Pubbl. Mer, 14 Giu 2017
L´aumento di capitale nelle S.p.A.: cenni e problematiche sottese alle modalità ed alla procedura
Modifica paginaCenni relativi alla disciplina dell´aumento di capitale nelle s.p.a. con riferimento ad alcune problematiche sottese alle modalità di effettuazione dell´operazione e alla procedura.
Sommario: Premessa; 1. Aumento di capitale gratuito e a pagamento; 1.1. Fonte normativa; 1.2. Aumento gratuito; 1.3. Aumento a pagamento; 1.4. Diritto d'opzione; 1.5. Diritto di prelazione; 1.6. Esclusione del diritto d'opzione; 1.7. Effetti dell'ingresso del nuovo socio; 2. Procedura di aumento del capitale sociale; 2.1. Presupposto essenziale; 2.2. Convocazione dell'assemblea straordinaria; 2.3. Quorum assembleare; 2.4. Contenuto della delibera di approvazione di aumento del capitale sociale; 2.5. Impugnazione della delibera; 2.6. Iscrizione della delibera nel Registro delle Imprese ed effetti.
Premessa
L’aumento di capitale è un’operazione straordinaria con la quale le società incrementano il proprio capitale sociale. Tale operazione, se regolarmente approvata dai soci con delibera assunta in assemblea straordinaria, comporta una modifica dell’atto costitutivo della società. Come vedremo nel corso del presente articolo, l’aumento di capitale potrà realizzarsi in maniera “reale”, mediante apporto di nuovi conferimenti (aumento di capitale “a pagamento”) ovvero “virtuale”, con l’imputazione a capitale sociale delle somme iscritte a riserve nel bilancio o con l’aumento del valore nominale delle azioni già in circolazione.
Generalmente la società effettua questa operazione per ottenere liquidità senza dover ricorrere al capitale di terzi, in vista di successive operazioni o di espansione dell’attività sociale. In questo caso, dunque, tale operazione soddisfa un fabbisogno di liquidità per investimenti futuri mediante il ricorso all’equity. Ma può accadere che la società effettui l’operazione di aumento di capitale per riassestare la sua situazione finanziaria, aumentando il rapporto tra capitale proprio e capitale di terzi (finanziamenti richiesti a terzi, ad esempio a Banche e società finanziarie) di cui la società fa ricorso, riducendo, conseguentemente, i rischi connessi ad un eccessivo indebitamento da parte della società.
1. Aumento di capitale gratuito e a pagamento
1.1) La normativa di riferimento si trova nel Codice Civile agli artt. 2436 e ss, che disciplinano le operazioni di aumento di capitale nelle s.p.a. (e nelle s.a.p.a.). Dall’analisi della suddetta disciplina emerge che le modalità di aumento del capitale disciplinate dal Codice Civile sono fondamentalmente due: “gratuito” e “a pagamento”.
1.2) Con la prima modalità, disciplinata all’art. 2442 cc, la società incrementa il proprio capitale senza richiedere ulteriore liquidità, ma imputando a capitale sociale le somme iscritte a riserve e presso altri fondi iscritti in bilancio “in quanto disponibili”. Per “disponibilità” s’intende la riserva o il fondo dal quale la società può attingere liquidità a vario titolo (ripianare un debito, aumentare il capitale, distribuire dividendi ai soci), che non sia già vincolato ad utilizzi futuri (come nel caso di una riserva straordinaria, con vincolo di destinazione degli importi finalizzato alla distribuzione futura dei dividendi). Soltanto da tali fondi e riserve, pertanto, è possibile attingere liquidità per effettuare l’aumento gratuito di capitale.
L’aumento gratuito di capitale sociale è un aumento cd. “virtuale”, perché il Patrimonio Netto della Società rimane immutato, salvo la sua diversa composizione contabile. Nelle s.p.a. siffatta operazione comporta anche l’emissione gratuita di nuove azioni in favore dei soci, con le stesse caratteristiche di quelle in circolazione e con l’obbligo di assegnazione ai soci stessi in proporzione alle azioni già da questi possedute, a mente del comma 2 dell’art. 2442 cc. In questo caso, la quota sociale di ciascun socio rimarrà invariata, così come rimarrà invariata la compagine sociale. Tuttavia, sembrerebbe vi sia la possibilità di assegnazione a titolo gratuito di azioni in favore di terzi non soci, in quanto il diritto del socio a far rimanere invariata la propria partecipazione sociale sarebbe “disponibile” anche in questo tipo di operazioni; dunque, il socio ben potrebbe decidere di cedere le nuove azioni ad un terzo, ma tale decisione dovrà soggiacere al consenso unanime dei soci in sede di assegnazione1. L’aumento gratuito può avvenire anche mediante aumento del valore nominale delle azioni in circolazione, in base al dettato del comma 3 dell’art. 2442 cc.
