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Pubbl. Gio, 27 Ott 2016
Sottoposto a PEER REVIEW

Abuso di mercato: il quadro normativo europeo

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Alessandro Re


Introduzione sistematica alle condotte abusive.


Sommario: 1. Il collegamento tra trasparenza e crescita economica.; 2. Abuso di mercato: le fonti dell’ordinamento europeo. Dall’armonizzazione all’uniformità; 3. Le tre condotte tipiche di abuso di mercato; 3.1 Abuso di informazioni privilegiate; 3.2 Comunicazione illecita di informazioni privilegiate; 3.3 Manipolazione di mercato; 4. Divieti ed eccezioni; 5. L’importanza della prevenzione; 5.1 Comunicazione al pubblico di informazioni privilegiate; 6. Conclusione: l’importanza dell’enforcement.

1. Il collegamento tra trasparenza e crescita economica.

Negli ultimi anni, la crisi finanziaria esplosa negli USA nel biennio 2007-08, ha reso evidente agli occhi del legislatore e della pubblica opinione l’importanza di avere un alto livello di trasparenza ed equità nell’ambito dell’ordinamento bancario e finanziario. Questi elementi sono essenziali per lo sviluppo di un mercato in cui tutti i soggetti, in particolare gli investitori retail, possano operare in sicurezza, essendo consci dei rischi che possono incontrare nello svolgimento dei rapporti interni ai mercati finanziari.

Tali nozioni sono ben impresse nei propositi dei regolatori, sia in Europa che nel resto del mondo. Trasparenza ed equità sono considerate unanimemente le chiavi per consentire un aumento degli investimenti e, in generale, un miglior funzionamento dei mercati finanziari. Gli investitori devono acquisire nuovamente fiducia nel mercato, così da innescare un rinnovato ciclo di crescita e stabilità economica.

Gli sforzi compiuti per ottenere gli auspicati miglioramenti in termini di integrità e trasparenza dei mercati sono stati numerosi. L’analisi delle normative più recenti consente di comprendere meglio la descritta tendenza. Esempi in tal senso sono offerti dalle nuove regole europea in tema di unione bancaria (Reg. 1024/2013 UE, Reg. 806/2014 UE, e il cosiddetto single rulebook), requisiti patrimoniali delle banche (Reg. 575/2013 e la cosiddetta Direttiva CRD IV), sviluppo di mezzi alternativi di risoluzione delle controversie (Dir. 2013/11 UE). Nell’ordinamento statunitense, la più importante riforma riguardante l’ordinamento bancario, i mercati finanziari e la protezione del consumatore è il Frank-Dodd Act del 2010.

2. Abuso di mercato: le fonti dell’ordinamento europeo. Dall’armonizzazione all’uniformità.

Il campo che maggiormente rileva ai fini del presente lavoro è quello del diritto dei mercati finanziari. In particolare, ci si prefigge di analizzare come il legislatore nazionale e comunitario intendono raggiungere gli obbiettivi di stabilità, trasparenza ed equità del mercato, nell’interesse di tutti i soggetti coinvolti. In quest’ottica, si rende necessaria una disamina dell’evoluzione della normativa in tema di abuso di mercato e dei suoi scopi.

In primo luogo, è essenziale sottolineare le idee economiche alla base di questo specifico settore dell’ordinamento finanziario. Nell’ultima decade, una visione ultra-liberale ha lasciato spazio ad un approccio più realistico. È evidente che gli investitori non possono semplicemente confidare nella buona fede e nella cooperazione degli emittenti strumenti finanziari e dei loro dirigenti. Per tali ragioni, è necessaria una regolamentazione stringente se si vuole perseguire un miglior funzionamento del mercato[1].

Integrità e trasparenza sono le principali idee di cui è permeata la legislazione in tema di abuso di mercato implementata dal legislatore europeo. Le Istituzioni comunitarie sono intervenute per la prima volta in questo campo nel 2003, con la Direttiva 2003/6 CE recante la disciplina relativa alle informazioni privilegiate, o insider dealing, e alle manipolazioni di mercato. Si tratta della cosiddetta “MA Directive”.

Tuttavia, fu immediatamente chiaro che, per funzionare in modo appropriato, questo quadro normativo aveva bisogno di un livello maggiore di attuazione negli ordinamenti nazionali. Tale aspetto fu altresì sottolineato dal “de Larosière Report”, redatto nel 2009[2]. Questo lavoro mise in evidenza che, per ottenere una regolamentazione più efficiente, è necessario acquisire maggiore uniformità, per rimuovere le distorsioni della concorrenza dovute al diverso recepimento delle direttive nei singoli Stati membri. Invero, si deve rilevare che lo strumento legislativo della direttiva lascia troppo spazio a diversi modelli e gradazioni di attuazione all’interno degli ordinamenti statali e, soprattutto, a consistenti ritardi nell’adozione della disciplina di recepimento.

