ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Gio, 4 Mag 2017
Sottoposto a PEER REVIEW

Giurisdizione esclusiva e processo amministrativo a “parti invertite”: per la Consulta si può!

Anna Villani


Con la sentenza n. 179 del 15 luglio 2016, la Corte Costituzionale ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale in relazione al diritto vivente che afferma la possibilità che la p.a. sia parte ricorrente del giudizio amministrativo nei confronti del privato, per la condanna di quest’ultimo all’esecuzione di obbligazioni nascenti da moduli convenzionali rientranti nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sugli accordi in materia urbanistica, come prevista dal Codice del processo amministrativo (art. 133, co. 1, lettere A n. 2 e F).


Sommario: 1. Premessa 2. L’evoluzione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo 3. La difesa statale 4. La decisione della Consulta 5. Conclusioni

Sommario: 1. Premessa 2. L’evoluzione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo 3. La difesa statale 4. La decisione della Consulta 5. Conclusioni

1. Premessa

Con la sentenza in commento, la Consulta si è pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale, sollevata dal T.A.R. Puglia – Lecce[1], degli artt. 133 co. 1, let. A) n. 2 e let. F) del c.p.a., in riferimento agli artt. 103, co. 1 e 113, co. 1, Cost., nella parte in cui, secondo il diritto vivente, esse ricomprendono, nelle materie attribuite alla giurisdizione eslcusiva del giudice amministrativo, le controversie nelle quali la pubblica amministrazione e non il privato, sia parte ricorrente che adisce il giudice amministrativo. Ciò, a detta del giudice rimettente, sarebbe in contrasto col sistema di tutela della giustizia amministrativa delineato negli artt. 103 e 113 Cost., il quale prevede la sola possibilità di attivare il processo amministrativo da parte del privato e non della parte pubblica.

La controversia dalla quale trae origine la questione sottoposta alla Consulta e la necessità della pronuncia di quest’ultima, attiene ad un giudizio sollevato dinanzi al Tar Puglia-Lecce da un Comune sito in provincia di Lecce, volto ad ottenere la condanna di una s.r.l.- parte resistente al pagamento di somme dovute per l’assegnazione di suoli edificatori del territorio comunale.

Tale assegnazione risultava da una convenzione stipulata tra le parti che il giudice a quo riteneva doversi ricondurre ai “moduli convenzionali in urbanistica” rientranti nella categoria degli accordi sostitutivi o integrativi previsti dall’art. 133, co. 1, let. A), n. 2 del c.p.a[2]. Inoltre, la giurisdizione esclusiva viene ricondotta anche alla lettera F) del medesimo art. 133, co. 1, laddove si attribuiscono alla giurisdizione esclusiva “le controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia, concernente tutti gli aspetti dell’uso del territorio…”.

A tal riguardo, il giudice rimettente afferma che, per dottrina e giurisprudenza unanime che assurge ormai al rango di “diritto vivente”, vi è giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con riferimento alle convenzioni urbanistiche anche quando la pubblica amministrazione assume la veste di parte ricorrente (ed il privato, ovviamente, di parte resistente)[3]. Il caso sottoposto alla sua attenzione, infatti, riguarda l’inadempimento di obbligazioni assunte con una convenzione di lottizzazione, ovvero l’esecuzione di un accordo facente parte del procedimento volto al rilascio di una concessione edilizia, che rientra a pieno titolo nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Orbene, secondo il Tar Puglia-Lecce, il summenzionato orientamento interpretativo contrasterebbe col sistema di giustizia amministrativa delineato nella Carta Costituzionale agli artt. 103 co. 1 e 113 co. 1 Cost., i quali, a detta del giudice a quo, devono essere letti nel senso che anche nelle materie di giurisdizione esclusiva, la giurisdizione è limitata alla tutela del privato nei confronti della parte pubblica e non alla diversa ipotesi in cui la p.a. sia parte ricorrente.

A tal fine, per capire fino in fondo la questione oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, occorre brevemente ripercorrere l’evoluzione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e i suoi mutamenti negli anni, dovuti al cambiamento strutturale del giudizio amministrativo, da giudizio sull’atto a giudizio sul “rapporto” tra privato e p.a.

2. L’evoluzione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo

È noto che la giurisdizione esclusiva del G.A. consiste in un ampliamento della tradizionale cognizione di quest’ultimo estesa, oltre agli interessi legittimi, tutelati normalmente dal G.A., ai diritti soggettivi, col limite dell’incidente di falso e delle questioni di stato e capacità delle persone, attribuite al giudice ordinario. Ecco che, in particolari materie tassativamente indicate dalla legge, la tutela è concentrata interamente dinanzi al G.A., indipendentemente dalla posizione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio. È altresì noto che il fondamento della giurisdizione esclusiva risieda nell’art. 103, co. 1, Cost. laddove si afferma che “Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi”.

