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Pubbl. Sab, 7 Gen 2017
Sottoposto a PEER REVIEW

Il contraddittorio endoprocedimentale tributario tra diritto interno e diritto comunitario

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Vincenzo Fortunato


Breve rassegna sul tema del contraddittorio endoprocedimentale tributario, con particolare riferimento ai risvolti teorici e pratici emersi dalla fondamentale sentenza Cass. SS. UU. 09/12/2015 n. 24823 e ai recenti sviluppi alla luce dell´ordinanza 736/16 della C.T.R. Toscana.


Sommario: 1. Partecipazione del privato nel procedimento amministrativo e nel procedimento tributario. Specficità della materia tributaria e situazione normativa in tema di contraddittorio endoprocedimentale.  2. Il principio del contraddittorio quale principio fondamentale del diritto UE. 3. Il dibattito giurisprudenziale nazionale in tema di contraddittorio endoprocedimentale: la sentenza Cass. SS. UU. 09/12/2015 n. 24823 e i recenti sviluppi alla luce dell'ordinanza CTR Toscana n. 736/16. 4. Conclusioni.


1. Partecipazione del privato nel procedimento amministrativo e nel procedimento tributario. Specficità della materia tributaria e situazione normativa in tema di contraddittorio endoprocedimentale.

L’attuale sistema tributario si caratterizza per il progressivo stemperamento della relazione contrappositiva tra Fisco e contribuente e si apre, attraverso il riconoscimento di numerosi istituti, via via a nuove forme di collaborazione, di dialogo e di dialettica serena e costruttiva tra le due figure.
Tuttavia, resta un tema, il contraddittorio pre-contenzioso, non ancora soggetto a una disciplina coerente e armonica, nel quale sembra riemergere l’anzidetto rapporto oppositivo.
Volendo fornire una breve definizione si può senz’altro affermare che il contraddittorio endoprocedimentale (o pre-contenzioso) con funzione difensiva nelle indagini tributarie consiste nel diritto del contribuente a difendersi nel corso del procedimento di accertamento, presentando all’Amministrazione finanziaria, al termine della fase istruttoria e prima dell’emissione dell’atto di accertamento, proprie osservazioni, memorie e documenti di cui l’Amministrazione dovrà tener conto ai fini dell’emissione dell’atto stesso.
Un tema complesso e articolato che affonda le radici nell’antica querelle sull’applicabilità o meno anche ai procedimenti tributari dei principi sanciti dalla l. n. 241/90 in tema di partecipazione del privato al procedimento amministrativo (1).
Va ricordato, infatti, che la partecipazione del privato al procedimento amministrativo è stata regolata coerentemente nell’ambito della generale sul procedimento amministrativo.
Prima della legge n. 241/1990, infatti, non era possibile riscontrare nel nostro ordinamento una norma che garantisse, in via generale e con riferimento alla totalità dei procedimenti amministrativi, la partecipazione del privato al procedimento. Si riscontrava, al contrario, una disciplina settoriale che tale possibilità prevedeva con riferimento a determinati procedimenti (2).
Esempio tipico può essere offerto dalla disciplina che regolava il rilascio della vecchia concessione edilizia.
La partecipazione del privato al procedimento si esprime oggi attraverso tre istituti

  • la comunicazione d’avvio del procedimento all’interessato, destinatario dell’eventuale atto;
  • la possibilità per quest’ultimo di presentare durante il corso del procedimento memorie, documenti e osservazioni di cui l’Amministrazione dovrà tener conto ai fini del provvedimento finale; in altri termini la previsione di una fase di contraddittorio endoprocedimentale;
  • la possibilità di accesso agli atti del procedimento; (3)

