ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Gio, 8 Dic 2016

La bocciatura della Riforma della Pubblica Amministrazione

Mattia De Lillo


La Riforma Madia ha subito una brutta battuta d´arresto a causa della sentenza della consulta 251/2016, ma cosa è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo?


Pochi giorni fa, venerdì 25 novembre, la Corte Costituzionale ha depositato la sentenza emessa il 9 novembre riguardante l’impugnazione fatta dalla Regione Veneto di alcune norme contenute nella Riforma della Pubblica Amministrazione (Legge n. 124/2015). Con questa sentenza è stata dichiarata l’incostituzionalità di alcune parti della Riforma Madia.

Pochi giorni fa, venerdì 25 novembre, la Corte Costituzionale ha depositato la sentenza emessa il 9 novembre riguardante l’impugnazione fatta dalla Regione Veneto di alcune norme contenute nella Riforma della Pubblica Amministrazione (Legge n. 124/2015).
Con questa sentenza è stata dichiarata l’incostituzionalità di alcune parti della Riforma Madia.

Le norme che sono state portate al vaglio della Consulta, delegavano il governo ad adottare dei decreti legislativi che sarebbero serviti per il riordino e la razionalizzazione di varie aree della P.A. sia a livello nazionale, sia a livello regionale e locale; è stato proprio questo il nodo gordiano del ricorso.

Dato l’interessamento delle amministrazioni locali, i giudici costituzionali hanno scritto che il primo passo per sciogliere la matassa delle competenze statali e regionali, era individuare se nel settore impugnato vigesse una competenza statale, in tal caso, si sarebbe dovuto ricondurre ad essa, in maniera predominante, il progetto di riordino senza ledere le competenze regionali.

Quanto detto è ciò che è stato fatto per la norma che riguarda modifiche ed integrazioni del Codice dell’Amministrazione Digitale, tant’è che su quest’ultima la Corte ha respinto qualsiasi dubbio di legittimità perché ex  art. 117 co. 2 lett. r) la legislazione sul “coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale” spetta in via esclusiva allo Stato.

Discorso diverso si ha per quelle norme attinenti alla riorganizzazione della dirigenza pubblica, alle partecipazioni azionarie delle pubbliche amministrazioni, al lavoro nella Pubblica Amministrazione e ai servizi pubblici locali di interesse economico generale.
Queste materie, infatti, influenzano degli interessi che sono ricondotti a competenze statali e regionali con la conseguenza che è impossibile individuare una materia prevalente.
Ebbene tali norme sono state dichiarate incostituzionali nella parte in cui si prevede, per l’adozione dei decreti legislativi attuativi, una forma di raccordo regionale che ha i lineamenti del parere (e quindi non vincolante) e non quelli dell’intesa raggiunta nella Conferenza Stato-Regioni (e non nella Conferenza Unificata come troviamo scritto in alcune parti della riforma).

La Ministra per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione che dichiara: “Tecnicamente penso di non aver fatto errori, e nemmeno politicamente [...] Noi andiamo avanti con tranquillità e determinazione.” [1]
Tuttavia, come possiamo notare, quella subita non è una bocciatura dei contenuti della riforma ma (e forse è ben più grave) si tratta di una bocciatura su delle questioni di procedura che sono state ignorate volutamente o meno.