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Pubbl. Sab, 15 Apr 2017

Illegittimità dell’arresto in flagranza per informazioni offerte solo dalla vittima del reato

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Fiorella Floridia


Breve analisi dell´arresto in flagranza con commento alla sentenza della Corte di Cassazione Penale n. 642 del 2016.


Sommario. 1. L’arresto in flagranza: cenni generali. 2. La sentenza della Cassazione Penale n. 642/2017 in tema di condizioni legittimanti la condizione di “quasi flagranza”. Limiti logici ed ontologici

1. L’arresto in flagranza: cenni generali

L’istituto in questione trova le proprie basi nell’articolo 13 della Costituzione. L’articolo 13 della Costituzione, introduce nel nostro ordinamento giuridico alcuni principi importanti in tema di libertà personale, in quanto stabilisce il carattere di inviolabilità della libertà personale ed anche l’inammissibilità di forme di restrizione della libertà personale se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria ed in ipotesi specificatamente previste dalla legge. Inoltre afferma che in ipotesi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro 48 ore dall’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida entro le successive 48 ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto” (1). L’arresto in flagranza viene ricondotta dalla dottrina tra le c.d. misure  pre-cautelari, cioè quei provvedimenti limitativi della libertà personale che eccezionalmente vanno a limitare tale situazione giuridica. L’arresto in flagranza è regolato dagli artt. 380 e ss. c.p.p. . Soggetti legittimati sono, in generale la polizia giudiziaria ed in alcuni casi, i privati cittadini. Di solito, l’arresto in flagranza di reato è eseguito da ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria. Non tutti i tipi di delitti prevedono l’arresto, ma solo quelli di una certa gravità. Infatti, si distingue tra due tipi di arresto: l’arresto obbligatorio e l’arresto facoltativo. Per quanto riguarda la prima fattispecie, sono tutte le ipotesi espressamente regolate dall’articolo 380 c.p.p.. Invece, la seconda tipologia ricade nell’ambito applicativo di cui all’articolo 381 c.p.p..  Presupposti sono: lo stato di flagranza di cui all’articolo 382 c.p.p., commissione dei delitti previsti dagli artt. 380 comma II (arresto obbligatorio) e 381 comma II (arresto facoltativo) c.p.p.  Il presupposto della flagranza è regolato dall’articolo 382 c.p.p., il quale stabilisce:

“E’ in stato di flagranza chi viene colto nell’atto di commettere il reato ovvero chi, subito dopo il reato è inseguito dalla polizia giudiziaria , dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle  quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima. Nel reato permanente lo stato di  flagranza dura fino a quando non è cessata la permanenza”.

La flagranza ricorre ogni volta che sia possibile stabilire un nesso tra il soggetto ed il reato, essendo necessario che la relativa condotta in cui l’illecito si estrinseca sia ancora in corso. L’articolo 382 c.p.p. prende in esame due ipotesi di flagranza: la flagranza propria e la quasi flagranza. La flagranza propria ricorre quando il soggetto viene colto dalla polizia giudiziaria nell’atto di commettere il reato e subito identificato in loco. Per quasi flagranza si intende una delle forme che può  assumere lo stato di flagranza, quando il soggetto viene inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone, ovvero è sorpreso con cose o tracce dalla quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima.

2. La sentenza della Cassazione Penale n. 642/2017 in tema di condizioni legittimanti la condizione di “quasi flagranza”. Limiti logici ed ontologici.

I principi costituzionali parlano chiaro: la libertà personale è inviolabile e le limitazioni hanno natura eccezionale. In linea di principio tutto abbastanza semplice ed anche scolpito in modo lineare nel nostro codice di procedura penale. Ma come sappiamo: una cosa è la teoria, tutt’altro la pratica. Come è accaduto nel caso in esame: l’illegittimità dell’arresto in flagranza operato dalla polizia giudiziaria, sulla base delle mere informazioni fornite dalla vittima del reato o di terzi, non configura la “quasi flagranza”. Ancora una volta la Corte di Cassazione è dovuta intervenire per chiarire il concetto in esame e delineare i relativi limiti logici ed ontologici.

Nel caso in oggetto, il Tribunale di Napoli non aveva convalidato l’arresto per i reati di cui agli artt. 572, 582, 583, 594 e 612 c.p., in quanto ad avviso del Tribunale non veniva a configurarsi il presupposto di flagranza di reato, sulla base delle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa dal reato. In base alla granitica giurisprudenza è normalissimo e giuridicamente ovvio che la Suprema Corte sia pervenuta ad una simile conclusione, in quanto è lo stesso concetto di “flagranza di reato” che conduce ad un simile ragionamento. Tanto per non andare lontano, già nel diritto romano arcaico, ci si occupava dell’ipotesi del ladro che veniva colto nell’atto di commettere il reato (manifesti o non manifesti furti; noctu deprehenso) (2). Però fino al principato, non erano previsti meccanismi di tutela giurisdizionale del reo flagrante, il cui destino era sostanzialmente rimesso alla sensibilità dell’offeso (nel caso del furtum manifestum) o all’arbitrio dei nocturnes. Tornando ai giorni nostri, il concetto di “flagranza” stricto sensu, comprende l’ipotesi del reo colto sul fatto, richiedendo anche un rapporto di immediatezza tra l’autore e il fatto, di talché l’intervento degli agenti, che in potenza potrebbe tradursi nell’arresto, deve avvenire nell’attualità della consumazione della condotta illecita. In questo consiste l’arresto in flagranza e da ciò ne derivano una serie di conseguenze logiche ed ontologiche.