Sennonché, l’applicabilità di questi istituti è stata circoscritta e comunque negata ai procedimenti tributari, per via della specificità della materia tributaria. A livello normativo l’espressa inapplicabilità è sancita dall’art. 13 della l. n. 241/1990.
Tutto ciò, sostanzialmente per due motivi di fondo.
Innanzitutto perché il procedimento tributario è stato da sempre inteso come un procedimento in senso “atecnico”, in quanto questo, a differenza del procedimento amministrativo, non consta di una sequenza prestabilita di atti. (4)
Non vi è, quindi, un rapporto di pregiudizialità-conseguenzialità tra i diversi atti e l’emissione di un atto finale (di accertamento) è solo eventuale.
In secondo luogo, è apparso preferibile non applicare tali istituti alla materia tributaria perché si è avvertita l’esigenza di dover rendere più segreta possibile l’istruttoria tributaria, assimilandola in gran parte a quella penale.
Un’istruttoria a “carte coperte”, che avrebbe disincentivato gli evasori a porre in essere qualsiasi tipo di contestazione prima della fase naturalmente deputata a questo scopo, ossia quella processuale.
Da qui deriva il c.d. “disallineamento” tra la disciplina della partecipazione nel procedimento amministrativo e quella nel procedimento tributario, che rende la disciplina tributaria una disciplina speciale.
A ciò ha fatto seguito un ordinamento tributario improntato ad una certa rigidità e chiusura che, da un lato ha dato poca rilevanza agli istituti di accesso agli atti e di comunicazione di avvio del procedimento, dall’altro ha riconosciuto l’istituto del contraddittorio endoprocedimentale. (5)
Tuttavia, tale riconoscimento è avvenuto attraverso una serie di disposizioni specifiche che un obbligo di contraddittorio prevedono con riferimento a specifici e determinati procedimenti. Previsioni, dunque, non estensibili per via interpretativa ad altri procedimenti.
Tra le varie previsioni tributarie che prevedono l’obbligo in capo all’Amministrazione di attivare una fase di contraddittorio endoprocedimentale si possono citare gli artt. 36-bis e ter  del D.P.R. n. 600/73, l’art. 10, l. n. 146/1998, in materia di studi di settore, l’art. 38 del D.P.R. n. 600/73 in tema di accertamento sintetico e redditometro, l’art. 16 del D. lgs. 472/97 in tema di sanzioni amministrative tributarie, l’art. 10-bis co. 6 dello Statuto del contribuente in tema di abuso del diritto e, soprattutto, l’art. 12 co. 7 dello Statuto del contribuente. Proprio su quest’ultima disposizione e sulla sua portata applicativa si è concentrato maggiormente il dibattitto nazionale e giurisprudenziale, ma di ciò si darà conto a breve.

