Pubbl. Lun, 12 Giu 2017
L´audizione del minore vittima di abuso sessuale.
Modifica paginaIl percorso “istituzionale” e “psicosociale” [1] che coinvolge i minori vittime di reati a carattere sessuale si colloca in una realtà alquanto complessa, nella quale confluiscono variabili psicologiche, sociali e giuridiche.
In giurisprudenza si è osservato che “la credibilità di un bambino deve essere esaminata in senso onnicomprensivo, valutando la sua posizione psicologica […], le sue condizioni emozionali in riferimento alle relazioni con il mondo esterno e alle dinamiche familiari nonché ai processi di elaborazione cognitiva delle vicende vissute” [2].
Pertanto, ai fini di una esaustiva comprensione della tematica in esame risulta necessaria l'adozione di un approccio multifattoriale operante su diversi campi d'indagine.
Uno di questi può essere quello inerente al contesto familiare: la famiglia rappresenta l'habitat all'interno del quale il singolo individuo struttura la propria personalità e il modo di interagire con il mondo esterno, attraverso l'introiezione di modelli comportamentali di riferimento.
Ricerche nel settore dell'etologia e della psicologia dello sviluppo, attribuiscono all'attaccamento alla figura materna ( o comunque ad una figura di riferimento cd. “caregiver”) un ruolo primario nella costruzione delle mappe cognitive deputate alla gestione degli impulsi [3].
Gli studiosi hanno individuato diverse tipologie di attaccamento.
Tra queste possiamo ricordare, a titolo esplicativo, quella denominata “ attaccamento disorganizzato-disorientato” .
Secondo i fautori di questo approccio, il fanciullo che ha stabilito questo legame con la propria figura di riferimento, manifesta comportamenti molto contraddittori e confusionari, la cui genesi può essere individuata in un basso livello socio-culturale, psicopatologia genitoriale, trascuratezza, maltrattamento e abuso, sia di tipo fisico che sessuale [4].
Quanto detto sembra essere stato recepito anche da giurisprudenza ormai consolidata.
Secondo i giudici di legittimità “non può non considerarsi che i bambini in tenera età presentano modalità relazionali orientate in senso imitativo ed adesivo e siano influenzabili da stimoli esterni potenzialmente suggestivi”[5].
Le esperienze vissute nella prima infanzia, vengono immagazzinate nella memoria e, dopo essere state ricollocate ad un livello inconscio, continuano ad esercitare la loro influenza sulla vita dell'individuo [6] e necessitano, talvolta, di una puntuale e precisa attività di decodifica.
Nel caso di minori vittima di abusi sessuali, le principali problematiche sono legate alla necessità di soddisfare una duplice esigenza:
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da un lato è necessario fornire tutela al minore abusato, cercando di consentire allo stesso il recupero della serenità e dell'equilibrio necessari ad un corretto sviluppo psicofisico, già fortemente compromesso a causa dei fatti per cui si procede;
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dall'altro, va garantita l'esatta e non univoca valutazione di quanto riferito dalla giovane vittima, ad esempio, in sede di incidente probatorio. E ciò in attuazione del diritto di difesa dell'indagato/imputato (art. 24 Cost.) attraverso un equo processo ( artt. 111 Cost.; 6 CEDU).
Emerge chiaramente l'importanza delle modalità attraverso cui si procede all'assunzione della prova.
A tal proposito particolarmente significativa appare essere una recente pronuncia della Corte di Cassazione.
Nella sentenza n. 1752/17 i giudici di legittimità affermano che “ in caso di accusa di violenza sessuale sui minori è illegittimo per violazione del principio della formazione della prova in contraddittorio il rifiuto del giudice d’appello di disporre una perizia psicologica al fine di accertare l’attitudine della persona offesa a testimoniare quando l’accertamento serva a valutare il rischio di eventuali elaborazioni fantasiose della vittima, proprie dell’età e della struttura personologica del bambino, ove non venga fornita adeguata motivazione della superfluità del mezzo di prova richiesto”.
In particolare nel caso in esame, la difesa dell'imputato, in secondo grado, aveva sostenuto l'illegittimità della decisione con cui il giudice di prime cure aveva rigettato, senza una congrua motivazione, la richiesta di una perizia in contraddittorio volta ad accertare la capacità a testimoniare della persona offesa e del teste.
Secondo gli ermellini “ il giudice di appello, cui sia dedotta la violazione dell'art. 495 c.p.p., comma 2, deve decidere sull'ammissibilità della prova secondo i parametri rigorosi previsti dall'art. 190 c.p.p. (per il quale le prove sono ammesse a richiesta di parte), mentre non può avvalersi dei poteri meramente discrezionali riconosciutigli dall'art. 603 c.p.p., in ordine alla valutazione di ammissibilità delle prove non sopravvenute al giudizio di primo grado”[7].
Nel caso di specie i giudici d'appello hanno confermato la capacità a testimoniare della giovane vittima, attraverso un mero richiamo al materiale fornito, in sede di escussione, dagli operatori con cui la giovane aveva iniziato un percorso terapeutico antecedente al verificarsi dei fatti di causa.
“ Tale motivazione appare, ictu oculi, carente […] e meramente assertiva nella parte in cui desume l'assenza di profili di dubbio circa la capacità a testimoniare dalla mera constatazione che dalla documentazione sanitaria non emergevano patologie legittimanti un diverso avviso” [8]
Secondo la Cassazione “ la valutazione del contenuto della dichiarazione del minore parte offesa in materia di reati sessuali, in considerazione delle complesse implicazioni che la materia stessa comporta, deve avvenire attraverso una indagine di natura psicologica”[9].
