ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Ven, 19 Feb 2016
Sottoposto a PEER REVIEW

Lo scambio elettorale politico-mafioso

Modifica pagina

Paola Gennaro


La Legge n. 62 del 2014 ha inciso su numerosi aspetti del reato di scambio elettorale politico-mafioso mutandone la fisionomia, al fine di chiarire i confini del penalmente rilevante rientranti all’interno di quell’ambito in cui si registrano contatti tra esponenti del mondo politico ed associazioni di stampo mafioso.


 

Sommario: 1. Premessa. – 2. La nuova struttura del reato. – 3. Il bene giuridico tutelato e i soggetti attivi del reato.– 4. L’elemento soggettivo. – 5. Profili di diritto intertemporale.

1. Premessa.

La legge 17 aprile 2014, n. 62 ha modificato in modo decisivo l’art. 416 ter c.p. e rappresenta il risultato di una riforma che già da tempo si invocava come necessaria a garantire la repressione delle condotte di contiguità alla mafia di tipo politico[1]. La nuova fattispecie si atteggia, per tali ragioni, come il punto d’arrivo di un iter legis indubbiamente travagliato, in quanto caratterizzato dalla difficoltà di raggiungere un ragionevole punto di equilibrio tra le diverse soluzioni prospettatesi sul punto.

2. La nuova struttura del reato.

Una rilevante innovazione in ordine al nuovo art. 416 ter del codice penale, riguarda la struttura della fattispecie di scambio elettorale politico-mafioso, che nell’attuale formulazione si compone di due diverse figure delittuose connesse tra loro.

Ciò posto, occorre evidenziare che il nuovo primo comma sanziona la condotta di chi accetta la promessa di procurare voti in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità, con le modalità di cui al comma 3 dell’art. 416 bis, mentre il comma secondo con la medesima sanzione edittale prevista dal primo comma (da 4 a 10 anni di reclusione), punisce la condotta di chi, con le stesse modalità illecite, promette di procurare voti. Si tratta di un vero e proprio cambiamento, considerato alla stregua di una “rivoluzione copernicana”, stante il conseguente avvicinamento dell’art. 416 ter c.p. al tipico assetto dei reati di corruzione, di cui agli artt. 318 ss. c.p.[2].

Dalla lettura in combinato disposto dei due commi emerge che la nuova formulazione dell’art. 416 ter c.p., individua [3] una fattispecie plurisoggettiva necessaria propria, in cui la medesima sanzione è comminata nei confronti di entrambe le condotte che concorrono alla realizzazione del fatto tipico. Più precisamente, l’intervento riformistico attuato con la legge n. 62 del 2014 incrimina, a differenza del passato, sia colui che promette di procurare i voti con i metodi tipici dell’associazione criminale, sia il candidato che si impegna a favorire il sodalizio con una qualunque utilità[4].

3. Il bene giuridico tutelato e i soggetti attivi del reato.

E’ opportuno precisare che la novella in esame non ha assunto alcun rilievo riformatore in ordine al bene giuridico tutelato. Ed invero, rispetto all’interpretazione della pregressa formulazione del reato di scambio elettorale politico-mafioso, il bene giuridico protetto continua ad essere individuato, in via principale e diretta, nella salvaguardia dell’ordine pubblico materiale.

Neppure l’accertata estensione dell’ambito applicativo della nuova fattispecie, consente di affermare che la fisionomia del bene protetto sia mutata, essendosi piuttosto rafforzato il livello di tutela e protezione, esteso ad un più ampio numero di condotte.

Con riguardo all’individuazione dei potenziali soggetti attivi del reato la legge 62/2014 mantiene, poi, invariato l’impianto sostanziale di reato comune, lasciando in tal modo inalterati alcuni dubbi che già nella precedente formulazione riguardavano, rispettivamente, le figure del promissario e del promittente[5].

La permanenza dell’impianto di reato comune, originariamente previsto per la condotta imputabile alla parte politica, stabilita nel primo comma ed esteso, oggi, anche al secondo comma, consente di ricomprendere nella figura del promissario qualsiasi soggetto che intervenga nella conclusione dell’accordo collusivo in nome e per conto del soggetto politico candidato[6].

La norma de qua, infatti, identifica quale soggetto attivo oltre al candidato interessato alla competizione elettorale, anche il soggetto terzo che accetta la promessa mafiosa e che intervenga, in qualità di mediatore, ad orientare i voti gestiti dalle cosche criminali.