2. Il principio del contraddittorio endoprocedimentale quale principio fondamentale del diritto UE.

In questo quadro, già estremamente frastagliato, s’inserisce con forza il diritto comunitario. Nell’ambito del diritto UE, il contraddittorio endoprocedimentale è un principio fondamentale.
Esso è un principio inizialmente sorto in seno alla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea e riferito, inizialmente ai soli procedimenti amministrativi. (6) Successivamente, con la Carta Europea dei diritti fondamentali (Carta di Nizza del 2000), è stato codificato all’art. 41 par. 2.
Con la Carta, i Paesi membri hanno inteso prestare il proprio consenso su alcuni principi di carattere generale non codificati nel Trattato, ma già esplicitati dalla giurisprudenza comunitaria. Essa, infatti, appare come un elenco solenne dei diritti fondamentali riconosciuti in capo ai cittadini europei. I diritti riconosciuti dalla Carta, dunque, s’inseriscono nel solco dei principi generali già affermati e applicati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, costituendone così un continuum.
La codificazione appare dunque dettata, in particolar modo, dal fine di dirimere incertezze, che normalmente derivavano da una sedimentazione prevalentemente giurisprudenziale dei principi. (7)
Tuttavia, per alcune formalità seguite nel procedimento di adozione, la Carta venne considerata inizialmente solo uno strumento di soft-law, con valore per lo più politico e, comunque, non dotata di efficacia diretta e vincolante nei confronti degli Stati membri. (8)
Le cose sono cambiate con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona del 2009 che, tra le varie modifiche apportate all’ordinamento dell’Unione europea, ha attribuito alla «Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea» (la «Carta di Nizza» adattata nel 2008) lo stesso valore giuridico delle norme dei trattati UE.
La portata di tali innovazioni è assai significativa, giacché determina – nella prospettiva che ci interessa in questa sede – l’applicazione al diritto tributario dei diritti fondamentali sanciti nella Carta che, per effetto del trattato di Lisbona, entrano a far parte per via legislativa del diritto «costituzionale» dell’Unione.
Prima del Trattato di Lisbona, comunque, la fondamentale sentenza della CGE “Sopropè” del 2008 (C- 349/07), pur senza richiamare la Carta di Nizza (ancora non vincolante), aveva esteso l’applicabilità del principio del contraddittorio endoprocedimentale anche ai procedimenti tributari.
In particolare, i giudici europei affermavano che  il principio relativo al rispetto dei diritti della difesa (di cui il contraddittorio è parte integrante) è un principio fondamentale del diritto dell’Unione Europea “che trova applicazione ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo. In forza di tale principio i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione. A tal fine essi devono beneficiare di un termine sufficiente”. (9)
L’obbligo di attivare il contraddittorio incombe innanzitutto in capo alle Amministrazioni comunitarie e, in subordine, alle Amministrazioni degli Stati membri ogni qualvolta esse operano in procedimenti che riguardano materie che rientrano nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione.
Successivamente alla sentenza “Sopropè”, un’altra fondamentale pronuncia della CGE, la “Kamino International Logistics” (C-129/13 e 130/13) ha chiarito la portata e i limiti del contraddittorio endoprocedimentale. (10)
In essa è stato affermato che il diritto al contraddittorio, come ogni altro diritto, può soggiacere a dei limiti purché questi siano proporzionati e giustificati. (11)
In particolare, è stato affermato che il principio relativo al rispetto dei diritti della difesa non può dirsi violato solo perché il contribuente non è stato ascoltato prima dell’emissione dell’atto impositivo, purché, però, esso sia solo differito ad una fase successiva di reclamo (amministrativo) avverso lo stesso atto e purché l’efficacia dell’atto in questione possa essere nel frattempo sospesa.
Inoltre, è stato affermato che non in ogni caso l’atto emesso in difetto di contraddittorio può considerarsi invalido. Affinché un’invalidità ci sia è necessario che il contribuente dimostri in giudizio che il contraddittorio sarebbe stato per lui un’occasione propizia per proporre osservazioni e che quindi il procedimento avrebbe potuto avere un risultato diverso qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato.
In altre parole, il difetto di contraddittorio endoprocedimentale non può essere eccepito in maniera pretestuosa, non potendo così il contribuente abusare del diritto.
A conclusione di questa breve analisi sul tema del contraddittorio endoprocedimentale così come disciplinato in ambito comunitario è possibile affermare quanto segue.
Sia che il principio fondamentale di contraddittorio endoprocedimentale venga considerato quale principio di matrice giurisprudenziale, sia che esso venga considerato come principio codificato, esso sarà direttamente applicabile (con le conseguenze che dalla diretta applicabilità discendono) nei confronti della materia comunitaria (ai tributi armonizzati per ciò che concerne la materia tributaria). Ciò è confermato, a livello normativo, dal combinato disposto dagli artt. 51 della Carta di Nizza e 6 del TUE, atteso che la Carta di Nizza non estende l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione al di là delle sue competenze né introduce competenze nuove o compiti nuovi per l’Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti nei Trattati.
Pertanto, almeno fin quando il legislatore nazionale non decida di estenderne l’applicabilità, attraverso una disciplina attuativa, il principio del contraddittorio endoprocedimentale di matrice comunitaria troverà applicazione solo nell’ambito dei procedimenti relativi a tributi armonizzati.

