Pubbl. Lun, 1 Lug 2024
Raggruppamento temporaneo di imprese tra vecchio e nuovo codice dei contratti pubblici
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Jolanda Papaccio
Le rilevanti novità introdotte dal nuovo codice dei contratti pubblici rispetto agli istituti pro-concorrenziali, con specifico rifermento alla modifica del raggruppamento temporaneo di imprese per addizione ed in corso di gara
Sommario: 1. I principi fondanti del d.lgs. 36\2023; 2. La concorrenza nel nuovo codice dei contratti pubblici; 3. Gli istituti pro-concorrenziali e le novità introdotte rispetto agli stessi dal nuovo codice dei contratti pubblici: raggruppamento temporaneo di impresa (RTI), avvalimento, consorzio stabile e subappalto; 4. Conclusione
1. I principi fondanti del d.lgs. 36/2023
Il nuovo codice dei contratti pubblici presenta evidenti novità rispetto ai codici previgenti, prima tra tutte la previsione di principi volti ad assolvere una funzione ordinante e nomofilattica, così come si desume chiaramente dalla disposizione dell’art. 4 del d.lgs. 36/2023, ai sensi del quale “le disposizioni del codice si interpretano e si applicano in base ai principi di cui agli artt. 1, 2 e 3”. Si tratta, dunque, di principi volti a scongiurare i rischi che nel tempo si sono palesati a causa della disciplina assai dettagliata dei vecchi codici, spesso rivelatasi inadatta a disciplinare e fronteggiare le plurime fattispecie concrete.
È dunque opportuno procedere all’analisi dei super principi o principi fondanti a cui il sopracitato articolo 4 fa riferimento.
L’art. 1 del d.lgs. 36/2023 sancisce il principio del risultato che costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio costituzionale del buon andamento -ex art. 97 Cost.- nonché dei principi di efficienza, efficacia ed economicità -ex art. 1 L. 241/1990-. Il risultato cui l’art. 1 del nuovo codice dei contratti pubblici fa riferimento è quello dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e con il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo.
Il principio del risultato costituisce, inoltre, criterio prioritario per l'esercizio del potere discrezionale, nel senso che la pubblica amministrazione, nell'esercizio della discrezionalità amministrativa che le è propria, deve sempre essere mossa dal suddetto principio, considerato anche quale parametro per valutare la responsabilità del personale nella fase di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti.
Tale ultimo aspetto, ossia la considerazione del principio del risultato quale parametro per valutare la responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche è, in realtà, espressione di una questione che ha interessato per lungo tempo dottrina e giurisprudenza ed alla quale hanno fatto seguito numerosi interventi legislativi. Difatti un parametro di tal fatta per tarare la responsabilità del personale pare essere in grado di far ritornare in auge le questioni assai spiacevoli sorte a cause della c.d. “paura della firma”, portando con sé il rischio di paralisi dell’azione amministrativa.
L’art. 2 del d.lgs. 36/2023 sancisce, poi, il principio della fiducia reciproca tra stazione appaltante e operatore economico, che segna un punto di svolta rispetto al passato. Difatti nel nuovo quadro tracciato dal nuovo codice dei contratti pubblici l’operatore economico si adopera nella presunzione della legittimità dell’azione della stazione appaltante e, rispettivamente, quest’ultima fa affidamento sul corretto operato del privato.
Il principio della fiducia di cui si tratta è dunque applicazione, nell’ambito della disciplina dei contratti pubblici, del principio dell’affidamento, un principio di matrice civilistica ed ormai ritenuto principio generale dell’ordinamento. Difatti l’azione amministrativa, così come previsto dall’art. 1 L. 241/90, è fondata non solo sui canoni di trasparenza, pubblicità e sui principi del diritto comunitario, ma è improntata anche su principi di derivazione civilistica, tra cui la correttezza e la buona fede -ex artt. 1175 e 1375 c.c.- che generano, per l’appunto, affidamento.
L’art. 3 del d.lgs. 36/2023 sancisce, inoltre, il principio dell’accesso al mercato degli operatori economici, nel rispetto dei principi di concorrenza, imparzialità, non discriminazione, pubblicità, trasparenza e proporzionalità, al fine di permettere la partecipazione alla gara da parte di tutti gli operatori economici, specie di medie e piccole dimensioni.
