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Pubbl. Mer, 9 Ott 2024

Il Consiglio di Stato sulla verifica dell´interesse culturale e controllo giurisdizionale

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Pierluigi Mascaro
Dottorando di ricercaUniversità telematica Universitas Mercatorum



La presente nota esordisce con brevi cenni sull´istituto della verifica dell´interesse culturale contenuta nel d.lgs. n. 42/2004, per poi inquadrare la fattispecie posta all´attenzione del Consiglio di Stato. Seguono considerazioni di carattere sistematico sull´istituto in parola per come enucleate dalla sezione sesta del Consesso, per poi passare al procedimento di controllo da parte del giudice amministrativo sulla sussistenza effettiva dell´interesse culturale su un determinato bene. Lo scritto si conclude con rapide considerazioni di chiusura.


ENG

The Council of State on verification of cultural interest and judicial review

This note begins with a btrief outline of the institution of the verification of cultural interest contained in legislative decree no. 42/2004, and then focuses on the case brought to the attention of the Council of State. This is followed by systematic considerations on the instituion in question as enucleated by the sixth section of the Council, and then moves on to the procedure of control by the administrative judge on the actual subsistence of the cultural interest on a given asset. The paper concludes with quick closing considerations.

Sommario: 1. Considerazioni introduttive e inquadramento della fattispecie; 2. La verifica dell’interesse culturale; 3. Il controllo giurisdizionale; 4. Conclusioni.

1. Considerazioni introduttive ed inquadramento della fattispecie

La verifica dell’interesse culturale dei beni immobili è il procedimento amministrativo che consente di appurare se un bene immobile appartiene o meno al patrimonio culturale. Esso è previsto e disciplinato dal Codice dei beni culturali e del paesaggio – d.lgs. n. 42/2004. Vi sono soggetti i beni immobili di proprietà privata, delle persone giuridiche private senza fine di lucro, nonché degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquant’anni.

Con la pronuncia in commento, la sesta sezione del Consiglio di Stato ha respinto l’appello avverso la sentenza del TAR Sardegna n. 492/2021, che a sua volta respingeva il ricorso della società “Lombarda Costruzioni” contro il decreto di sottoposizione dell’immobile “Villino Balata” a vincolo di interesse culturale, storico e artistico ai sensi degli artt. 10, comma 3, lett. a) e 13 del Codice dei beni culturali, la relazione storico-artistica della Soprintendenza per le province si Sassari e Nuoro, il verbale della Commissione regionale per il patrimonio culturale della Sardegna dichiarante il notevole interesse culturale dell’immobile, il diniego di autorizzazione alla costruzione di una struttura alberghiera prospiciente all’immobile da parte della società appellante.

Nel prosieguo della trattazione, si ricostruirà il procedimento di verifica dell’interesse culturale di un bene offerto dalla sezione sesta del Consiglio di Stato nella pronuncia in commento, nonché sul controllo giurisdizionale dei criteri che ne sono alla base[1].

2. La verifica dell’interesse culturale

Al punto 6.1. della sentenza in parola, si osserva che la verifica dell’interesse culturale di un bene è data dalla costante relazione tra dimensione giuridica ed extragiuridica dello specifico campo del sapere di cui la valutazione è intrisa, dal momento che la nozione di “bene culturale” risulta essere un concetto aperto, risultante dall’intreccio di elaborazioni estranee alla branca del diritto: è una nozione liminale, come osservato in dottrina[2], il cui contenuto è offerto dall’apporto di discipline non giuridiche.

Su questa scia, osserva il Collegio, il carattere culturale di un bene è definito da un vero e proprio “laboratorio del sapere”, nutrito delle acquisizioni storiche progressive espressione di siffatto sapere: difatti, la valutazione tecnica dell’Amministrazione non può essere statica, “pietrificata[3]”, né tuttavia basata su letture eccessivamente evolutive, ancorate a clausole talmente aperte da poter trasformare la stessa valutazione tecnica in un mero arbitrio del giudizio.

