttura del reato o che fissa la pena, ma riguarda la norma a cui la fattispecie incriminatrice rinvia per la definizione di un elemento costitutivo del reato.
La successione può riguardare anche norme che definiscono un elemento normativo contenuto nella descrizione che la norma incriminatrice faccia; ad esempio, in presenza di una norma penale che punisca la sottrazione di minori, cambia la norma civilistica che definisce l’elemento normativo “minore” introdotto nella descrizione che la norma incriminatrice fa nell’ipotesi astratta di reato. Questa è la successione mediata. Con riferimento a queste ipotesi ci si chiede da sempre se siffatta vicenda successoria debba essere attratta dalle regole successorie dettate dall’art. 2 c.p.
2. Tesi della integrazione (S.U. 2008)
Ora, in seno a questo dibattito sono emerse più tesi: la tesi senz’altro prevalente oggi (vedi SS.UU 2008) è la tesi della cosiddetta “integrazione”, secondo cui questa successione di norme penali (mediata, ossia che riguarda norme richiamate dalla norma incriminatrice o norme che descrivono l’elemento normativo incluso nella descrizione della fattispecie astratta) è sottoposta all’applicazione disciplinata dall’art. 2 c.p. in specie al secondo comma dell’art. 2, a condizione che le norme oggetto della vicenda successoria presentino natura integratrice della disposizione incriminatrice. Questa tesi fa leva sulla natura integratrice o meno che la norma extra-penale abbia rispetto alla disposizione incriminatrice. Se ha natura integratrice, dunque, alla successione si applica l’art. 2 c.p. inclusa la retroazione della sopravvenuta norma abolitiva, se ha natura non integratrice a questa vicenda successoria non si applica quel principio del favor di cui all’art. 2 comma 2 c.p.
Innanzitutto questo è l’assunto fatto proprio dalle SS UU 2451/2008 riguardante la vicenda relativa all’art. 14 co. 5 ter del decreto 286/98, ossia il fatto dell’extracomunitario il quale, senza giustificato motivo, attinto dall’ordine questorile di allontanamento, non lo ottemperi. Accade dunque che il soggetto extracomunitario al momento del fatto, cessa di presentare questo status al momento del giudizio, intervenendo dopo la commissione del fatto, l’adesione al Paese di appartenenza all’Unione Europea (caso di Polonia e Romania).
In questa ipotesi, tale novità del quadro normativo extra penale, implicando la perdita dello status di extracomunitario, deve retroagire con conseguente effetto abolitivo del fatto commesso in precedenza quando il soggetto era extracomunitario?
Sostengono le Sezioni Unite che:
1) fondamentalmente, quando la disposizione penale rinvia ad un atto della amministrazione o quando la disposizione contiene un elemento normativo la cui descrizione è rimessa ad una norma extra penale e la vicenda successoria coinvolge non la norma incriminatrice o la norma che definisce l’elemento normativo contenuto nella norma astratta, occorre ai fini della soluzione del problema successorio, guardare non al fatto concreto e alla sua punibilità o meno alla luce della novità legislativa, ma occorre comparare due plessi normativi che sono costituiti dalla norma incriminatrice insieme alla norma recante la definizione come vigente al momento del fatto o la norma incriminatrice più l’atto amministrativo (primo plesso) e dall’altro la norma incriminatrice rimasta invariata e l’atto amministrativo come modificato dalla norma sopravvenuta o la norma incriminatrice invariata e la norma extra-penale che definisce l’elemento normativo intervenuti dopo. Quindi, nel verificare che la novità debba retroagire con conseguente effetto di abolitio, non occorre chiedersi se il fatto concreto sia o non sia punibile alla luce della novità sopravvenuta, ma occorre comparare le strutture (relazione strutturale) tra le due fattispecie astratte in successione; con la precisazione, in questo caso, che le fattispecie astratte sono dovute nel caso da due complessi normativi più articolati, da un lato la norma incriminatrici più atto amministrativo/norma descrittiva dell’elemento normativo come vigente al momento del fatto, dall’altra parte dopo la novità legislativa la norma incriminatrice e l’atto amministrativo o la norma descrittiva dell’elemento della fattispecie che è sono stati modificati.
Per esempio l'art. 73 d.P.R. sugli stupefacenti: occorre comparare fattispecie astratta, ossia norma incriminatrice insieme al D.M. vigente all’epoca del fatto. Tale fattispecie astratta va comparata con la successiva fattispecie composta dalla norma incriminatrice con il D.M. successivo.
