I poteri degli Uffici e le garanzie del contribuente sottoposto a verifica.
Modifica paginaGli Uffici possono esercitare i poteri nel rispetto delle garanzie riconosciute al contribuente. Interesse fiscale e interesse individuale ritornano a contrapporsi cercando un bilanciamento.
Sommario: 1. I poteri degli Uffici; 2. Verifiche e processo verbale di constatazione; 3. Invito a comparire; 4. Conclusioni.
1) I poteri degli Uffici.
Nell’esercizio del potere impositivo l’Ufficio è titolare di una serie di poteri funzionali all’attività di verifica. I suddetti poteri trovano cittadinanza all’art. 32 del DPR. 600/73 rubricato “Poteri degli uffici” che testualmente dispone “per l’adempimento dei loro compiti gli uffici delle imposte possono 1) procedere all’esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche; 2) invitare i contribuenti, indicandone il motivo a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti…..”. Il punto numero 1 fa espresso riferimento ad un’ingerenza dell’ufficio nelle attività del contribuente. E’ come dire che l’Ufficio si reca dal contribuente. Nei posti in cui quest’ultimo svolge la sua attività lavorativa o, in taluni casi, anche presso il domicilio qualora sia ad uso cd. promiscuo. In altre parole l’Amministrazione Finanziaria[1], preliminarmente, fa accesso presso i locali in cui il contribuente svolge la propria attività, munita di espressa e apposita autorizzazione.
Una volta eseguito l’accesso, inizia l’ispezione ovvero verifica i documenti, le scritture contabili (la loro attendibilità) e le giacenze per dei controlli incrociati. Si tratta di un’attività particolarmente invasiva da parte dell’Ufficio al punto che lo Statuto dei diritti del contribuente (l. 212/2000) ha previsto un limite temporale oltre il quale l’Ufficio non può più permanere presso i locali del contribuente. E’ un massimo di trenta giorni, prorogabili solo una volta e per ragioni di urgenza. In particolare, l’art. 12 dello Statuto dei diritti del contribuente rubricato “Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali” dispone che “tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo”. Perché l’Ufficio possa intervenire nella quotidianità del contribuente occorre che sussistano effettive esigenze di indagine e controllo che giustifichino il suo intervento. La permanenza dell’Ufficio nei locali di lavoro del contribuente può estendersi durante tutto l’orario di lavoro e con modalità tali da arrecare il minor danno possibile allo svolgimento delle attività stesse. I controlli possono riguardare solo il soggetto sottoposto a verifiche e non i soggetti terzi “le garanzie dell'articolo 12 della legge n. 212 del 2000, in tema di accertamento fiscale, riguardano gli accessi, le ispezioni e le verifiche tributarie effettuati nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali da parte del contribuente e quindi si riferiscono al solo soggetto sottoposto a verifiche e non si estendono a soggetti terzi, nei cui confronti si potrà procedere con un nuovo avviso qualora emergano dati ed informazioni utili” (Comm. trib. reg. Bari (Puglia) sez. I 03 febbraio 2016 n. 275)[2].
Qualora il contribuente si rifiutasse di esibire, a richiesta dell’Ufficio, i documenti questi ultimi saranno inutilizzabili. Sul punto Cassazione civile sez. trib. 02 dicembre 2015 n. 24503 “In tema di accertamento dell'I.V.A., la dichiarazione del contribuente di non possedere libri, registri, scritture e documenti, specificamente richiestigli dall'Amministrazione finanziaria nel corso di un accesso, preclude, a norma dell'art. 52, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972, la valutazione degli stessi in suo favore in sede amministrativa o contenziosa e rende legittimo l'accertamento induttivo, a condizione che sia, da un lato, non veritiera e, dall'altro, cosciente e volontaria e, cioè, dolosa, diretta ad impedire l'ispezione documentale, mentre, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata e sistematica, il contribuente può sempre contrastare efficacemente i risultati dell'accertamento induttivo con la produzione in giudizio dei documenti che non era stato in grado di esibire in precedenza per causa a lui non imputabile (forza maggiore, fatto del terzo, caso fortuito). (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Toscana, 04/04/2011)[3]. Si tratta di una vera e propria sanzione inflitta al contribuente per non aver collaborato e cooperato con l’Amministrazione Finanziaria in ossequio a quell’ormai noto principio di leale collaborazione tra fisco e contribuente. La punizione inflitta è tra le più gravi muovendo dall’assunto che il processo tributario è principalmente documentale e, dunque, si priverebbe il contribuente della possibilità di avvalersi di documenti utili.
2) Verifiche e processo verbale di constatazione.
