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Pubbl. Mer, 9 Mar 2016

La mancanza di alloggio idoneo è di per sè sufficiente a giustificare il diniego del rinnovo del permesso di soggiorno

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Salvatore Milazzo


In materia di immigrazione la mancanza del requisito della disponibilità di un alloggio è di per sé sufficiente a fondare il provvedimento di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno, essendo tale motivo ontologicamente autonomo dal presupposto della sussistenza di un reddito minimo sufficiente per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno.


Nota a sentenza: T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Bolzano, 10-02-2016, n. 52

Sommario: 1. La vicenda. 2. Il permesso di soggiorno: requisiti, rinnovo e diniego. 3. La pronuncia del giudice amministrativo. 4. Considerazioni finali

1. La vicenda.

Un cittadino indiano, già titolare di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato, rilasciato nel 2011 e valido fino al 2013, presentava alla Questura di Bolzano istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, sempre per lavoro subordinato.

Preso atto dell’istanza e dei documenti ad essa allegati, la Questura di Bolzano notificava al predetto soggetto la comunicazione di irregolarità della sua domanda, invitandolo a fornire la documentazione necessaria a dimostrare di avere la disponibilità di un reddito sufficiente al proprio sostentamento.

Ricevuta la comunicazione, il ricorrente presentava in Questura ulteriore documentazione al fine di provare la sussistenza del requisito del reddito.

Con decreto dell’ottobre 2013 il Questore della Provincia di Bolzano rigettava l’istanza del ricorrente di rinnovo del permesso di lavoro per mancanza del reddito sufficiente al suo sostentamento e per mancanza della disponibilità di un alloggio.

Il cittadino indiano ha così proposto ricorso giurisdizionale avverso il diniego del rinnovo di permesso di soggiorno.

 

2. Il permesso di soggiorno: requisiti, rinnovo e diniego[1].

Al fine di comprendere la portata e i contorni della questione, occorre in via preliminare analizzare la normativa dettata in materia di permesso di soggiorno.

All’uopo, giova sottolineare che il permesso di soggiorno è un atto amministrativo che autorizza la presenza regolare dello straniero sul territorio dello Stato. Esso è altresì il titolo per l’attribuzione della residenza e consente di svolgere le attività lavorative indicate nel titolo, l’accesso dello straniero ad alcuni diritti e servizi, nonché l’iscrizione nell’anagrafe italiana e il rilascio di alcuni documenti identificativi.

Ai sensi dell’art. 5 del D.lgs. n. 286/1998, possono soggiornare nel territorio italiano gli stranieri non appartenenti all’Unione europea, entrati regolarmente, con o senza visto, e che siano in possesso di permesso di soggiorno in corso di validità.

Il permesso deve essere richiesto dagli stranieri che intendono permanere sul territorio italiano per più di tre mesi. La durata del permesso di soggiorno è, di norma, pari a quella del visto di ingresso, se previsto. Nello specifico, in ogni caso, la normativa prevede specifici termini in caso di lavoro subordinato con contratto a tempo indeterminato (massimo 2 anni) o determinato (massimo 1 anno), di lavoro autonomo (massimo 2 anni), di lavoro stagionale (massimo 9 mesi a prescindere dal settore lavorativo), di attesa occupazione (minimo 1 anno o per tutto il periodo di durata dell’eventuale indennità di disoccupazione), di studio e formazione (massimo 1 anno), di familiari (massimo 2 anni), di volontariato (da 12 a 18 mesi), etc...

In particolare, il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro è subordinato al possesso di un visto di ingresso per motivi di lavoro in seguito a nulla osta all’assunzione o allo svolgimento dell’attività lavorativa.
Dopo l’ingresso nel territorio nazionale, il permesso di soggiorno va richiesto entro 8 giorni allo Sportello Unico della provincia dove ha domicilio il lavoratore o dove si svolge l’attività lavorativa, previa stipula del contratto di soggiorno.

Il rinnovo deve essere chiesto al Questore del luogo di residenza almeno 60 giorni prima della scadenza. Cause ostative al rinnovo sono l’interruzione del soggiorno in Italia per un periodo continuativo oltre sei mesi oppure (per i permessi di soggiorno biennali) superiore alla metà del periodo di validità del permesso (salvo che non si tratti di assolvimento degli obblighi militari o di gravi e comprovati motivi). Causa ostativa al rinnovo è altresì la perdita dei crediti in base all’accordo di integrazione.

Ai sensi dell’art. 5, comma 5, del D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 e s.m., “il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato”.

Circa i requisiti per l’ingresso, occorre menzionare anche il disposto di cui al comma 3 dell’art. 4 del predetto T.U., secondo il quale l’ingresso è consentito "...allo straniero che dimostri di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonché la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno.".

