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Pubbl. Ven, 30 Gen 2015

Omicidio stradale: è plausibile introdurre un reato ad hoc?

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Antonio Coppola


Il reato di omicidio stradale, nonostante torni spesso alla ribalta, è in odore d´incostituzionalità già prima di vedere la luce.


È notizia di questi giorni che la Camera dei Deputati ha approvato un disegno di legge-delega di riforma del codice della strada, passato ora all'esame del Senato della Repubblica. Le novità da introdurre non sono poche: ad esempio si prevede che almeno il 15% dei proventi delle "multe" sia destinato ad un fondo per la sicurezza stradale.

Vista la mole di disegni e progetti di legge attualmente pendenti tra i due rami del Parlamento e considerato il fatto che le statistiche confermano che buona parte di essi non vedrà mai la luce, non sembra buona norma occuparsene. Stavolta, tuttavia, un'eccezione è doverosa. Il ddl. in discussione, infatti, prevede la possibilità di novellare il codice penale, introducendo la fattispecie dell'omicidio stradale.

Per chiunque abbia la minima conoscenza dei principi che reggono il nostro sistema penale - o comunque voglia riflettere solo per un attimo sulla questione - questa fattispecie non può che risultare aberrante.

In effetti, l'omicidio stradale sembra configurarsi come un tertium genus (tra quello colposo e quello doloso vero e proprio). Per spiegare questo reato nei termini più semplici possibili si potrebbe dire che in pratica esso appare strutturato in modo tale da "legare le mani" al giudice. Quest'ultimo, infatti, nell'accertare l'elemento soggettivo della fattispecie, dovrebbe limitarsi a prendere atto del fatto che la condotta è costruita come dolosa "necessariamente" se il conducente è alla guida ubriaco o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.

Per chi non ama fare ricorso a frodi delle etichette, tutto questo è traducibile in una sola espressione: responsabilità oggettiva. Sembra che il solo nesso di causalità materiale sia sufficiente a configurare la responsabilità dell'agente.

È quasi superfluo ricordare che nel rinnovato ordinamento costituzionale tale forma di responsabilità penale è bandita chiaramente sia dal comma 1 dell'articolo 27 della Carta fondamentale (ai sensi del quale la responsabilità penale è personale, cioè l'evento lesivo deve essere psichicamente riconducibile all'agente), sia dal comma 3 dello stesso articolo (per il quale la pena deve avere una funzione rieducativa: non si vede quale essa possa essere se in fatto non è riportabile - nel senso appena detto - al reo).

L'ipertrofia del Codice Rocco è un annoso problema: nuove previsioni o specificazioni all'interno del corpo normativo non sono affatto necessarie. Si consideri, inoltre, che le disposizioni esistenti sull'omicidio (in tutte le sfumature di colpevolezza possibili) e sulla commisurazione della pena, già assicurano che il giudice possa idoneamente pronunciarsi anche sulla casistica relativa alle morti stradali.

Ciò che si auspica, con poche speranze, è che il legislatore, alla fine, non ceda al fascino - per l'ennesima volta - dello slogan pubblicitario e non scardini i dogmi fondamentali stessi di un sistema penale costituzionalmente orientato.