Al termine delle attività di accesso e ispezione vi è la cd. attività di verifica che trova cittadinanza, al pari dell'accesso e dell'ispezione, all'art. 33 del DPR. 600/73. Quando viene iniziata l’attività di verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinnanzi agli organi di giustizia tributaria, oltrechè dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche. L’Ufficio riordina i dati raccolti durante la permanenza nei locali di lavoro del contribuente e redige un processo verbale di constatazione. Si tratta di un vero e proprio documento autoriale della Guardia di Finanza[4] ovvero dei funzionari dell’Amministrazione Finanziaria nel quale si attestano le attività svolte e le risultanze delle stesse. A pena di invalidità il processo verbale di constatazione deve essere sottoscritto dal contribuente come prova della circostanza che quest’ultimo è stato informato delle attività svolte e dei risultati delle stesse. Il processo verbale di constatazione non è direttamente ed immediatamente impugnabile, non rientrando nell’elencazione tassativa di cui all’art. 19 del D.lgs. 546/92.
Può, tuttavia, essere impugnato congiuntamente all’avviso di accertamento eventualmente emesso. Dal rilascio di copia del processo verbale di constatazione all’eventuale avviso di accertamento devono decorrere almeno sessanta giorni a pena di invalidità, salvo ragioni di urgenza. Si tratta di un tempo utile al contribuente per presentare memorie e controdeduzioni. Il contribuente può anche ravvedersi ad esempio “la dichiarazione di emersione di lavoro irregolare, di cui all'art. 1, comma 1,della l. n. 383 del 2001, è idonea a produrre gli effetti di cui al comma 3 della stessa norma solo se presentata prima sia di eventuali accessi, ispezioni e verifiche, sia della notifica dell'avviso di accertamento, in quanto, ai fini del godimento dei benefici ivi previsti, rileva esclusivamente la spontaneità dell'iniziativa, sicché ne va esclusa l'efficacia in caso di accertamenti ispettivi già in atto, di cui l'imprenditore abbia avuto conoscenza, anche se non ancora conclusi o notificati. (Rigetta, App. Torino, 20/10/2008) (Cassazione civile sez. lav. 03 novembre 2015 n. 22412)[5]”. Ad abundantiam “in tema d'imposte sui redditi, la dichiarazione integrativa prevista dall'art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998, n. 322, non può essere presentata né dopo la contestazione della violazione commessa nella precedente dichiarazione, né dopo le verifiche, gli accessi, le ispezioni o le altre attività di accertamento di cui il contribuente abbia avuto formale conoscenza, atteso che altrimenti cesserebbe di essere un rimedio per ovviare agli errori commessi ed si trasformerebbe in uno strumento elusivo delle sanzioni. (Nella specie, la S.C. ha escluso l'ammissibilità della dichiarazione integrativa successivamente alla conclusione delle operazioni di verifica ed appena due giorni prima dalla notifica del processo verbale di constatazione). (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Piemonte, 14/05/2008)” Cassazione civile sez. trib. 17 luglio 2015 n. 14999[6].
3) Invito a comparire.
Tra i poteri di cui dispone l’Ufficio vi è anche il cd. potere di invitare il contribuente a comparire per fornire chiarimenti o giustificazioni. E’ come dire che il contribuente si reca dall’Ufficio. Può recarsi personalmente o a mezzo di rappresentanti legali come indicato dal punto numero 2 dell'art. 32 del DPR. 600/73. E’ un modo per instaurare un confronto con l’Ufficio e per fornire quei chiarimenti che prima facie non sono immediati e che necessitano dell’intermediazione o del contribuente[7] o di un rappresentante legale. Come sostenuto dalla Commissione tributaria provinciale di Como sez. V 15 gennaio 2013 n. 14 “in merito all'invio dell'invito a comparire, l'Agenzia delle Entrate può avvalersi della cosiddetta notificazione semplificata spedendo l'atto tramite raccomandata. I documenti non esibiti in risposta agli inviti dell'ufficio, non possono essere presi in considerazione successivamente in sede contenziosa a meno che il contribuente non dimostri, nel ricorso introduttivo, di non aver potuto adempiere per cause a lui non imputabili”[8].
Tra i poteri dell’Ufficio figura anche quello di effettuare dei controlli sulle movimentazioni bancarie del contribuente[9] e si tratta delle cd. indagini bancarie. L’Amministrazione Finanziaria può esercitare correttamente e legittimamente tale potere solo se munita di preventiva autorizzazione alle indagini bancarie da parte del direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero per il Corpo della Guardia di Finanza, del comandante regionale. Sul punto Comm. trib. reg. Milano (Lombardia) sez. XLV 10 dicembre 2012 n. 150“Le indagini bancarie previste dall'art. 32, n. 6 bis, del d.P.R. n. 600/1973 e dall'art. 51, n. 7, d.P.R. n. 633 del 1972 rientrano tra i poteri attribuiti all'ufficio per il controllo delle dichiarazioni dei redditi e dell'Iva, che per essere esercitati non richiedono particolari motivazioni, ma necessitano solo dell'autorizzazione del direttore centrale dell'accertamento dell'Agenzia delle Entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della Guardia di Finanza, del comandante regionale. La mancata allegazione all'avviso di accertamento dell'autorizzazione alle indagini finanziarie non configura un'ipotesi di carenza di motivazione dell'atto stesso, in quanto non vi è alcun controllo da effettuare sulle ragioni che hanno generato le indagini bancarie. Sotto il profilo probatorio, l'eventuale inesistenza dell'autorizzazione, della quale, invece, nel p.v.c., ne viene affermata l'esistenza, può essere fatta valere solo mediante querela di falso, in quanto la predetta affermazione è assistita dall'efficacia di cui all'art. 2700 c.c”[10]. E’ come se l’autorizzazione assurgesse a vera e propria motivazione dell’atto, al punto che in mancanza l’eventuale accertamento è nullo per mancanza di motivazione[11].
