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Pubbl. Sab, 24 Giu 2017

Start-up innovative: analisi dei requisiti per la costituzione - parte II

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Manuel Mattia


Analisi dei requisiti ”alternativi” per l´iscrizione della start-up innovativa nella Sezione Speciale del Registro delle Imprese.


Sommario: Premessa; 1. Requisiti “alternativi” ex d.l. n. 179/2012, art. 25, comma 2, lett. h) n. 1. Segue: n. 2; n. 3.

Premessa

In un precedente articolo pubblicato su questa rivista sono stati approfonditi alcuni dei requisiti necessari per la costituzione di una start-up innovativa in Italia. In quella sede, ci si è soffermati ad analizzare i requisiti cd. “cumulativi”, ossia quelli che devono obbligatoriamente sussistere in toto al momento della richiesta di riconoscimento della propria società come start-up. In questa sede, si analizzeranno, invece, i requisiti cd. “alternativi”, cioè quei requisiti di cui la legge ne richiede la sussistenza di almeno uno, tra quelli di seguito elencati, per la valida costituzione di una start-up innovativa. La fonte normativa di riferimento è sempre l’art. 25 del d.l. n. 179/2012, ove ai numeri 1, 2 e 3 della lettera h) del comma 2 vengono elencati i requisiti “alternativi” tra loro.

1. Requisiti “alternativi” ex d.l. n. 179/2012, art. 25, comma 2, lett. h), n. 1.

Al numero 1) si stabilisce che “le spese in ricerca e sviluppo sono uguali o superiori al 15 per cento del maggiore valore fra costo e valore totale della produzione della start-up innovativa. Dal computo per le spese in ricerca e sviluppo sono escluse le spese per l'acquisto e la locazione di beni immobili. Ai fini di questo provvedimento, in aggiunta a quanto previsto dai princìpi contabili, sono altresì da annoverarsi tra le spese in ricerca e sviluppo: le spese relative allo sviluppo precompetitivo e competitivo, quali sperimentazione, prototipazione e sviluppo del business plan, le spese relative ai servizi di incubazione forniti da incubatori certificati, i costi lordi di personale interno e consulenti esterni impiegati nelle attività di ricerca e sviluppo, inclusi soci ed amministratori, le spese legali per la registrazione e protezione di proprietà intellettuale, termini e licenze d’uso. Le spese risultano dall'ultimo bilancio approvato e sono descritte in nota integrativa. In assenza di bilancio nel primo anno di vita, la loro effettuazione è assunta tramite dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante della start-up innovativa”.  Per quel che riguarda la determinazione del valore percentuale indicato dalla disposizione in esame[1], occorre innanzitutto individuare il totale dei costi di produzione, e il totale dei ricavi di produzione: tali valori, sono ricavabili dal Conto Economico del bilancio d’esercizio, rispettivamente, alla voce B per quel che riguarda i costi, ed alla voce A per quel che riguarda i ricavi, in conformità all’art. 2425 c.c. Successivamente all’individuazione di tali valori, sul maggiore dei due importi si determinerà se il valore delle spese in ricerca e sviluppo siano uguali o inferiori al 15%. L’individuazione e quantificazione delle spese in ricerca e sviluppo avviene sia sulla base dell’OIC 24 dei principi contabili nazionali, con il quale si disciplinano tali costi a livello contabile, consentendone la individuazione e la corretta iscrizione nel Bilancio d’esercizio; sia sulla base del secondo capoverso della disposizione qui in esame, ove vi è un’elencazione di alcune delle suddette spese. Da tali spese, il numero 1 della lettera h) precisa infine che devono essere escluse le spese per l’acquisto e la locazione di beni immobili.