1.3) Con l’aumento di capitale “a pagamento” ex art. 2438 e ss cc, la società incrementa il proprio patrimonio mediante l’apporto di nuovi conferimenti. In questo caso, l’aumento di capitale è “reale”, in quanto vi è un effettivo incremento del Patrimonio netto della società mediante l’ingresso di nuovi beni o liquidità imputati a Capitale Sociale.
Nelle operazioni di aumento di cs a pagamento si possono effettuare conferimenti in denaro ovvero in natura o di crediti. Nel caso di conferimenti in denaro, chi effettua i conferimenti acquisterà un certo numero di azioni di nuova emissione. Costoro, all’atto della sottoscrizione delle nuove azioni, dovranno versare alla società almeno il venticinque per cento del valore nominale delle azioni sottoscritte, e, se previsto, l’eventuale sovrapprezzo per le nuove azioni, in conformità al primo comma dell’art. 2439 cc. Nel caso di conferimenti in natura (ad es. scorte, macchinari, immobili ed anche aziende) o cessione di crediti, generalmente tali beni devono essere conferiti integralmente all’atto della sottoscrizione delle azioni, previa stima dei conferimenti, in conformità al combinato disposto degli artt. 2440, primo comma, 2342, terzo comma, e 2343 cc. Alla stima provvederà un esperto designato dal Tribunale nel cui circondario ha sede la società; costui redigerà una relazione di stima, che dovrà essere allegata alla delibera di approvazione dell’aumento di capitale. In assenza di relazione di stima allegata alla predetta delibera, quest’ultima sarà viziata da nullità2. Nella relazione dovrà essere indicato a) la descrizione dei beni o dei crediti conferiti; b) il valore attribuito a ciascuno di essi; c) i criteri di valutazione adottati; d) l’attestazione che il valore attribuito non è inferiore al valore nominale delle nuove azioni emesse. A seguito della presentazione della relazione di stima, gli amministratori possono sempre effettuare un controllo sulla veridicità e congruità della stima, e, se del caso, procedere ad una sua revisione.
1.4) Quanto ai soggetti che possono effettuare i conferimenti in denaro ovvero in natura o di crediti, questi possono essere i soci stessi ovvero i terzi, salvo il diritto d'opzione riconosciuto ai primi sulle azioni di nuova emissione. A tal proposito, l’articolo di riferimento è il 2441 cc, che stabilisce al comma 1 che “le azioni di nuova emissione e le obbligazioni convertibili in azioni devono essere offerte in opzione ai soci in proporzione al numero delle azioni possedute”. La ragione della sussistenza del diritto d’opzione è quella di garantire al socio la possibilità di mantenere inalterata la sua partecipazione sociale all’interno della società. Proprio per realizzare questo fine, le azioni vengono offerte ai soci “in proporzione al numero delle azioni possedute”. Il diritto d’opzione riconosciuto ai soci è un diritto disponibile, per cui essi possono rinunciare ad esercitarlo, cederne l’esercizio o esercitarlo entro il termine stabilito nell’offerta di opzione depositata presso l’ufficio del registro delle imprese, che dev’essere di almeno quindici giorni decorrenti dalla pubblicazione dell’offerta, a mente del comma 2 dell’art. 2441 cc.
