Pubbl. Ven, 28 Mar 2025
Il TAR Veneto sul diritto di accesso ai documenti tra disabilità e trasparenza amministrativa
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Valentina Elia

Con la sentenza 393/2020 il Tar Veneto ha chiarito che il digital divide è ancora molto marcato nel nostro Paese potendo essere legato a età, competenze digitali, ragioni di tipo geografico, disabilità. E ciò legittima la deroga al rispetto del principio di economicità della Pa poiché diversamente risulterebbe leso il superiore principio di uguaglianza. Una violazione ancor più grave nel caso di diritto all’informazione del rappresentante di un corpo elettorale locale.

The Veneto Regional Administrative Court on the Right of Access to Documents between Disability and Administrative Transparency
With the ruling 393/2020, the Veneto Regional Administrative Court clarified that the digital divide is still very pronounced in our country, potentially linked to age, digital skills, geographical factors, and disabilities. This justifies the exemption from adhering to the principle of cost-effectiveness in public administration, as failing to do so would undermine the superior principle of equality. This violation is even more serious in the case of the right to information for representatives of a local electoral body.Sommario : 1. Il caso di specie; 2. Profili processuali; 3 Il diritto di accesso agli atti dei consiglieri comunali; 4. Conclusione.
1. Il caso di specie
L'analisi di un caso affrontato dal TAR Veneto n. 393/2020 evidenzia l'importanza dell'accesso agli atti amministrativi per garantire il diritto dei consiglieri comunali di esercitare la loro funzione di controllo. La sentenza è significativa, soprattutto in un contesto normativo in evoluzione, e pone l'accento sul diritto all'informazione come pilastro della democrazia. Si evidenzia la problematica del digital divide, che può limitare l'accesso alle informazioni, in particolare per le categorie vulnerabili.
Il TAR ha ribadito l'obbligo della pubblica amministrazione di garantire l'accesso agli atti come diritto sostanziale, non soggetto a discrezionalità. Infine, la decisione ha messo in luce la necessità di proteggere i diritti dei soggetti vulnerabili, dimostrando come la legalità e la solidarietà sociale possano coesistere in una democrazia partecipativa. Si sollecita pertanto un aumento della sensibilizzazione e formazione in tema di diritti civili e accesso agli atti, insieme a politiche per mitigare il digital divide.
Per far meglio comprendere la decisione resa nel caso di specie occorre necessariamente ripercorrere le tappe fondamentali del contenzioso in cui la pronuncia interviene.
La questione prende le mosse dall'impugnazione del provvedimento di un Comune che aveva negato la copia cartacea di alcune delibere di giunta e determinazioni dirigenziali ad un consigliere affetto da cecità assoluta bivalente.
Lo stesso infatti per sopperire alla sua invalidità nello svolgimento della propria attività amministrativa utilizzava copia cartacea degli atti e documenti elaborata attraverso uno scanner ed un programma di riconoscimento testi e di uno screen reader che riproduce il testo scritto tramite sintesi vocale. Il ricorrente infatti non aveva accesso, sia per ragioni di natura economica e tecniche, a screen reader più moderni che consentissero l’audio lettura di documenti in formati digitali.
Il diniego, con nota motivata dal Sindaco, veniva motivato con riferimento alla numerosità delle richieste di accesso fino ad allora effettuate (trenta, in sei mesi) e alla circostanza che si trattava di atti pubblicati nel sito web dell'ente ed eventualmente trasmissibili per posta elettronica, accessibili senza la necessità del rilascio della copia cartacea.
Proprio tali numeri accessi, continuava il Sindaco, si traducevano sia in abuso del diritto previsto dall’art 43 del D.lgs n.367/2000, per scopi e finalità meramente emulative che aggravavano eccessivamente la corretta funzionalità amministrativa del Comune, nonché in un eccessivo e minuzioso controllo dei singoli atti.
Tale diniego veniva impugnato dal consigliere per tre ordini di motivi, nel primo veniva lamentata la violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, per disparità di trattamento e discriminazione rispetto all'esercizio del mandato di consigliere in ragione di una disabilità.
Con il secondo veniva addotta la inosservanza dell'art. 43, comma 2, del D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, degli artt. 22 e 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e dell'art. 7 dello Statuto comunale, nonché illogicità, irragionevolezza e incongruità della motivazione perché le fonti normative citate affermano l'esistenza di un ampio diritto del consigliere comunale di accedere a documenti, notizie ed informazioni utili all'espletamento del proprio mandato.
