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Pubbl. Mer, 8 Giu 2016
Sottoposto a PEER REVIEW

Annullamento dell'aggiudicazione definitiva e sorte del contratto

Simona Iachelli
Funzionario della P.A.Università degli Studi di Catania


L´annullamento dell´aggiudicazione e la sorte del contratto alla luce dell´assetto normativo vigente e dei contributi giurisprudenziali.


Il rapporto che lega i provvedimenti della procedura a evidenza pubblica e il contratto che viene concluso tra la pubblica amministrazione e l'aggiudicatario rappresenta uno dei temi più interessanti del diritto amministrativo contemporaneo, soprattutto perché si colloca in un'area di confine tra il diritto pubblico e il diritto privato ed è il frutto di un complesso intreccio tra normativa europea e normativa nazionale.

Il rapporto che lega i provvedimenti della procedura a evidenza pubblica e il contratto che viene concluso tra la pubblica amministrazione e l'aggiudicatario rappresenta uno dei temi più interessanti del diritto amministrativo contemporaneo, soprattutto perché si colloca in un'area di confine tra il diritto pubblico e il diritto privato ed è il frutto di un complesso intreccio tra normativa europea e normativa nazionale.

Il tema assume rilievo sotto due diversi profili: il primo, di carattere sostanziale, concerne le conseguenze che l'annullamento dell'aggiudicazione produce sul contratto; il secondo, di carattere processuale, riguarda, da un lato, la giurisdizione, ordinaria o amministrativa, sulle eventuali controversie e, dall'altro, l'elenco delle azioni esperibili. (1)

Il rapporto tra atti del procedimento di evidenza pubblica e contratto successivamente stipulato è stato impostato dalla dottrina secondo la tradizionale visione dicotomica, per cui il contratto risultava del tutto impermeabile ai vizi della procedura di evidenza pubblica, secondo un sistema del doppio binario, in base al quale tra la fase pubblicistica e quella civilistica non doveva sussistere alcun rapporto di interferenza.

Sul versante processuale, tale concezione implicava la giurisdizione del giudice amministrativo per tutti gli atti compiuti fino al momento della stipulazione del contratto; per la fase successiva, invece, spettava al giudice ordinario.

Tale indirizzo muoveva dal presupposto che durante la fase dell'evidenza pubblica, la Pubblica Amministrazione si pone in una posizione sovraordinata, dal momento che esercita il potere di scelta del migliore offerente che dovrà eseguire l'appalto pubblico e si fa quindi portatrice dell'interesse generale della collettività alla realizzazione dell'opera pubblica; diversamente, nella fase successiva, stipula il contratto, ponendosi in un rapporto di equiordinazione rispetto al privato.

La netta separazione fra la fase pubblicistica e quella privatistica trovava riscontro anche nella posizione giuridica soggettiva fatta valere dal ricorrente, qualificata in termini di interesse legittimo durante la prima fase e di diritto soggettivo durante la seconda.

Oltre alla questione della giurisdizione, si poneva il problema di quale tipo di conseguenza si producesse sul contratto, a seguito dell'annullamento dell'atto di aggiudicazione.

Al riguardo, occorre rilevare che il rapporto tra l'aggiudicazione e il contratto è stato oggetto di un profondo e proficuo dibattito in dottrina e in giurisprudenza, sfociato nella formulazione di diverse tesi che si sono susseguite nel tempo e che costituiscono l'esito del mutamento della stessa funzione della procedura a evidenza pubblica.

Invero, l'originaria disciplina dei contratti pubblici, dettata dalla normativa sulla contabilità dello Stato (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 e regolamento di contabilità pubblica n. 827/1924), rispondeva, in primo luogo, a esigenze di carattere finanziario ed era posta a tutela prioritaria della spesa pubblica.

Tale disciplina mirava essenzialmente a tutelare l'interesse dell'amministrazione, garantendo a quest'ultima la corretta formazione della volontà contrattuale in presenza delle condizioni economiche più vantaggiose. (2)

Lo scopo principale sotteso al principio della gara, dunque, era quello di assicurare che l'amministrazione potesse scegliere il miglior contraente possibile sotto il profilo del contenimento della spesa pubblica.