Ai fini della dimostrazione del possesso del requisito in esame, la predetta disposizione prevede all’ultimo capoverso che il valore relativo alle spese in ricerca e sviluppo deve risultare dal bilancio d’esercizio e descritto nell’apposita nota integrativa: evidentemente, tale adempimento vale per le start-up di vecchia costituzione e che, pertanto, hanno già svolto attività d’impresa almeno per un esercizio. La norma sembrerebbe porre un obbligo di descrizione delle spese in ricerca e sviluppo nella nota integrativa del bilancio d’esercizio. Ciò, tuttavia, sarebbe in contrasto con quanto stabilito dall’art. 2435-ter c.c., che invece consente alle microimprese – tra le quali rientrerebbro le start-up innovative che intendono avvalersi del requisito in questione - di redigere il bilancio con modalità semplificate, esonerandole così dall’obbligo di redigere la nota integrativa quando le relative informazioni siano riportate in calce allo Stato patrimoniale del bilancio d’esercizio.  Inizialmente, l’obbligo di cui all’ultimo capoverso dell’art. 25, c. 2, n. 1) della lett. h) era stato confermato dallo stesso Mise con proprio Parere[2], ritenendo la disciplina delle start-up innovative speciale rispetto quella delle microimprese. Recentemente però, il Mise, anche in ragione dell’introduzione della nuova tassonomia per la redazione dei bilanci in modalità XBRL[3], ha cambiato il suo orientamento, e con nuovo Parere[4] ha riconosciuto per le start-up innovative la possibilità di dimostrare la sussistenza del requisito in tema di spese in ricerca e sviluppo, presentando il bilancio con le modalità semplificate previste per le microimprese, e, dunque, riportando le informazioni richieste al n.1) della lett. h), dell’art. 25 del d.l. 179/2012 in calce allo stato patrimoniale.

Per le start-up di nuova costituzione, invece, la norma prevede che tale adempimento venga ottemperato mediante dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante della start-up innovativa. Ciò, in quanto, nella predetta fattispecie, la start-up innovativa è al suo primo anno di vita, e, dunque, inizierà la sua attività al momento dell’iscrizione nella sezione speciale del Registro delle Imprese. Ne deriva, peraltro, che nella predetta dichiarazione verrà indicata soltanto una previsione di spesa per l’esercizio di competenza.

Al numero 2) la norma stabilisce come requisito alternativo  “l’impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o superiore al terzo della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di titolo di dottorato di ricerca o che sta svolgendo un dottorato di ricerca presso un’università italiana o straniera, oppure in possesso di laurea e che abbia svolto, da almeno tre anni, attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all'estero, ovvero, in percentuale uguale o superiore a due terzi della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di laurea magistrale ai sensi dell' articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270”. In base a tale norma, la società che intende ottenere il riconoscimento di start-up innovativa allegando il possesso del requisito in oggetto, dovrà attestare l’impiego nella misura indicata dalla legge di “personale qualificato”. La ratio di tale norma è quella di favorire l’impiego di persone, soprattutto giovani, che abbiamo realizzato un certo percorso accademico, e che, con le loro specifiche competenze, possano agevolare il raggiungimento dell’oggetto sociale tipico delle start-up innovative, in ossequio al comma 1 dell’art. 25 del d.l. n. 179/2012. Rimarrebbero esclusi dall’accezione di “personale qualificato” i soggetti in possesso di sola laurea triennale e quadriennale, e i laureandi.

Per quel che concerne il tipo di rapporto di lavoro che deve sussistere tra i soggetti qualificati di cui al numero 2) e la società, esso può consistere tanto in un rapporto di lavoro subordinato o ad esso assimilato[5], quanto in un rapporto di collaborazione, anche parasubordinato. In merito a quest’ultimo punto, tuttavia, l’Agenzia delle Entrate, con propria Risoluzione[6], ha escluso che i soggetti con partita iva potessero essere classificati come collaboratori delle start-up ai fini del possesso del requisito in questione, in quanto, si legge, “la locuzione “collaboratore a qualsiasi titolo” non può scindersi dall’altra “impiego”. Evidentemente, difetterebbe nei collaboratori esterni con partita iva quel potere di coordinamento e direzione che, invece, è presente per i collaboratori senza partita iva (es. i parasubordinati). In conformità a quanto qui detto, sia l’Agenzia delle Entrate che il Mise hanno ammesso che la figura dell’amministratore della società sia considerato ai fini del possesso del requisito in oggetto, solo laddove, oltre a ricoprire la carica sociale, sia anche alle dipendenze della società, ovvero sia collaboratore senza partita iva[7].