L’art. 2441-bis riconosce al socio anche un diritto d’opzione cd. “indiretto”, laddove offra le nuove azioni ai soggetti (Banche, istituti finanziari ed enti) sui quali vigila la CONSOB, con l’obbligo di offrire agli azionisti le azioni acquistate. In queste ipotesi, l’esercizio del diritto d’opzione è differito, in quanto viene rinviato al momento in cui l’intermediario finanziario mette in circolazione le azioni acquistate. Il vantaggio per la società in questa circostanza sta nel fatto che l’intermediario finanziario è obbligato a sottoscrivere in proprio tutte le azioni sulle quali non è stato esercitato il diritto d’opzione da parte dei soci, con la certezza, dunque, di aumentare il capitale sociale per l’intero valore delle nuove azioni emesse.
1.5) Insieme al diritto d’opzione, il comma 3 dell’art. 2441 cc riconosce ai soci il diritto di prelazione sulle azioni ed obbligazioni convertibili in azioni, rimaste inoptate dagli altri soci. La ratio di tale diritto sarebbe, da un lato, quella di attribuire al socio la possibilità di aumentare la propria partecipazione sociale, rafforzandola rispetto agli altri soci; dall’altro lato la norma si preoccuperebbe di ridurre la discrezionalità degli amministratori nella collocazione delle azioni non optate. A norma del terzo comma, per l’esercizio del diritto di prelazione il socio deve farne richiesta contestualmente al momento di esercizio del diritto d’opzione. Con la prelazione, il socio può acquistare un numero di azioni inoptate che tuttavia sia pur sempre proporzionale alle azioni già sottoscritte nell’esercizio del diritto d’opzione3.
1.6) Vi sono delle fattispecie tipizzate dall’art. 2441 del Codice Civile in base alle quali la società può escludere o limitare il diritto d’opzione, e, conseguentemente, offrire le nuove azioni direttamente ai terzi sottoscrittori. Ciò si verifica a) quando la società offre le nuove azioni ai suoi dipendenti, o ai dipendenti delle società controllanti o controllate; b) quando la società “chiede” in conferimento beni in natura; c) quando l’interesse della società lo esige. In merito alla prima fattispecie, non vi sono particolari adempimenti a carico della società: è sufficiente che l’assemblea presti il consenso all’esclusione del diritto d’opzione. Per quel che riguarda il quorum deliberativo, sino alla riforma del 2012 era possibile attribuire ai dipendenti soltanto il 25% delle nuove azioni emesse dalla società deliberando a maggioranza assoluta del capitale sociale, mentre per l’attribuzione di una quota maggiore al 25% era richiesta la maggioranza qualificata di cui al comma 5 dell’art. 2441 cc. Con il d.lgs 184/2012, è adesso possibile attribuire ai dipendenti interamente le nuove azioni emesse, con il quorum deliberativo previsto per le assemblee straordinarie (50% + 1 del capitale sociale). Sono invece richiesti maggiori adempimenti in merito alla seconda e alla terza fattispecie. Infatti, in questi casi gli amministratori devono redigere un’apposita relazione con la quale espongono le ragioni dell’esclusione del diritto d’opzione, e, nel caso in cui siano richiesti conferimenti in natura per liberare le azioni, le ragioni di tale richiesta. L’art. 2441 non detta dei criteri sui quali fondare le suddette ragioni. Per ovviare a questa mancanza del dato normativo, la giurisprudenza è intervenuta stabilendo che l’esclusione o limitazione del diritto d’opzione sono giustificate soltanto dalla necessità di raggiungere il fine sociale, ma tale necessità dev’essere dimostrata, non essendo sufficiente che l’interesse della società venga meramente enunciato con un semplice richiamo dell’art. 2441 cc4.