Conseguentemente, il regolatore europeo ha deciso di cambiare tecnica legislativa, così la Direttiva del 2003 è stata abrogata per essere sostituita dal Regolamento 596/2014 EU (“MAR”) e dalla Direttiva 2014/57 EU (“New MA Directive”). Questo approccio integrato dovrebbe consentire, nelle intenzioni del legislatore, di raggiungere un più penetrante livello di armonizzazione. È, dunque, possibile affermare che l’obbiettivo perseguito dall’Unione Europea in quest’ambito è l’uniformità degli ordinamenti statali, grazie all’uso del Regolamento, che è direttamente applicabile in tutti gli Stati membri. Tale tendenza è sicuramente riscontrabile anche in altri settori, specialmente qualora sia richiesta, come nell’ipotesi degli investitori non istituzionali, la protezione più intensa di una parte ritenuta in posizione di debolezza. Inoltre, il Regolamento del 2014 è stato recentemente integrato dal Regolamento Delegato 2016/522 EU, adottato dalla Commissione.

Il quadro normativo illustrato non è composto solo da atti legislativi, ma anche dai technical standards emanati dall’ESMA nel Luglio 2016, che implementano il Regolamento per quanto riguarda le sanzioni amministrative e penali da adottarsi da parte delle autorità nazionali competenti, e il passaggio di informazioni tra quest’ultime e l’ESMA, secondo il disposto degli artt. 30, 31, 32 del MAR[3].

Venendo a un’analisi più approfondita dell’ambito di applicazione e del testo del corpus normativo in oggetto, deve essere rilevato che i maggiori obbiettivi perseguiti dal legislatore con il MAR non sono differenti da quelli sottesi alla prima Direttiva. Questo dato emerge chiaramente dalle parole usate nel considerando (2) del Regolamento, che sancisce «un mercato finanziario integrato, efficiente e trasparente non può esistere senza che se ne tuteli l’integrità. Il regolare funzionamento dei mercati mobiliari e la fiducia del pubblico nei mercati costituiscono fattori essenziali di crescita e benessere economico. Gli abusi di mercato ledono l’integrità dei mercati finanziari e compromettono la fiducia del pubblico nei valori mobiliari e negli strumenti derivati».

Sebbene i termini essenziali utilizzati siano gli stessi, che sottolineano la relazione tra integrità del mercato, il suo corretto funzionamento, e la crescita economica, tuttavia il MAR rappresenta un significativo passo in avanti per la regolazione europea in ambito finanziario. Il Regolamento non solo riflette i cambiamenti nella struttura dei mercati realizzatisi negli anni tra il 2003 e il 2014[4], ma prova inoltre a risolvere alcune delle difficolta sopra evidenziate, che hanno reso complicato raggiungere tutti gli obbiettivi perseguiti dal regolatore[5]. In particolare, si ambisce a ridurre le differenze nel sistema punitivo tra uno Stato e l’altro, tramite la cooperazione tra ESMA e autorità nazionali competenti, e a semplificare le regole relative a piccoli e medi operatori[6].

3. Le tre condotte tipiche di abuso di mercato

Vi sono tre tipologie di condotte che ricadono nell’alveo della disciplina del MAR: “abuso di informazioni privilegiate” (art. 8 MAR), la “comunicazione illecita di informazioni privilegiate” (art. 10 MAR), e la “manipolazione del mercato” (art. 12 MAR).

3.1 Abuso di informazioni privilegiate

A mente dell’art. 8, par. 1, MAR, si parla di abuso di informazioni privilegiate «una persona in possesso di informazioni privilegiate utilizza tali informazioni acquisendo o cedendo, per conto proprio o per conto di terzi, direttamente o indirettamente, gli strumenti finanziari cui tali informazioni si riferiscono». Il Regolamento considera, altresì, abuso di informazioni privilegiate la condotta che consiste nel cancellare o modificare un ordine relativo allo strumento finanziaro cui le informazioni si riferiscono, quando tale ordine è stato inoltrato prima che la persona interessata entrasse in possesso di dette informazioni privilegiate. Infine, la disciplina comunitaria proibisce anche di raccomandare o indurre un’altra persona a intraprendere tale attività illecita.

Pertanto, si nota che l’ambito della norma in oggetto è abbastanza ampio da includere un ampio novero di condotte. In particolare, il legislatore pone l’attenzione su tutte le possibili manifestazioni di abuso di informazioni privilegiate, anche quando avviene indirettamente o tramite l’influenza esercitata su un altro soggetto. I concetti principali che devono essere chiariti per comprendere se un’azione ricade sotto il regime del MAR sono, sotto il punto di vista oggettivo, “informazioni privilegiate” (art. 7), e da un punto di vista soggettivo, “persona che possiede informazioni privilegiate”, in altre parole un “insider”. Tali elementi defisicono l’ambito di applicazione del Regolamento.

