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Pubbl. Gio, 13 Apr 2017

Camminodiritto verso la guerra. #4: il caso Quattrocchi

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Saverio Setti
Dirigente della P.A.Ministero della Difesa


Quarta puntata di una serie di episodi scelti per un´analisi del diritto dei conflitti armati.


1) Introduzione

Dal Cinquecento in poi la guerra viene sottratta alla sfera dei privati per essere statalizzata[1]. Questa tendenza permane per tutti i secoli seguenti fino all’avvento del terzo millennio, allorquando gli Stati cominciano ad appaltare ad imprese civili parti sempre meno marginali (tatticamente parlando) della condotta di una campagna militare. Si inizia a concedere in appalto[2] il servizio di refezione, quindi di trasporto dei viveri e dei carbo-lubrificanti. Il passo successivo è cedere in concessione l’intero “pacchetto” di trasporto, comprensivo della scorta al convoglio, che deve essere assicurata da personale sì civile, ma organizzato in armi. Il fenomeno, nel nostro Paese, non ha ancora assunto grande rilevanza, anzi nella prassi odierna siamo in controtendenza. Tuttavia, in Stati che fanno massiccio uso della forza militare nelle relazioni internazionali, quali gli Stati Uniti, il fenomeno è in netta crescita.

2) Antefatto e fatto

Fabrizio Quattrocchi fu un ex Caporalmaggiore di fanteria, di servizio presso il 23° battaglione “Como”, ora sciolto. Terminata la carriera militare, egli mantiene una forte passione per il mestiere delle armi, che lo porta a presentare domanda per varie imprese di sicurezza. Dopo un breve periodo presso l’IBSSA[3], in cui opera quale responsabile di “scorta V.I.P”, nel novembre del 2003 viene assunto dalla Dts Llc Security, un’impresa di contractor con sede in Nevada, ed inviato in Iraq. Assai poche sono le informazioni attendibili circa il periodo tra l’invio di Quattrocchi in Iraq ed il suo decesso. Secondo la RTSI[4], Quattrocchi sarebbe passato sotto il comando di una controllata della Dts, la Presidium Corporation, inquadrato in una squadra di italiani. Questi avrebbero avuto il compito di protezione di personale ed istallazioni presso Baghdad.

Qui fu preso in ostaggio il 13 aprile 2004[5] dalle Falangi verdi di Maometto, una formazione di miliziani sunniti ex ba’thisti, si sospetta dedita ai soli rapimenti e di cui non sono più giunte notizie.

La situazione dell’ostaggio fu subito definita critica. In primis perché costui non aveva lo status di appartenente ad una Forza Armata, in secondo luogo perché ben si poteva mettere in dubbio che le Falangi avrebbero rispettato le convenzioni di diritto internazionale. Nell’immediatezza del rapimento i terroristi intimarono un ultimatum a nostro Paese: ritiro del contingente dall’Iraq e a formulazione di non meglio definite scuse all’Islam. Immediatamente dopo il rapimento, l’attività dei Servizi di informazione italiani, unitamente alle unità di informazione del contingente stanziato in loco fu subito rivolta alla presa di contatto con il gruppo terrorista, evidentemente nuovo a queste forme di azione e perciò assai pericoloso ed imprevedibile.

La situazione, però, precipitò il giorno seguente. Secondo tale Abu Yussuf[6], sedicente membro del gruppo, sarebbe stato lo stesso Quattrocchi a dichiarare che il Governo italiano non avrebbe ritirato il contingente militare, nemmeno per salvare e loro vite. Nel gennaio 2006, il TG1 ricevette un video dei momenti successivi, che non fu trasmesso nella sua interezza. Nel video completo si vede Quattrocchi inginocchiato, le mani legate ed una kefiah a coprirgli gli occhi. Chiede di toglierla, ma si sente qualcuno che risponde “no”. Quattrocchi inizia a divincolarsi con forza, nel tentativo di togliere la kefiah dicendo testualmente: “Adesso vi faccio vedere come muore un italiano”. Viene, quindi, raggiunto da 3 colpi di pistola nella schiena, che lo fanno cadere a terra e ne cagionano la morte.

A seguito di ulteriore trattativa condotta dalla Croce Rossa Italiana, i resti di Quattrocchi ossificati (si presume a causa di morsi di animali) furono lasciati nei pressi dell’ospedale di Baghdad.

Con decreto del 13 marzo 2006[7], il Presidente della Repubblica concede a Quattrocchi la medaglia d’oro al valor civile, per la seguente motivazione: “Vittima di un brutale atto terroristico rivolto contro l'Italia, con eccezionale coraggio ed esemplare amor di Patria, affrontava la barbara esecuzione, tenendo alto il prestigio e l'onore del suo Paese. – Iraq, 14 aprile 2004”[8]

3. Il giudizio delle legge (ad oggi)

Quanto esposto in narrativa pone diverse questioni di ius in bello ed anche di diritto penale interno.

