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Pubbl. Gio, 28 Apr 2016

Donazione di cosa altrui: nulla per difetto di causa.

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Rita Ciurca


La Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza del 15 marzo 2016, n. 5068 interviene a sanare il contrasto giurisprudenziale sulla nullità o meno della donazione di cosa altrui, affermandone la nullità per difetto di causa.


Sommario: 1. La questione – 2. Gli orientamenti giurisprudenziali – 3. La sentenza delle SS. UU. del 15 marzo 2016, n. 5068.

1. La questione

La vicenda sottoposta all’attenzione delle Sezioni Unite prende le mosse da una complessa vicenda successoria in cui si inseriva la donazione della quota di un bene ereditario indiviso e quindi di un bene non facente ancora parte del patrimonio del donante al momento dell’atto dispositivo.

Il Tribunale di prime cure e anche la Corte di merito, avevano dichiarato la nullità della donazione ex artt. 769[1] e 771[2] c.c..

Presentato ricorso in Cassazione, veniva chiesto alla Suprema Corte se l’art. 771 c.c. potesse essere legittimamente interpretato equiparando a tutti gli effetti la categoria dei "beni futuri" con quella dei "beni altrui".

La Seconda sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 1154/2014 rimetteva gli atti al Primo Presidente affinché la questione venisse assegnata alle Sezioni Unite.

2. Gli orientamenti giurisprudenziali

Le Sezioni Unite nella sentenza del 15 marzo 2016, n. 5068, hanno analizzato la questione, esaminando i diversi orientamenti di legittimità emersi nel formante giurisprudenziale.

Un primo indirizzo, risalente nel tempo, ha affermato che la convenzione che contenga una promessa di attribuzione dei propri beni a titolo gratuito configuri un contratto preliminare di donazione da ritenersi nullo, in quanto con esso si viene a costituire a carico del promittente un vincolo giuridico a donare, il quale si pone in netto contrasto con il principio secondo cui nella donazione l’arricchimento del beneficiario deve avvenire per spirito di liberalità, in virtù cioè di un atto di autodeterminazione del donante, assolutamente libero nella sua formazione. (Cass., sent. n. 3315 del 1979)

In successive pronunce la Suprema Corte continua ad affermare che la donazione dispositiva di un bene altrui, benché non espressamente disciplinata, deve ritenersi nulla alla luce della disciplina complessiva della donazione e, in particolare, dell’art. 771 c.c., perché il divieto di donazione dei beni futuri ricomprende tutti gli atti perfezionati prima che il loro oggetto entri a comporre il patrimonio del donante; tuttavia i Giudici di legittimità ritengono la donazione di cosa altrui idonea ai fini dell’usucapione decennale prevista dall’art. 1159 c.c., poiché il requisito previsto da questa norma - l’esistenza di un titolo che legittimi l’acquisto della proprietà o di altro diritto reale di godimento, che sia stato debitamente trascritto - deve essere inteso nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere suscettibile in astratto, e non in concreto, di determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l’acquisto del diritto si sarebbe sicuramente verificato se l’alienante ne fosse stato titolare. (Cass., sez. II. 5 maggio 2009, n. 10356; Cass., sez. VI, 23 maggio 2013, n. 12782)[3]

Come si evince, questo primo filone giurisprudenziale fa leva su una lettura estensiva dell’art. 771 c.c. sostenendo che il presupposto della donazione è il carattere della necessaria immediatezza dell’arricchimento altrui e dall’altrettanto necessaria appartenenza del diritto al patrimonio del donante al momento del contratto.

In senso contrario si è espressa parte della dottrina ammettendo una donazione di cosa altrui, avente espressamente ad oggetto l’obbligo del donante di farne conseguire la proprietà al donatario, con esclusione dunque di una conversione automatica in obbligatoria della donazione traslativa, nulla come tale. Il donante dovrebbe allora acquisire il bene dal proprietario e poi trasferirlo, come cosa propria, al donatario. Si sarebbe così in presenza di un preliminare di donazione di cosa altrui, da cui nascerebbe un obbligo di dare, come per il preliminare di vendita di cosa altrui.[4]

Secondo altra impostazione, che sostiene ugualmente la validità della donazione di cosa altrui, il silenzio del legislatore sul punto sarebbe da interpretarsi in senso positivo e, cioè, come se fosse pienamente configurabile nel nostro ordinamento la donazione di cosa altrui.