La seconda ipotesi riguarda invece la successione non di un atto amministrativo a cui la norma incriminatrice rinvia, ma la norma extra penale che contiene un elemento normativo incluso nella fattispecie astratta. Per cui la fattispecie astratta sarà composta dalla norma incriminatrice insieme alla norma extra penale (mutata) che contiene un elemento normativo della fattispecie.
Il problema successorio va risolto non chiedendosi semplicemente se il fatto concreto non è più punibile alla luce della successione, ma occorre guardare alla fattispecie astratte in comparazione, raffrontarle e verificare che il legislatore sopravvenuto non abbia voluto modificare la fattispecie astratta. Solo quando c’è una nuova riscrittura della fattispecie astratta può parlarsi di abolitio e di sua retroazione.
Sicché non basta dire che il fatto non è più sussumibile nella nuova fattispecie, ma bisogna comparare le fattispecie. Ciò chiarito, però, le SS.UU. osservano che quando la vicenda successoria riguarda non norme penali in senso stretto, ma norme extra penali, occorre muovere dall’assunto, in forza del quale vige come principio generale sancito dall’art. 11 delle pre-leggi, in base al quale il novum legislativo non ha portata retroattiva. Poiché ci si chiede se una retroazione favorevole, di cui all’art. 2 co. 2 c.p., riguardi il D.M. , atti amministrativi o norme extra penali, occorre partire dal presupposto che per le novità diverse in materia penale non trova applicazione della retroazione, ma quello dell’operatività solo per il futuro sancita dall’art. 11 delle preleggi. Sicché queste novità normalmente non retroagiscono e non può trovare applicazione l’art. 2 co. 2 c.p. e la doverosa retroazione in caso di norma abolitiva, SALVO CHE la novità sopravvenuta pur riguardando una norma non incriminatrice penale in senso stretto abbia natura integratrice della norma incriminatrice così da mutarne sostanzialmente la natura e risultare sottoposta all’analogo regime successorio.!
I fautori di questa tesi ritengono che poiché per il novum normativo intervenuto in ambito non penale vige la regola generale dell’operatività solo per il futuro (ex art. 11 preleggi), poiché possa applicarsi la retroazione è necessario che il novum riguardi norme extra penali o amministrative che mutino la natura penale della norma incriminatrice e ciò può dirsi solo quando esse sono integratrici della norma incriminatrice. Solo in questo caso, a dispetto della forma non penale, il novum che riguarda tali norme, in deroga alle disposizioni di cui all’art. 11 delle preleggi, deve soggiacere alle regole sancite dall’art. 2 (anche comma secondo) c.p.
2) La Cassazione si chiede quando è che le norme sono integratrici della norma incriminatrice?
In precedenza si era già aperto un dibattito e la giurisprudenza ripercorre il dibattito dottrinale. Perciò la norma extra penale può ritenersi integratrice quando essa concorre con la norma incriminatrice a fissare o a definire l’estensione della fattispecie astratta da ritenere penalmente rilevante. Soltanto in questo caso, la norma, ad onta della sua veste formale extra penale, la norma concorre a definire l’area del penalmente rilevante e concorre a definire il disvalore che il legislatore ha inteso stigmatizzare e soggiace al regime successorio proprio delle norme penali.
Questo può dirsi quando la norma extra penale è una norma richiamata dalla norma incriminatrice, quando cioè è una norma chiamata a colmare gli spazi di definizione della fattispecie astratta lasciati scoperto dalle norme penali in bianco; è l’ipotesi dell’art. 73 che rinvia al D.M. Quest' ultimo nel chiarire che è stupefacente una sostanza, concorre a coprire spazi del precetto lasciati aperti dall’ area della norma incriminatrice, quindi, è sottoposto alle regole successorie.
Sostiene la Cassazione che altrettanto avviene nel caso delle norme extra penali definitorie, che per l’appunto contengono la definizione di un elemento costitutivo della fattispecie astratta indicato dalla norma incriminatrice. In questo caso la norma incriminatrice implicitamente fa richiamo per la definizione del reato ad una norma extra penale, ad esempio nel reato di sottrazioni di minori, la norma extra penale che definisce il concetto di minori.
La vicenda portata al vaglio del giudice di legittimità nella sentenza suddetta, riguarda quella dell’extracomunitario che non è più tale. In questo caso una novità normativa ha determinato la non applicabilità della normativa di cui all’art. 14 co. 5 ter a quei soggetti non extracomunitari.
