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Pubbl. Mer, 2 Mar 2016

I limiti alla persecuzione della pirateria

Alessandra Parrilli


All’articolo 101 della Convenzione sulla Legge del mare, la pirateria è definita come “qualsiasi atto illecito di violenza o sequestro, ovvero ogni atto di rapina commesso a fini privati dall’equipaggio o dai passeggeri di una nave privata, qualora rivolti, sia in alto mare, sia in un luogo al di fuori della giurisdizione di qualunque Stato, in danno di un’altra nave o contro persone o beni da essi trasportati.” La pirateria è un fenomeno storico, che si è sviluppato sin dai tempi delle antiche civiltà e delle storie marittime. Per questo motivo, verranno analizzate le cause e gli effetti principali e le ragioni per cui la persecuzione contro la pirateria è limitata.


Hostis humani generis: una giurisdizione universale Mentre gli antichi pirati sono rappresentati nei libri di storia e nei dipinti, la realtà somala ci mostra uno stormo di uomini disperati e rende evidente che la totale assenza di un governo centrale efficiente necessita dell’intervento della comunità internazionale per la persecuzione della pirateria. L’idea di una giurisdizione internazionale, in cui tutti gli stati hanno il dovere di perseguire i trasgressori della legge (1), ci riporta alle parole di Cicerone (De Off. III, 107): i pirati sono nemici  dell’umanità intera (2). Tuttavia, questa è solo un’idea, che non corrisponde alla realtà, in cui il diritto internazionale si scontra con il diritto nazionale, a causa della presenza di numerose clausole che stabiliscono i modi in cui perseguire la pirateria (3). Come è noto, l’assenza di una base legale potrebbe essere un ostacolo per procedere contro i pirati, soprattutto perché è difficile determinare la giurisdizione appropriata per questa tipologia di crimine. Nonostante ciò, attraverso accordi internazionali, come quelli firmati con Kenya, Seychelles e Yemen, la comunità internazionale ha provato a regionalizzare il fenomeno e a sottoporre i pirati al giudizio di tribunali regionali (4). Sfortunatamente, il Kenya è stato accusato di aver violato la Convenzione Europea sui Diritti Umani e nelle Seychelles i pirati vengono spesso perseguiti in base alle leggi relative al terrorismo, a causa delle lacune legislative in questo ambito.

Hostis humani generis: una giurisdizione universale

Mentre gli antichi pirati sono rappresentati nei libri di storia e nei dipinti, la realtà somala ci mostra uno stormo di uomini disperati e rende evidente che la totale assenza di un governo centrale efficiente necessita dell’intervento della comunità internazionale per la persecuzione della pirateria. L’idea di una giurisdizione internazionale, in cui tutti gli stati hanno il dovere di perseguire i trasgressori della legge (1), ci riporta alle parole di Cicerone (De Off. III, 107): i pirati sono nemici  dell’umanità intera (2). Tuttavia, questa è solo un’idea, che non corrisponde alla realtà, in cui il diritto internazionale si scontra con il diritto nazionale, a causa della presenza di numerose clausole che stabiliscono i modi in cui perseguire la pirateria (3). Come è noto, l’assenza di una base legale potrebbe essere un ostacolo per procedere contro i pirati, soprattutto perché è difficile determinare la giurisdizione appropriata per questa tipologia di crimine. Nonostante ciò, attraverso accordi internazionali, come quelli firmati con Kenya, Seychelles e Yemen, la comunità internazionale ha provato a regionalizzare il fenomeno e a sottoporre i pirati al giudizio di tribunali regionali (4). Sfortunatamente, il Kenya è stato accusato di aver violato la Convenzione Europea sui Diritti Umani e nelle Seychelles i pirati vengono spesso perseguiti in base alle leggi relative al terrorismo, a causa delle lacune legislative in questo ambito.

Costi finanziari: “Catch and Release

Secondo le Nazioni Unite, se una nave da guerra cattura dei pirati sospetti in mari internazionali, i pirati saranno giudicati in base al sistema legale dello stato in cui avrà luogo l’arresto (6). Dunque, sebbene i pirati debbano essere presi in custodia per il procedimento legale, sfortunatamente pochi stati accettano questo onere, soprattutto perché può comportare molti costi (7), quali quelli per la traduzione, di trasporto dei testimoni e della difesa, e di vitto e alloggio per i pirati. Inoltre, occorre considerare anche la raccolta delle prove, le fasi precedenti al procedimento legale, la detenzione e la scelta del luogo del processo (8). Nei paesi europei i processi risultano molto meno deterrenti. Per queste ragioni spesso si utilizza l’espressione “catch and release” (9). Inoltre, così come  i costi  del procedimento legale, anche i costi per l’assunzione di guardie di sicurezza sono molto esosi. Di conseguenza, è stato proposto di creare un’istituzione privata per controllare i costi e diminuire i rischi, ma si tratta di un argomento controverso, soprattutto a causa della mancanza di un regolamento legale (10).