Infine veniva rilevata l’incompetenza del Sindaco ad opporre un diniego in materia di accesso agli atti amministrativi.
A tali censure il Comune rispondeva eccedendo, in primo luogo ed in rito, l’inammissibilità del ricorso perché non è configurabile un diritto di accesso poiché atti che il Comune ha reso pubblici nel proprio sito web istituzionale in adempimento alla normativa sulla trasparenza amministrativa di cui al D.lgs n. 33 del 2013.
Successivamente il Comune adduceva che tale sito web che era stato realizzato in ottemperanza alle nozioni di accessibilità e di tecnologie assistive previste dalla L. n. 4 del 2004 tali da rendere fruibili i documenti anche ai non vedenti a condizione che si dotino di adeguati software screen reader.
2. Profili processuali.
1.L’eccezione del Comune di inammissibilità del ricorso per non configurabilità del diritto di accesso viene respinta dal T.A.R. adito.
Nel farlo la stessa adduce che proprio la titolarità sostanziale o meno del diritto dedotto in giudizio attiene al merito della decisione piuttosto che ad una questione preliminare.
In tale ottica, la stessa azione è volta al verificare la fondatezza o meno della domanda proposta.
2. Successivamente il Tribunale adito ritiene di non poter esaminare il 3° motivo del ricorso introduttivo, ovvero l’incompetenza del Sindaco ad opporre un diniego in materia di accesso poiché l’esame di tale questione ed il suo eventuale accoglimento non costituirebbe alcun’utilità di questa censura.
Come segnalato dalla stessa parte resistente, il giudizio in materia di accesso, pur seguendo lo schema impugnatorio ordinario, è rivolto all’accertamento della sussistenza o meno del diritto dell’istante e, conseguentemente, è un giudizio sul rapporto[1].
Ne consegue che si può agire solo per ottenere il riconoscimento della fondatezza della richiesta e non trarrebbe alcun interesse il ricorrente dal riconoscimento dell’inammissibilità del rigetto del Sindaco.
In altre parole, l'oggetto del giudizio sull'accesso consiste nel rapporto che si instaura tra P.A. e soggetto richiedente, ed il giudice deve verifica la spettanza o meno del diritto di accesso, piuttosto che la sussistenza o meno di vizi di legittimità di un atto amministrativo. Conseguentemente la determinazione impugnata non costituisce l'oggetto del giudizio, ed anzi in un certo senso il giudice ne compie una sorta di disapplicazione.[2]
3. Soffermandoci sulla materia dell’accesso agli atti, la questione sull’oggetto dell’impugnazione rappresenta un segmento della più complessa questione circa la natura dell’accesso agli atti.
Per quanto qui di interesse e rilevanza, dottrina e giurisprudenza amministrativa discutono se tale istituisco costituisca manifestazione di un diritto soggettivo piuttosto che di un interesse soggettivo.
Il giudizio sull'accesso vede la convergenza di interessi giuridicamente rilevanti che spesso si contrappongono (interesse all'accesso, alla riservatezza e al segreto), lo stesso trova la sua disciplina sostanziale nella l. 241/1990 (articoli 22 e ss.), nel d.lgs. n. 33/2013 (cd. Decreto trasparenza) e la sua disciplina processuale nell'art. 116, che è collocato nel libro IV, dedicato al giudizio di ottemperanza e ai riti speciali, nell'art. 133, comma 1, lett. a), n. 6), che prevede la giurisdizione esclusiva in tema di accesso, nonché nell'art. 87, che prevede lo svolgimento del giudizio in camera di consiglio.
Per quanto qui di interesse e considerato che tale dibattito[3] è destinato a “stemperarsi”, la questione circa la natura del diritto all’accesso agli atti è sorta perché la l. n. 241/1990 ha definito quello all'accesso come un diritto. Simile definizione è rintracciabile anche nel regolamento di attuazione (D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184), nel codice della privacy (artt. da 7 a 10), e nella l. n. 142/1990 (oggi artt. 10 e 43 TUEL).
Sin da subito e nonostante la lettera della Legge, parte della dottrina ha negato che l’accesso agli atti fosse un diritto soggettivo, qualificandolo - invece - come un interesse legittimo e sostenendo che il Legislatore si sarebbe espresso in modo atecnico al solo fine di porre enfasi su di una situazione giuridica di rilievo Costituzionale.
In tale ottica, a fronte dell’interesse ad accedere del privato, la P.A. è dotata di un potere autoritativo di tipo discrezionale.