Vediamole qui in breve partendo, ovviamente, dal diritto di guerra.

Chi è il contractor? Ebbene, in merito è necessario operare una bipartizione tra i mercenari e le compagnie militari private.

I mercenari, ai sensi del I Protocollo, sono una categoria di “combattenti non privilegiati”, ovvero non godono dello status di prigionieri di guerra in caso di cattura, dunque sono alla mercé dell’avversario, fatti salvi gli obblighi di rispetto dei diritti umani. È però da sottolineare che l’utilizzo di mercenari non è di per sé un illecito internazionale, anzi la prassi ne ha sempre consentito l’uso. Celebre, ed ancora oggi sopravvissuta, è la Guardia Svizzera, impegnata in combattimento dal 1506 al 1870, ed oggi deputata al servizio d’ordine del Palazzo Apostolico e dei servizi di rappresentanza[9]. Un solo trattato internazionale ha lambito la questione: la Dichiarazione di Parigi del 1856, che ha bandito la guerra di corsa.

Lo status di mercenario deve essere vagliato a mezzo del seguente test:

  • Requisiti positivi:
    • Essere reclutato per uno specifico conflitto ovvero per un limitato compito (es. la sicurezza di una piattaforma o di una persona);
    • Prendere parte diretta alle ostilità;
    • Avere una essenziale motivazione di lucro.
  • Requisiti negativi:
    • Essere cittadino o residente di una parte in conflitto;
    • Essere membro delle Forze armate in belligeranza;
    • Essere membro delle Forze armate di uno Stato terzo, inviato in missione ufficiale.

Esemplificando i casi più ricorrenti, non possono essere considerati mercenari i volontari stranieri (ad es. la Legione Straniera francese), poiché inquadrati nelle Forze armate. Consiglieri o istruttori militari (anche inviati in missione non ufficiale) non possono essere mercenari, poiché non prendono parte diretta alle ostilità. Non possono essere considerati mercenari coloro che, pur civili, impiegati come supporto alla sicurezza dell’autorità irachena insediata dagli anglo-americani, purché tali individui avessero la cittadinanza ovvero la residenza presso le parti in conflitto.

In tema di diritto interno, l’Italia ha ratificato la Convenzione del 1989 contro il reclutamento, l’utilizzazione, il finanziamento e l’addestramento dei mercenari[10]. La legge di ratifica ha, altresì modificato gli artt. 244 (Atti ostili verso uno Stato estero) e 288 (Arruolamento o armamenti non autorizzai a servizio di uno Stato estero) del codice penale.

Interessante è notare che, per il caso in questione, la Procura della Repubblica di Bari aveva chiesto in rinvio a giudizio per il reclutatore di Quattrocchi proprio ai sensi dell’art. 288, tesi condivisa dal GUP. Tuttavia la Corte d’assise di Bari[11], pur precisando che s’è trattato di attività che si pongono “ai margini delle situazioni di intervento militare”, non ha ritenuto provato che l’imputato avesse posto in essere un’attività militare vera e propria senza l’autorizzazione governativa. Si trattò, in sostanza, di “rapporti di carattere meramente privatistico intercorrenti tra il cittadino italiano, anche se operante in armi ma non militare, e soggetti od enti privati estranei ad implicazioni funzionali di carattere pubblicistico od istituzionale con lo Stato di appartenenza o di riferimento”. L’attività degli italiani doveva considerarsi quella di guardia giurata, secondo schemi marcatamente privatistici, il cui collegamento con le forze di occupazioni sarebbe da ritenersi solo eventuale ed occasionale[12].

Diverso è il caso delle compagnie militari private.

Orbene, s’è detto che i mercenari non sono considerati combattenti privilegiati. È bene premettere che le compagnie militari private, invece, godono di questa protezione. Un’analisi esegetica dell’art. 43 del I Protocollo, che ha unificato la categoria dei combattenti regolari e degli irregolari, non può che portare al riconoscimento dello status di legittimi belligeranti (cui consegue la protezione delle norme in materia di prigionieri di guerra) alle compagnie militari private, le quali posseggano ben definiti prerequisiti. Debbono, per prima cosa, essere inquadrati stabilmente nelle Forze armate del belligerante. In secondo luogo la compagnia deve dotarsi di una stabile organizzazione amministrativa e di una catena di comando definita. Il comandante effettivo[13] deve, quindi, non solo essere responsabile della condotta dei suoi, ma anche assicurare il rispetto del diritto internazionale umanitario ed appartenere[14] alla parte in conflitto. Il possesso congiunto di questi requisiti consente di differire la figura di mercenario (non protetto) da quella di appartenete ad una compagnia militare privata (protetto).

