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Pubbl. Mar, 18 Apr 2017
Sottoposto a PEER REVIEW

L´impugnabilità dell´estratto di ruolo

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Daniela Mendola


L´impugnabilità dell´estratto di ruolo è stata da tempo oggetto di dibattiti e querelle. La questione va interpretata alla luce delle garanzie costituzionali da riconoscere al contribuente sottoposto a verifica.


Sommario: 1. La riscossione coattiva; 2. Il ruolo; 3. Sull’impugnabilità dell'estratto ruolo; 4. Conclusioni.

1. La riscossione coattiva

Contribuente e Amministrazione Finanziaria rappresentano le due parti dell’obbligazione tributaria. Quest’ultima nasce ex lege e trova fonte nell’art. 53 della Carta Costituzionale che sancisce il dovere di contribuire alle spese dello Stato “in ragione della propria capacità contributiva”. Il contribuente è tenuto a concorrere alle spese dello Stato versando all’erario un quantum determinato in ragione della propria capacità contributiva. Ne deriva che è inesigibile un’imposizione superiore alla suddetta capacità contributiva che configura un limite al prelievo fiscale. L’Amministrazione Finanziaria si trova in una posizione attiva cd. creditoria, mentre il contribuente è soggetto passivo, debitore dell’obbligazione tributaria. Entrambe le parti devono comportarsi secondo correttezza e buona fede e il debitore deve adempiere all’obbligazione tributaria con la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1176 c.c.). Il contributo fornito dai contribuenti rileva al fine di consentire all’Amministrazione Finanziaria di adempiere alle proprie funzioni e di far fronte alle spese che è chiamata a sostenere nell’interesse della collettività. Tra Amministrazione Finanziaria e contribuente si instaura un vero e proprio rapporto obbligatorio e ne consegue l’applicabilità della disciplina privatistica. Ma, è a dirsi, che nonostante il recepimento della disciplina privatistica, tra le due parti non si instaura un rapporto di corrispettività, ma di correlatività. Quanto detto, atteso che l’Amministrazione Finanziaria è pur sempre in posizione di supremazia rispetto al privato cittadino che versa in stato di soccombenza. Tale supremazia o privilegio trova giustificazione nell’interesse che l’Amministrazione Finanziaria è chiamata a tutelare: l’interesse pubblico. Resta tra le parti, dunque, un rapporto di imperio dell’Amministrazione rispetto al contribuente. Il naturale modo di estinzione dell’obbligazione tributaria è l’adempimento. Esso deve essere esatto e deve avvenire nei termini espressamente e tassativamente indicati. Il “naturale” adempimento avviene mediante versamento diretto delle somme dovute da parte del contribuente. Il contribuente mediante la dichiarazione rende edotto l’Ufficio del quantum che provvederà a versare spontaneamente. Atteso che l’obiettivo dell’imposizione è il recupero di somme dovute dal contribuente, qualora quest’ultimo non adempiesse spontaneamente vi sarebbe tenuto coattivamente. L’Ufficio riscuoterà le somme coattivamente dal contribuente, mediante l’istituto della riscossione coattiva.