Secondo l’altro orientamento che vede il diritto all’accesso agli atti come un diritto soggettivo, a fronte della richiesta dell’interessato, la P.A. non adotta un provvedimento dell’esercizio di un potere autoritativo di tipo discrezionale.
La stessa, infatti, agisce in una duplice veste, quella di detentrice di documenti e quella di autorità procedente nel procedimento cui i documenti pertengono. Solo in questa seconda veste la P.A. è dotata di un potere amministrativo volto alla cura di un interesse pubblico concreto, in cui l'interesse tutelato in via primaria e diretta è quello dell'aspirante all’accesso.
Conseguentemente, a fronte della istanza di accesso, l'Amministrazione si limita a verificare, in positivo, la sussistenza della situazione legittimante del richiedente e, in negativo, la non ricorrenza degli ostacoli tassativi di cui all' art. 24 l. n. 241/1990. L'obbligo di ostensione sorge ex lege, e non in virtù della determinazione favorevole della p.a., che è solo il frutto di una attività paritetica di tipo dichiarativo. Dunque la p.a. non può negare l'accesso per motivi di opportunità, dovendo rigidamente attenersi alla compiuta disciplina legislativa.
In altre parole, di fronte alla richiesta di accesso l'autorità agisce non nell'area del potere di cui è attributaria nella sua attività finale, ma in un settore di attività strumentale quella relativa alla conservazione di documenti.[4
3. Il diritto di accesso agli atti dei consiglieri comunali.
Il secondo motivo, con cui il ricorrente afferma di avere diritto ad accedere agli atti richiesti in qualità di consigliere comunale e di ricevere una copia cartacea poiché non vedente e senza risorse per utilizzare la sintesi vocale del documento digitale, ha come fondamento argomentativo il diritto di accesso dei consiglieri comunali previsto dall’art. 43 D.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 (di seguito per brevità D.lgs n.267/2000).
Il diritto di accesso dei consiglieri comunali è, come è ampiamente riconosciuto, più ampio rispetto a quanto previsto dagli articoli 21 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Questa normativa stabilisce infatti un accesso incondizionato a tutti i documenti necessari per svolgere il mandato, permettendo ai consiglieri di valutare in modo informato la correttezza e l’efficacia delle decisioni assunte dall’Amministrazione. Pertanto, l'Amministrazione non può richiedere ai consiglieri di giustificare le loro richieste di accesso, poiché questo comporterebbe un controllo indebito sull'esercizio del loro mandato. A tale riguardo, si rimanda alla giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sez. V, 5 settembre 2014, n. 4525; Sez. IV, 12 febbraio 2013, n. 846; Sez. V, 17 settembre 2010, n. 6963).
Sebbene l'accesso per i consiglieri comunali sia – come detto - riconosciuto come strumento per facilitare l'adempimento delle loro funzioni, questo deve avvenire nel rispetto dei principi generali dell'accesso ai documenti e non deve portare a un uso distorto o abnorme di tale diritto. Infatti, a giurisprudenza italiana ha affrontato più volte la questione dell'accesso ai documenti da parte dei consiglieri comunali. Il richiamo all'articolo 43 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 (Testo Unico sugli Enti Locali) evidenzia sì come la normativa preveda una forma di accesso specifico per i consiglieri comunali, che è finalizzato all'esercizio del loro mandato, tuttavia, la giurisprudenza ha anche precisato che tale accesso non deve compromettere i principi generali riguardanti l'accesso ai documenti amministrativi, come stabilito dalla Legge n. 241 del 1990.
In particolare, il diritto di accesso deve rimanere in equilibrio con la necessità di garantire la riservatezza e la protezione dei dati personali, nonché il corretto funzionamento della pubblica amministrazione (cfr. la già citata sentenza Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 febbraio 2013, n. 846). Inoltre le richieste di accesso documentale che -per il volume degli atti richiesti e per l'ampiezza della loro formulazione, sfociano in un'analisi eccessivamente dettagliata dei singoli documenti detenuti dagli Uffici - si configurano infatti come forme di controllo specifico, estranee alle funzioni di indirizzo e vigilanza politico-amministrativa attribuite dalla normativa ai consigli comunali (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 28 novembre 2006, n. 6960).