Si definisce informazione privilegiata, ai sensi del Regolamento, «un’informazione avente un carattere preciso, che non è stata resa pubblica, concernente, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti o uno o più strumenti finanziari, e che, se resa pubblica, potrebbe avere un effetto significativo sui prezzi di tali strumenti finanziari o sui prezzi di strumenti finanziari derivati collegati»[7]. La scelta del regolatore è quella di escludere informazioni di natura generica dall’ambito di applicazione delle norme considerate.

Inoltre, per stabilire se una condotta è illecita, è decisive determinare se l’informazione possa ragionevolmente influenzare il prezzo degli strumenti finanziari cui è collegata. Tale questione costituisce probabilmente l’aspetto più problematico relativo all’effettiva applicazione della disciplina relativa all’abuso di informazioni privilegiate, specialmente qualora la controversia sia portata alla cognizione di un giudice. Il metodo di valutazione migliore che può essere adottato è quello de “l’investitore medio”. Coerentemente con esso, l’informazione può ragionevolmente alterare il prezzo dello strumento derivato se l’investitore mediamente accorto e potrebbe usarla come base della sua decisione, prendendo anche in considerazione la situazione preesistente, la credibilità della fonte di informazione e tutte le variabili di mercato[8].

Sotto un altro punto di vista, l’art. 8, par. 4, MAR, chiarisce che la norma si applica a ogni persona che ha una relazione qualificata con l’emittente degli strumenti finanziari considerati, cosiddetto “primary insider”[9]. Inoltre, il legislatore prende in considerazione anche la situazione del “secondary insider”, persona che «possieda informazioni privilegiate per circostanze diverse da quelle di cui al primo comma, quando detta persona sa o dovrebbe sapere che si tratta di informazioni privilegiate»[10].

Al fine di rendere il Regolamento applicabile a tali tipologie di condotte, è altresì necessario che l’informazione privilegiata sia effettivamente usata dall’insider e che questi ne tragga un vantaggio illecito. Per quanto riguarda il nesso di causalità, che necessariamente deve sussistere, tra il possesso dell’informazione e l’utilizzo illegittimo della stessa, l’art. 9 del Regolamento, stabilisce una presunzione, che va incontro ad alcune rilevanti eccezioni[11].

Inoltre, relativamente al nesso di causalità, è utile analizzare la decisione della CGUE nel caso Spector photo[12]. Qui la Corte sancisce che «il fatto che una persona disponga di informazioni privilegiate sapendo, o dovendo sapere, che si tratta di informazioni privilegiate, o acquisisca o ceda strumenti finanziari che si riferiscono a tali informazioni comporta, di norma, che questi “utilizzi” le informazioni. Nelle situazioni in cui è accertato a priori che un’informazione privilegiata non influenza l’azione di una persona, la mera conoscenza di un’informazione privilegiata non ne comporta anche l’utilizzo »[13]. Il principio enunciato dalla CGUE risponde al bisogno di trovare un equilibrio tra un’efficiente applicazione della normativa in tema di abuso di mercato, che ha il compito precipuo di difendere l’integrità del mercato e il diritto di difesa, che esige che un soggetto abbia l’effettiva possibilità di ribaltare una presunzione di legge. Conseguentemente, deve essere provata la connessione tra il possesso dell’informazione e l’azione dell’insider, che è sospettata di integrare utilizzo illecito di tali informazioni privilegiate.

3.2 Comunicazione illecita di informazioni privilegiate

La seconda tipologia di condotta che costituisce abuso di mercato ai sensi del MAR è la “comunicazione illecita di informazioni privilegiate”. A mente dell’art. 10 MAR, tale fattispecie si realizza quando «una persona è in possesso di informazioni privilegiate e comunica tali informazioni a un’altra persona», tranne quando la comunicazione avviene nel normale esercizio di un’occupazione, una professione o una funzione.

L’aspetto più interessante del Regolamento, con riguardo a tale novero di condotte, è l’introduzione dei sondaggi di mercato (art. 11 MAR) fra i casi di «normale esercizio». Si tratta di uno sforzo compiuto dal legislatore, dettato dalla considerazione che questa pratica è utile, se non anche essenziale, per la raccolta di investimenti, specialmente in un’epoca caratterizzata dalla mancanza di confidenza nei mercati[14]. Tuttavia, l’art. 11, par. 3, MAR, per ammonire sull’importanza della comunicazione, anche se effettuata nell’ambito di un sondaggio di mercato, sancisce che «un partecipante al mercato che comunica le informazioni (disclosing market participant), prima di effettuare un sondaggio di mercato, esamina in particolare se il sondaggio di mercato comporterà la comunicazione di informazioni privilegiate». In tali ipotesi, il partecipante al mercato dovrà mettere per iscritto le sue conclusioni, che dovranno essere trasmesse, su richiesta, all’autorità nazionale competente. Si nota, nuovamente, un tentativo di bilanciamento tra protezione degli investitori da un lato, e integrità ed efficienza del mercato dall’altro.

