Pubbl. Mer, 20 Gen 2016
Precisazioni giurisprudenziali sul presupposto del reddito minimo sufficiente per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno
Modifica paginaT.R.G.A. Trentino-Alto Adige Bolzano, Sent., 04/12/2015, n. 365. Il requisito del possesso di un reddito minimo idoneo al sostentamento dello straniero e nucleo familiare di tale soggetto è da considerarsi un requisito soggettivo, non eludibile ai fini del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno. Esso, infatti, attiene alla sostenibilità dell´ingresso dello straniero nella comunità nazionale per ragioni di lavoro subordinato. Questi deve essere, secondo la normativa vigente, stabilmente inserito nel contesto lavorativo e contribuire con il proprio impegno allo sviluppo economico e sociale del paese ospitante (art. 5, d.lgs. n. 286 del 1998, T.U. immigrazione).
Sommario: 1. La vicenda. 2. Le questioni giuridiche sottese alla soluzione del caso. 3. La decisione del Tribunale.
1. La vicenda.
Il caso concerne il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno ad una cittadina marocchina, con figlia e marito a carico. Quest’ultimo, peraltro, risulta irregolarmente presente in Italia.
In data 16.5.2008 la Questura di Brescia le rilasciava il primo permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, rinnovato fino al 24.9.2013, con validità fino al 24.9.2014.
In data 11.9.2014 la stessa presentava istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, allegando la trasformazione a tempo indeterminato, a decorrere dall'1.1.2014, del contratto di lavoro stipulato il 7.8.2013 con una società a responsabilità limitata di Bolzano, quale addetta ai servizi di pulizia a tempo parziale (ossia per 12 ore settimanali corrispondenti al 30% dell'orario lavorativo intero), nonché le buste paga di due mensilità, per il 2014.
Orbene, presupposto necessario al rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato è la dimostrazione, da parte del soggetto straniero, di disporre per sé e il proprio nucleo famigliare dei mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno.
Ai fini della determinazione del reddito necessario, la Questura quantificava in Euro 11.637,86 il reddito minimo annuo necessario al sostentamento della ricorrente medesima, considerando a suo carico la figlia e il marito. Quantificava altresì il reddito in Euro 8.728,39, nell’ipotesi di dover tener conto della sola figlia, attesa la presenza irregolare del marito sul territorio dello Stato.
Successivamente, a seguito di controlli effettuati presso l’Agenzia delle Entrate, la Questura accertava che la cittadina marocchina, nell'arco del suo intero soggiorno in Italia, ad eccezione del solo anno 2008, non aveva mai raggiunto il reddito sufficiente al proprio sostentamento e a quello della figlia e che anche nel 2014 il reddito sarebbe stato ampiamente inferiore al minimo richiesto.
Per tali ragioni, veniva preliminarmente emessa regolare comunicazione di partecipazione al procedimento, con la quale si invitava la stessa straniera a integrare con ulteriori documenti e deduzioni la domanda di rilascio del permesso di soggiorno.
La ricorrente non dava seguito alcuno a detta comunicazione. In virtù di ciò, rimaneva inalterato l'accertamento eseguito dalla Questura circa l'insufficienza dei mezzi di sostentamento per la durata del soggiorno in Italia. Di conseguenza veniva decretato il rigetto dell'istanza di rilascio del permesso di soggiorno.
Ciò premesso, l’odierna ricorrente impugnava il predetto rigetto, lamentando la violazione di legge, nella specie dell' art. 4, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, e l’eccesso di potere che avrebbe operato la Questura.
Nel ricorso, si lamentava in sintesi che l'accertamento circa la sufficienza dei mezzi di sostentamento per la durata del soggiorno sarebbe stato illegittimamente condotto tenendo conto, da un lato, quale limite reddituale minimo, del reddito sociale, dall’altro dell'incremento dell'importo così determinato in ragione del numero di persone ritenute a carico.
Secondo la tesi della ricorrente, non sarebbe presente nell'ordinamento alcuna norma che quantifichi il reddito minimo necessario per ottenere il permesso di soggiorno per lavoro subordinato, né che ai fini della determinazione del medesimo si debbano o possano tenere in conto eventuali persone a carico dell'istante.
Ne consegue che l'accertamento eseguito dalla Questura sarebbe illegittimo perché avrebbe fatto applicazione di automatismi non previsti con riguardo al procedimento per il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, impiegando criteri estranei alla fattispecie, e non valutando nel complesso la capacità di sostentamento della ricorrente, in sé considerato, tenendo conto di altri elementi, quali la disponibilità di alloggio e l'inserimento socio-lavorativo.