Nella specie, secondo questa interpretazione, lo stesso concetto di bene futuro, ex art. 771 c.c., sarebbe ben diverso da quello di bene c.d. soggettivamente futuro quale, appunto, la cosa altrui.

La stessa giurisprudenza (Cass.1596/2001) ha in un’isolata pronuncia confermato tale assunto, spiegando proprio come, la donazione di cosa altrui non possa essere considerata nulla ex art. 771 c.c., perché il concetto di bene futuro sarebbe ben diverso da quello di bene altrui, non tralasciando il fatto che lo stesso legislatore, ex art. 769 c.c., ammette la donazione c.d. obbligatoria; ritenendo, allo stesso tempo, che la donazione di cosa altrui sia titolo idoneo per l'usucapione immobiliare abbreviata in quanto atto inefficace e non nullo.

3. La sentenza delle SS.UU. del 15 marzo 2016, n. 5068

Dopo aver ripercorso i vari orientamenti emersi sul punto, vediamo come le Sezioni Unite, nella sentenza in commento, abbiano confermato la soluzione della nullità, pur diversamente motivando detta conclusione rispetto a quanto tradizionalmente affermato dalla stessa giurisprudenza di legittimità.

Premesso che il contrasto tra gli orientamenti giurisprudenziali non coinvolge il profilo della efficacia dell'atto a costituire titolo idoneo per l'usucapione abbreviata, ma, appunto, la ascrivibilità della donazione di cosa altrui nell'area della invalidità, e segnatamente della nullità, ovvero in quella della inefficacia, i Giudici di legittimità affermano che  la donazione di cosa altrui o anche solo parzialmente altrui è nulla, non per applicazione in via analogica della nullità prevista dall'art. 771 cod. civ. per la donazione di beni futuri, ma per mancanza della causa del negozio di donazione.

Elementi costitutivi della donazione sono l'arricchimento del terzo con correlativo depauperamento del donante e lo spirito di liberalità, il c.d. animus donandi, che connota il depauperamento del donante e l'arricchimento del donatario e che, nella giurisprudenza, è stato ravvisato nella consapevolezza dell'uno di attribuire all'altro un vantaggio patrimoniale in assenza di qualsivoglia costrizione, giuridica o morale. Pertanto la non ricorrenza di tale situazione comporta, secondo le Sezioni Unite, la non riconducibilità della donazione di cosa altrui allo schema negoziale della donazione, di cui all'art. 769 c.c.

La Corte non manca tuttavia di individuare una eccezione alla nullità per il caso in cui il donante, conoscendo e dando espressamente atto dell'altruità del bene oggetto di donazione, ponga in essere una donazione obbligatoria, circostanza questa che conduce ad escludere la nullità del contratto. [5]

In conclusione, secondo le Sezioni Unite, la donazione di un bene altrui, benché non espressamente vietata, deve ritenersi nulla per mancanza di causa, a meno  che nell'atto si affermi espressamente che il donante sia consapevole dell'attuale non appartenenza del bene al suo patrimonio; mentre nel caso di donazione, da parte del coerede, della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria deve ritenersi, sempre secondo la pronuncia in commento, che questa sia nulla, non potendosi, prima della divisione, ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante.

Note e riferimenti bibliografici
[1] Art. 769.
Definizione. La donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un'obbligazione.
[2]Art. 771.
Donazione di beni futuri. La donazione non può comprendere che i beni presenti del donante. Se comprende beni futuri, è nulla rispetto a questi, salvo che si tratti di frutti non ancora separati. Qualora oggetto della donazione sia una universalità di cose e il donante ne conservi il godimento trattenendola presso di sé, si considerano comprese nella donazione anche le cose che vi si aggiungono successivamente, salvo che dall'atto risulti una diversa volontà.
[3] Codice Civile annotato con la giurisprudenza, R. Giovagnoli, ed. Giuffrè 2015;
[4] Manuale di Diritto Privato, F. Gazzoni, Edizione Scientifica Italiane, 2013;
[5] “Donazione di cosa altrui e di quota di bene indiviso: le sezioni unite sulla nullità per mancanza di causa”, di D. Achille, in Diritto & Giustizia, fasc.14, 2016