La ratio sottesa alla giurisdizione esclusiva del G.A. è unanimemente rinvenuta nella obiettiva difficoltà di distinguere, in particolari materie, le posizioni giuridiche soggettive coinvolte, per l’inestricabile commistione tra interessi legittimi e diritti soggettivi. Di guisa che non si applica, in tal caso, il tradizionale criterio di riparto fondato sulla causa petendi, ossia sulla posizione giuridica dedotta in giudizio, per cui i diritti soggettivi sono tutelati dal G.O. e gli interessi legittimi dal G.A..

La previsione di una siffatta giurisdizione, dunque, tende ad una concentrazione delle tutele e alla certezza dei rapporti giuridici.

Essa affonda le sue radici nella legislazione preunitaria, per poi essere codificata negli artt. 29 e 30 del R.D. n. 1054 del 1924[4], successivamente riprodotti dall’art. 7, co. 2, Legge T.A.R. n. 1034/1971.

Con l’avvento del D. Lgs. 80/1998, sono state devolute alla giurisdizione esclusiva del G.A. le materie dei servizi pubblici, urbanistica, edilizia (artt. 33 e 34), nonché la possibilità, prima nelle mani del solo G.O., di condannare la p.a. al risarcimento dei danni.

La portata molto ampia delle materie contemplate nei succitati articoli 33 e 34 del D. Lgs. 80/98[5] aveva generato l’idea di un criterio di riparto della giurisdizione per “blocchi di materie”, ma la Consulta, intervenuta con la celebre pronuncia del 6 luglio 2004 n.204[6], ha bocciato tale criterio, affermando che l’assegnazione delle materie alla giurisdizione esclusiva del G.A. deve sempre presupporre una relazione fra l’ambito devoluto al giudice amministrativo e un  potere amministrativo.

In altre parole, la giurisdizione amministrativa è strettamente connessa all’esercizio o mancato esercizio del potere amministrativo, essendo alla stessa estranei i cd. meri comportamenti della P.A. in veste non autoritativa, sindacabili dinanzi al G.O.[7].

Laddove l’art. 103 Cost., nel descrivere la giurisdizione esclusiva del G.A., parla di “particolari materie”, non vuole assolutamente scardinare gli assetti giurisdizionali tradizionali, ma porre un limite alla discrezionalità del legislatore, imponendo che sia comunque considerata la natura delle posizioni giuridiche soggettive coinvolte e non la mera indicazione della materia. Il necessario collegamento tra le materie rientranti nella giurisdizione esclusiva e la natura delle posizioni giuridiche è espresso proprio nell’art. 103 Cost. con l’aggettivo “particolari” rispetto alla giurisdizione generale di legittimità, indicando che le suddette materie devono partecipare della stessa natura di quelle della giurisdizione generale di legittimità.

Il legislatore, quindi, può ampliare la giurisdizione esclusiva del G.A., ma a patto di farlo con riguardo a materie che, in assenza di tale previsione, rientrerebbero comunque nella giurisdizione generale di legittimità, in quanto vi opera la P.A. in veste di autorità. Di guisa che rientrano nella giurisdizione del G.A. tutte le controversie nelle quali agisca la P.A.-autorità, anche allorquando venga in rilievo un comportamento privo di carattere provvedimentale, purchè collegato, almeno mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere.

Tali assunti della Consulta (nn. 204/2004 e 191/2006) sono stati recepiti dal Legislatore del c.p.a. che, all’art. 7 co. 1, devolve alla giurisdizione del G.A. le sole controversie concernenti “l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni”, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e di diritti soggettivi in particolari materie di giurisdizione esclusiva.

Di fondamentale importanza poi è il co. 7 dell’art. 7 c.p.a., contenente la positivizzazione del canone della concentrazione, imprescindibile per garantire l’attuazione del principio di effettività della tutela. Secondo tale comma, “il principio di effettività è realizzato attraverso la concentrazione davanti al giudice amministrativo di ogni forma di tutela degli interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, dei diritti soggettivi”. Il giudice amministrativo, dunque, nelle materie rientranti nella sua giurisdizione, sia di legittimità che esclusiva, provvede non solo ad annullare l’atto impugnato, ma anche a garantire la soddisfazione delle pretese risarcitorie delle parti, al fine di evitare che il ricorrente sia costretto a percorrere la via del “doppio binario” di tutela, prima dinanzi al G.A. per l’annullamento dell’atto amministrativo e poi dinanzi al G.O. per la condanna al risarcimento dei danni.