Secondo tale prospettiva, l'Amministrazione avrebbe comunque dovuto considerare il minimo tabellare previsto dal contratto nazionale applicabile al rapporto di lavoro subordinato che la coinvolge, senza considerare l'effettiva entità delle buste paga, non potendosi a lei addebitare eventuali errori nelle medesime o nel CUD. Così operando, il dato reddituale della ricorrente avrebbe dimostrato la sufficienza dei mezzi di sostentamento nella sua disponibilità.
In sede cautelare, il Tribunale adito, valutato il pericolo di danno grave e irreparabile soprattutto in riferimento alla perdita dell'assistenza sanitaria, sospendeva il provvedimento impugnato.
2. Le questioni giuridiche sottese alla soluzione del caso.
Ciò posto, al fine di decidere il ricorso, Il Tribunale amministrativo opera una accurata ricostruzione teorico normativa dei presupposti necessari per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
All’uopo, appare non ultroneo ricordare che l' art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 286 del 1998[1], il quale dispone che "Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati ... quando mancano o vengono a mancare i requisiti per l'ingresso e per il soggiorno nel territorio dello Stato", nonché l'art. 4, comma 3, che consente l'ingresso "...allo straniero che dimostri di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonché la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno.".
Presupposto necessario ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato è quindi la disponibilità in capo allo straniero di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del suo soggiorno in Italia.
Invero, sul punto, come ricordato dalla difesa erariale e dell’organo giudicante, in giurisprudenza è stato ribadito in più occasioni che il requisito del possesso di un reddito minimo idoneo al sostentamento dello straniero e del di lui nucleo familiare costituisce un requisito soggettivo non eludibile ai fini del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno, perché attiene alla sostenibilità dell'ingresso dello straniero nella comunità nazionale per ragioni di lavoro subordinato. Questi deve essere, infatti, stabilmente inserito nel contesto lavorativo e contribuire con il proprio impegno allo sviluppo economico e sociale del paese ospitante[2].
Per di più, come statuito dalla giurisprudenza amministrativa, le citate disposizioni sono volte ad assicurare che lo straniero, autorizzato a soggiornare in Italia, abbia i mezzi indispensabili per poter vivere in maniera dignitosa, senza dedicarsi ad attività illecite o criminose, nonché ad evitare lo stabile inserimento nella collettività di soggetti che non offrano una adeguata contropartita in termini di partecipazione fiscale alla spesa pubblica e soprattutto che finiscano per gravare sul pubblico erario come beneficiari di assegni sociali, in quanto indigenti[3].
Sulla base di tali assunti, lo stesso filone giurisprudenziale ha ritenuto che la determinazione del reddito minimo richiesto per il rilascio rispettivamente il rinnovo del permesso di soggiorno non debba essere lasciata alla discrezionalità dell’Autorità amministrativa procedente, ma debba corrispondere all’importo annuo dell’assegno sociale[4].
Dai dati di causa, nella vicenda in esame risultava che la Questura ha preso l'importo annuo dell'assegno sociale a parametro di valutazione circa la disponibilità in capo alla ricorrente di mezzi di sostentamento sufficienti per il periodo di permanenza in Italia.
Ulteriori considerazioni vengono poi svolte circa l’affermazione della ricorrente, secondo la quale per la determinazione del predetto reddito minimo sufficiente debba considerarsi unicamente la persona dello straniero richiedente, non potendosi invece tenere conto di eventuali persone a carico.
In tal senso, giova sottolineare come l' art. 13, comma 2, del D.P.R. n. 394 del 1999, richieda, infatti, che lo straniero dimostri, ai fini del rinnovo, la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte lecita, sufficiente al sostentamento proprio e dei famigliari conviventi a carico[5].
Procedendo nell’analisi della pronuncia, chiarimenti vengono dati anche in merito alla circostanza per cui la Questura, nel silenzio normativo, secondo la tesi della cittadina straniera, non avrebbe potuto ritenere automatico il rigetto del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, una volta accertato un reddito inferiore all'importo corrispondente all'assegno sociale. Basandosi su tale prospettazione, l’ Amministrazione avrebbe dovuto tenere invece conto di eventuali altri elementi quali la disponibilità di un alloggio e l'effettivo radicamento socio lavorativo del richiedente.