Il sapere, o meglio il complesso di saperi in questione non afferisce al campo delle c.d. “scienze dure”, ma al contrario a quelle non esatte, ove le risultanze sono necessariamente opinabili per l’assenza di certezze oggettive e di sicurezze anticipate: attraverso di esso si apprezza la valenza culturale dell’opera.

3. Il controllo giurisdizionale

Consegue all’ultima asserzione che il sistema di saperi adoperato dall’organo amministrativo per la verifica dell’interesse culturale deve essere assunto anche dal giudice in sede di controllo della sua legittimità, dovendo i suoi contorni attestare la rispondenza di una determinata valutazione ai criteri e alle regole espresse da quel complesso di saperi.

In altre parole, se la norma primaria[4] funzionale all’attribuzione dell’interesse culturale ad un bene risulta integrata dal sapere tecnico, da cui consegue la relativa valutazione da parte dell’organo amministrativo, anche e soprattutto quest’ultimo deve essere investito dal controllo giurisdizionale, tenendo in debito conto le peculiarità epistemologiche del medesimo, ivi compresa l’opinabilità intrinseca delle medesime.

Ovviamente, il loro ineliminabile tecnicismo non può essere negato in radice, perché di tal fatta, come anticipato, si finirebbe per trasformare la valutazione tecnica in valutazione di opportunità, troppo arbitraria e soggettiva per inerire al giudizio di cui si sta parlando.

Dall’altro lato, non può nemmeno ritenersi che la discutibilità del giudizio – conseguenza necessaria dell’opinabilità intrinseca ad un determinato sapere – sia di per sé indice di distorsione nell’esercizio del potere: difatti, per infirmare la validità delle conclusioni raggiunte, non basta soffermarsi soltanto sul alcuni parametri del bene culturale, ma bisogna, al contrario, che l’insieme delle lacune individuate dal giudice risulti di tale pregnanza da compromettere il complesso dell’attendibilità del giudizio espresso dall’organo competente[5].

4. Conclusioni

La valutazione dell’interesse culturale di un bene appare un procedimento complesso, dettato in maniera preponderante dall’apporto di discipline non giuridiche alla valutazione dell’organo amministrativo, se non per la disciplina primaria di cui al Codice dei beni culturali.

Valutazione complessa e dinamica che, con altrettanto dinamismo, deve essere ricostruita dal giudice in sede di controllo di legittimità: essa deve difatti tener conto di tutti gli elementi in gioco, non da ultimi i margini di opinabilità intrinseca del campo del sapere considerato, intrinseci, come si è visto, ad una valutazione di carattere tecnico.

Occorre infine notare come gli strumenti di controllo nelle mani del giudice s’individuano negli elementi costituenti il principio di proporzionalità[6]: è alla luce di siffatti criteri che va misurata la corretta applicazione delle regole tecniche delle scienze umane ai casi concreti, del resto tra loro strettamente connessi e che si specificano nel conseguimento di un punto di equilibrio che si identifica nella corretta funzionalità dell’esercizio del potere di vincolo. Per questo motivo, il potere che si manifesta con l’atto amministrativo deve essere esercitato in modo che risulti congruo e rapportato allo scopo legale per cui è previsto[7].


Note e riferimenti bibliografici

[1] La ricostruzione avviene anche sulla scorta della precedente pronuncia della sesta sezione del Consesso, 30 agosto 2023, n. 8074.

[2] M.S. GIANNINI, I beni culturali, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1976, p. 8.

[3] Si v. la nota teoria Versteinerungstheorie, patrocinata anche da Corte cost. tedesca, sent. 29 settembre 1995, G50/1995.

[4] Artt. 10, comma 3, lett. a) e 13, d.lgs. n. 42/2004.

[5] Così Cons. Stato, sez. VI, 30 giugno 2011, n. 3894; Id., 13 settembre 2012, n. 4872.

[6] Cioè congruenza, proporzionalità, adeguatezza e ragionevolezza.

[7] Cons. Stato, sez. VI, 27 luglio 2015, n. 3669.