Il percorso evolutivo appena tracciato in tema di giurisdizione esclusiva non è altro che la risultante del diverso modo di intendere lo stesso giudizio amministrativo, che da giudizio sull’atto si è trasformato in giudizio sul rapporto, attraverso le innovazioni che negli anni hanno cambiato il volto della tutela dinanzi al G.A., come l’allargamento della tipologia delle misure cautelari, non più riconducibili esclusivamente alla mera sospensione del provvedimento, il nuovo quadro dei mezzi istruttori, che in precedenza non ricomprendeva le consulenza tecniche e le prove testimoniali, la previsione generale della sentenza di condanna (art. 30 c.p.a.).

3. La difesa statale

Ciò posto e tornando alla controversia dalla quale è scaturita la pronuncia in commento, quest’ultima mostra di accogliere in pieno le eccezioni sollevate dalla difesa statale. Nel giudizio dinanzi alla Consulta, infatti, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, affermando innanzitutto che la controversia per cui è causa appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, co. 1, let. A) n. 2 c.p.a., unica disposizione rilevante, in quanto l’art. 133, co. 1, let. F) c.p.a. attiene solamente agli atti e provvedimenti unilaterali dell’amministrazione e non riguarda le ipotesi nelle quali la P.A. agisce attraverso moduli convenzionali, come nel caso di specie.

Nel merito, poi, la difesa statale sottolinea come il sistema di tutela degli artt. 103 e 113 Cost., intende introdurre una specifica garanzia giurisdizionale per gli amministrati, ai quali viene assicurato un “giudice naturale” della p.a.. Per converso, gli stessi articoli non vogliono in nessun modo delineare una struttura processuale vincolante che preveda che l’azione possa essere promossa esclusivamente dal privato e non anche dalla parte pubblica.

Ciò che importa è che la controversia rientri nella giurisdizione del G.A., non rilevando, a livello costituzionale, le forme procedurali attraverso le quali tale obiettivo viene perseguito.

La disciplina del concreto svolgimento processuale della giustizia amministrativa, infatti, compete alla legge ordinaria e non è prestabilita dalla Carta Costituzionale. Di ciò si trova conferma nell’ultimo comma dell’art. 113 Cost., laddove si afferma che è la legge a determinare quali organi della giurisdizione, in quali casi e con quali effetti, possano pronunciare l’annullamento degli atti amministrativi.

Gli artt. 103 e 113 Cost. introducono una garanzia “bilaterale”, in quanto allo stesso tempo garantiscono al privato un giudice naturale e assicurano quello stesso giudice anche all’interesse pubblico di cui la P.A. è portatrice. La giustizia amministrativa, infatti, è finalizzata non solo alla tutela degli interessi legittimi (e dei diritti soggettivi in caso di giurisdizione esclusiva), ma anche dell’interesse pubblico definito dalla legge.

La difesa statale, inoltre, evidenzia come la conclusione sarebbe confermata anche dall’evoluzione del sistema di giustizia amministrativa. La giustizia amministrativa moderna, infatti, nasce dal superamento del privilegio soggettivo di un giudice “domestico” della P.A., come erano i tribunali del contenzioso amministrativo, aboliti nel 1865. E poiché la giustizia amministrativa si pone come giurisdizione sul rapporto e non sull’atto, occorre che vi sia un giudice preordinato a garantire il privato e, nello stesso tempo, a verificare la legittimità della ponderazione dell’interesse privato con quello pubblico. Di guisa che non vi sarebbe alcuna anomalia nell’ammettere che l’azione processuale possa essere proposta anche dalla parte pubblica. Sebbene dal tenore letterale degli artt. 103 e 113 Cost. sembrerebbe desumersi che il ricorso possa essere proposto solo dal privato, da ciò non sarebbe ricavabile il divieto di proposizione di tale ricorso da parte dell’amministrazione.

Inoltre, le disposizioni censurate sono applicazione dei principi generali di cui agli artt. 24 e 111 Cost., i quali garantiscono a tutti i soggetti dell’ordinamento il diritto di agire in giudizio a tutela delle proprie posizioni giuridiche soggettive. L’interpretazione proposta dal TAR rimettente, invece, comporterebbe che la P.A. debba agire in via di autotutela amministrativa nel caso in cui il privato sia inadempiente, essendole preclusa la tutela giurisdizionale, consentita solamente al privato, con violazione, per l’appunto, degli artt. 24 e 111 Cost. L’accertamento giudiziale dell’inadempimento del privato, allora, sarebbe condizionato dalla previa instaurazione del giudizio da parte del privato, con ciò comportando che l’oggetto del giudizio sarebbe determinato unilateralmente da quest’ultimo, senza possibilità alcuna per l’amministrazione di modificarlo o ampliarlo mediante domanda riconvenzionale.