3.3 Manipolazione di mercato

Per concludere l’analisi delle tre tipologie di condotte che costituiscono abuso di mercato, rimanee da esaminare l’art. 12 MAR, riguardante la “manipolazione di mercato”. In questo caso, il legislatore ha optato per una definizione quadripartita, introducendo altresì una nuova fattispecie, non contemplata precedentemente dalla Direttiva del 2003.

La prima categoria di manipolazione di mercato è definita all’art. 12, par.1, (a), MAR e comprende due tipi di attività, che si svolgono in un particolare contesto. La norma in oggetto sancisce che «ai fini del presente regolamento, per manipolazione di mercato si intendono le seguenti attività: a) l’avvio di un’operazione, l’inoltro di un ordine di compravendita o qualsiasi altra condotta che: i) invii, o è probabile che invii, segnali falsi o fuorvianti in merito all’offerta, alla domanda o al prezzo di uno strumento finanziario, di un contratto a pronti su merci collegato o di un prodotto oggetto d’asta sulla base di quote di emissioni; oppure ii) consenta, o è probabile che consenta, di fissare il prezzo di mercato di uno o più strumenti finanziari, di un contratto a pronti su merci collegato o di un prodotto oggetto d’asta sulla base di quote di emissioni a un livello anormale o artificiale». Dunque, la norma si applica a un’operazione o un ordine di vendita e mira ad evitare che il mercato possa ricevere informazioni ingannevoli e conseguentemente che il prezzo dello strumento interessato possa alterarsi artificialmente. Un’eccezione è prevista se l’attività possa essere definita come “prassi mercato ammessa”, ai sensi dell’art. 13 MAR[15].

La seconda categoria, definita dall’art. 12, par.1, (b), MAR, trova applicazione alle condotte consistenti nell’avvio di una transazione atta ad influenzare il prezzo di uno o più strumenti finanziari, servendosi di artifizi o raggiri.

Inoltre, la terza figura sintomatica di manipolazione di mercato è la diffusione, tramite i media, di informazioni suscettibili di determinare indicazioni false o fuorvianti per quanto riguarda il prezzo di uno strumento finanziario a un livello anormale[16].

Infine, come già accennato, il Regolamento ha introdotto una nuova ipotesi di manipolazione di mercato. La norma di cui all’art. 12, par.1, (d), MAR, si riferisce alla diffusione di informazioni false o fuorvianti relativamente a un indice di riferimento (benchmark), così da manipolare i calcoli attinenti a tale indice. Deve essere rilevato che la norma in esame si riferisce al benchmark, differentemente da altre ipotesi che, generalmente, fanno riferimento a un concetto più ristretto, quale il prezzo di un particolare strumento finanziario. Probabilmente, la ratio della previsione è prevenire la diffusione di notizie non veritiere riguardo la capacità degli Stati facenti parte dell’Euro-zona di ripagare il proprio debito sovrano, un problema molto avvertito negli ultimi anni di crisi[17].

4. Divieti ed eccezioni

In conclusione, per avere un quadro più completo riguardo il concetto di abuso di mercato, ai sensi del Regolamento, deve essere analizzato il sistema di divieti ed eccezioni previsto dal MAR. Le norme di cui agli artt. 14 e 15 MAR, proibiscono di compiere, o anche solo tentare di compiere, una delle tre condotte tipiche di abuso di mercato contemplate dalla normativa comunitaria.

Tuttavia, il legislatore lascia un certo margine di flessibilità. In primo luogo, il divieto di insider trading e manipolazione di mercato non si applica nei casi di operazioni su azioni proprie, programmi di buy-back, e transazioni aventi finalità di stabilizzazione dei valori mobiliari coinvolti, se sussistono le condizioni previste dal Regolamento. Inoltre, la normativa europea non si applica nei confronti delle autorità pubbliche, che operano nel perseguimento delle politiche monetarie e di controllo del debito pubblico[18]. Non v’è dubbio che ragioni di natura politica ed economica così rilevanti devono giustificare un’eccezione, altrimenti la disciplina in esame diventerebbe eccessivamente rigida e non idonea a perseguire gli obbiettivi per i quali è stata predisposta.