Questo tipo di indagine consente di approfondire due aspetti fondamentali: “l’attitudine del bambino a testimoniare, sotto il profilo intellettivo ed affettivo, e la sua credibilità”[10].
L'accertamento relativo alla capacità a testimoniare mira a valutare la predisposizione del minore a interiorizzare le informazioni, di ricordarle ed esprimerle in una visione complessa, da considerare in relazione a diversi elementi come l'età, la qualità e la natura dei rapporti familiari.
L'accertamento sulla credibilità è “diretto ad esaminare il modo in cui la giovane vittima ha vissuto e rielaborato la vicenda in maniera da selezionare sincerità, travisamento dei fatti e menzogna” [11].
La Suprema Corte non si è limitata ad affermare ciò. Piuttosto, ha precisato che la capacità a testimoniare del minore vittima di abusi sessuali, deve essere accertata mediante perizia che deve svolgersi avvalendosi anche dei contributi offerti “dalle scienze che risultano rilevanti in materia (pedagogia, psicologia, sessuologia)” [12].
Nel corso degli ultimi anni la cd. Carta di Noto è divenuta un riferimento costante per giurisprudenza, dottrina e operatori del settore, in quanto fornisce le linee guida da seguire e mettere in pratica nell'indagine e nell'esame psicologico del minore vittima di abuso sessuale.
Per quanto concerne il valore delle disposizioni contenute nella stessa, la Suprema Corte ha affermato costantemente che “ non determina nullità o inutilizzabilità l'inosservanza dei criteri dettati dalla Carta”[13] .
Pertanto, alle disposizioni della Carta di Noto non è riconosciuta una efficacia vincolate.
Tuttavia, ciò non deve indurre a sminuire l'importanza delle linee guida che essa offre. Anzi, da una attenta analisi delle disposizioni contenute nella Carta di Noto, emerge come alcune di esse possono essere considerate come una ulteriore specificazione delle norme con cui il codice di procedura penale disciplina l'assunzione della prova.
Dall'art. 1 della Carta di Noto emerge che “ la consulenza tecnica e la perizia in materia di abuso sessuale devono essere affidate a professionisti specificamente formati”. A ben vedere, in maniera del tutto analoga, dispone l'art. 221 cpp, laddove, al comma 1, afferma che il giudice, quando deve procedere alla nomina di un perito, deve operare una scelta ponderando le peculiari competenze richieste nella specifica disciplina. Ancora l'art. 1 della Carta di Noto trova un diretto collegamento anche con l'art. 498 cpp quando, al 4° comma, afferma che nell'esame testimoniale del minorenne “ il presidente può avvalersi dell'ausilio […] di un esperto in psicologia infantile”. Proseguendo in questa analisi, si può osservare che l'art. 10 della Carta di Noto recita “Le attività di acquisizione delle dichiarazioni e dei comportamenti del minore devono essere video-registrate”, al fine di poter cogliere anche aspetti legati al linguaggio non verbale. Quanto espresso dal citato articolo è direttamente rinvenibile anche nell'art. 398, comma 5-bis, del cpp.
In questi casi, la violazione delle disposizioni comporterà comunque l'applicazione delle conseguenze previste dalle norme del codice di procedura penale[14].
Vi sono poi prescrizioni della Carta di Noto che non trovano una corrispondenza neppure indiretta con le previsioni contenuto del codice di rito. Si pensi, a titolo esplicativo, a quelle che riguardano i modi, le procedure e i protocolli scientifici da seguire in sede di assunzione delle dichiarazioni del minore (art. 7 della Carta di Noto).
Rispetto a queste disposizioni i giudici di legittimità si sono espressi affermando che “ la mancanza della nullità o inutilizzabilità (in caso di violazione) non esclude però il dovere di motivazione perché si tratta pur sempre di dare conto della inosservanza di metodologie predisposte dalla comunità scientifica […] che possono rivelarsi come valido supporto nella valutazione delle prove ed anche nella assicurazione dell'effettivo esercizio del diritto di difesa dell'imputato attraverso un processo equo (art. 6 CEDU e 111 Cost.)” [15].
[1] G. De Leo, P. Patrizi, Psicologia giuridica, Il Mulino, 2002;
[2] Corte Cassazione Sezione III Penale sentenza n. 23278 del 6/4/2004;
[3] A. Franchini, F.Introna, Delinquenza minorile, Padova, Edizioni Cedam, 1972, p.168;
[4] G. Attili, Attaccamento e costruzione evoluzionistica della mente, Raffaele Cortina Editore, 2007, p. 21-35;
[5] Corte di Cassazione III Sezione Penale , sentenza n. 24248 del 13/05/2010;
[6] Alice Miller, Il dramma del bambino dotato e la ricerca del verso sé, Bollati Boringhieri, 2010 pp. 125-126-127.,
[7] Corte di Cassazione Sezione III Penale, sentenza n. 1752 del 16/01/2017;
[8] cfr. sentenza cit. ;
[9] Corte di Cassazione Sezione III Penale, sentenza n. 8962 del 3/7/97 ;
[10] cfr. sentenza cit. ;
[11] cfr. sentenza cit.;
[12] Corte di Cassazione Sezione III Penale, sentenza n. 29612 del 27.7.10;
[13] Corte di Cassazione Sezione III Penale, sentenza n.5754 del 16/01/2014;
[14] Corte di Cassazione Sezione III Penale, sentenza n. 46176/2014;
[15] Corte di Cassazione Sezione III Penale, sentenza n.39411 del 13/3/2014.