4. La decisione della Consulta

Dopo l’illustrazione delle motivazioni addotte dalla difesa statale, la Corte inizia col precisare, in primo luogo, che in tal caso, la giurisdizione esclusiva del G.A. si può radicare sia sull’art. 133, co. 1, let. A) n. 2 c.p.a. che sull’art. 133, co. 1, let. F) c.p.a. Inoltre, si sottolinea la natura sinallagmatica degli accordi procedimentali, dai quali possono derivare obblighi non solo in capo all’autorità amministrativa, ma anche in capo al contraente privato. Nel caso in esame, relativo ad una convenzione di lottizzazione, al rilascio del permesso di costruire da parte dell’amministrazione corrisponde l’obbligo del privato di realizzare le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, obbligo al quale il privato risulta inadempiente.

Proprio per questa sinallagmaticità del rapporto, è consentito non solo al privato, ma anche alla p.a. di adire il G.A.. Se, di norma, la pubblica amministrazione è parte resistente nel processo amministrativo, dapprima l’art. 11, co. 5, L. 241/’90 e poi l’art. 133, co. 1, let. A) n. 2 c.p.a. hanno devoluto alla giurisdizione esclusiva del G.A. tutte le controversie che trovano titolo negli accordi sostitutivi o integrativi dei provvedimenti amministrativi. In tali controversie, anche quando parte ricorrente sia la P.A., la giurisprudenza di legittimità, sia ordinaria che amministrativa, riconosce la giurisdizione del G.A..

Del resto, la consolidata giurisprudenza costituzionale[8] identifica i criteri che legittimano la giurisdizione esclusiva del G.A. di cui all’art. 103 Cost. in riferimento esclusivo alle materie scelte dal legislatore e all’esercizio, ancorchè mediato, del potere pubblico. Occorre che siano coinvolte posizioni di interesse legittimo e diritto soggettivo strettamente connesse e che la P.A. agisca in veste di autorità, attraverso atti unilaterali, moduli consensuali o anche comportamenti, purchè sempre nell’esercizio di un potere pubblico[9], con esclusione dei meri comportamenti materiali.

In tema di convenzioni urbanistiche, si sottolinea lo stretto legame funzionale tra le stesse e il procedimento di rilascio dei titoli abilitativi. In quanto inserite nel procedimento amministrativo, le convenzioni urbanistiche coi privati sono pur sempre espressione, anche mediata, di un potere discrezionale della p.a. sul governo del territorio.

Il diritto vivente in tema di giurisdizione esclusiva sugli accordi procedimentali, quindi, risulta pienamente coerente con quanto detto finora, nonché con l’evoluzione complessiva del sistema di giustizia amministrativa, da giurisdizione sull’atto a giurisdizione sul rapporto.

D’altro canto, il nostro ordinamento non conosce materie a “giurisdizione frazionata”, nelle quali il giudice muta al mutare del soggetto che intraprende l’azione giudiziaria.

Per coerenza di sistema e per ragioni di parità di trattamento, nonché di concentrazione delle tutele, propria della giurisdizione esclusiva, deve essere concessa alla p.a. la legittimazione attiva a convenire in giudizio il privato innanzi al G.A..

Del resto, la concentrazione delle tutele e l’adeguamento agli orientamenti delle giurisdizioni superiori e della giurisprudenza costituzionale erano criteri direttivi imposti dall’art. 44, co.2, let. A), della legge delega n. 69/2009, di guisa che il D. Lgs. n. 104/2010 (ossia il c.p.a.), se avesse esercitato una scelta contraria, sarebbe stato illegittimo per violazione dell’art. 76 Cost..

Per tutti questi motivi, la Corte Costituzionale dichiara infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tar Puglia-Lecce.