In questa prospettiva, dottrina e giurisprudenza ritenevano che l'annullamento dell'aggiudicazione rendeva annullabile il contratto per vizio del consenso, secondo quanto stabilito dall'art. 1427 c.c., o per difetto di capacità, ai sensi dell'art. 1425 c.c.

I sostenitori della tesi in esame consideravano gli atti amministrativi adottati nel corso della procedura di evidenza pubblica quali mezzi di integrazione della capacità e della volontà dell'ente pubblico, sicché i loro vizi davano luogo all'annullabilità del contratto che la legge avrebbe stabilito nell'interesse esclusivo dell'amministrazione, unica legittimata a proporre l'azione per l'annullamento. (3)

Sul piano processuale, ne discendevano, quali corollari, il riconoscimento in capo alla sola amministrazione della legittimazione a chiedere l'annullamento del contratto e la giurisdizione del G.O. sulla controversia, involgente la verifica di eventuali vizi della volontà contrattuale.

Tuttavia, il mutamento dell'oggetto di tutela della procedura di evidenza pubblica non poteva non comportare il superamento della predetta tesi.

Invero, la connotazione tradizionale del procedimento di gara ha subito un'importante modificazione in virtù della progressiva estensione del diritto dell'Unione Europea.

L'influenza del diritto comunitario e, in particolare, l'introduzione del principio di libera concorrenza, ha mutato l'oggetto tutelato in via prioritaria dalle norme sugli appalti pubblici per cui rispetto all'interesse dell'amministrazione al risparmio di spesa è divenuto prioritario l'obiettivo della tutela della libera concorrenza e del corretto funzionamento del mercato.

Pertanto, la disciplina sui contratti pubblici non è più solo preordinata alla tutela dell'interesse pubblico ma, soprattutto, è diretta a garantire l'interesse delle imprese a non essere discriminate nel corso della procedura di gara in ragione della nazionalità.

Per una successiva ricostruzione giurisprudenziale, dall'annullamento dell'aggiudicazione conseguiva la nullità del contratto, dapprima per mancanza dell'accordo delle parti, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1418, co. 2, e 1325, n. 1, c.c. (4) e, successivamente, in termini di nullità virtuale, perché contrario a norme imperative, ex art. 1418, co. 1, c.c. (5)

La tesi della nullità non era comunque ben accetta a molti, soprattutto perché finiva per equiparare un fatto sopravvenuto, qual é, per l'appunto, l'annullamento dell'aggiudicazione, ad un difetto genetico, assoggettando il contratto alla disciplina civilistica della nullità, caratterizzata, come noto, dall'imprescrittibilità dell'azione, dalla legittimazione di chiunque vi abbia interesse, dalla sua rilevabilità d'ufficio, con conseguente vulnus all'esigenza di certezza e stabilità dei rapporti giuridici.

Alla luce delle sopra esposte critiche sono state formulate altre teorie che, benché contestate anch'esse, hanno avuto maggiore fortuna: la teoria della caducazione automatica e la teoria dell'inefficacia.

La teoria della caducazione automatica si fonda sull'idea secondo cui l'atto "a valle" (il contratto) viene travolto dall'annullamento dell'atto "a monte" (il provvedimento di aggiudicazione), in quanto quest'ultimo costituisce un presupposto, senza che sia necessaria una pronuncia costitutiva. (6)

Secondo questa impostazione, tra l'aggiudicazione e il contratto esiste un rapporto di consequenzialità, per cui l'annullamento dell'aggiudicazione comporta, ex tunc, il venir meno degli effetti negoziali del contratto successivamente stipulato, stante il nesso di presupposizione necessaria tra tali atti. Si verifica, quindi, un collegamento tra l'aggiudicazione e il contratto, per cui simul stabunt, simul cadent.

Tuttavia, anche la tesi della caducazione automatica è stata criticata, tanto nei suoi presupposti teorici quanto nei suoi risvolti applicativi.