Inoltre, come già accennato, per favorire il corretto funzionamento del mercato, l’art. 13 MAR, prevede un’esenzione per quanto riguarde le cosiddette «prassi di mercato ammesse», così da far in modo che gli operatori possano finalizzare quelle operazioni che rientrino in tale definizione. Qualora, infatti, una determinata transazione non è suscettibile di alterare l’equilibrio del mercato, ma anzi potrebbe avere un impatto positivo sullo stesso, in termini di efficienza e funzionamento, allora deve essere consentita. In questa fattispecie, giocano un ruolo di primo piano le autorità nazionali competenti, che devono dichiarare se vi sono le condizione per concedere l’esenzione. La decisione viene presa a seguito di consultazione con l’ESMA e i rappresentanti di emittenti, fornitori di strumenti finanziari e consumatori[19].

5. L’importanza della prevenzione

Il legislatore europeo è consapevole che un sistema basato solo su divieti ed eccezioni non è sufficiente ad assicurare l’efficacia della disciplina sull’abuso di mercato, in quanto si tratta di interventi successivi al realizzarsi di una condotta potenzialmente illecita. Così come avviene nel settore bancario, è cruciale prevenire, per fermare i comportamenti rischiosi prima che possano produrre i loro effetti, i quali potrebbero essere irreversibili con un intervento ex post.

Da un lato, gli operatori di mercato e le società di investimento devono predisporre un efficace sistema di controlli interni per scoprire e combattere possibili abusi di mercato. Se un soggetto è al corrente di una transazione che potrebbe essere illecita ai sensi del MAR, deve riferire «senza ritardo» all’autorità competente[20].

5.1 Comunicazione al pubblico di informazioni privilegiate

Da un altro punto di vista, uno degli aspetti più importanti disciplinati dal Regolamento è quello relativo alla comunicazione al pubblico di informazioni privilegiate. Gli intermediari, invero, non sono solo sottoposti a obblighi negativi, ma sono anche posti in una situazione di trasparenza verso le autorità pubbliche e, in senso ampio, nei confronti di tutto il mercato, in particolar modo degli investitori. Conseguentemente, essi devono rendere pubbliche una serie di informazioni, al fine di prevenire il concretizzarsi di abusi di mercato.

La sfida per i policy makers consiste nel determinare quando un’informazione deve essere comunicata e quale deve essere il contenuto della comunicazione. La disclosure rappresenta un elevato costo per le compagnie che decidono di quotarsi, probabilmente il più importante che devono tenere in considerazione nei loro processi decisionali. Tuttavia, si deve altresì sottolineare che la trasparenza in una transazione significa che le parti possono meglio ponderare le proprie scelte e i vantaggi che potrebbero derivare da quella operazione. Inoltre e soprattutto, sono gli investitori ad esigere trasparenza, e sono quest’ultimi a convogliare le proprie risorse economiche nel mercato, permettendone la sopravvivenza[21].

Lo scopo dell’art. 17 MAR, che disciplina la comunicazione al pubblico di informazioni privilegiate, è di preservare l’integrità del mercato, per far ciò «l’emittente comunica al pubblico, quanto prima possibile, le informazioni privilegiate che riguardano direttamente detto emittente». Risulta evidente che, per determinare se qualcosa debba essere rivelata al pubblico, è ancora una volta cruciale la nozione di “informazione privilegiata”, su cui si è già precedentemente discusso brevemente, anche alla luce delle pronunce della CGUE. Invero, non tutte le informazioni privilegiate sono rilevanti ai fini della comunicazione pubblica, ma solo quelle che riguardano direttamente l’emittente, dunque si tratta di un novero più ristretto. La norma stabilisce anche come le notizie devono essere rese pubbliche, ossia in un modo che «un accesso rapido e una valutazione completa, corretta e tempestiva delle informazioni da parte del pubblico»[22].

Le società operanti sui mercati finanziari sono dunque soggette, nello scenario europeo, a un flusso continuo e costante di informazioni che esse devono mantenere pubbliche. Sotto questo punto di vista, la normativa comunitaria differisce dalla disciplina statunitense, in cui il dovere di disclosure sorge solo in particolari circostanze, e gli intermediari sono generalmente autorizzati a mantenere le informazioni segrete. Tuttavia, le compagnie operanti negli USA devono modificare, correggere e garantire la veridicità degli elementi resi pubblici, così da realizzare una sostanziale convergenza col modello comunitario, una volta che la comunicazione sia avvenuta.

L’aspetto più problematico della normativa prevista dal Regolamento in questo ambito, è quello relativo al momento in cui la comunicazione deve avvenire. È essenziali infatti decidere quando l’informazione debba essere resa pubblica, per evitare che gli annunci eventualmente compiuti dal soggetto interessato si rivelino poi basati su elementi falsi o contradditori, il che potrebbe condurre a effetti negativi, in termini di prezzo degli strumenti finanziari e, di riflesso, protezione degli investitori.