In altri termini, soggetto idoneo ad accettare la promessa, può anche essere il c.d. grande elettore, ovvero il “capo partito”[7] che, pur se non direttamente concorrente, si preoccupi di acquisire suffragi per garantire il favorevole risultato elettorale di un aspirante o di una lista, in occasione di imminenti elezioni. Viene così ad assumere rilievo la stipulazione di un patto che, secondo la terminologia civilistica, potrebbe qualificarsi come “a prestazioni corrispettive”, ma il cui adempimento o inadempimento sembra essere ininfluente ai fini delle configurabilità della fattispecie.

La novellata norma, difatti, richiede la “promessa di procurare voti”, senza operare alcun cenno all’effettivo procacciamento degli stessi ed in secondo luogo, pone su un piano di equivalenza “l’erogazione” e “la promessa di erogazioni” di denaro o di altra utilità[8].

In relazione all’espressione “altra utilità” bisogna precisare che la stessa appare certamente ampliativa rispetto a quella contenuta dal previgente art. 416 ter, il quale faceva riferimento al solo “denaro”. La formula sembra, oggi, ricomprendere non solo utilità non direttamente monetizzabili, e comunque economicamente rilevanti, ma anche utilità prive di diretta rilevanza economica.

Il suddetto impianto si mantiene anche nella descrizione della condotta di cui al secondo comma dell’art. 416 ter c.p., dove si incrimina “chiunque” prometta il sostegno elettorale, senza restringere il novero dei possibili soggetti attivi alla cerchia dei soli affiliati al sodalizio mafioso.

Il soggetto promittente può, dunque, essere anche un extraneus all’organizzazione criminale, in quanto è “la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’art. 416 ter c.p., che assume rilevanza penale”.

Alla luce di quanto appena esposto occorre, innanzitutto, chiarire se l’art. 416 ter c.p., così riformulato, possa trovare diretta applicazione oltre che nell’ipotesi in cui l’accordo elettorale intervenga con un soggetto estraneo al sodalizio mafioso, anche nei casi in cui il promittente non assicuri il coinvolgimento dell’organizzazione criminale nell’attività di procacciamento dei voti. In secondo luogo, occorre, comprendere se la fattispecie attenga anche a tutti quei casi in cui il soggetto promittente affiliato alla cosca operi uti singulo e non nell’interesse dell’intera cosca, finanche per ragioni del tutto personali.

Stante il tenore letterale della nuova fattispecie, emerge chiaramente l’insussistenza di un elemento che induca a ritenere come necessario il coinvolgimento dell’intera associazione mafiosa. La nuova norma, invero, non specifica né che la prestazione del politico candidato debba essere rivolta all’organizzazione nel suo complesso, né richiede che il promissario agisca in nome e per conto dell’associazione, promettendo un’attività che impegni l’intera cosca.

Stando così le cose, è come se l’art. 416 ter c.p. individuasse il metodo mafioso semplicemente come modus operandi di una condotta, che può anche prescindere dal coinvolgimento della compagine criminale.

La mafiosità che, in base alla rubrica dell’articolo, deve connotare il patto sarebbe integrata, appunto, dal riferimento al metodo mafioso e non già dalla necessaria implicazione dell’intero sodalizio nel fatto[9].

A parere della scrivente tale ricostruzione appare intrisa di evidenti risvolti problematici, sia in ordine al difficile coordinamento con i reati elettorali di legislazione speciale che ne deriverebbe, sia in relazione al mancato rispetto del principio di offensività derivante proprio dalla punizione di un fatto concretamente inidoneo ad apportare il disvalore incriminato all’ordine pubblico[10].

Appare, pertanto, necessario rilevare che la prestazione politica debba rivolgersi all’intera associazione mafiosa, e non soltanto al singolo interlocutore con cui è intervenuta la conclusione dell’accordo, al fine di rendere la fattispecie in questione più rispettosa del principio di offensività, dal momento che avrebbe ristretto il campo d’applicazione del delitto ai soli fatti che, coinvolgendo l’intera organizzazione criminale, sono realmente pericolosi per l’ordine pubblico.

4. L'elemento soggettivo.

L’intervento novellistico in commento non arreca particolari modifiche neppure all’elemento psicologico del reato in relazione al quale, in ossequio alle regole generali di cui agli artt. 42 e 43 c.p., si riconferma la punibilità del fatto in presenza del dolo del soggetto agente[11].