2. Il ruolo

La riscossione coattiva avviene mediante ruolo. Si tratta di un atto amministrativo collettivo contenente l’indicazione dei debitori e delle somme da questi dovute. Deve contenere, altresì, le generalità dei contribuenti che sono tenuti a versare una somma all’erario. La riscossione mediante ruolo trova cittadinanza all’art. 45 del D. PR. 602/73 che testualmente dispone che “il concessionario procede alla riscossione coattiva delle somme iscritte a ruolo, degli interessi di mora e delle spese di esecuzione secondo le disposizioni del presente titolo”. In particolare, l’art. 10 del D. PR. 602/73 definisce il ruolo come “l’elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall’ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario”. Nei ruoli sono iscritte le imposte, le sanzioni e gli interessi. I ruoli si distinguono in ordinari e straordinari, questi ultimi si formano eccezionalmente quando vi sia fondato pericolo per la riscossione. E’ espressamente previsto un minimo legale per l’iscrizione a ruolo e sono iscritte a titolo definitivo le somme dovute a seguito di liquidazione automatica, a seguito di controllo formale e le somme risultanti da accertamenti definitivi. Se gli accertamenti non sono definitivi si procede all’iscrizione a ruolo soltanto di un terzo dell’ammontare corrispondente agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati. Salvo che si tratti di ruolo straordinario, perché in tale ipotesi al fine di garantire il soddisfacimento della pretesa, si procede all’iscrizione dell’intero importo risultante dall’accertamento, anche se non definitivo. Il ruolo rappresenta il titolo in base al quale l’Ufficio fa valere la sua pretesa ed ha il connotato dell’esecutorietà. A seguito della formazione, il ruolo viene consegnato al concessionario per l’inizio della procedura esecutiva. Il concessionario notifica la cartella di pagamento[1] al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede. La cartella di pagamento è il primo vero e proprio atto della fase esecutiva e contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata. La cartella di pagamento[2] contiene l’indicazione del ruolo che rappresenta il presupposto per l’azione esecutiva. Legittimato ad emettere una cartella di pagamento[3] è il concessionario. Il contribuente viene a conoscenza della cartella di pagamento mediante notifica e può, nel termine ordinario di sessanta giorni, impugnarla dinnanzi all’organo competente che, a seconda della natura della pretesa, potrà essere il giudice tributario (imposte) o il giudice ordinario[4] (violazione codice della strada). Essa può essere impugnata[5] in via autonoma per “vizi propri[6]”, ad esempio, eccependo una nullità dell’atto per illegittimità dell’atto presupposto ovvero un difetto di legittimazione passiva. Qualora il contribuente prestasse acquiescenza all’atto può presentare istanza di rateazione, chiedendo di effettuare il pagamento a rate, qualora il pagamento in unica soluzione della somma arrecasse un grave pregiudizio. L’Agente della riscossione ha l’obbligo di conservare per cinque anni copia della cartella di pagamento per consentire di verificare la corrispondenza con l’atto notificato al contribuente. In particolare, “il concessionario della riscossione ha l'obbligo di conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell'avvenuta notificazione o l'avviso di ricevimento, al fine di farne esibizione su richiesta del contribuente, ma ciò non implica anche che il concessionario che intenda agire o resistere in giudizio sia esonerato dall'obbligo di fornire la prova di aver correttamente proceduto alla notifica, poiché in tal caso l'obbligo della conservazione permane per il tempo necessario per l'uso processuale (nel caso di specie, era mancante la prova della notifica delle cartelle di pagamento, avuto riguardo, non solo a quelle la cui mancanza era stata confermata da Equitalia, ma anche a quelle relativamente alle quali il concessionario aveva depositato fotocopie nel giudizio d'appello, che riproducevano, però, da un lato, la spedizione di un avviso di deposito da cui non era dato evincere a quale cartella si riferisse, dall'altro lato, la relata di notificazione che non si accompagnava alla completa esibizione della cartella, sicché era impossibile stabilire la connessione con la cartella medesima)”[7]. La conservazione di copie è funzionale a verificare la corrispondenza e coincidenza del contenuto delle cartelle in possesso dell'Ufficio con quelle notificate al contribuente e tale comparazione potrà avvenire in giudizio, qualora il contribuente faccia espressa richiesta di esibizione dell'atto. 