Pertanto, la scelta compiuta dal legislatore, a seguito di un lungo dibattito nelle istituzioni comunitarie, è quella di adottare il cosiddetto “tie-in approach”, secondo il quale la comunicazione deve avvenire quando l’informazione è qualificata come privilegiata, ma vi è il diritto a ritardarla in determinate circostanze, che viene ampliato nel caso di processi che si protraggono nel tempo[23]. Tale approccio si riflette nel testo dell’ art. 17, par. 4, MAR. La norma autorizza gli emittenti, sotto la loro responsabilità, a ritardare la disclosure se: «a) la comunicazione immediata pregiudicherebbe probabilmente i legittimi interessi dell’emittente o del partecipante al mercato delle quote di emissioni; b) il ritardo nella comunicazione probabilmente non avrebbe l’effetto di fuorviare il pubblico; c) l’emittente o il partecipante al mercato delle quote di emissioni è in grado di garantire la riservatezza di tali informazioni». La ratio della norma in esame è di evitare un grave pregiudizio agli interessi dell’emittente e di prevenire la diffusione di informazioni fuorvianti tra il pubblico.

Inoltre, e ciò rappresenta l’elemento innovativo rispetto al “tie-in approach”, il II cpv. dell’ art. 17 MAR riguarda il caso di processi prolungati nel tempo, che constano di diversi passaggi. In tali fattispecie il legislatore accetta l’idea che il ritardo possa essere autorizzato quando il processo è in corso, poiché una comunicazione immediata potrebbe mettere a rischio la prospettiva di concludere effettivamente l’operazione[24]. Peraltro, se l’informazione fosse rivelata quando un processo di particolare complessità non si è ancora concluso, potrebbe ingannare il pubblico. Tuttavia, l’art. 17, par. 3, richiede che l’intermediario che si sia avvalso della facoltà di ritardare la comunicazione dell’informazione, debbe darne notizia all’autorità nazionale competente, così da rendere note le ragioni della scelta, specificando quale delle condizioni previste dal MAR si siano realizzate.

Un’ulteriore ipotesi è discplinata dall’art. 17 MAR, il quale autorizza di tardare la disclosure qualora sia messe a repentaglio la stabilità finanziaria (art. 17, par. 5 MAR), fermo restando l’obbligo di notiziare l’autorità nazionale competente, secondo lo stesso procedimento sopra descritto.

Con riguardo alla “selective disclosure”, l’art. 17, par. 8, MAR sancisce che se l’informazione è resa pubblica a una parte terza «nel normale esercizio della propria attività professionale o della propria funzione, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, ha l’obbligo di dare integrale ed effettiva comunicazione al pubblico di tale informazione, contemporaneamente in caso di comunicazione intenzionale e tempestivamente in caso di comunicazione non intenzionale». Pertanto, la norma in esame di fatto impedisce qualsiasi possibile utile ricorso alla comunicazione selettiva. Conseguentemente, le uniche informazioni che possono essere rivelata non pubblicamente, ma solo a dati soggetti, sono quelle non qualificabili come privilegiate.

Infine, l’art. 18 MAR, con la medesima finalità di prevenire e rintracciare le condotte sintomatiche di abuso di mercato, tramite disposizioni imperative che forzano gli intermediari a porsi in una situazione di trasparenza, obbliga gli emittenti a redigere una «insider list». Tale lista deve contenere i nomi di tutti i soggetti che hanno accesso alle informazioni privilegiate e deve essere prontamente aggiornata e trasmessa all’autorità nazionale.[25] Questo costituisce, nell’ottica del legislatore, uno strumento importante di prevenzione, che rende noto quali siano le persone che più probabilmente vengono a conoscenza e controllano le informazioni più rilevanti all’interno di una compagnia, così che il controllo e la scoperta di condotte integranti abuso di mercato possa essere più semplice. Per tale ragione, l’art. 18, par. 2 MAR sancisce che «gli emittenti e le persone che agiscono in nome e per conto loro adottano ogni misura ragionevole per assicurare che tutte le persone figuranti nell’elenco delle persone aventi accesso a informazioni privilegiate, prendano atto, per iscritto, degli obblighi giuridici e regolamentari connessi e siano a conoscenza delle sanzioni applicabili in caso di abuso di informazioni privilegiate e di comunicazione illecita di informazioni privilegiate».

6. Conclusione: l’importanza dell’enforcement

La breve analisi appena svolta, dimostra quanto sia complessa la disciplina in tema di abusi di mercato. Regolamentare tale settore della vita economica impone scelte suscettibili di avere un rilevante impatto sul sistema finanziario e, di converso, sull’economia reale. Il legislatore deve comporre e bilanciare plurimi contrastanti interessi.

Da questo punto di vista, il Regolamento appena entrato in vigore rappresenta un importante sforzo compiuto dall’UE, che si colloca in un più ampio conteso di interventi volti a stimolare stabilità economica e crescita.