Ciò, peraltro, sembra confermato anche dai lavori preparatori: l’avverbio “consapevolmente”, inserito nel testo deliberato in prima lettura dalla Camera dei Deputati il 16 luglio 2013, non è stato più riapprovato nei successivi passaggi parlamentari, dopo che nel dibattito in Senato l’inciso era stato ritenuto superfluo per un reato doloso e portatore di problemi interpretativi, e perciò soppresso.

Il dubbio piuttosto è se rilevi la controversa figura del dolo eventuale con riferimento al contenuto della promessa che si riceve e, precisamente se il candidato (o chi per lui) debba essere espressamente avvisato che il procacciamento dei voti avverrà con le “modalità di cui al terzo comma dell’art. 416 bis”, ovvero se sia sufficiente l’accettazione del rischio che ciò avvenga.

In ordine a tale problematica taluni interpreti hanno cercato, rifacendosi alla teoria generale del diritto, di offrire una adeguata risposta.

Sul punto, un primo indirizzo minoritario[12] riconosce la compatibilità del dolo eventuale con il “nuovo” reato di scambio elettorale politico-mafioso. Tale interpretazione, ravvisando una notevole affinità di struttura tra l’art. 416 ter c.p. e l’art. 648 c.p. (entrambe le figure criminis hanno, invero, struttura di reati-contratto, si perfezionano con la semplice stipula del patto e il disvalore si concentra nella consapevole “provenienza illecita” dell’oggetto dello stesso), applica al delitto di scambio elettorale il percorso ermeneutico individuato in una nota sentenza della Suprema Corte del 2009 in tema di ricettazione, basato sull’applicazione della c.d. prima formula di Frank[13].

In base al suddetto criterio, si riconosce, ai fini del perfezionamento della fattispecie, la rilevanza del dolo eventuale, per la cui integrazione, non è sufficiente provare il solo sospetto della mafiosità della promessa, essendo invece necessario dimostrare che il politico avrebbe comunque concluso l’accordo, anche laddove fosse stato certo sia della provenienza mafiosa del procacciamento accettato, sia dell’utilizzo delle modalità ex art. 416 bis c.p., comma terzo. Il semplice dubbio, pertanto, non sarà mai sufficiente ad integrare il dolo eventuale conciliabile con la consumazione dell’art. 416 ter c.p., ma sarà pienamente compatibile solo con il coefficiente della colpa cosciente, la quale, tuttavia, ricade al di fuori della fattispecie in esame.

Sostenitori di un ulteriore indirizzo, hanno sottolineato come il riferimento espresso all’elemento della consapevolezza avrebbe permesso di sancire la totale irrilevanza del dolo eventuale, ai fini del perfezionamento del reato di scambio elettorale.

Tuttavia, una simile scelta avrebbe certamente ristretto l’ambito applicativo del coefficiente soggettivo, ponendo in tal modo un freno alle pericolose interferenze tra politica e giustizia penale; di contro, l’eliminazione dell’avverbio dallo schema normativo legittimerebbe la punibilità del politico anche a fronte del semplice sospetto del carattere mafioso del soggetto promittente[14].

Tali preoccupazioni, però, non sono condivise dalla maggioranza degli interpreti: la nuova formulazione della norma, infatti, sembra presupporre che il dolo del politico attenga non solo alla provenienza mafiosa della promessa di procacciamento elettorale, ma anche al richiamo alle «modalità di cui al terzo comma dell'art. 416 bis c.p.»[15], escludendo così ogni margine di discussione in relazione alla possibilità di ipotizzare la responsabilità del soggetto attivo a titolo di dolo eventuale.

5. Profili di diritto intertemporale.

Con riguardo, infine, ai profili di carattere intertemporale derivanti dalla novella del 2014 è opportuno individuare se la riformulazione della norma in esame abbia comportato l’abolizione della figura di reato esistente nel previgente ordinamento, con conseguente applicazione della regola prevista dall'art. 2 c.p., comma 2; oppure, se sia intervenuta una semplice modificazione della disciplina, con conseguente applicazione della regole previste dal comma terzo e quarto della predetta norma[16].

Più precisamente, le possibili interferenze tra il nuovo art. 416 ter del cod. pen. e l’ordinamento previgente, sono rinvenibili non solo in ordine ai fatti contestati secondo la pregressa formulazione della citata norma o comunque connessi sotto la vigenza di quest’ultima, ma anche in relazione alle condotte ascritte nei termini di concorso in partecipazione ad associazioni di tipo mafioso.