Sotto il primo profilo, si è osservato che la suddetta tesi descrive un accadimento, che consiste nel travolgimento di un atto "a valle" per effetto del venir meno dell'atto presupposto, senza spiegare le ragioni sostanziali di questo rapporto. (7)

Quanto ai risvolti applicativi, è stata sottolineata la rigidità delle conseguenze derivanti dall'adesione della tesi in esame, la quale prevede la privazione degli effetti negoziali del contratto come una conseguenza necessaria ed automatica dell'annullamento dell'aggiudicazione, senza distinguere a seconda del tipo e della gravità della violazione posta in essere dalla stazione appaltante, dello stato di maggiore o minore avanzamento dell'esecuzione del contratto, della buona o mala fede del terzo aggiudicatario. (8)

La teoria dell'inefficacia, invece, si fonda sull'idea secondo cui, una volta annullato, in via giurisdizionale o in via di autotutela, l'atto di aggiudicazione, ne deriva l'inefficacia sopravvenuta del contratto per carenza di legittimazione in capo alla stazione appaltante a stipulare lo stesso. Trattasi di inefficacia relativa, potendo essere fatta valere solo dal ricorrente che ha ottenuto l'annullamento dell'aggiudicazione.

Anche la teoria dell'inefficacia non è stata esente da critiche, soprattutto perchè non distingue tra l'inefficacia in senso ampio, intesa come incapacità dell'atto di produrre effetti, quale ne sia l'origine e, quindi, comprensiva anche dell'invalidità, e l'inefficacia in senso stretto, che si configura quando l'atto, pur essendo valido, non è in grado di produrre effetti.

Sul tema in esame sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (9), le quali, prendendo posizione sul profilo della giurisdizione, hanno riconosciuto la giurisdizione del giudice ordinario tanto sulla domanda diretta a far dichiarare la nullità o l'inefficacia del contratto, quanto sulla domanda di annullamento dello stesso. Ciò in quanto la fase di scelta del contraente, caratterizzata dalla giurisdizione del G.A., si chiude con il provvedimento di aggiudicazione, alla quale segue la successiva e consequenziale fase, intimamente connessa alla prima, nella quale il contraente pubblico e quello privato si trovano in una posizione paritetica e le rispettive situazioni soggettive si connotano del carattere, rispettivamente, di diritti soggettivi e di obblighi giuridici.

Parimenti, il Massimo Consesso, non discostandosi dall'orientamento delle Sezioni Unite, ha ritenuto sussistente la giurisdizione del G.O. (10)

Tuttavia, quella che sembrava essere una posizione giurisprudenziale consolidata nella giurisprudenza civile e amministrativa ha dovuto fare i conti con la direttiva n. 2007/66/CE dell'11 dicembre 2007 (cosiddetta direttiva ricorsi), la quale ha imposto agli Stati membri di garantire al ricorrente una tutela rapida ed effettiva, senza indicare, però, la soluzione per il raggiungimento di tale obiettivo, ma, al contrario, lasciando ampia discrezionalità ai legislatori nazionali.

Nel nostro ordinamento, la direttiva ricorsi è stata recepita per il tramite del d.lgs. n. 53/2010, di attuazione della legge delega n. 88/2009, che ha aggiunto all'art. 244, co. 1, del Codice dei contratti pubblici, la seguente disposizione in materia di giurisdizione: "la giurisdizione eslusiva si estende alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito dell'annullamento dell'aggiudicazione e alle sanzioni alternative".

In tal modo, il legislatore nazionale, superando l'annoso dibattito in ordine alla spettanza della giurisdizione in materia, ha concentrato nelle mani di un unico giudice l'annullamento dell'aggiudicazione e la pronuncia sull'inefficacia del contratto. Si tratta di una soluzione che, anche se non imposta, era comunque necessaria in vista dell'obiettivo fissato dalla direttiva, atteso che il sistema dualistico imposto dalla Cassazione e accettato dal Consiglio di Stato prevedeva la cognizione del G.O. sulla domanda di inefficacia del contratto, dopo l'annullamento del provvedimento di aggiudicazione ad opera del G.A.

Essa, pertanto, rafforza l'effettività della tutela, che ora è concentrata presso uno stesso giudice sia per quanto riguarda l'annullamento dell'atto della procedura di evidenza pubblica sia per quanto attiene alle ricadute sul contratto.