Tuttavia, si deve sottolineare che la reale efficacia di un apparato normativo si misura tramite il grado di enforcement, sia pubblico che privato.

Per quanto riguarda l’attuazione sul versante pubblicistico, il MAR mira a una più stretta cooperazione tra autorità nazionali ed ESMA[26]. Le autorità nazionali devono assicurare l’applicazione della disciplina in esame all’interno dei singoli Stati membri, collaborando con l’ESMA e irrogando le sanzioni amministrative prevista dalla normativa nazionale, entro i limiti stabiliti in sede comunitaria[27]. Le sanzioni penali sono prevista dalla nuova Direttiva, che deve essere recepita all’interno dei codici statali.

Ulteriore ruolo dell’ESMA è di sviluppare regulatory technical standards (RTS) e implementing technical standards (ITS), riguardanti i principali punti del Regolamento. Inoltre, l’ESMA ha ricevuto dalla Commissione il compito di fornire assistenza tecnica a quest’ultima per la redazione dei regolamenti delegati. Ciò dovrebbe aiutare a rendere coerente ed efficace la normativa comunitaria sull’abuso di mercato in tutta l’UE.

Sul versante privato, il Regolamento del 2014 dovrebbe rappresentare una garanzia per tutti i soggetti operanti sui mercati finanziari, e in particolar modo per gli investitori. Importante sarà altresì l’analisi della giurisprudenza nazionale e della CGUE, che potrà meglio definire la portata della normativa oggetto di analisi.

Tuttavia, la reale efficacia del MAR dipende dall’effettiva possibilità di ottenere tutela giudiziale dei diritti derivanti dal Regolamento. A tal fine, è essenziale permettere un accesso alla giustizia rapido ed economico, altrimenti la normativa comunitaria rischia di rimanere lettera morta. In quest’ottica, è importante favorire lo sviluppo degli alternative dispute resolutions (ADR), che consentono una risoluzione veloce e poco costosa delle controversie giudiziali. In quest’ambito, va rilevato la tendenza delle istituzioni europee a favorire la diffusione di ADR negli Stati membri, da ultimo con la Direttiva 11/13 UE. Inoltre, lo sviluppo di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie è menzionato dall’art. 81, par.2, (g), TFUE, come funzionale agli obbiettivi perseguiti dall’UE. In Italai, sia l’ Arbitro Bancario Finanziario (ABF), nel settore bancario, che il recentemente introdotto Arbitro per le controversie finanziarie (ACF), nel settore finanziario, sono due esempi di questa evoluzione normativa

In conclusione, si deve rilevare che un rafforzamento dell’enforcement privato e una chiarificazione delle competenze fra le autorità nazionali competenti sono le due chiavi per assicurare il corretto funzionamento della legislazione in materia finanziaria, e accelerare il percorso verso la crescita e la stabilità economica[28].