Occorrerà, pertanto, che gli amministratori, nel redigere la relazione, indichino i motivi specifici e concreti dell’esclusione o limitazione del diritto d’opzione, fermo restano l’interesse sociale sotteso a tale limitazione od esclusione. Gli amministratori, almeno trenta giorni prima della data fissata per l’assemblea, dovranno comunicare la relazione all’organo di controllo della società (collegio sindacale o consiglio di sorveglianza), che esprimerà un parere sulla congruità del prezzo di emissione delle azioni indicato nella relazione. Il suddetto parere è obbligatorio ma non vincolante per gli amministratori. La relazione con le ragioni dell’esclusione o limitazione del diritto d’opzione e con l’indicazione del prezzo di emissione delle nuove azioni deve rimanere depositata presso la sede sociale durante i quindici giorni precedenti l’assemblea, e fino a quando questa non avrà deliberato. Ciò al fine di consentire a tutti i soci di prenderne visione. In sede di assemblea, infine, i soci dovranno approvare l’esclusione o limitazione del diritto d’opzione con delibera presa a maggioranza assoluta del capitale sociale
1.7) L’ingresso del terzo in qualità di nuovo socio della società può avere effetti diretti sull’equilibrio sociale, in quanto l’entità della sua partecipazione sociale può mutare sensibilmente le maggioranze all’interno della società. Ma può avere anche effetti “indiretti” su eventuali patti parasociali stipulati tra i vecchi soci, con la conseguenza di renderli inefficaci de facto, fermo restando il permanere della loro validità legale, in quanto veri e propri accordi negoziali aventi efficacia tra le parti. In tali circostanze, ben possono le parti addivenire alla risoluzione consensuale dei patti. Non a caso, sembra essere prassi l’inserimento nei patti parasociali di un’apposita clausola con la quale le parti convengono che l’eventuale futuro aumento di capitale sociale possa essere causa di risoluzione del patto.
2. Procedura di aumento di capitale
2.1) La condizione essenziale affinché si possa dare impulso alla procedura di aumento di capitale è che siano stati interamente versati i precedenti conferimenti. Il rispetto di tale presupposto si fonda sul principio di effettività del capitale sociale, in base al quale ci dev’essere coincidenza tra il valore nominale del capitale sociale e quello dei conferimenti versati dai soci, in vista anche di una maggior tutela e trasparenza nei confronti dei terzi e dei creditori sociali. Nelle Spa, ai sensi del secondo comma dell’art. 2438 cc, in caso di violazione di tale condizione, gli amministratori sono solidalmente responsabili per i danni arrecati ai soci e ai terzi.
2.2) Verificato che i conferimenti sono stati interamente versati, l’organo gestorio convoca l’assemblea mediante avviso di convocazione inviato ai soci almeno otto giorni prima della data di fissazione dell’assemblea. L’avviso contiene l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo di convocazione, nonché l’indicazione che l’adunanza avrà ad oggetto la deliberazione sull’aumento di capitale. Nel caso di esclusione o limitazione del diritto d’opzione, gli amministratori redigono la relazione di cui al comma 6 dell’art. 2441 cc, nella quale indicano le ragioni dell’esclusione o limitazione del diritto d’opzione. La relazione viene comunicata dagli amministratori all’organo di vigilanza nei trenta giorni precedenti la data di convocazione dell’assemblea, ed entro quindici giorni dalla comunicazione l’organo di vigilanza esprimerà il parere sulla congruità del prezzo indicato nella relazione. La relazione rimarrà depositata presso la sede sociale da quindici giorni prima dell’assemblea e sino alla deliberazione dell’aumento di capitale.
2.3) L’assemblea straordinaria è regolarmente costituita quando è rappresentata più della metà del capitale sociale. Durante l’assemblea, viene redatto il verbale contenente la data, il luogo di convocazione, l’oggetto della seduta, i nominativi del presidente, del segretario, del notaio e dei soci presenti, gli eventuali interventi dei soci, il risultato della votazione. Nelle s.p.a. il quorum deliberativo per l’approvazione dell’aumento di capitale è più della metà del capitale sociale, ma lo statuto può richiedere una maggioranza più elevata (ad es. una maggioranza qualificata di 2/3).
2.4) Se il quorum deliberativo è raggiunto, la delibera di aumento del capitale è approvata. La delibera deve indicare: la natura dei beni da conferire; l’ammontare di nuovo capitale da sottoscrivere e il termine entro cui dev’essere sottoscritto; il numero di nuove azioni emesse e il prezzo di emissione; l’eventuale ammontare del sovrapprezzo delle nuove azioni; le modalità di versamento dell’acconto e di acquisto delle nuove azioni emesse; se l’aumento di capitale può avvenire per l’importo pari alle sottoscrizioni parziali raccolte; l’eventuale diritto d’opzione ed il termine entro cui esercitare tale diritto; l’esclusione o limitazione del predetto diritto e le ragioni di tale esclusione o limitazione. Nei casi in cui gli amministratori abbiano escluso o limitato il diritto d’opzione dei soci, la relazione con le ragioni giustificatrici dell’esclusione o limitazione del diritto è allegata al verbale.