4) Conclusioni.
Ed ecco che ritorna il principio del bilanciamento di interessi. Quello fiscale e quello personale. L'Ufficio in nome di un interesse superiore, quello fiscale, può avvalersi di una serie di poteri normativamente riconosciuti. Tali poteri devono essere esercitati nel pieno rispetto dei diritti del contribuente che non può e non deve subire un pregiudizio dall'attività di verifica dell'Ufficio. L'attività lavorativa rappresenta la quotidianità del contribuente, quotidianità cui l'Ufficio può accedere sempre in nome di quell'interesse fiscale, superiore e suoremo, ma garantendo un' adeguata soglia di tutela del contribuente. L'Ufficio, infatti, per tutelare un interesse, quello pubblico, non può pregiudicarne un altro, quello individuale. Altrimenti, la condotta della Pubblica Amministrazione opererebbe in contrasto con il buon andamento e imparzialità di cui all'art. 97 della Carta Costituzionale.
Note e riferimenti bibliografici
[1] Cassazione civile sez. trib. 17 giugno 2016 n. 12549 in www.dejure.it“in tema di accertamenti tributari, l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria alla trasmissione all'Amministrazione finanziaria degli atti d'indagine penale, ai sensi degli artt. 33, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 63, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, non va allegata, a pena di nullità, all'avviso di accertamento, trattandosi di atto che mira a salvaguardare gli interessi protetti dal segreto istruttorio, ma non anche a rendere conoscibili le ragioni della pretesa tributaria, sicché la sua mancata conoscenza, da parte del contribuente, non viola l'art. 7 della l. n. 212 del 2000. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Sicilia, 10/03/2008)”.
[2]Comm. Trib. reg. Bari in www.dejure.it.
[3] Cassazione civile sez. trib. 02 dicembre 2015 n. 24503 in www.dejure.it.
[4] Consiglio di Stato sez. IV 01 agosto 2016 n. 3459 in www.dejure.it “Ai sensi degli artt. 16 e 17, d.lg. 30 marzo 2001, n. 165 il Comandante generale della Guardia di Finanza dispone del potere generale di delegare funzioni ai dirigenti sottordinati. Conferma TAR Lazio, Roma, sez. II, n. 6535 del 2013”.
[5] Cassazione civile sez. lav. 03 novembre 2015 n. 22412 in www.dejure.it.
[6] Cassazione civile sez. trib. 17 luglio 2015 n. 14999 in www.dejure.it.
[7] Cassazione civile sez. trib. 24 giugno 2016 n. 13148 in www.dejure.it “In tema di benefici fiscali per l'acquisto della "prima casa", è consentito il mantenimento dell'agevolazione nei casi in cui il trasferimento della residenza nel comune ove è ubicato l'immobile non sia tempestivo per causa - sopravvenuta, imprevedibile e non addebitabile al contribuente - di forza maggiore, istituto il cui ambito applicativo non è limitato alle sole obbligazioni, il quale, tuttavia, non può consistere nella mancata ultimazione dei lavori di ristrutturazione sì da non poter abitare l'immobile, atteso che elemento costitutivo della fattispecie è il trasferimento della residenza non nella "prima casa" ma nel comune in cui essa si trova. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Emilia Romagna, 13/04/2011)”.
[8] Commissione tributaria provinciale di Como sez. V 15 gennaio 2013 n. 14 in www.dejure.it.
[9] T.A.R. Salerno (Campania) sez. II 17 giugno 2016 n. 1490 in www.dejure.it “in relazione alla richiesta di accesso agli estratti di ruolo ed alle cartelle esattoriali notificate a cura del concessionario della riscossione, sussiste in capo al contribuente un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso”.
[10] Comm. trib. reg. Milano (Lombardia) sez. XLV 10 dicembre 2012 n. 150 in www.dejure.it.
[11] T.A.R. Brescia (Lombardia) sez. II 09 maggio 2016 n. 630 in www.dejure.it “In presenza di un annullamento per difetto di motivazione non può ritenersi accertato il diritto del ricorrente al conseguimento del bene della vita cui aspira e, conseguentemente, il diritto al risarcimento dei danni. L'annullamento giurisdizionale del provvedimento amministrativo per vizi formali, tra i quali si possono annoverare il difetto di motivazione e gli altri vizi del procedimento, non reca in sé alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto dal provvedimento caducato ope iudicis e non può, pertanto, costituire il presupposto per l'accoglimento della domanda di riparazione pecuniaria del pregiudizio che si assume patito”.