Relativamente al primo ambito, appena richiamato, il problema non appare di difficile soluzione, stante il piano d’azione riconosciuto alla nuova disposizione, la quale invero risulta aver ampliato la sua applicazione anche alle condotte considerate rilevanti, a norma della previgente disciplina incriminatrice, ed ha inoltre fissato una pena più mite.

Ne consegue che le condotte poste in essere prima del 18 aprile 2014 a norma dell’art. 416 ter continuano a costituire reato, ove sussistano i presupposti per l’applicazione tanto della nuova quanto della vecchia disciplina, con la specificazione che, sotto il profilo sanzionatorio, si applicano le pene previste dal nuovo art. 416 ter, secondo il principio della legge più favorevole stabilito dall’art. 2, comma 4, c.p..

Ugualmente in ordine, alle condotte poste in essere prima del 18 aprile 2014, non ancora oggetto di contestazione, debbono essere addebitate previa verifica della loro sussumibilità nella fattispecie di scambio elettorale sia ante che post riforma, e la sanzione applicabile sarà, anche in questo caso quella favorevole prevista, pertanto, dal nuovo art, 416 ter.[17]

In relazione, invece al secondo profilo individuato e cioè quello inerente i rapporti tra la nuova formulazione della fattispecie incriminatrice e i fatti già ascritti a norma degli artt. 110 e 416 bis c.p. occorre, al fine di risolvere la problematica, valutare la possibilità di continuare a ritenere configurabili le fattispecie di partecipazione e di concorso “esterno” in partecipazione in associazione di tipo mafioso in merito a quelle ipotesi in cui l’elemento centrale è rappresentato dal patto con i membri del sodalizio criminoso.

 

 

 

 



[1] Per un inquadramento generale della fattispecie di cui all’originario articolo 416 ter c.p., cfr. tra gli altri C. VISCONTI, Il reato di scambio elettorale politico-mafioso, tra istanze repressive ed equilibrio sistematico, in Indice pen., 1993, p. 273 ss. e G.A. DE FRANCESCO, Commento all’art. 11 ter d.l. 8 giugno 1993, n. 306, in Legis pen., 1993, p. 122.

[2] Proposto per la prima volta con il d.dl. S-948

[3] M. ROMANO, Commentario Sistematico al codice penale. Parte speciale, I, I reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, Milano, 2013, p. 141 ss.

[4] M. GAMBARDELLA, Diritto giurisprudenziale e mutamento legislativo. Il caso del delitto di scambio elettorale politico-mafioso, in Cass. Pen., 2014, fasc. 11, p. 3707.

[5] C. VISCONTI, Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Giappichelli, Torino, 2003 p. 393.

[6] E. SQUILLACI, Punti fermi e aspetti problematici della riforma del reato di scambio elettorale politico mafioso, in Arch. Pen.., 2013, III, p. 4.

[7] A. CORBO, Relazione n. III/06/2014, a cura dell’Ufficio Massimario della Corte di Cassazione.

 

[9] V. MAIELLO, Il concorso esterno tra indeterminatezza legislativa e tipizzazione giurisprudenziale, Giappichelli, Torino, 2014, p. 35.

[10] M. SANTISE - F. ZUNICA, Coordinate ermeneutiche di diritto penale, Giappichelli, Torino, 2015, p. 26.

[11] G. FIANDACA - E. MUSCO, Diritto penale, Zanichelli, Bologna, p. 218.

[12] E. COTTU, La nuova fisionomia dello scambio politico-mafioso, tra istanze repressive ed equilibrio sistematico, in Dir. proc. pen., 2014, fasc. 7, p. 789 ss.

[13] Cass., Sez, Un., 26 novembre 2009, n. 12433, Nocera,  in Cass. pen., 2010, 2555 ss.

[14] B. ROMANO, Le associazioni di tipo mafioso, Utet, Milano, p. 45

[15] Cass. 6 giugno 2014, n. 36382, in www.italgiure.it

[16] E. Dolcini-G. Marinucci, Corso di diritto penale, vol. 1, Terza edizione, Milano, 2001.

 

[17] D. PRIMO TRIOLO, La successione di leggi penali nel tempo, Key editrice, 2015, p. 75