Peraltro, la nuova disposizione ha drasticamente superato la teoria della caducazione automatica, prevalente nella giurisprudenza, qualificando espressamente la patologia del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione in termini di inefficacia. (11)

La disposizione in esame è poi confluita nel Codice del processo amministrativo (d.lgs. n. 104/2010) che, agli artt. 121 e 122, distingue le conseguenze sugli effetti del contratto in relazione al grado dei vizi riscontrati nella procedura di evidenza pubblica.

In particolare, l'art. 121 c.p.a. si occupa delle "violazioni gravi", ossia quelle che determinano una patologia talmente grave che rendono obbligatoria la dichiarazione di inefficacia del contratto.

Ipotesi di violazioni gravi possono essere:

  1. aggiudicazioni definitive avvenute senza previa pubblicazione del bando o dell'avviso;

  2. aggiudicazioni definitive avvenute con procedura negoziata o affidamento in economia al di fuoiri dei casi consentiti con conseguente mancata pubblicazione del bando;

  3. la stipulazione del contratto senza il rispetto dei termini dilatori previsti dal codice dei contratti pubblici;

  4. se il contratto è stato stipulato senza il rispetto del termine di sospensione obbligatoria in caso di proposizione di ricorso avverso il provvedimento di aggiudicazione definitiva.

In questi casi, il giudice è tenuto a dichiarare l'inefficacia del contratto, precisando se la pronuncia determina i suoi effetti ex nunc, cioè se è limitata alle prestazioni da eseguire alla data di pubblicazione della sentenza, oppure se ha effetto retroattivo.

Tuttavia, la norma individua particolari eccezioni che presuppongono l'esercizio di un importante potere di accertamento da parte del giudice.

Ai sensi del secondo comma della disposizione, infatti, il contratto resta comunque efficace qualora il giudice accerti che, pur in presenza di gravi violazioni, il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga il mantenimento degli effetti del contratto.

La privazione degli effetti del contratto, dunque, è esclusa laddove ricorrano esigenze imperative connesse ad un interesse di carattere generale, quali, ad esempio, quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall'esecutore attuale. Un rilevante potere di apprezzamento è richiesto al G.A. nel caso in cui tali esigenze imperative siano connesse a interessi economici, atteso che quest'ultimi possono essere presi in considerazione come esigenze imperative solo in circostanze eccezionali in cui l'inefficacia del contratto conduce a conseguenze sproporzionate, avuto anche riguardo all'eventuale mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporta l'obbligo di rinnovare la gara.

Come sottolineato da attenta dottrina (12), le esigenze imperative non coincidono con il solo interesse pubblico della stazione appaltante, ma si identificano con un interesse di più ampio respiro facente capo all'intera collettività.

Pertanto, la sorte del contratto è rimessa a un potere molto ampio del giudice amministrativo che, ai fini della declaratoria di inefficacia, dovrà ponderare, anche alla stregua del principio di proporzionalità, l'interesse generale alla libera concorrenza, quello dell'amministrazione alla stabilità del contratto, nonché la volontà della parte ricorrente. All'esito di tale giudizio valutativo, il giudice potrà optare per la conservazione degli effetti del contratto qualora l'interesse pubblico sotteso all'esecuzione dello stesso risulti prevalente rispetto a quello della libera concorrenza. (13)

Poteri ancora maggiori rispetto alla sorte del contratto sono riconosciuti al giudice amministrativo nelle ipotesi di "violazioni meno gravi" di cui all'art. 122 c.p.a.

In questi casi, infatti, il giudice che annulla l'aggiudicazione stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell'effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l'aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporti l'obbligo di rinnovare la gara e la relativa domanda sia stata proposta.

Secondo il Consiglio di Stato, tale previsione ha comportato il definitivo superamento del rapporto tra l'annullamento dell'aggiudicazione e sorte del contratto in termini di caducazione automatica, in quanto attribuisce al giudice amministrativo il potere di decidere discrezionalmente, anche nei casi di violazioni gravi, se conservare o meno l'efficacia del contratto nel frattempo stipulato.

Ne discende che l'inefficacia non è conseguenza automatica dell'annullamento dell'aggiudicazione, il quale determina solo il sorgere del potere in capo al giudice di valutare se il contratto debba continuare o meno a produrre effetti. Pertanto, essa costituisce oggetto di una specifica pronuncia giurisdizionale. 