3. Sull’impugnabilità dell'estratto ruolo

Molto si è discusso sull’impugnabilità del ruolo. Taluni hanno ritenuto che esso sia un atto autonomamente impugnabile, nel termine di sessanta giorni, perché rientrante nell’elenco tassativo di cui all’art. 19 del D. Lgs. 546/92. In tal senso si è espressa la Commissione Trib. Prov. Puglia “è legittimo il ricorso proposto avverso i ruoli esecutivi, determinanti la emissione delle relative cartelle di pagamento mai notificate al contribuente. In ipotesi siffatte, invero, l'impugnazione dei ruoli è legittima in quanto concernente atti propedeutici ad atti esecutivi emessi e non notificati, impugnabili in quanto tali per esistenza del legittimo diritto ad agire. In ogni caso, l'art. 19, comma 1, lett. d), D.Lgs. n. 546 del 1992, enuclea tra gli atti impugnabili anche il ruolo” [8]. Altri ritengono che tale impugnazione[9] non sia ammissibile atteso che “i ruoli sono atti interni dell'Amministrazione, i quali non possono essere oggetto di impugnativa in via autonoma, ma solo con l'impugnazione dell'atto impositivo (di regola la cartella esattoriale) attraverso il quale il contribuente assume contezza dell'iscrizione a ruolo” [10].
Ancor di più, ha generato dubbi e querelle l’impugnabilità [11] dell’estratto di ruolo. Quest’ultimo non rientra nell’elenco tassativo di cui all’art. 19 del D. Lgs. 546/92 che indica gli atti autonomamente impugnabili e, per tale ragione, risulterebbe inimpugnabile. Ma, come noto, la disciplina tributaria oltrechè rispettare il diritto scritto, deve conciliarsi con il diritto vivente. Con le esigenze della società che si evolve continuamente. Ebbene il diritto vivente si è più volte espresso sull’impugnabilità degli atti anche qualora non siano ricompresi nell’elenco tassativo di cui alla prefata disposizione, qualora sia ravvisabile una pretesa fiscale. In particolare, la Corte, nel suo massimo consesso, con sentenza 02/10/2015 n° 19704 ha enunciato il seguente principio di diritto “è ammissibile l'impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l'estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell'ultima parte del terzo comma dell'art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilità dell'atto precedente non notificato unitamente all'atto successivo notificato non costituisca l'unica possibilità di far valere l'invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione". La Corte, nel suo massimo consesso, fonda il suo decisum sulla necessità di garantire al contribuente l’accesso alla tutela giurisdizionale mediante impugnazione di un atto sebbene quest’ultimo non sia ricompreso nell’elenco di cui all’art. 19 D.lgs. 546/92. Tuttavia, tale orientamento si pone in contrasto con un ultimo orientamento della Corte secondo il quale l’estratto di ruolo, atto interno all'Amministrazione, non può essere oggetto di autonoma impugnazione, ma deve essere impugnato unitamente all'atto impositivo, notificato di regola con la cartella di pagamento nella quale il ruolo viene trasfuso, in difetto non sussistendo un interesse concreto ed attuale al contribuente, ex art. 100 c.p.c. ad instaurare una lite tributaria, che non ammette azioni di accertamento negativo del tributo” [12]. Ecco che nasce una contrapposizione tra due principi fondamentali: da un lato il principio di tassatività, principio cardine dell'ordinamento giuridico; dall'altro il diritto di difesa ogni qualvolta il contribuente ravvisi nell'atto notificato una pretesa tributaria, maturando un interesse ad agire. 

4. Conclusioni.

La complessa questione sull’impugnabilità degli atti non rientranti nell’elenco di cui all’art. 19 del D. Lgs. 546/92 andrebbe esaminata alla luce delle garanzie costituzionali da riconoscere al contribuente e in considerazione dell’oggetto della pretesa tributaria. Ogniqualvolta sia ravvisabile dall’atto una pretesa tributaria, nasce l’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c. che, d’altronde, è il presupposto per promuovere un’azione giudiziaria ed ottenere tutela. Tale tutela dovrebbe operare anche qualora l’atto non sia tassativamente indicato dalla legge come “autonomamente impugnabile”.