Gli strumenti legali internazionali

Nonostante la fitta rete di trattati con cui gli Stati cercano di collaborare per raggiungere una sicura soggezione alla legge, esistono numerosi limiti nella persecuzione legale (11). Tra questi figura anche la limitazione della deterrenza militare secondo il diritto internazionale, soprattutto a causa della violazione dei diritti umani (12). Nonostante la loro legittimità, le forze militari hanno diritto solo ad una mera risposta difensiva, inoltre spesso i pirati gettano le loro armi fuori bordo (13).

Mentre la Risoluzione 1851 del 2008 ha cercato di ampliare l’utilizzo delle forze militare nelle operazioni nell’area centrale della pirateria, la Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine internazionale organizzato ha avuto come fine principale quello di ottenere le informazioni relative alle attività (14). Sfortunatamente, l’applicazione di questi strumenti legali si è rivelata difficile a causa di una mancata interpretazione (15). Purtroppo, la persecuzione legale della pirateria deriva dalla lacune nell’ambito dei diritti umani e dell’applicazione della giurisdizione criminale (16). Ad esempio, il sistema legale belga prevede una correlazione tra gli stati e coloro i quali oltraggiano il diritto umanitario internazionale (17).

I diritti umani: un ulteriore limite

Gli stati membri della Convenzione Europea sulla Protezione dei Diritti Umani hanno l’obbligo di prendersi carico dei pirati che sono in loro custodia e di garantire loro un giusto processo (18). Nonostante ciò, questi diritti vengono spesso violati. Può succedere, infatti, che nello spazio di tempo tra la cattura ed il processo ai pirati venga negata la possibilità di comunicare con i loro avvocati e i loro familiari (19). Inoltre, a causa dei problemi legali nazionali, spesso viene a mancare un corretto bilanciamento tra i diritti umani internazionali e il diritto criminale internazionale, che comporta durante il processo la violazione dei diritti sopramenzionati (20).

Conclusione

La violazione dei diritti umani da parte del governo del Kenya ha evidenziato aspetti molto importanti, quali la mancanza di una giurisdizione appropriata e l’inadeguatezza delle leggi nazionali. Inoltre, l’elevato costo dell’arresto dei pirati è un onere che pochi stati accettano e si è molto diffusa l’idea della strategia “catch and release”. Di conseguenza, la persecuzione della pirateria ha un successo limitato, soprattutto perché la giurisdizione universale per arrestare i pirati deve essere necessariamente in relazione con diversi sistemi legali nazionali, cosa che potrebbe dare luogo ad argomenti spinosi (21).

Molte proposte sono state presentate per risolvere questi aspetti controversi; tra queste: l’istituzione di un tribunale internazionale (ipotesi proposta dalla Russia, ma rifiutata da quegli stati che non vogliono che il diritto internazionale interferisca con la legislazione nazionale) e l’attribuzione dell’autorità di persecuzione dei pirati al Tribunale per la Legge del mare (22).

Tutte queste considerazioni mettono il luce il fatto che non ci sia una coesione reale tra le comunità internazionali e, per questo motivo, la persecuzione dei pirati è estremamente limitata. In questo contesto, è evidente come gli interessi nazionali prevalgano su quelli internazionali.

Fonti:

Malcom Evans, InternationalLlaw - Oxford University Press, Oxford, 2010.
Donald R Rothwell Tim Stephens,  The International Law of Sea - Hart Publishing Ltd; Oxford, 2013.
Ettore Violante, Terra contro mare: reazioni giuriduche contro la pirateria - Aracne Editrice, Roma, 2015.
Deborah Ostro, Somali pirates have right too, (2011), paper 224, ISS
Un.org, part VII high sea, [online] [august 2015] (place).
Latin.it, Cicerone retorica, [online] [august 2015] (rome).
[1] Donald R Rothwell Tim Stephens, The international law of the sea, (Hart Publishing Ltd), (Oxford), (2013) pg 162;
[2] Latin.it, Cicerone retorica, [online] [august 2015] (rome);
[3] Deborah Ostro, Somali pirates have right too, (2011), paper 224, ISS, pg 5. See also Ibid. Supra Fn 2 pg 163;
[4] Ettore Violante, Terra contro Mare: Reazioni giuridiche contro la pirateria, (Aracne editrice, Roma) (2015) pg. 162. See also Ibid Supra Fn 3 pg 1
[5] Ibid. Supra Fn 4 pg 1, 11
[6] Ibid. Supra Fn 4 pg 1 . See also, Ibid. Supra Fn 4
[7] Ibid. Supra Fn 4 pg 6
[8] Ibid. Supra Fn 2 pg 434
[9] Ibid. Supra Fn 4 pg 1, 6
[10] Ibid. Supra Fn 4 pg 6
[11] Malcolm Evans, International law, (Oxford university press) (Oxford) (2010) pg 323
[12] Ibid. Supra Fn 10
[13] Ibid. Supra Fn 2 pg 164. See also Ibid. Supra Fn 10
[14] Ibid. Supra Fn 2 pg 433
[15] Ibid. Supra Fn 10
[16] Ibid. Supra Fn 10
[17] Ibid. Supra Fn 12 pg 325
[18] Ibid. Supra Fn 4 pg 7
[19] Ibid. Supra Fn 4 pg 8, 9
[20] Ibid. Supra Fn 4 pg 11
[21] Ibid. Supra Fn 2 pg 434
[22] Ibid. Supra Fn 5 pg 16