Circa il rispetto delle quote richieste dalla disposizione in esame (1/3 e 2/3 in rapporto alla forza lavoro totale), tali proporzioni vengono determinate in base al numero di persone impiegate, e non in rapporto alla remunerazione totale corrisposta[8].

Al numero 3), infine, la norma stabilisce come ulteriore requisito alternativo la possibilità che la start-upsia titolare o depositaria o licenziataria di almeno una privativa industriale relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale ovvero sia titolare dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario registrato presso il Registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore, purché tali privative siano direttamente afferenti all’oggetto sociale e all’attività di impresa”. Per privativa industriale s’intendono quegli strumenti (ad es. registrazione del marchio e brevetto) che tutelano la proprietà intellettuale avente ad oggetto creazioni di tipo tecnico (cd. “invenzioni industriali”), e disciplinate dal Codice della Proprietà Industriale (d.lgs. n. 30/2005). L’elencazione di cui alla prima parte del numero 3) deve ritenersi tassativa, in quanto le “invenzioni industriali” in senso lato richiamate dalla norma sono soltanto alcune di quelle tutelate dal Codice della Proprietà Industriale[9]. Sono inoltre escluse le opere d’ingegno tutelate dalla legge sul Diritto d’Autore (l. n. 633/1941), salvo l’unica eccezione della titolarità dei diritti relativi ad un software, purché registrato presso il Registro pubblico speciale per i Software tenuto presso la Siae, in conformità a quanto disposto nella seconda parte del numero 3).

Le privative in questione, infine, devono essere afferenti con l’oggetto sociale e con l’attività d’impresa: pertanto, esse dovranno consentire in concreto di agevolare la realizzazione dell’oggetto sociale della start-up innovativa e lo svolgimento della relativa attività d’impresa.

Note e riferimenti bibliografici

[1] Cfr. Nota UnionCamere-Mise del 29/04/2014.

[2] V. Parere Mise, prot. n. 3611851 del 17/11/2016.

[3] Il bilancio XBRL è il formato con cui il bilancio deve essere depositato al Registro delle Imprese.
L'XBRL, acronimo di eXtensible Business Reporting Language, rappresenta uno standard informatico internazionale che consente di depositare il bilancio al Registro delle Imprese in formato elaborabile rendendo i dati immediatamente fruibili con la garanzia della loro ufficialità derivante dalla diretta responsabilità dell'impresa che li ha depositati. 
Con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 dicembre 2008 si è riconosciuto il linguaggio XBRL quale formato obbligatorio per il deposito del bilancio e per la presentazione della reportistica economico/finanziaria a partire dal 2010. La tassonomia da utilizzare per redigere il bilancio in formato XBRL secondo le recenti disposizioni di cui al d.lgs. 13/2015 in recepimento della direttiva 34/2013 UE è la versione "2016-11-14", disponibile nel sito dell' Agenzia per l'Italia Digitale (G.U, n. 7 del 10/01/2017).

[4] V. Parere Mise, prot. n. 50195 del 14/02/2017.

[5] V. i redditi di lavoro assimilati a quelli da lavoro dipendente, indicati dall’art. 50 del TUIR.

[6] V. Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 87/E del 14/10/2014. V. anche Parere Mise prot. n. 147538 del 22/08/2014.

[7] Cfr. Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 87/E del 14/10/2014 e Parere Mise prot. n. 147538 del 22/08/2014.

[8] V. ancora Risoluzione Agenzia delle Entrate, n. 87/E del 14/10/2014.

[9] Cfr. Parere Mise prot. n. 155486 del 05/09/2015 e prot. n. 111865 del 21/04/2016.