2.5) La delibera di approvazione di aumento del capitale può essere oggetto di impugnazione. Ciò avviene in primo luogo nei casi di delibera “non conforme alla legge o allo statuto”, come disposto dall’art. 2377 cc. Un esempio di causa di annullabilità della delibera, invero tipizzato dalla Giurisprudenza, si ha quando si accerta il cd “eccesso di potere”, ossia quando la delibera non è stata adottata per realizzare l’interesse sociale, ma è stata adottata ad esclusivo beneficio della maggioranza in danno di quelli della minoranza. L’accertamento dell’eccesso di potere avverrà caso per caso, da parte del giudice, valutando sia il profilo soggettivo (es. intenzionalità del pregiudizio arrecato al socio di minoranza) sia quello oggettivo. (es. reale illiquidità del socio di minoranza, sussistenza di un motivo pretestuoso o irragionevole per l’aumento di capitale etc.)5. L’esercizio dell’azione di annullamento spetta ai soci assenti, dissenzienti o astenuti, nonché agli amministratori, al consiglio di sorveglianza e al collegio sindacale. Affinché i soci possano proporre l’azione di annullamento, tuttavia, è necessario che questi possiedano tante azioni con diritto di voto che rappresentino, anche congiuntamente, il cinque per cento del capitale. In difetto di tale requisito, al socio spetta comunque l’azione risarcitoria per i danni a lui cagionati. In ogni caso, il socio deve proporre l’impugnazione nel termine di 90 giorni dall’iscrizione della delibera nel registro delle imprese.
In secondo luogo la delibera di aumento di capitale può essere impugnata per nullità. Le cause di nullità sono indicate tassativamente agli artt. 2379 cc, e si sostanziano nella mancata convocazione dell’assemblea, mancanza del verbale, e nell’impossibilità o illiceità dell’oggetto. Legittimati all’azione di nullità sono chiunque vi abbia interesse, dunque anche terzi estranei alla compagine sociale. Il termine per l’impugnazione delle delibere di aumento nelle s.p.a. è fissato dall’art. 2379-ter in 180 giorni, decorrenti dall’iscrizione della delibera nel registro delle imprese, o, nel caso di mancata convocazione, 90 giorni dall’approvazione del bilancio d’esercizio nel corso del quale la deliberazione è stata anche parzialmente eseguita.
2.6) Approvata la delibera di aumento di capitale, il notaio che ha verbalizzato la deliberazione entro trenta giorni richiede l’iscrizione della delibera nel registro delle imprese. L’ufficio del registro, verificata la regolarità formale della documentazione, iscrive la delibera nel registro. Da questo momento, i terzi verranno a conoscenza dell’aumento di capitale, e, ove ne sussistano le condizioni, avranno la possibilità di acquistare le nuove azioni emesse. Nei trenta giorni successivi alla sottoscrizione delle azioni, gli amministratori devono depositare presso il registro delle imprese un’attestazione che l’aumento di capitale è stato eseguito. Con l’iscrizione dell’attestazione nel registro, l’aumento di capitale acquista efficacia e può essere menzionato negli atti della società. In merito all’efficacia dell’operazione di aumento di capitale, occorre aggiungere che questa può realizzarsi anche qualora l’aumento sia stato sottoscritto soltanto parzialmente, se tuttavia tale possibilità sia stata prevista nella delibera di approvazione dell’aumento di capitale: in questa fattispecie si parla di “aumento scindibile”. Nei casi in cui sia stato previsto che l’aumento di capitale venga eseguito soltanto con l’integrale sottoscrizione delle nuove azioni o quote di capitali (cd. “aumento inscindibile”), l’aumento sarà inefficace, e dovranno essere restituiti ai soci o ai terzi i conferimenti versati.
Note e riferimenti bibliografici
1. Cfr. Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 103-2008/I;
2. Cfr. Corte d’Appello Torino, 30/01/2001;
3. Cfr. Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito d’Impresa n. 25-2012/I;
4. Cfr. Trib. Udine, 7/07/1984; Trib. Milano, 18/04/1991;
5. Cfr. Trib. Monza, 20/02/1998; Trib. Roma, 02/02/2016; Trib. Venezia, n. 325 del 18/02/2016.