3. Il dibattito giurisprudenziale nazionale in tema di contraddittorio endoprocedimentale: la sentenza Cass. SS. UU. 09/12/2015 n. 24823 e i recenti sviluppi alla luce dell'ordinanza CTR Toscana n. 736/16

Nel contesto così delineato, anche la giurisprudenza di merito e di legittimità nazionale si è interessata alla materia del contraddittorio endoprocedimentale tributario.
Anzitutto, un primo percorso giurisprudenziale sul tema si è concentrato attorno al dettato dell’art. 12 co. 7 dello Statuto del contribuente, trovando un punto di arrivo nella sentenza Cass. SS.UU. n. 18184/13, con la quale si è valorizzata- e non poco- una previsione specifica di contraddittorio endoprocedimentale tributario ed è stata sancita l’invalidità dell’atto di accertamento emesso “ante tempus” (cioè prima del decorso del termine dei 60 giorni previsto dalla suddetta norma) in difetto dei requisiti che ne permettono l’emissione anticipata.
Sulla base di tale pronuncia e di quelle della CGE precedentemente citate, la giurisprudenza della Corte di Cassazione si è spinta addirittura oltre ed ha affermato con le sentenze SS. UU. 19667 e 19668/14 l’immanenza di un principio fondamentale di contraddittorio endoprocedimentale nel nostro ordinamento derivante dagli artt. 24 e 97 della Costituzione.
Principio che trova attuazione ogni qualvolta l’Amministrazione si proponga di adottare un atto lesivo nei confronti di un soggetto (rectius: contribuente) anche in difetto di un’espressa normativa specifica in tal senso e a pena di invalidità dell’atto di accertamento.
Ci si è, dunque, spinti addirittura oltre le statuizioni della sentenza “Kamino International Logistics”, secondo la quale ai fini dell’invalidità dell’atto emesso in difetto di contraddittorio, è necessaria, come si è detto, la dimostrazione da parte del contribuente che il procedimento avrebbe avuto un esito diverso qualora fosse stato tempestivamente attivato il contraddittorio.
E’ palese, però, che l’affermazione contenuta nelle sentenze 19667 e 19668 mal si concilia con un ordinamento tributario contrassegnato da una serie di disposizioni specifiche in tema di contraddittorio endoprocedimentale. In altre parole, l’affermazione in questione è costretta a scontrarsi con la mancanza di una norma attuativa del “principio immanente di contraddittorio” che prevede, in via generale e con riferimento alla totalità dei procedimenti tributari, l’obbligo in capo all’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale.
A tali sentenze, inoltre, sono seguite altre pronunce della stessa Corte di Cassazione che  hanno negato l’immanenza del principio di contraddittorio. Tale situazione, ovviamente, non poteva protrarsi per molto. In effetti, nel marzo 2015, la sesta sezione tributaria, con ordinanza n. 527, ha rimesso gli atti alle Sezioni Unite affinché queste si pronunciassero, in via definitiva, sull’immanenza di un principio di contraddittorio endoprocedimentale nell’ordinamento nazionale.
In particolare, veniva chiesto alle Sezioni Unite di chiarire se l’affermazione contenuta nella sentenza delle Sezioni Unite, n. 19667/2014, trovasse fondamento nell’ordinamento nazionale o esclusivamente nel diritto dell’Unione Europea e, in questo caso, quale fosse la portata applicativa. In subordine, ove confermato il suddetto principio, veniva chiesto di chiarire se le garanzie previste dall’art. 12 co. 7 dello Statuto del contribuente, siano applicabili, in via analogica, ai procedimenti di verifica fiscale “a tavolino”; in altre parole, se l’art. 12 co. 7 dello Statuto potesse essere considerata o meno come norma generale attuativa del principio immanente di contraddittorio endoprocedimentale e, in quanto tale, come norma in grado di trovare applicazione nei confronti della totalità dei procedimenti tributari.
A tali questioni, le Sezioni Unite hanno risposto con la fondamentale sentenza n. 24823/15 del 09/12/2015.
In essa viene negata l’immanenza di un principio di contraddittorio endoprocedimentale e, dunque, la possibilità di considerare l’art. 12 co. 7 dello Statuto quale fonte di un obbligo generalizzato di contraddittorio endoprocedimentale tributario. Tale norma, infatti, appare dettata con riferimento ad uno specifico procedimento tributario e per bilanciare lo squilibrio creatosi tra contribuente e Amministrazione a fronte dell'esercizio, da parte di quest'ultima, di un potere fortemente invasivo della sfera del contribuente, quale quello dell'accesso presso la sede in cui svolge l'attività dello stesso. Viene invece affermata l’immanenza nel principio nell’ambito dell’ordinamento comunitario.