2. La concorrenza nel nuovo codice dei contratti pubblici
Il principio dell’accesso al mercato è volto senz’altro a favorire la concorrenza, anch’essa interessata da un cambiamento di concezione nella visione del nuovo codice dei contratti pubblici.
Difatti se nella previgente disciplina la concorrenza era il fine ultimo dell’azione amministrativa, con la visione propria del d.lgs. 36/2023 la stessa rappresenta il mezzo per raggiungere un fine ulteriore.
In particolare, l’art. 1 co. 2 del d.lgs. 36/2023 sancisce che “la concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell'affidare ed eseguire i contratti”, ciò per rimarcare come la concorrenza sia volta a garantire non (solo) il soddisfacimento dell’interesse del singolo operatore economico a partecipare alla gara e ad aggiudicarsi la stessa, ma soprattutto a preservare l’interesse della collettività; la concorrenza infatti aumenta la qualità e diminuisce il prezzo, soddisfacendo così nel modo migliore gli interessi della collettività.
Ciò significa, come sancito anche dalla dottrina avallata da talune pronunce giurisprudenziali, che la concorrenza può essere chiamata a soccombere per garantire il soddisfacimento di interessi superiori, giustificandosi così le ipotesi di mancato ricorso alla gara d’appalto e affidamento diretto del contratto, dove a richiederlo sia il soddisfacimento degli interessi della collettività[1].
La tutela della libera concorrenza è stata oggetto negli ultimi anni, e ancor di più con il nuovo codice dei contratti pubblici, di importanti evoluzioni normative, la cui matrice si rinviene nell’influenza che il diritto dell’Unione Europea ha sul diritto interno. Difatti, la disciplina sovrannazionale ha, quale prioritario obiettivo, la tutela della libera concorrenza, con la finalizzazione di evitare che la stazione appaltante possa operare discriminazioni nella procedura di affidamento della commessa pubblica; è pertanto il favor partecipationis, non più inteso quale fine ma quale mezzo per la tutela dell’interesse della collettività, a fare da fulcro nella nuova disciplina dettata dal d.lgs. 36/2023.
Il principio di massima partecipazione trova espressa previsione all’interno del nuovo codice dei contratti pubblici all’art. 10 rubricato “Principi di tassatività delle cause di esclusione e di massima partecipazione” che, nel sancire la tassatività delle cause di esclusione di cui agli artt. 94 e 95 e la conseguente nullità delle clausole che prevedono cause ulteriori di esclusione, tutela la concorrenza mediante l’individuazione di requisiti di partecipazione chiari e precisi, garantendo forme di cooperazione fra operatori economici che possano consentire l’accesso alla pubblica gara anche a quelle imprese che da sole non avrebbero i requisiti tecnico-professionali o economici- finanziari per parteciparvi.
Difatti per partecipare alla gara l’operatore economico abbisogna di taluni requisiti, che il nuovo codice dei contratti pubblici distingue tra
- Requisiti di ordine generale, che si sostanziano in requisiti di moralità e che attestano l’affidabilità morale dell’operatore economico, requisiti senza i quali non è ammessa la partecipazione alla gara.
- Requisiti di ordine speciale, che devono essere posseduti dai concorrenti e dagli stessi comprovati -art. 100 d.lgs. 36/2023-. All’interno della macrocategoria dei requisiti di ordine speciale è opportuno distinguere ulteriormente tra requisiti di tipo tecnico-operativo -che attestano l’affidabilità dal punto di vista professionale dell’operatore economico- e requisiti di tipo economico-finanziario -che attestano la stabilità economico patrimoniale dell’operatore-.
Tra le peculiari novità introdotte dal nuovo codice dei contratti pubblici rientra la disposizione di cui all’art. 96 del d.lgs. 36/2023 che, nel sancire l’onere di comunicazione degli eventi idonei a condurre all'esclusione degli operatori economici, riconosce, al contempo, la possibilità di procedere ad una sanatoria degli stessi attraverso il c.d. self cleaning. Si tratta di una novità di non poco momento in quanto, in discontinuità con il codice dei contratti pubblici previgente che richiedeva il possesso dei requisiti senza soluzione di continuità per tutta la durata della gara nonchè dell’esecuzione del contratto pubblico, consente agli operatori economici di “ripulirsi in corso di gara” fornendo la prova del fatto che le misure dallo stesso adottate siano sufficienti a dimostrarne l’affidabilità.