Nel caso specifico, il Tar adito non rileva i presupposti necessari, poiché il richiedente dimostra di aver limitato le domande a documenti specifici, chiaramente indicati, in un numero tale da non apparire eccessivo, irragionevole o finalizzato a effettuare un controllo generale sull’operato dell’amministrazione. Sulla base di quanto esposto, si può affermare che i documenti oggetto della richiesta di accesso rientrano tra quelli sui quali il consigliere comunale può legittimamente esercitare il diritto di accesso.
Una volta affermato ciò, il Tribunale Amministrativo Regionale pone la sua attenzione sulla questione se l’esercizio del diritto di accesso comporti l’obbligo per l’Amministrazione di fornire una copia cartacea di tali documenti anziché limitarsi alla sola pubblicazione sul sito istituzionale o alla trasmissione di una copia in formato digitale. Alla luce dell’attuale evoluzione normativa, il Collegio ritiene opportuno rispondere positivamente a tale interrogativo, poiché le normative vigenti in materia di accesso fanno ancora riferimento esplicito alla possibilità di estrarre copia dei documenti sui quali si esercita il diritto. È però importante sottolineare fin da subito che il diritto alla consegna della copia cartacea deve essere riconosciuto solo se la richiesta relativa è debitamente motivata, come nel caso in oggetto, e si riferisce all’esistenza di motivi seri e documentati che rendano impossibile o notevolmente difficile l’uso degli strumenti informatici per visualizzare i documenti per cui si richiede l’accesso.
Più nello specifico, l’articolo 25, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241 stabilisce che il diritto di accesso si esercita attraverso l'esame e l'estrazione di copie di documenti amministrativi, seguendo i modi e i limiti definiti dalla normativa. Il Collegio sottolinea che l'esame di tali documenti è gratuito e che il rilascio di una copia è condizionato unicamente al rimborso dei costi di riproduzione, tranne per quanto riguarda le disposizioni sui diritti di ricerca e di visura.
Inoltre, l'articolo 22, comma 1, lettera a) della stessa legge definisce il diritto di accesso come il diritto degli interessati di visionare e copiare documenti amministrativi. I commi 1 e 6 dell’articolo 7 del DPR 12 aprile 2006, n. 184 stabiliscono che l'atto di accoglimento della richiesta di accesso deve indicare l'ufficio, comprensivo della sede, dove rivolgersi e un periodo congruo, non inferiore a quindici giorni, per visionare i documenti o riceverne una copia. Inoltre, le copie sono fornite solo previa corresponsione delle somme previste dall'articolo 25 della legge, secondo le modalità stabilite dalle singole amministrazioni. Su richiesta, le copie possono anche essere autenticate.
Nel contesto normativo esaminato, il Collegio rileva che non è corretto dedurre implicitamente che l'obbligo di fornire una copia cartacea possa essere eluso nel caso in cui si tratti di atti disponibili online o che l'Amministrazione sia disposta a inviare tramite posta elettronica. Tale conclusione, sebbene comporti costi per l'Amministrazione, è considerata una scelta ragionevole del legislatore. Il Collegio evidenzia infatti come, a causa del digital divide, esista ancora una consistente parte della popolazione che, per varie ragioni—come età, situazione economica o sociale, mancanza di competenze digitali o disabilità, o l'assenza di infrastrutture necessarie per l'accesso a Internet—non ha la possibilità di accedere alla rete.
Secondo il documento "Strategia per la crescita digitale 2014-2020" della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nel 2013 solo il 56% della popolazione di età compresa tra 16 e 74 anni era un utente regolare di Internet, con un 34% che non aveva mai utilizzato la rete, evidenziando significative differenze tra le fasce d'età.
Pertanto, negare il rilascio di una copia cartacea in tali situazioni equivarrebbe a negare sostanzialmente il diritto di accesso agli atti amministrativi. Il Collegio mette in evidenza che tale scelta, dalla rilevanza delicata, infrangerebbe il principio di uguaglianza, e quindi dovrebbe essere affrontata con estrema attenzione.
Sulla base delle premesse esposte, il Tar ha riconosciuto che l’azione amministrativa deve essere orientata al principio di economicità. Pertanto, nell’esaminare le domande di accesso agli atti, l'Amministrazione è tenuta a considerare la necessità di ridurre al minimo l'aggravio, sia organizzativo che economico, per la propria struttura. Applicando questo principio al caso in esame, il Tar ha stabilito che il rilascio di una copia cartacea diventa necessario solo nel momento in cui l'istante dimostri di avere serie difficoltà nell'uso degli strumenti informatici.