Però, i problemi si sono sempre posti nel definire con precisione le due ipotesi di c.d. quasi flagranza, per le quali, come attentamente rilevato in dottrina, “lo sforzo legislativo, palesato dall’uso di avverbi volti a restringere l’ambito applicativo dell’istituto, appare tradito dalla prassi applicativa” (3). L’ambito applicativo delle ipotesi normative considerate, è stato nel corso del tempo ampiamente chiarito da una robusta giurisprudenza. La pronuncia in esame prende le mosse da una solidissima pronuncia delle Sezioni Unite: la n. 39131 del 24.11.2015. Con la sentenza in esame gli Ermellini avevano risolto un contrasto giurisprudenziale, prendendo posizione  tra due diverse posizioni contrastanti in giurisprudenza. Secondo un primo orientamento “non ricorre lo stato di quasi flagranza qualora l’inseguimento dell’indagato da parte della polizia giudiziaria sia iniziato, non già a seguito e a causa della diretta percezione dei fatti, ma per effetto e solo in seguito alla denuncia della persona offesa o ad informazioni rese da terzi” (4). Secondo un opposto orientamento giurisprudenziale «lo stato di quasi flagranza sussiste anche nel caso in cui l’inseguimento non sia iniziato per una diretta percezione dei fatti da parte della polizia giudiziaria, bensì per le informazioni acquisite da terzi (inclusa la vittima), purché non sussista soluzione di continuità fra il fatto criminoso e la successiva reazione diretta ad arrestare il responsabile del reato» (5) . Le Sezioni Unite avallando il secondo orientamento, hanno affermato un principio di diritto importante, affermando che “non può procedersi all’arresto in flagranza sulla base di informazioni della vittima o di terzi fornite nella immediatezza del fatto”.

Principio di diritto che ritroviamo e viene nella sentenza n. 642/2016. In effetti, gli argomenti e le considerazioni che hanno condotto gli Ermellini a tale conclusione sono di ordine storico ed anche strutturale. Il dato storico è sotto i nostri occhi, le diverse modifiche legislative hanno sempre portato ad un restringimento delle ipotesi di arresto in flagranza, evitando così qualsiasi interpretazione estensiva. Il dato strutturale: la privazione della libertà personale e la deliberazione di eseguire l’arresto sono per lo natura inscindibili. In poche parole. Concludendo, non è possibile procedere all’arresto solamente sulla base delle dichiarazione rese dalla persona offesa dal reato o magari di terzi, perché la quasi flagranza richiede non solo l’immediatezza della percezione da parte della polizia giudiziaria ma anche il processo di autonomia in capo alla stessa, senza che questo modus procedendi possa essere influenzato o coartato da dichiarazioni di terzi o della vittima. In quanto, le relative dichiarazioni mal si conciliano con la natura dell’istituto in esame e contrastano col ruolo di assoluto primo piano che ricopre e viene messo in atto dalla polizia giudiziaria.

 Note e riferimenti bibligorafici

  1. Sull’esatta portata della disposizione costituzionale in esame, nonché per  un’approfondita disamina del concetto stesso di “libertà personale” – inteso quale oggetto di tutela ad opera dell’art. 13 Cost. – cfr. A. PACE, Libertà personale (voce), in Enc. Dir., 1974.
  2. Il citato passo di Gaio, è tratto da N. PALAZZOLO, F. ARCARIA, O. LICANDRO, L. MAGGIO, Ab urbe condita. Fonti per la storia del diritto romano, dall’età regia a Giustiniano, Catania, 2002
  3.  C. FANUELE, Commento all’art. 382 c.p.p , p. 4668.
  4. Cfr., ex plurimis, Cass. pen., Sez. V, 20 gennaio 2016, n. 8366, Albano, in C.E.D. Cass., n. 247248; Cass. pen., Sez. III, 24 giugno 2015, n. 34899, Amistà, ivi, n. 264734.
  5. In tal senso, Cass. pen., Sez. III, 6 maggio 2015, n. 22136, B., in C.E.D. Cass., n. 263663; Cass. pen., Sez. I, 24 novembre 2011, n. 6916, Vinetti, ivi, n. 252915.