5. Conclusioni

La soluzione adottata dalla Consulta che fa salvo il diritto vivente sorto in seno alla giurisprudenza in tema di giurisdizione esclusiva del G.A. sugli accordi procedimentali, il quale garantisce la possibilità di un processo amministrativo a parti invertite, è senza dubbio da condividere. È la stessa evoluzione del giudizio amministrativo in generale, e della giurisdizione esclusiva, in particolare, a testimoniarlo. Se oggi, anche alla luce dell’influenza determinante dei principi dell’ordinamento comunitario sull’azione amministrativa, come afferma lo stesso art. 1 c.p.a., il processo amministrativo deve tendere in primo luogo all’effettività della tutela giurisdizionale ed alla concentrazione della stessa, esigenze di coerenza e di parità delle armi devono inevitabilmente condurre all’instaurazione di una sorta di sinallagmaticità anche nell’iniziativa processuale dinanzi al G.A.. Se è vero che, di regola, è il privato ad agire per inadempimenti dell’amministrazione, è pur vero che nei casi, come quello in parola, di esecuzione di convenzioni urbanistiche, spesso è la p.a. a dover agire per inadempimenti del privato. Se non fosse data alla stessa l’eguale garanzia offerta al privato per tutelare la propria posizione giuridica soggettiva in giudizio, si avrebbe una gravissima violazione dei precetti costituzionali di cui agli artt. 24 e 111 Cost. e, tramite questi ultimi, degli stessi artt. 103 e 113 Cost., con evidenti ricadute dirompenti sull’intera tenuta del sistema di giustizia. D’altro canto, come ribadito sia dalla difesa statale che dalla stessa Corte, le norme censurate non intendono in alcun modo proporre una tutela unidirezionale dinanzi al giudice amministrativo, attivabile dal solo soggetto privato, bensì riconoscere una tutela delle posizioni giuridiche soggettive (interessi legittimi e, nella giurisdizione esclusiva, diritti soggettivi) lese nelle materie nelle quali venga in rilievo l’esercizio, anche mediato, di un potere pubblico.

In conclusione, la pronuncia in commento è pienamente coerente con la finalità sottesa al giudizio amministrativo, il quale non tende solamente alla tutela dell’interesse del privato, ma anche alla tutela dell’interesse pubblico determinato dal legislatore ed affidato alla cura della parte pubblica.

Note e riferimenti bibliografici

CHINE’- FRATTINI- ZOPPINI, Manuale di diritto amministrativo, Terza edizione, Nel Diritto Editore
GAROFOLI, La giustizia amministrativa: la strada già percorsa e gli ulteriori traguardi da raggiungere, in www.neldiritto.it
GAROFOLI ROBERTO, La giurisdizione esclusiva nel codice del processo amministrativo: evoluzione, dubbi interpretativi e posizioni antistoriche,  Relazione tenuta al convegno “Il Codice del processo amministrativo”, Lecce, 12 novembre 2010
PROTO PISANI, Riparto della giurisdizione per blocchi di materia, funzione nomofilattica della Corte di Cassazione e unicità della giurisdizione, in Atti del convegno tenutosi presso il C.S.M., 21- 23 gennaio 2002
Santise M., Coordinate ermeneutiche di diritto amministrativo, Aggiornamento 2015, Giappichelli Editore- Torino
UCCELLO DALILA, Osservatorio sulla giustizia costituzionale Luglio-Settembre 2016
VISCONTE GIUSEPPE, Gli accordi di diritto pubblico e le ricadute in punto di giurisdizione

[1] Ordinanza Tar Puglia – Sezione distaccata di Lecce, 6 luglio 2015.
[2] Quest’ultima disposizione riserva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di “formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo…”.
[3] Il Tar Puglia richiama l’ordinanza della Cass., S.U. Civili, n. 1763 del 7 febbraio 2002, la quale ha affermato la giurisdizione esclusiva in tema di inadempimento del privato alle obbligazioni derivanti da una convenzione di lottizzazione, relativamente ad una controversia introdotta dalla pubblica amministrazione-parte ricorrente.
[4] Nei quali era stato trasfuso il precedente R.D. n. 2840 del 1923, contenente la prima previsione in materia.
[5] Dichiarati incostituzionali per eccesso di delega e reintrodotti dalla L. 205/2000.
[6] Intervenuta sulla compatibilità degli artt. 33 e 34 del D. Lgs. 80/1998 con l’art. 103 Cost. e confermata dalla pronuncia Corte Cost. 11 maggio 2006 n. 191.
[7] Al riguardo, occorre distinguere tra comportamenti in senso stretto, sottratti alla giurisdizione del G.A., e “comportamenti amministrativi”, intesi quali condotte della P.A. che non sfociano in un provvedimento, ma che sono comunque collegate all’esercizio, ancorché illegittimo, del potere amministrativo e per tale motivo, rientranti nella giurisdizione del G.A.
[8] Vedi le già più volte citate sentenze nn. 191/2006 e 204/2004.
[9] Corte Cost. n. 35 del 2010