A tale riguardo il Collegio richiama la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato[6], secondo la quale la Questura non si deve limitarsi al mero riscontro del mancato conseguimento della soglia reddituale, ma deve considerare il requisito reddituale in chiave prospettica e - così come richiesto dall' art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 286 del 1998 - integrarne la valutazione con quella della natura e della effettività dei vincoli familiari e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonché della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale.
Peraltro, secondo i giudici di Palazzo Spada, la disciplina di maggior favore accordata dall' art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 286 del 1998, benché riferita dalla lettera della norma a colui che abbia usufruito di una procedura di ricongiungimento familiare, deve essere applicata, per necessità logico-giuridica, in tutti i casi in cui vi sia un nucleo familiare la cui composizione corrisponda a quella che, ove necessario, darebbe titolo ad una procedura di ricongiungimento, non rilevando in contrario che tale procedura in effetti non vi sia stata, essendosi il nucleo familiare costituito o ricostituito senza aver dovuto ricorrervi[7].
Svolte tali asserzioni in ordine al requisito reddituale necessario per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno, il Tribunale adito ha modo di specificare che se il requisito reddituale è sempre necessario e la sua misura, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, è quella stabilita dall'art. 29, comma 3, lettera b), ormai anche richiamato dall' art. 22, comma 11, del D.Lgs. n. 286 del 1998[8], tuttavia, ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno, dalle disposizioni del D.Lgs. n. 286 del 1998 complessivamente considerate, non si evince che sia necessaria la dimostrazione del possesso, in modo assoluto ed ininterrotto, di quel livello di reddito.
Invero, diversamente, l'Amministrazione deve comunque tener conto di comprovati fatti sopravvenuti prima del provvedimento (su tutti: un rapporto di lavoro che faccia presumere una prospettiva di continuità per il futuro), che superino situazioni di carenza di reddito riscontrate durante il pregresso periodo di validità del precedente permesso di soggiorno.[9]
Ancora, viene statuito che è onere del richiedente il permesso di soggiorno allegare e documentare, nell'ambito del procedimento amministrativo di rilascio, gli elementi necessari alla valutazione dell'istanza.[10]
In più, l'Amministrazione deve tenere conto, ai sensi dell' art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 286 del 1998, degli elementi sopraggiunti dopo la domanda e prima della decisione, per verificare se siano presenti elementi che, indipendentemente dal momento della loro acquisizione, consentano di concludere che i requisiti originariamente mancanti risultino successivamente posseduti. Infatti, la valutazione sui requisiti non va riferita al solo momento in cui il richiedente ha presentato la domanda, bensì anche a quello in cui l'autorità amministrativa si pronuncia su di essa, occorrendo tenere conto delle condizioni attuali dello straniero.
L'onere di allegazione e produzione documentale, tuttavia, non può essere adempiuto in occasione del ricorso proposto per l'annullamento del diniego, in quanto il giudizio ha natura impugnatoria e ha per oggetto un provvedimento autoritativo, la cui legittimità va verificata sulla base degli elementi acquisiti nella fase istruttoria ad esso preordinata, non essendo tale giudizio dedicato all'accertamento del rapporto tra amministrazione e cittadino extracomunitario[11].
3. La decisione del Tribunale
Come detto, una volta chiarite le questioni giuridiche connesse alla valutazione dei presupposti per il rinnovo del permesso di soggiorno, il Tribunale, verificati gli atti di causa, ha affermato che la Questura, nell'esaminare l'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno presentatale dalla ricorrente, ha correttamente considerato come soglia minima di capacità reddituale l'importo corrispondente all'assegno sociale.
Inoltre, l’Autorità amministrativa, al fine di valutare la disponibilità in capo alla ricorrente medesima dei mezzi sufficienti al sostentamento nel periodo di soggiorno in Italia, ha correttamente tenuto conto dei famigliari a carico. Infine, ha correttamente valutato gli elementi allegati in seno al procedimento amministrativo, i quali attenevano unicamente al reddito prodotto e al rapporto di lavoro a tempo indeterminato e parziale nel frattempo instaurato.
Circa la valutazione della ponderazione di tali elementi, secondo i giudici è da condividere l’operato della Questura, per cui, a fronte dei dati reddituali attuali, ritenuti insufficienti al sostentamento della ricorrente e del suo nucleo familiare per il periodo del soggiorno oggetto dell'istanza di rinnovo del relativo permesso, si è tenuto a esaminare l'intero arco temporale che la ricorrente ha trascorso in Italia, per trovare nell'andamento reddituale passato la conferma o l'eventuale smentita della prognosi negativa formulata sull'unica base dei dati attuali e quindi formulare un giudizio prospettico il più possibile compiuto.