L’interrogativo che ci si è posti, è se questa novità senz’altro applicabile successivamente alla entrata in vigore, debba retroagire al momento della commissione del fatto (quando cioè il polacco e il rumeno erano extracomunitari) e se a tale vicenda debba applicarsi la regola di cui all’art. 2 co.2 c.p. Sostengono le S.U. che applicando al caso di specie tali coordinate, occorre per risolvere il problema non guardare al fatto concreto, ossia alla punibilità o meno del soggetto in base al nuovo plesso normativo, perché se si applicasse un approccio di questo tipo, si dovrebbe per ciò solo concludere nel senso della retroazione. Invece occorre comparare le fattispecie astratte, e chiedersi se qualcosa è cambiato in base alla successione di una norma integratrice di quella incriminatrice.
Occorre, quindi, comparare la fattispecie vigente al momento del fatto e quella vigente successivamente per modifica legislativa. Ebbene, sostengono le Sezioni Unite che non è cambiato nulla perché la fattispecie astratta era quella che puniva l’extracomunitario che raggiunto dall’ ordine questorile non ottemperi, e anche adesso è il medesimo. Le due fattispecie non sono in alcun modo modificate, sono immutate. Non è stata modificata nemmeno la norme extra penale cui l’art. 14 co. 5 ter rinvia per la definizione dell’elemento normativo costituito dalla nozione di extracomunitario che era e resta quella di un soggetto non appartenente all’Ue. Non c’è stata proprio, allora, una vicenda successoria. Diversamente sarebbe stato se la norma avesse modificato la nozione di extracomunitario. Nel caso di specie non è stata modificata la fattispecie astratta; è venuto meno solo un presupposto di fatto per l’applicazione della norma incriminatrice ad un soggetto. Queste modifiche, quindi, non possono che riguardare il futuro. A fortiori le Sezioni Unite chiariscono che la soluzione del caso sarebbe stata differente se fosse mutato il concetto di extracomunitario, se ad esempio fosse stato escluso dal suo ambito i soggetti appartenenti a Paesi che, pur essendo ancora estranei all’ Unione Europea, abbiano avviato il procedimento che il trattato disciplina per l’adesione all’UE. Se fosse mutata la nozione di extracomunitario avremmo avuto una vera e propria vicenda successoria perché le fattispecie astratte come integrate dalla combinazione tra norma incriminatrice ed extra penale sarebbero state differenti. In questo caso invece è cambiato solo un presupposto di fatto.
In astratto, ciò che la Cassazione (e la dottrina maggioritaria) sostiene è che occorra guardare alle fattispecie astratte e qualora la vicenda sia autenticamente successoria per cui tra fattispecie astratte, la seconda restringa l’ambito applicativo della prima, occorre chiedersi se la vicenda incida su una norma che abbia natura integratrice. Il che accade soprattutto in due casi: il caso che coinvolge la successione di una norma definitoria, o il caso di una successione che coinvolga una norma (sia essa promanante da atto amministrativo o D.M.) cui la norma incriminatrice rinvia.
3. La Legge n. 189 del 2012
Problema analogo si è posto per effetto della novità legislativa introdotta dal decreto Balduzzi che all’art. 3 ha introdotto la sola disciplina penale della condotta del sanitario, stabilendo che qualora l’esercente la professione sanitaria si attiene a linee guida o a buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, lo stesso non risponde penalmente per colpa lieve.
Un primo profilo è quello di costituzionalità per dubbi circa la compatibilità di tale disposizione nella parte in cui limita la responsabilità penale del sanitario alla sola colpa grave, con alcuni parametri costituzionali tra cui quello del diritto di difesa della persona offesa. La Corte Costituzionale ha dichiarato la questione inammissibile.
Seconda questione è quella relativa all’ambito applicativo di tale disposizione: ci si è chiesti se tale previsione normativa, nel momento in cui circoscrive l’ambito della responsabilità penale, sul versante soggettivo, solo ai casi di colpa grave, sia applicabile nei soli casi in cui ciò che si contesti al medico sia l’errore specialistico (colpa per imperizia) o se l’esclusione della responsabilità per colpa medica debba estendersi anche ai casi in cui la colpa consista nell’ imprudenza o nella negligenza.
Terza questione che si è posta attiene alla applicabilità di questa limitazione di responsabilità in ogni caso in cui siano dal medico osservate le linee guida, quali che siano le linee guida, oppure solo nei casi in cui le linee guida osservate abbiano un contenuto eminentemente terapeutico e non siano dettate da ragioni di economicità. Ci si è chiesti se il fatto che la responsabilità penale sia subordinata al caso che il sanitario rispetti le linee guida funzioni anche quando le linee guida siano dettate non per finalità terapeutiche, ma per ragioni economiche.