Trattasi di un orientamento piuttosto consolidato nella giurisprudenza del Consiglio di Stato (14), recentemente confermato dalla sentenza n. 4585/2015, la quale, partendo dall'esame dell'assetto normativo vigente, amplia il sistema di tutela previsto dagli artt. 121 e 122 c.p.a. mediante il ricorso a fonti normative diverse, al fine di delineare un quadro esaustivo dei rapporti fra annullamento del provvedimento di aggiudicazione e sorte del contratto. (15)

In particolare, viene individuata come ulteriore alternativa rispetto ai meccanismi disciplinati dal codice del processo amministrativo l'art. 21 sexies l. n. 241/1990, che attribuisce alla Pubblica amministrazione il potere di recesso dai contratti nei casi previsti dalla legge o dal contratto.

In tal modo, potrebbe consentirsi alle stazioni appaltanti che si vogliono sottrarre alla decisione discrezionale del giudice amminstrativo sulla sorte del contratto a seguito dell'annullamento dell'aggiudicazione di inserire, all'interno del contratto stipulato, una clausola che consenta alla stessa di recedere dal contratto.

A sostegno di tale indirizzo, si sottolinea la difficoltà delle parti interessate di poter prevedere, nelle ipotesi di cui agli artt. 121 e 122 c.p.a., la decisione del giudice amministrativo, che si muove entro spazi di libertà piuttosto ampi.

In conclusione, alla luce delle considerazioni sopra esposte, sembra ormai abbandonato il tradizionale sistema dicotomico tendente a distinguere la fase dell'evidenza pubblica dalla fase dell'esecuzione, le cui controversie erano rispettivamente curate dal giudice amministrativo fino al provvedimento di aggiudicazione e dal giudice ordinario oltre questo momento.

Questo cambiamento di rotta è stato determinato dall'influenza del diritto dell'Unione Europea, che ha imposto ai legislatori nazionali l'obbligo di introdurre un modello di tutela piena ed effettiva per il ricorrente. A tal fine, il legislatore italiano ha attribuito al giudice amministrativo che annulla l'aggiudicazione il potere di pronunciarsi anche sulla sorte del contratto.

Tuttavia, il giudice amministrativo non è diventato "il giudice del contratto", le cui controversie restano integralemente devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto, anche dal punto di vista sostanziale, i contratti pubblici sono sottoposti al codice civile, pur se con importanti deroghe.

Note e riferimenti bibliografici

1) F.G. Scoca, Annullamento dell'aggiudicazione e sorte del contratto, in giustamm.it, 1/2007.
2) R. Garofoli, Compendio di diritto amministrativo, 2015, pag. 651ss.
3) R. Garofoli - G. Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, 2013-2014, pag. 1570 ss.
4) Cons. Stato, sez. IV, ord. 21 maggio 2004, n. 3355.
5) Cons. Stato, sez. VI, 30 maggio 2003, n. 2992.
6) G. Visconte, Aggiudicazione e contratto dopo il codice del processo amministrativo, in www.dirittoamministrativo.it.
7) P. Carpentieri, Sorte del contratto (nel nuovo rito sugli appalti), in www.giustizia-amministrativa.it.
8) R. Garofoli - G. Ferrari, cit.
9) Cass., S.U., 28 dicembre 2007, n. 27169.
10) Cons., A. P., 30 luglio 2008, n. 9.
11) M. Nunziata, La sospensione degli effetti del contratto da parte del giudice amministrativo, in Giornale di diritto amministrativo 1/2014, pag. 95 ss.
12) V. Salamone, Procedure di evidenza pubblica e contratti nella disciplina del Codice dei contratti pubblici e del Codice del processo amministrativo, in www.lex.unict.it.
13) M. Nunziata, cit.
14) Cons. Stato, sez. VI, 12 dicembre 2012, n. 6374; Cons. Stato, sez. V, 5 novembre 2014, n. 5478.
15) G. Cumin, Annullamento dell'aggiudicazione definitiva e sorte del contratto, in Urbanistica e appalti 1/2016, pag. 45 ss.