Note e riferimenti bibliografici
[1]Cass. civ. Sez. Unite, 17/11/2016, n. 23397 in Pluris “il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. "conversione" del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell'art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti - in ogni modo denominati - di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l'opposizione, non consente di fare applicazione dell'art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo. (Rigetta, App. Catania, 16/05/2014)
[2]Commiss. Trib. Prov. Lombardia Milano Sez. I, 03/02/2017 in Pluris “è illegittima la notifica per posta elettronica certificata della cartella di pagamento in formato pdf, senza l'estensione denominata "p7m", non potendo ritenersi in tale ipotesi soddisfatta la certificazione della firma”.
[3] Cass. civ. Sez. lavoro, 23/01/2017, n. 1698 in Quotidiano Giuridico, 2017 “la cartella di pagamento con la quale l'ente previdenziale fa valere un credito contributivo non è un atto esecutivo ma preannuncia l'esercizio dell'azione esecutiva ed è, pertanto, parificabile al precetto; ne consegue che la sua notificazione all'erede in pendenza della procedura di liquidazione dell'eredità con beneficio d'inventario non cade nel divieto previsto dall'art. 506 c.c. che vieta le procedure esecutive dopo la pubblicazione prescritta dal terzo comma dell'art. 498 c.c.”.
[4] Cass. civ. Sez. Unite Ordinanza, 17/01/2017, n. 960 in Fisco, 2017, 6, 596 “spetta alla giurisdizione del giudice ordinario la cognizione delle controversie relative all'impugnazione di una cartella di pagamento con la quale la Regione faccia valere nei confronti di una concessionaria ACI il credito nascente dal mancato riversamento alla Regione, da parte di detta concessionaria, delle somme riscosse a titolo di tassa automobilistica”.
[5] Cass. civ. Sez. Unite, 05/01/2016, n. 29 in  Massima redazionale, 2016 “il Giudice Tributario è giurisdizionalmente competente in relazione alla controversia avente ad oggetto l'impugnazione dell'ingiunzione fiscale emessa dal Comune per la riscossione dell'I.C.I. in pendenza di un giudizio tributario promosso contro l'avviso di accertamento, così come disciplinato dall'art. 68 del D.Lgs 31 dicembre 1992, n. 546, ciò in quanto la detta ingiunzione è assimilabile ad una controversia in cui venga impugnato un ruolo”.
[6] Cass. civ. Sez. VI - 3 Ordinanza, 12/01/2017, n. 637 in Massima redazionale, 2017 “in riferimento alla riscossione coattiva mediante iscrizione a ruolo di entrate di natura non tributaria, qualora il debitore abbia impugnato la cartella di pagamento, emessa dall'Agente della riscossione, per motivi che attengono ai vizi della cartella medesima, compreso il vizio di motivazione, l'impugnazione deve essere rivolta nei confronti dell'Agente della riscossione, il quale, ove assuma che il vizio sia imputabile all'ente impositore, può estendere il giudizio a quest'ultimo”.
[7]
Cass. civ. Sez. V, 08/02/2017, n. 3356 in Fisco, 2017, 9, 897.
[8] Commiss. Trib. Prov. Puglia Bari Sez. X, 16/04/2015 in Massima redazionale, 2015.
[9] Cass. civ. Sez. V, 15/01/2016, n. 569 in CED Cassazione, 2016 “il caso di estinzione del processo tributario, l'iscrizione a ruolo dell'imposta presuppone la definitività dell'accertamento, sicché deve essere preceduta dalla regolare comunicazione dell'ordinanza di estinzione al contribuente per consentirgli l'eventuale proposizione del reclamo. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto illegittima l'iscrizione a ruolo dell'imposta, per omessa comunicazione agli eredi dell'ordinanza di estinzione del giudizio). (Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Lombardia, 20/02/2008)
[10] Commiss. Trib. Reg. Sicilia Palermo Sez. I, 08/02/2017 in Massima redazionale, 2017
[11] Cass. civ. Sez. V, 11/08/2016, n. 16956 in CED Cassazione, 2016 “in tema di contenzioso tributario, l'atto impugnato, che, di regola, diviene definitivo in caso di estinzione del giudizio non essendo un atto processuale ma l'oggetto dell'impugnazione, non si sottrae all'effetto del giudicato parziale formatosi tra le parti, a cui l'ufficio impositore deve adeguare la propria posizione sostanziale, anche nell'ipotesi di estinzione per omessa riassunzione del giudizio di rinvio, poiché non può porre in riscossione il tributo sulla base dell'atto impositivo impugnato "come se" quest'ultimo non fosse stato ritenuto, per taluni aspetti, illegittimo con sentenza passata in giudicato. (Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Lombardia, 14/01/2011)
[12] Commiss. Trib. Reg. Lazio Roma Sez. XXI, 11/04/2016 in Massima redazionale, 2016.