Quarta questione che si è posta attiene all’ubi consistam di questa nozione di colpa non lieve o grave: quando il giudice, acclarato l’intervenuto rispetto delle linee guida da parte del sanitario debba concludere nel senso che la colpa in cui il sanitario sia incorso sia una colpa grave. Tale questione è esplosa dopo il decreto Balduzzi, perché prima del decreto la rilevanza dell’intensità della colpa serviva solo per fissare la commisurazione della pena, ma non ai fini dell’an della responsabilità. Con il decreto Balduzzi, il grado della colpa ha rilevanza per l’affermazione della responsabilità penale.
Quinta questione è quella relativa al rapporto tra linee guida e omessa osservanza di regole cautelari, quindi, quando è possibile sostenere non soltanto la colpa, ma anche la colpa grave del medico allorquando esso si sia attenuto alle linee guida o alle pratiche accreditate nella comunità scientifica? La risposta è stata che la colpa grave risiede proprio nel NON essersi discostato dalle linee guida quando il caso di specie, alla stregue delle regole cautelari, richiedeva proprio di discostarsi dalla linee guida. Questi sono i 5 problemi fondamentali!
4. Successione delle norme e Legge Balduzzi
Ci si è chiesti – ritornando al problema successorio – cosa accade se un medico, nel 2011, rispettando le linee guida ha posto in essere una condotta caratterizzata da colpa lieve viene condannato; successivamente sopravviene il decreto Balduzzi: questa regola innovativa deve retroagire?
Su questa questione la Cassazione con l' arresto numero 16237 del 2013 ha sostenuto che viene in considerazione con l’introduzione del Balduzzi un’autentica successione mediata di norme penali. L’assunto è quello secondo cui, per lesione e omicidio colposo, la norma incriminatrice rinvia per la nozione di colpa all’art. 43 del c.p.; sicché la norma incriminatrice al momento del fatto è costitutiva dagli art. 589 c.p. – 43 c.p. che ai fini della definizione dell’elemento costitutivo “colpa” non assegnavano nessun rilievo al grado della colpa, potendo l’elemento costitutivo “colpa” essere costituito da qualsiasi grado di colpa. Per effetto della novità extra penale costituita dall’art. 3 della Balduzzi, limitatamente al settore di responsabilità medico-sanitaria, l’elemento costitutivo dell’omicidio o della lesione colposa è modificato e integrato non più dalla colpa descritta dall’art. 43, ma dall’art. 46 e dall’art. 3 decreto Balduzzi, perché si è al cospetto di una vera e propria successione di norme extra penali mirata ad integrare la nozione di colpa. Si è quindi in presenza di due fattispecie: la fattispecie astratta vigente al momento della commissione del fatto (omicidio compiuto dal sanitario con colpa, quale che sia la sua intensità) e fattispecie sopravvenuta che assegna rilevanza penale solo al grado più alto della colpa, quella grave. E’ una vicenda successoria che ha riguardato una norma c.d. definitoria, perché il Balduzzi ha definito la nozione di “colpa” che costituisce elemento costitutivo del reato di omicidio e lesioni colpose. La legge Balduzzi, pertanto, deve conseguentemente trovare applicazione la disciplina successoria che riguarda le norme extra penali integratrici della fattispecie astratta (quindi successione mediata). Tant’è che la Cassazione del 2013 annulla la sentenza di condanna, chiede al giudice del rinvio di verificare se, nella condotta, il medico abbia osservato le linee guida e se sì, se sia rinvenibile una colpa “grave” e non lieve. Questo è il compito che la Cassazione demanda al giudice del rinvio.
Note e riferimenti bibliografici
- R. GAROFOLI, Manuale di diritto penale, parte generale, Nel Diritto Editore, 2015
- D. BRUNELLI, Rilevanza penale dell’abolizione del servizio militare obbligatorio: tra successione di norme e “scomparsa” del fatto tipico, in Cassazione penale, 2006, pp. 1682 ss.;
- A. NATALINI, La leva volontaria è un’abolitio criminis. La Corte aggiusta il tiro: non rileva la gradualità della riforma) , in “Diritto&Giustizia” n. 15/06, p. 79;
- A.. NATALINI, Assunzione di rumeni senza permesso di soggiorno: non è più reato in “Dirittoegiustizia.it on line “ del 27 gennaio 2007.
- R. BLAIOTTA, “La responsabilità medica: nuove prospettive per la colpa”, in Diritto penale contemporaneo.
- F. VIGANO', “Il medico che si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponderà più per colpa lieve”, in Diritto penale contemporaneo, 2012.
- P. PIRAS, “In culpa sine culpa – Commento all’articolo 3 comma 1, legge 8 novembre 2012, n. 189”, in Diritto penale contemporaneo, 2012.