Ulteriore approfondimento (e differenziazione) deve porsi con riguardo alle persone civili che accompagnano una Forza militare, senza farne direttamente parte. Trattasi, ad es., di giornalisti, fornitori, membri civili di equipaggi, membri di unità di lavori o servizi di benessere ai combattenti. Costoro, ai sensi dell’art. 4 A p.to 4 della III Convenzione di Ginevra, in caso di cattura hanno diritto al trattamento di prigioniero di guerra.

In conclusione, nel caso di cui in narrativa, Quattrocchi rientrava nella categoria di appartenente ad una compagnia militare privata, dunque aveva il diritto alla protezione accordata di prigionieri di guerra. Ciò premesso, le Falangi hanno certamente commesso un crimine di guerra. Ignota è la sorte dei componenti il gruppo. Ciò che si sa è che gli ostaggi tratti con Quattrocchi, insieme ad un polacco, furono liberati da un blitz di unità speciali statunitensi. C’è da credere che ci sia stato uno scontro a fuoco.

Un’ultima questione giuridica si pone in merito alla concessione della Medaglia d’oro al valor civile. La norma per la concessione è la l. 13/1958. L’oro è previsto per “premiare atti di eccezionale coraggio che manifestano preclara virtù civica e per segnalarne gli autori come degni di pubblico onore”[15].

L’art. 7 prevede la procedura per la concessione. L’atto eroico deve essere minuziosamente analizzato da una commissione composta da un prefetto, un senatore, un deputato, un generale dei Carabinieri, un rappresentante del Ministero dell’Interno, due della Presidenza del Consiglio dei ministri[16], uno della Fondazione Carneige.

Tuttavia, nel caso in cui “i caratteri dell'atto coraggioso e la risonanza che questo ha suscitato nella pubblica opinione” sono di per sé sufficienti ad attestare l'opportunità dell'onorificenza, il presidente della Repubblica può procedere al riconoscimento senza la valutazione della prevista commissione[17].

Nonostante le polemiche di natura giornalistica[18], si può sostenere che Quattrocchi non fosse certo della propria fine e, quand’anche lo fosse stato, ha certamente manifestato coraggio in quella famosa frase, ben avrebbe potuto infatti rimanere silente o chiedere pietà, ma, vistosi puntare contro un’arma, ha cercato di liberarsi della kefiah con l’intenzione di “tenere alto il nome ed il prestigio”[19] degli italiani nel mondo.

BIBLIOGRAFIA

[1] A. Barbero, La guerra in Europa dal Rinascimento a Napoleone, Roma, Carocci, 2016, p. 31.
[2] Ovvero in varie altre forme di affidamento.
[3] International Bodyguard and Security Services Association, un ente di sicurezza privata registrato in Francia e negli USA. Per info: http://www.ibssa.org/index.php?topic_id=6#main-menu.
[4] Radio Televisione Svizzera Italiana, a mezzo del programma Falò, del 14 maggio 2004.
[5] Insieme ai colleghi U. Cupertino, M. Agliana e S. Stefio.
[6] Intervistato da Sunday Times il 12 giungo 2004.
[7] Su proposta del Ministero dell’Interno.
[8] http://www.quirinale.it/elementi/DettaglioOnorificenze.aspx?decorato=165104.
[9] L’uso di Guardie Svizzere (Schweizergarde) è di corrente uso dal Quattrocento fino alla Restaurazione. Oltre allo Stato della Chiesa, richiesero i servizi degli Svizzeri il regno di Francia, le Provincie Unite, la Casa d’Asburgo, il regno di Sassionia, di Napoli, di Prussia, del Portogallo, la Repubblica Batava, il principato di Lucca ed il ducato di Savoia.
[10] L. 209/1995.
[11] Sent. 12 ottobre 2010, con nota di Carcano, in Guida al diritto/Il Sole 24 ore, 8 gennaio 2011, n. 3, 30 e segg.
[12] Assai interessante, in merito, è E. Marchetti, Private military and security companies, Nuova cultura, 2013.
[13] A prescindere dal nomen iuris contrattuale.
[14] Ovvero essere cittadino o residente.
[15] Art. 3.
[16] Di cui uno scelto fra persone particolarmente qualificate per l'attività svolta nel campo sociale ed assistenziale e l'altro fra persone particolarmente qualificate per l'attività svolta nel campo della pubblica informazione.
[17] Art. 8.
[18] Ex multis, vedasi M. Adinolfi, Intervista a Rosa Calipari, 20 marzo 2006, disponibile su http://www.megachip.info/modules.php?name=News&file=article&sid=2673.
[19] Condizione specifica per la concessione dell’onorificenza.