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Pubbl. Ven, 30 Gen 2015

Il default argentino dinanzi alla Corte dell´Aja

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Antonio Coppola


Il secondo default argentino in 13 anni mostra le difficoltà di considerare i debiti sovrani come sottoposti o no alla giurisdizione straniera.


Il 16 giugno 2014 la Corte Suprema degli Stati Uniti ha condannato la Repubblica Argentina al pagamento del debito contratto con alcuni hedge founds statunitensi, dando così il via libera all'esecuzione forzata sui beni argentini in territorio USA. Per la Corte, infatti, solo una volta adempiuti questi obblighi pregressi, l'Argentina potrebbe procedere ad ulteriori riscadenziamenti del proprio debito sovrano.

Da questa decisione sono scaturiti almeno due effetti: da una parte, essa ha spinto l'Argentina al secondo default delle finanze pubbliche in 13 anni; dall'altra, ha portato il Paese sudamericano ad adire la Corte internazionale di giustizia, al fine di ottenere la condanna degli USA  alla restitutio in integrum. La causa petendi è costituita dalla pretesa violazione della sovranità argentina, come garantita dalle norme internazionali consuetudinarie sulle immunità degli Stati dalla giurisdizione, da parte statunitense. Non si dimentichi, infatti, che, per il diritto internazionale, è indifferente quale delle articolazioni interne ad uno Stato - come, nel caso di specie, un organo giudicante - ponga in essere un dato comportamento: questo è, in ogni caso, attribuito allo Stato nel suo complesso.

Sulla vicenda si possono svolgere almeno due semplici considerazioni.

La prima concerne il seguito della vicenda processuale: è ben difficile, in realtà, che essa possa proseguire dinanzi all'istanza giurisdizionale dell'Aja, stante la necessaria accettazione di questa giurisdizione da parte dello Stato convenuto ai sensi dell'art. 38 del Regolamento della Corte.

La seconda osservazione riguarda il merito della vicenda. L'immissione di titoli obbligazionari pubblici sui mercati finanziari integra gli estremi di un atto jure privatorum (e quindi non rientra nel campo d'applicazione della regola immunitaria)? E se così è, bisogna considerare gli atti d'imperio di riscadenziamento del debito approvati in Argentina  idonei a sottrarre tali preesistenti rapporti obbligazionari alla disciplina propria degli atti commerciali? La Cassazione italiana (Ordinanza del 27 maggio 2005, n. 11225) è proprio di quest'avviso, ma le giurisprudenze nazionali sono estremamente divise sul punto. Anche per questo motivo, del resto, ci si rammarica del fatto che, probabilmente, non si potrà ottenere una pronuncia dell'autorevole Corte internazionale delle Nazioni Unite sulla vexata quaestio in oggetto.

Si potrebbe obiettare, certo, che la questione dovrebbe essere di facile soluzione considerando che, appena nel 2004, è stata approvata dall'Assemblea generale ONU una Convenzione di codificazione in materia. Ebbene, la normativa, pur così recente e pur avendo avuto una lunghissima gestazione, non consente di risolvere in maniera univoca la questione.

Resta il fatto che, quantomeno per quanto riguarda i diritti quesiti dei soggetti privati, non si può legittimamente denegare giustizia sulla scorta di un atto d'imperio sopravvenuto a mo' di "colpo di spugna".