In tal senso, giova sottolineare come l' art. 13, comma 2, del D.P.R. n. 394 del 1999, richieda, infatti, che lo straniero dimostri, ai fini del rinnovo, la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte lecita, sufficiente al sostentamento proprio e dei famigliari conviventi a carico.

Nel caso specifico, va poi considerato il disposto dell’art. 13, comma 2bis, del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 (nel testo in vigore al momento dell’adozione dell’atto impugnato), che dispone(va) che: “Il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro è subordinato alla sussistenza di un contratto di soggiorno per lavoro, nonché alla consegna di autocertificazione del datore di lavoro attestante la sussistenza di un alloggio del lavoratore, fornito dei parametri richiamati dall'articolo 5-bis, comma 1, lettera a), del testo unico”.

Con riferimento al requisito reddituale[2], correlato ai mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno,  in giurisprudenza è stato ribadito in più occasioni che il requisito del possesso di un reddito minimo idoneo al sostentamento dello straniero e del di lui nucleo familiare costituisce un requisito soggettivo non eludibile ai fini del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno, perché attiene alla sostenibilità dell'ingresso dello straniero nella comunità nazionale per ragioni di lavoro subordinato. Questi deve essere, infatti, stabilmente inserito nel contesto lavorativo e contribuire con il proprio impegno allo sviluppo economico e sociale del paese ospitante.[3]

L’alloggio del lavoratore, peraltro, deve essere conforme ai requisiti igienico sanitari e dotato di idoneità abitativa.

 

3. La pronunzia del giudice amministrativo

Fatta tale premessa di carattere normativo, occorre adesso indagare i contenuti della pronunzia del T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Bolzano, chiamato a valutare la legittimità del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno.

In primo luogo, il ricorrente deduce la contraddittorietà tra atti amministrativi adottati dalla medesima amministrazione. Tale contraddittorietà è ravvisata nella circostanza che il permesso di soggiorno per lavoro subordinato a suo tempo rilasciato al ricorrente dalla Questura di Napoli nel 2010 è stato rinnovato dalla Questura di Bolzano nel 2011. Invero, secondo il ricorrente, stante il fatto che le circostanze attinenti al suo soggiorno sul territorio italiano non siano sostanzialmente mutate dal 2011, la Questura di Bolzano ha negato ora il rinnovo del permesso di soggiorno al ricorrente. La difesa del cittadino indiano sostiene, allora, che egli avrebbe maturato una “legittima aspettativa di poter continuare a vivere regolarmente in Italia”.

Il Tribunale amministrativo ritiene infondata detta censura, sul presupposto che il fatto che già una volta fosse stato concesso un rinnovo del permesso non può far sorgere alcun legittimo affidamento nella perpetuazione del soggiorno, atteso che è l’Amministrazione è comunque tenuta a verificare, di volta in volta, al momento della richiesta di rinnovo, la sussistenza in capo al richiedente dei requisiti previsti dalla legge (nella specie: reddito, alloggio e mantenimento della condotta corretta).

Nel caso di specie, al più, secondo i giudici, visto la accertata assenza dei requisiti imposti dalla normativa, l’Amministrazione avrebbe dovuto procedere in autotutela alla revoca del permesso precedentemente disposto.

Con gli ulteriori motivi di ricorso, il cittadino indiano lamenta che l’Amministrazione non abbia tenuto conto dei nuovi elementi in ordine alla sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e al reddito percepito nel 2013, che egli avrebbe documentato all’Amministrazione. Il ricorrente sarebbe ben inserito nella società locale, tanto da essere riuscito a reperire, in breve tempo, un alloggio a Bolzano. Il ricorrente sarebbe, dunque, in possesso di tutti i requisiti per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato.

Ritenendo infondate anche tali censure, il tribunale amministrativo chiarisce che la mancanza della disponibilità alloggiativa e la indisponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per tutta la durata del soggiorno costituiscono motivi ontologicamente autonomi l’uno dall’altro, ai fini del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno.

Secondo la giurisprudenza, peraltro, qualora un provvedimento sia fondato su una pluralità di ragioni ostative fra loro ontologicamente autonome, è sufficiente che una sola delle ragioni stesse resista alle censure prospettate dall’interessato[4].

Ne consegue che, come accertato dai giudici, “la mancanza del requisito della disponibilità di un alloggio è di per sé sufficiente a sorreggere il provvedimento di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno, a prescindere dalla mancata dimostrazione del requisito del reddito, parimenti rilevato nel provvedimento impugnato.

Dagli atti risulta che al momento dell’adozione del decreto impugnato il Questore non avesse prove in ordine alla disponibilità di un alloggio da parte del ricorrente. Né rileva che, nel frattempo, il ricorrente abbia reperito un alloggio a Bolzano.

In tal senso, già questa sola evenienza è ritenuta dal giudice idonea a fondare il diniego di permesso di soggiorno.