Nel caso specifico, il Tribunale ha rilevato che il ricorrente, non vedente, aveva fornito prove del possesso di hardware e software che gli permettevano di ottenere una sintesi vocale dei documenti esclusivamente partendo da una copia cartacea. Inoltre, il ricorrente non era in grado di acquisire rapidamente le risorse necessarie per utilizzare strumenti più moderni come gli screen reader, capaci di effettuare la lettura audio dei documenti in formato digitale.
Tali circostanze, unite alla disponibilità espressa dal ricorrente di farsi carico dei materiali necessari per la stampa, hanno portato il Tar a concludere che la sua richiesta non fosse emulativa né comportasse un abuso del diritto. Resta comunque fermo il potere del Comune di valutare, caso per caso, l'eventuale non accoglibilità di singole istanze che dovessero superare i limiti di proporzionalità e ragionevolezza definiti dalla giurisprudenza, in particolare per quanto riguarda le richieste presentate dai consiglieri comunali nell’ambito del loro mandato.
In altre parole, il Tar ha affermato il diritto del ricorrente ad accedere ai documenti richiesti, imponendo quindi al Comune di consentire anche l'estrazione della copia cartacea. La particolare novità e complessità delle questioni trattate hanno giustificato l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
4. Conclusione.
L'analisi del caso in questione offre numerosi spunti di riflessione sul tema dell'accesso agli atti amministrativi e sul diritto dei consiglieri comunali di esercitare la propria funzione di controllo e indirizzo nel rispetto dei principi di uguaglianza e dignità. La sentenza del TAR Veneto n. 393/2020 rappresenta un punto di riferimento significativo per le future valutazioni relative all'accesso agli atti e viene a collocarsi in un contesto normativo e giuridico in continua evoluzione.
Il caso ha preso avvio da una situazione particolarmente delicata, in cui un consigliere comunale, affetto da cecità, ha richiesto l'accesso alla documentazione amministrativa mediante copia cartacea. La richiesta è stata inizialmente negata dal Comune, il quale ha motivato il diniego sulla base della numerosità delle richieste effettuate dal ricorrente e sulla presunta disponibilità dei documenti online. Tuttavia, il TAR ha evidenziato come il digital divide possa gravemente compromettere il diritto all'informazione e all'accesso, specialmente per categorie vulnerabili.
Il diritto all'informazione è un pilastro fondamentale della democrazia e si riflette nella possibilità per i rappresentanti elettivi di accedere senza impedimenti agli atti necessari per svolgere la propria attività di verifica e controllo. La volontà del legislatore di dotare i consiglieri di un accesso incondizionato agli atti amministrativi è chiaramente manifestata negli articoli di legge richiamati nel contesto del contenzioso.
A tal riguardo, è essenziale riconoscere che l'accesso agli atti non dovrebbe essere ostacolato da argomentazioni legate all’economicità o alla burocrazia, ma piuttosto sostenuto come un qualcosa di essenziale per garantire un'amministrazione pubblica responsabile e reattiva nei confronti dei cittadini. La decisione del TAR di garantire la copia cartacea al consigliere, tenendo conto della sua disabilità e delle sue concrete difficoltà tecniche, ha messo in luce l'importanza di una lettura empatica e contestualizzata delle normative che disciplinano l'accesso agli atti.
La questione del digital divide rappresenta un tema centrale e cruciale di questo caso. Nonostante i progressi tecnologici e l'implementazione crescente di servizi digitali da parte della pubblica amministrazione, esistono ancora segmenti della popolazione che non sono in grado di accedere adeguatamente a tali strumenti. Le statistiche riportate dalla sentenza riguardanti l'uso di Internet da parte delle fasce più vulnerabili della popolazione evidenziano una realtà preoccupante, in cui l'accesso alla tecnologia diviene una barriera per la partecipazione democratica.
Il TAR ha dimostrato una sensibilità particolare nel considerare tali aspetti nella propria decisione, chiarendo la necessità di bilanciare il diritto all'accesso alle informazioni con le reali condizioni delle persone che, per motivi validi e documentati, possono trovarsi in difficoltà ad avvalersi di mezzi digitali. Inoltre, il Tribunale ha rafforzato l'idea che l'amministrazione, pur dovendo operare nel rispetto del principio di economicità, non può sacrificare il diritto all'informazione e alla trasparenza in nome di questioni prettamente economiche.