Note e riferimenti bibliografici

[1] M. Haentjens, P. De Gioia, European banking and financial law, Routledge, 2015, p. 42.
[2] Per maggiori dettagli sul Report, http://ec.europa.eu/internal_market/finances/docs/de_larosiere_report_en.pdf.
[3]Il testo completo degli standards emanati dall’ESMA può essere reperito al sito https://www.esma.europa.eu/sites/default/files/library/2016-1171_final_report_mar_its_sanctions_and_measures.pdf.
[4] Per esempio, il Regolamento si applica anche ai mercati MTF e OTC. Inoltre, trova applicazione anche in riferimento ai «agli strumenti finanziari non contemplati dalle lettere a), b) o c), il cui prezzo o valore dipende da uno strumento finanziario di cui alle suddette lettere, ovvero ha un effetto su tale prezzo o valore, compresi, ma non in via esclusiva, i credit default swap e i contratti finanziari differenziali», si veda l’art. 2, par.1, let. d) MAR. Questo è un modo per imporre limiti uguali all’autonomia degli operatori sia nei mercati regolamentati che non regolamentati.
[5] M. Haentjens, P. De Gioia, European banking and financial law, cit., p. 43.
[6] M. Sepe, Abusi di mercato, in F. Capriglione, Manuale di diritto bancario e finanziario, CEDAM, 2015, p. 791.
[7] art. 7, par.1, (a), MAR. Il medesimo articolo, alle lettere (b) e (c), fornisce la definizione di informazioni privilegiate in relazione a strumenti derivati su merci e quote di emissioni e prodotto oggetto d’asta collegati.
[8] Per un chiarimento sul concetto di “informazione privilegiata” e di “informazione che può avere un’influenza significativa sui prezzi”, è utile una lettura del principio enucleato dalla CGUE in (C 9/11), Markus Geltl v Daimler, per il testo completo: https://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?docid=12466&doclan=EN. Per una pronuncia più recente, si veda (C 628/13), Lafonta v AMF.
[9] In particolare, la norma menziona le persone facenti parte della dirigenza della società, i principali azionisti, e i soggetti che conoscono l’informazione privilegiata perché lavorano per l’emittente o sono coinvolti in attività criminali.
[10] art. 8, par. 4, MAR.
[11] L’art. 9 MAR individua due gruppi di eccezioni alla presunzione, uno per le persone giuridiche, uno per quelle fisiche. Le eccezioni più rilevanti riguardano il caso in cui la società abbia instaurato procedure idonee a prevenire tali condotte illecite, ovvero la circostanza in cui l’accordo risulta da un accordo precedentemente preso o da un obbligo di legge, oppure abbia luogo nel contesto di un’offerta pubblica di acquisto o di una fusione.
[12] CGUE (C 45/08), Spector photo v CBFA.
[13] Ibid.
[14] M. Haentjens, P. De Gioia, European banking and financial law, cit., p. 48.
[15] L’art. 13, par.2, MAR stabilisce i criteri che devono essere usati dall’Autorità competente per determinare se una condotta possa essere definita quale prassi di mercato accettata: « Un’autorità competente ha la facoltà di istituire una prassi di mercato ammessa tenendo conto dei seguenti criteri: a) la prassi di mercato prevede o meno un notevole grado di trasparenza rispetto al mercato; b) la prassi di mercato assicura o meno un elevato livello di garanzie del gioco delle forze di mercato e della corretta interazione tra offerta e domanda; c) la prassi di mercato ha o meno un impatto positivo sulla liquidità e sull’efficienza del mercato; d) la prassi di mercato tiene conto o meno del meccanismo di negoziazione sul mercato interessato e permette ai partecipanti al mercato di reagire in modo tempestivo e adeguato alla nuova situazione di mercato creata da tale prassi; e) la prassi di mercato non crea o meno rischi per l’integrità dei mercati direttamente o indirettamente connessi, regolamentati o meno, su cui è negoziato lo stesso strumento finanziario in tutta l’Unione; f) l’esito di eventuali indagini sulla prassi di mercato in questione svolte da un’autorità competente o da altra autorità, in particolare inerenti al fatto che detta prassi abbia violato o meno norme o regole intese a prevenire gli abusi di mercato, ovvero codici di condotta, indipendentemente dal fatto che esse riguardino il mercato rilevante o mercati direttamente o indirettamente connessi nell’Unione; e g) le caratteristiche strutturali del mercato interessato, tra l’altro il carattere regolamentato o non regolamentato, il tipo di strumenti finanziari negoziati e il tipo di partecipanti al mercato, inclusa la quota di partecipazione al mercato dell’investitore al dettaglio».
[16] art. 12, par. 1, (c), MAR.
[17] M. Haentjens, P. De Gioia, European banking and financial law, cit., p. 48.
[18] art. 5 and 6 MAR. Altre esenzioni sono previste, per esempio, nel quadro normativo attinente alla politica ambientale e agricola dell’UE. Per un’analisi più dettagliata a riguardo all’eccezioni ai divieti in tema di abuso di mercato: https://www.esma.europa.eu/regulation/trading/market-abuse.
[19] L’art. 13, par. 2, MAR, elenca una serie di elementi che devono essere presi in considerazione dall’autorità nazionale competente per la sua decisione finale. Principalmente, si riferiscono alla struttura del mercato entro il quale l’operazione deve avere luogo.
[20] art. 16, par. 1, MAR.
[21]J.L. Hansen, Say when: when must an issuer disclose inside information?, Nordic & European Company Law - LSN Research Paper Series, June2016,  p.2, disponibile al link: http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2795993
[22] art. 17, par.1, MAR
[23]Per una dettagliata analisi sul tema: J.L. Hansen, Say when: when must an issuer disclose inside information?, Nordic & European Company Law - LSN Research Paper Series, June2016, disponibile al link: http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2795993
[24] Ibid., p. 27.
[25] art. 18, par. 1, MAR.
[26] Capitolo 4 del MAR.
[27] Capitolo 5 del MAR.
[28] La Chiarificazione di competenze e poteri delle autorità pubbliche è fra gli obbiettivi principali di molte delle riforme recentemente entrate in vigore sia in Europa che negli USA. Le più rilevanti sono senz’altro il Frank Dodd Act (2010), negli Stati Uniti, e il Financial Service Act (2012), approvato nel Regno Unito.
Haentjens M., De Gioia P., European banking and financial law, Routledge, 2015.
Hansen J.L., Say when: when must an issuer disclose inside information?, Nordic & European Company Law - LSN Research Paper Series, June2016.
Sepe M., Abusi di mercato, in F. Capriglione, Manuale di diritto bancario e finanziario, CEDAM, 2015.

https://www.esma.europa.eu
https://www.papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2795993
https://www.curia.europa.eu
https://ec.europa.eu