Le Sezioni Unite arrivano allora a delineare una duplicità di regime giuridico in tema di contraddittorio endoprocedimentale tributario. In particolare affermano che bisogna distinguere da un lato i procedimenti relativi a tributi armonizzati (rientranti nell’ambito del diritto comunitario) e dall’altro i procedimenti relativi a tributi non armonizzati.
Relativamente a questi ultimi, vi sarà un obbligo di attivazione del contraddittorio endoprocedimentale ogni qualvolta ciò sia previsto da una norma specifica, la quale è legittimata altresì a definire le conseguenze giuridiche in termini di validità dell’atto in caso di violazione dell’obbligo in questione. Pertanto, a tali procedimenti, non si applicherà il diritto europeo.
Con riguardo ai procedimenti relativi a tributi armonizzati, invece, troverà diretta applicazione il diritto comunitario.
Dunque, per ciò che concerne i procedimenti relativi a tributi armonizzati il contraddittorio dovrà essere attivato in ogni caso: sia in procedimenti nell’ambito dei quali vi siano state verifiche in loco, sia se le verifiche si siano svolte a tavolino.
Qualora vi fosse una norma nazionale in contrasto con tale principio, questa andrebbe disapplicata, in virtù della primauté del diritto comunitario.
Le conseguenze della mancata attivazione del contraddittorio, in tali casi, consisterà nell’invalidità del provvedimento lesivo, seppur nei limiti precisati dalla giurisprudenza comunitaria, in particolare dalla sentenza “Kamino”.Si avrà, pertanto, la nullità del provvedimento qualora il contribuente dimostri, in giudizio, che il procedimento avrebbe avuto un esito diverso qualora fosse stato esperito il contraddittorio. (12)
Tale duplicità, precisa la Corte, non potrà essere superata in alcun modo per via interpretativa, ma solo per via legislativa.
Indubbiamente, la pronuncia in questione poggia su basi giuridiche solide.
Tuttavia, la duplicità profilatasi all'indomani della sentenza in questione comporta che, nel medesimo ordinamento, vi siano tributi per i quali è sempre ed in ogni caso prescritto il contraddittorio preventivo ed altri, quelli c.d. non armonizzati, rispetto ai quali non opera il medesimo principio.
Si crea, pertanto, una perversione ed una discriminazione tra tributi, ma soprattutto tra contribuenti. A seconda del tributo si avrà una tutela diversa.
Ma, la sentenza in commento sembra creare altresì delle problematiche di carattere pratico. Ciò, in quanto un atto di accertamento, frutto del medesimo procedimento, può riguardare contemporaneamente un tributo armonizzato e uno interno. (13)
E allora, nei casi di “verifica a tavolino”, potrebbe essere complicato spiegare al contribuente che egli ha diritto ad essere ascoltato per i rilievi riguardanti i tributi armonizzati, mentre tale diritto non sussiste per quanto riguarda le imposte non armonizzate accertate con lo stesso atto e lo stesso procedimento.
In tale ultimo caso, affinché possano esserci tali garanzie - e salvo che il contraddittorio sia previsto come obbligatorio da altre norme specifiche (accertamento conseguente a studi di settore, accertamenti sintetici, liquidazione formale delle dichiarazioni ecc. )- l’Ufficio dovrebbe procedere attraverso verifiche in loco. Va da sé che così ragionando, la possibilità di contraddittorio viene a dipendere dalla discrezionalità dell’Amministrazione che diventa unico arbitro delle garanzie del contribuente.
La sentenza, dunque, è stata avversata dalla dottrina unanime e da gran parte della giurisprudenza tributaria di merito.
Pertanto, se tale pronuncia, almeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto chiudere definitivamente la querelle intorno al tema del contraddittorio endoprocedimentale tributario, ha aperto a nuovi possibili scenari.
Mi riferisco alle possibilità aperte dall’ordinanza 736/16 del 10/01/2016 della CTR Toscana.
Con essa è stata sollevata una questione di legittimità costituzionale dell’art. 12 co. 7 dello Statuto del contribuente rispetto agli artt. 3, 24, 53, 111, 117 della Costituzione nella parte in cui si riconosce al contribuente il diritto a ricevere copia del processo verbale di constatazione da cui decorrono 60 giorni per le controdeduzioni, nelle sole ipotesi di verifiche in loco, presso la sede in cui si svolge l’attività del contribuente.
È evidente la volontà dei giudici di merito di far sì che la norma de qua possa essere considerata come fonte di un obbligo generalizzato di contraddittorio endoprocedimentale tributario.
Tuttavia, con l’ordinanza in questione si richiede un intervento di tipo additivo o manipolativo alla Corte costituzionale.
Sebbene ad oggi la Corte Costituzionale non si sia ancora pronunciata, ritengo che tale ordinanza non avrà grande seguito, proprio per via del tipo di intervento che si richiede alla Corte Costituzionale.