La questione riguarda non solo il merito della domanda d'accesso, ma anche i profili processuali e l'applicazione pratica delle leggi che disciplinano l’accesso agli atti. Il TAR ha ricordato come il diritto di accesso si configuri come un diritto sostanziale e non come una mera opportunità discrezionale da parte dell’amministrazione. Questo implica che la pubblica amministrazione ha l'obbligo di ottemperare alle istanze di accesso quando queste siano richieste in modo legittimo e non abusivo.
La precisazione del TAR riguardante l’inammissibilità del ricorso per la questione dell’incompetenza del Sindaco risponde all'esigenza di concentrare il dibattito sulla sostanza del diritto piuttosto che su tecnicismi che potrebbero occultare questioni più rilevanti. Questo orientamento giuridico serve a garantire che i principi fondamentali di trasparenza e responsabilità dell’Amministrazione non siano compromessi da mirate strategie per ritardare o negare di fatto l'accesso.
Infine, la sentenza pone un’importante attenzione al tema della protezione dei diritti dei soggetti vulnerabili, sottolineando come la disabilità e gli svantaggi economici non debbano trasformarsi in un ostacolo all'esercizio di diritti civili fondamentali. La decisione del TAR di convenire sulla necessità di fornire una copia cartacea, dietro motivazione adeguata, illustra un passo significativo verso il riconoscimento e la garanzia dei diritti dei cittadini, allineandosi con i principi di inclusione e rispetto della dignità sociale.
Il criterio stabilito dal TAR per la concessione dell'accesso cartaceo, basato sulla reale necessità e sulle capacità dell'individuo di accedere alle informazioni, segna un'importante evoluzione nelle pratiche di accesso agli atti. La domanda d'accesso, in questo caso, non è stata vista come mera esercitazione burocratica o opportunità per un abuso del diritto, ma come un passo fondante del processo democratico e per la salute della partecipazione civica.
Alla luce di quanto esaminato, diverse considerazioni possono essere formulate rispetto agli scenari futuri. Innanzitutto, vi è la necessità di una maggiore sensibilizzazione e formazione in tema di accesso agli atti e di diritti civili per funzionari pubblici e amministratori, per garantire che le normative vigenti non rimangano lettera morta. Allo stesso modo, è cruciale sviluppare strumenti e politiche pubbliche capaci di affrontare il digital divide, agevolando l’accesso alle tecnologie e ai servizi digitali per tutti i cittadini.
In conclusione, il caso esaminato non solo chiarisce in modo significativo le questioni relative all'accesso agli atti amministrativi, ma serve anche come monito per tutte le istituzioni sulla necessità di garantire che i principi di uguaglianza e dignità siano sempre rispettati, specialmente nei confronti delle categorie più vulnerabili. L’esempio fornito dal TAR Veneto fornisce una solida base giuridica per le future decisioni riguardanti l'accesso agli atti e il diritto all’informazione, dimostrando come si possa coniugare la legalità con la solidarietà sociale in una democrazia viva e partecipativa.
[1] cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. V, 19 giugno 2018, n. 3956; Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 maggio 2002, n. 2542.
[2] CAIANIELLO, I caratteri della giurisdizione esclusiva, in AA.VV., Studi in onore di Antonio Papaldo, Milano, 1975.
[3] Per un maggior approfondimento: CARLONI, Nuove prospettive della trasparenza amministrativa: dall'accesso ai documenti alla disponibilità delle informazioni, in Dir. pubbl. 2005; Carpentieri, I diritti di accesso dopo il codice della privacy, in Foro it; Fiorenzano, Il rito in materia di accesso ai documenti amministrativi, in Trattato di diritto amministrativo, diretto da Santaniello, XLII, Il nuovo diritto processuale amministrativo, Cirillo (a cura di), 2014.
[4] BACCARINI, Posizione giuridico-soggettiva dell'aspirante all'accesso amministrativo: natura giuridica ed implicazioni applicative, in M.A. Sandulli (a cura di),Codice dell'azione amministrativa, Milano, 2001.
Bibliografia
BORRUSO A.S.N., L'accesso ai documenti amministrativi tra diritto soggettivo e interesse legittimo, in Rivista italiana di diritto pubblico, 2018.
DE VERGOTTINI G., Il diritto di accesso agli atti amministrativi: profili giuridici e pratici", in Rivista di diritto amministrativo, 2019.
MUSELLA M.R.P., Accesso agli atti e digital divide: un diritto in evoluzione", in Diritto e Società, 2021.
POLILLI F.S.M., Il diritto all'informazione e il ruolo dei consiglieri comunali", in *Giornale di diritto amministrativo, 2020.