Il tribunale amministrativo interviene altresì, in chiusura, sulla verifica della sussistenza del requisito reddituale che, come ricordato dalla giurisprudenza menzionata in sentenza, risulta “ chiaramente finalizzato ad evitare l'aggravio per il pubblico erario che comporterebbe l'esercizio del diritto di accedere ai servizi e alle prestazioni erogate dalla pubblica amministrazione, riconosciuto ai soggiornanti, da parte di soggetti non in possesso di un adeguato reddito e quindi mira ad evitare l'inserimento nella collettività degli utenti dei servizi pubblici e degli aventi diritto alle prestazioni sociali di soggetti che non offrano un'adeguata contropartita in termini di partecipazione fiscale alla spesa pubblica e soprattutto che finiscano per gravare sul pubblico erario come beneficiari di assegno asociale in quanto indigenti”[5].

Anche su questo versante – viene precisato in sentenza – dagli atti risulta l’inidoneità della documentazione allegata alla domanda di rinnovo a dimostrare il possesso del reddito necessario e sufficiente al sostentamento del ricorrente, per gli anni dal 2009 al 2012.

Il provvedimento di diniego, dunque, è da considerarsi legittimo.

 

4. Considerazioni finali.

La gestione del fenomeno dell’immigrazione negli ultimi anni ha conquistato ampio spazio, per le note vicissitudini, nella dottrina e nella giurisprudenza.

In particolare, quotidianamente i Tribunali italiani si confrontano sulla legittimità dei provvedimenti adottati dagli organi dell’Amministrazione in merito a diniego e revoca del visto e del permesso di soggiorno, o con riferimento alle procedure di allontanamento dal territorio dello Stato.

A ciò si aggiunga l’annosa questione del reato di immigrazione clandestina.

Nella presente pronuncia, il giudice amministrativo si occupa di chiarire la natura ontologicamente autonoma dei requisiti della mancanza della disponibilità alloggiativa e la assenza di mezzi di sussistenza sufficienti per tutta la durata del soggiorno ai fini del diniego del rinnovo del permesso di soggiorno.

Tali requisiti, resi più stringenti dalla normativa recente, sono finalizzati, come si è avuto modo di evidenziare, ad evitare l'aggravio per le casse dello Stato, che comporterebbe l'esercizio del diritto di accedere ai servizi e alle prestazioni erogate dalla pubblica amministrazione, riconosciuto ai soggiornanti, da parte di soggetti non in possesso di un adeguato reddito.

La presenza di un alloggio idoneo attiene espressamente poi alla garanzia che siano assicurate sul territorio dello Stato condizioni di vita rispettose della persona umana, in linea con i principi della Carta costituzionale.

Detti presupposti, indi, non sono da considerarsi assimilabili, ma vanno riferiti a situazioni che, seppur correlate, mantengono una propria, rilevante, autonomia giuridica.

Come detto, e´ pacifico in giurisprudenza che, in omaggio al principio di conservazione degli atti, nel caso in cui l’atto amministrativo gravato “si fondi su una pluralità di ragioni, ognuna delle quali abbia autonoma sufficienza, esso è legittimo anche quando lo sia una sola di esse, di per sé idonea a sostenere l’atto[6], con la conseguenza che alcun rilievo potrebbero assumere rilievo le censure volte a contestare gli ulteriori profili motivazionali.[7]

 

 

 

 



[1] Per una puntuale ricostruzione cfr. P. Morozzo della Rocca(a cura di), “Immigrazione, asilo e cittadinanza”, ii ed., Maggioli editore.

[2] Per un approfondimento sulla questione vd. S. Milazzo, “Precisazioni giurisprudenziali sul presupposto del reddito minimo sufficiente per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno”, in http://www.camminodiritto.it/articolosingolo.asp?indexpage=1068

[3] Cfr. Consiglio di Stato, sentenze n 3793 del 29.7.2008 e n. 5994 del 27.8.2010, T.A.R. Toscana Firenze, sez. II, sentenza del 6.12.2012, n. 1961; T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, sentenza del 14.9.2012, n. 233, in https://www.giustizia-amministrativa.it/

[4] Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 18.12.2012, n. 6475; TAR Lazio, Sez. II, 12.6.2013, n. 5902; TRGA Bolzano, 5 maggio 2015, n. 154 e 26.11.2012, n. 341, in https://www.giustizia-amministrativa.it/

[5] cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 3 marzo 2010, n. 1238; nello stesso senso, Sez. III, 18 giugno 2015, n. 3091 e Sez. III, 10 marzo 2015, n. 1231, in https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/index.html

[6] Cfr. T.A.R. Campania - Salerno, 19.4.2000, n. 275, in https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/index.html

[7] Cfr. T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 17 gennaio 2011, n. 63; T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 14 gennaio 2011 , n. 139; T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 14 gennaio 2011 , n. 164, in https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/index.html