4. Conclusioni

Alla luce di quanto è stato detto nel presente lavoro emerge chiaramente come sia necessario e improrogabile un intervento chiarificatore e generale del legislatore in materia di contraddittorio endoprocedimentale tributario a fronte di una disciplina positiva fortemente incoerente e frastagliata.
Ritengo che tale intervento dovrebbe innanzitutto porsi come attuativo, in maniera precisa, del principio di contraddittorio sancito a livello comunitario, perché se è vero che questo si applica direttamente ai procedimenti relativi a tributi armonizzati, nondimeno esso risulterà concretamente applicabile soltanto nei casi in cui la normativa interna presenti una specifica norma, che sancisca una specifica ipotesi di contraddittorio e che possa essere estesa (in virtù del principio di equivalenza) anche al diritto europeo.
È ciò che accade, per esempio, riguardo agli accertamenti c.d. “a tavolino” e all’art. 12 co. 7 dello Statuto del contribuente, che può essere esteso anche ai procedimenti relativi a tributi armonizzati.
Tale intervento risulta tanto più urgente dal momento in cui la mancata attuazione dei principi europei, nell’ambito di applicazione del diritto comunitario, genera responsabilità dello Stato, sia verso l’Unione (responsabilità da inadempimento), sia verso i cittadini (responsabilità da illecito europeo).
Inoltre, siffatto intervento legislativo è auspicabile perché potrebbe essere più garantista e “concedere”, almeno nell’ambito dei procedimenti relativi a tributi armonizzati, uno spazio maggiore al contraddittorio rispetto a quello riservato allo stesso da parte della giurisprudenza comunitaria.
In altre parole, il legislatore nazionale ben potrebbe sancire, in via generale, la nullità dell’atto lesivo emesso in difetto di contraddittorio andando altro le statuizioni contenute nella sentenza “Kamino International Logistics” secondo le quali, invece, l’invalidità è configurabile allorché il contribuente dimostri che il procedimento avrebbe avuto un esito diverso qualora il contraddittorio fosse stato attivato.
O, ancora, ben potrebbe sancire che il contraddittorio vada attivato sempre, a pena di invalidità dell’atto finale, al termine della fase istruttoria e che questo non possa essere differito ad una fase successiva di reclamo amministrativo avverso quell’atto, come invece pare ammettere la sentenza “Kamino International Logistics”.
Insomma, nella peggiore delle ipotesi, l’intervento legislativo attuativo del principio eurounitario garantirebbe precisione normativa e una tutela del contraddittorio pari a quella affermata dalle sentenze della CGE esaminata nel capitolo 3, ma di certo non deteriore.
In secondo luogo, il legislatore ben farebbe, con lo stesso intervento, ad estendere le medesime garanzie dettate dal principio comunitario di contraddittorio endoprocedimentale anche ai tributi non armonizzati.
Pertanto, ritengo che una disciplina d’attuazione del principio del contraddittorio per ogni procedimento amministrativo tributario vada introdotta quanto prima. I tempi sono dunque maturi per un intervento normativo mirato e la situazione giurisprudenziale non può che essere un “assist” per il legislatore.

 

Note e riferimenti bibliografici.