Pertanto, per le esposte ragioni, da un lato non sussistono le violazioni di legge, dall’altro corretto è da ritenersi il modus procedendi dell’Autorità amministrativa. In più, il dato assunto dalla ricorrente quale parametro per determinare la sua capacità reddituale non è conferente e di conseguenza è errato il relativo calcolo
In conclusione, Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa - Sezione autonoma di Bolzano, ha ritenuto infondato il ricorso, respingendolo.
Note e riferimenti bibliografici
[1] D.Lgs. 25/07/1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
[2] Cfr. Consiglio di Stato, sentenze n 3793 del 29.7.2008 e n. 5994 del 27.8.2010, T.A.R. Toscana Firenze, sez. II, sentenza del 6.12.2012, n. 1961; T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, sentenza del 14.9.2012, n. 2335
[3] Cfr. TAR Trieste, sentenza 332 dell'11.6.2013: " Ai sensi dell' art. 5 comma 5 D.Lgs. n. 286 del 1998 e successive modiche e integrazioni, il rinnovo del titolo di soggiorno è subordinato alla sussistenza dei requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, tra i quali è inclusa, ai sensi dell'art. 4 comma 3, del decreto citato, la disponibilità da parte dello straniero di adeguati mezzi di sussistenza per la durata del soggiorno, la cui sufficienza viene positivamente valutata, a norma degli art. 26 comma 3 D.Lgs. n. 286 del 1998 e 39 comma 3 D.P.R. n. 394 del 1999 , quando lo straniero produce annualmente un reddito da lavoro dipendente, anche a tempo parziale o da lavoro autonomo, ovvero da altra legittima fonte, almeno pari al minimo di pensione sociale. Le citate disposizioni sono volte ad assicurare che lo straniero, autorizzato a soggiornare in Italia, abbia i mezzi indispensabili per poter vivere in maniera dignitosa, senza dedicarsi ad attività illecite o criminose, nonché ad evitare lo stabile inserimento nella collettività di soggetti che non offrano una adeguata contropartita in termini di partecipazione fiscale alla spesa pubblica e soprattutto che finiscano per gravare sul pubblico erario come beneficiari di assegni sociali, in quanto indigenti."
[4] Il T.A.R. Bologna (Emilia-Romagna) sez. I, sentenza del 26.2.2015, n. 187, in merito chiarisce: "Il requisito del possesso di un reddito minimo idoneo al sostentamento dello straniero costituisce un requisito soggettivo non eludibile ai fini del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno, attenendo alla sostenibilità dell'ingresso e della permanenza dello straniero nella comunità nazionale, in ragione del suo stabile inserimento nel contesto lavorativo e della sua capacità di contribuire allo sviluppo economico e sociale del paese ospitante, pertanto la soglia al di sotto della quale il reddito percepito dal cittadino extracomunitario non possa considerarsi sufficiente, al fine della sua permanenza nel territorio italiano, non è lasciata alla discrezionalità dell'Amministrazione ma è attualmente stabilita, ai fini del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, nell'importo annuo dell'assegno sociale..."
[5] Recente giurisprudenza lo afferma con fermezza. Cfr. TAR Milano sez. IV, sentenza del 25.9.2013, n. 2203
[6] Cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, del 29.5.2015, n. 2699
[7] cfr., tra le ultime, Cons. Stato, III, n. 5220/2014, n. 4325/2014 e n. 4086/2014
[8] Cfr. in tal senso Cons. Stato, III, n. 3342/2014 e n. 4652/2014
[9] Cfr. Cons. Stato, III, n. 6069/2014, n. 3674/2014 e n. 3596/2014
[10] Cfr. T.A.R. Lazio Latina, Sez. I, sentenza del 4.12.2009, n. 1217; T.A.R. Lombardia Milano, Sez. III, sentenza del 27.5.2008,n. 1856
[11] Cfr. T.A.R. Basilicata, Potenza, Sez. I, sentenza dell'8.3.2013, n. 114; T.A.R. Lazio Latina, Sez. I, sentenza del 4.12.2009, n. 1217; T.A.R. Lombardia Milano, Sez. III, sentenza del 27.5.2008, n. 1856