(1) La dottrina, quasi unanimemente, insiste sulla necessità di un riconoscimento generale del contraddittorio pre-contenzioso in tutti i procedimenti tributari per garantire il miglior esercizio della funzione amministrativa oltreché per garantire la difesa del contribuente. Si vedano, a tal proposito, ed in via esemplificativa, RAGUCCI G., Il contraddittorio nei procedimenti tributari, Torino, Giappichelli, 2009; MICELI R., La partecipazione del contribuente alla fase istruttoria, in FEDELE A. e FANTOZZI A. (a cura di), Lo statuto dei diritti del contribuente, Milano, Giuffrè, 2005, p. 473; SALVINI L., La partecipazione del privato all'accertamento tributario nelle imposte sui redditi e nell’IVA, Padova, 1990;

(2) Cfr. MICELI R., Il contraddittorio pre-contenzioso nelle indagini tributarie: un principio generale senza disciplina di attuazione, in Riv. Dir. trib., 2016, 1, p. 5 e ss.;

(3) MICELI R., L’attività istruttoria tributaria, in FANTOZZI A. (a cura di), Diritto tributario, IV edizione, Torino, UTET, 2012, p. 634 ;

(4) FANTOZZI A., Diritto tributario, Torino, UTET, 2003, il quale afferma che “… a differenza del procedimento amministrativo in senso stretto, l’atto finale della sequenza non è subordinato in senso procedimentale ad alcun atto precedente”; in senso analogo, MICHELI G.A., Lezioni di diritto tributario, Roma, Bulzoni, 1968, p. 212 ss.

(5) MICELI R., Il contraddittorio pre-contenzioso nelle indagini tributarie: un principio generale senza disciplina di attuazione, in Riv. Dir. trib., 2016, 1;

(6) DELLA CANANEA G., Diritto amministrativo europeo: principi e istituti (a cura di), in Corso di diritto amministrativo / diretto da Sabino Cassese, Milano, Giuffrè, 2011.Le pronunce più significative nella giurisprudenza la materia degli aiuti di Stato e la concorrenza.
Tra le più significative della Corte di giustizia europea si segnalano la sentenza del 23/10/1974 causa C-17/74, la sentenza del 09/11/1983 causa C-322/81, la sentenza del 12/02/1992 cause riunite C-48/90 e C-66/90, accomunate dall’annullamento degli atti della Commissione Europea in materia in quanto adottati senza aver esperito il contraddittorio difensivo preventivo.

(7) AZZENA L., Le forme di rilevanza della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in DE SIERVO U., (a cura di), La difficile Costituzione europea, Bologna, Il Mulino, 2001, p. 256-7;

(8) VETTORI G., La lunga marcia della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in Persona e mercato,2007,http://www.personaemercato.it/wp-content/uploads/2009/12/lunga-marcia-dirittifondamentali-ue.pdf;

(9) Tale principio appare dotato di significativa forza espansiva e idoneo a determinare il ripensamento degli orientamenti conservatori della Corte costituzionale e della Corte di cassazione sul contraddittorio nei procedimenti tributari, ad esempio in materia di accertamenti bancari o fondati sugli studi di settore. Così MARCHESELLI A., Il diritto al contraddittorio nel procedimento amministrativo tributario è diritto fondamentale nel diritto comunitario, op. cit., p. 203;

(10) MARCHESELLI A., Il contraddittorio va sempre applicato ma la sua omissione non può eccepirsi in modo pretestuoso, in Corr. Trib., 2014, 33, p. 2536;

(11) A tal proposito viene richiamata la sentenza “Texdata Software”, C‑418/11, EU:C:2013:588, punto 84;

(12) MARCHESELLI A., Il contraddittorio va sempre applicato ma la sua omissione non può eccepirsi in modo pretestuoso, in Corr. Trib., 2014, 33;

(13) La sentenza “rischia di produrre esiti paradossali, in presenza di rilievi operanti sia ai fini delle imposte dirette che di quelle indirette di derivazione comunitaria”. Così STEVANATO D. – LUPI R., Sul contraddittorio procedimentale la Cassazione decide (forse bene), ma non spiega, in Dialoghi Tributari, 2015, 4, p. 383.