Altro istituto volto alla sanatoria di irregolarità- questa volta solo formali- è il soccorso istruttorio di cui all’art. 101 del d.lgs. 36/2023, che prevede l’obbligo in capo alla stazione appaltante di attivarsi in soccorso dell’operatore economico, sia per integrare la documentazione trasmessa, sia allo scopo di sanare eventuali omissioni, inesattezze ed irregolarità.
Essendo assai frequente, specie nelle piccole e medie imprese, il possesso da parte dell’operatore di requisiti di ordine generale ma non di requisiti di ordine speciale, a fronte della carenza di questi ultimi il nuovo come il previgente codice dei contratti pubblici ammette il ricorso ad istituti pro concorrenziali ed in particolare al raggruppamento temporaneo di impresa, all’avvalimento, al consorzio stabile ed al subappalto -che si distingue dagli altri istituti in quanto si colloca nella fase di esecuzione del contratto-.
3. Gli istituti pro-concorrenziali e le novità introdotte rispetto agli stessi dal nuovo codice dei contratti pubblici: raggruppamento temporaneo di impresa (RTI), avvalimento, consorzio stabile e subappalto
Occorre procedere, a questo punto della trattazione, all’analisi dei singoli istituti pro-concorrenziali e dei mutamenti da cui sono stati interessati con la disciplina recata dal d.lgs. 36/2023.
Procedendo con ordine, pare opportuno partire dall’analisi del RTI .
Il raggruppamento temporaneo di impresa è qualificabile come di collaborazione temporanea ed occasionale tra operatori economici, riuniti al fine di garantirsi la partecipazione alle gare per l'affidamento di pubblici appalti nonché per la loro esecuzione.
Tale istituto è stato interessato da importanti novità con l’avvento del d.lgs. 36/2023, di talchè si rende necessario il confronto tra vecchio e nuovo codice.
Nella vigenza del d.lgs. 50/2016 si distingueva tra raggruppamento orizzontale,che sussiste laddove le riunioni di concorrenti siano finalizzate a realizzare lavori della stessa categoria o ad eseguire il medesimo tipo di prestazione nell'appalto di forniture o servizi, e raggruppamento verticale, che sussiste quando la suddivisione è qualitativa e non quantitativa, quando cioè gli operatori economici non si dividono la stessa prestazione ma diverse prestazioni.
Sulla base di tale distinzione, il previgente codice dei contratti pubblici ravvisava solo nel raggruppamento orizzontale un’ipotesi di responsabilità solidale da parte degli operatori che lo componevano; di converso, in presenza di un raggruppamento di tipo verticale, la responsabilità sarebbe stata in solido solo per il mandante e non anche per gli altri operatori parte del raggruppamento.
Con il d.lgs. 36/2023 si assiste ad un mutamento radicalmente di prospettiva.
Il RTI viene concepito come una organizzazione basata su un mandato collettivo che comporta la responsabilità solidale per tutti gli operatori che lo compongono, senza più alcuna distinzione tra RTI orizzontale e verticale.
Altra novità di particolare rilievo che si è avuta con il nuovo codice dei contratti pubblici attiene alla possibilità di modificare il raggruppamento, ed in particolare di procedere ad una modifica per addizione.
Il codice dei contratti pubblici del 2016, secondo l’interpretazione dell’Adunanza Plenaria, era ispirato al principio di immodificabilità del raggruppamento in corso di gara, e ciò in considerazione del fatto che una modifica sostitutiva per addizione avrebbe costituito una deroga non consentita al principio della concorrenza, finendo per ammettere l'esecuzione della prestazione da parte di un soggetto che non prende parte alla gara -con la lesione della par condicio dei partecipanti alla gara- e mettendo a rischio anche l’affidabilità del raggruppamento.
Sono proprio queste le esigenze che giustificano, secondo l’Adunanza Plenaria n. 10/2021, la regola della immodificabilità soggettiva del raggruppamento e la conseguente sostituzione del mandatario o della mandante di un RTI solo con altro soggetto parte del raggruppamento ed in possesso dei requisiti necessari -cd modificazione interna o per sottrazione-.
Il nuovo codice dei contratti pubblici, pertanto, ammettendo la modifica soggettiva del RTI anche per addizione, il che assume particolare rilievo e anche rispetto ad un’altra questione, anch’essa particolarmente discussa, attinente alla possibilità di modifica del RTI in corso di gara.
La questione, sotto la vigenza del codice dei contratti pubblici del 2016, ha avuto origine dalle modifiche introdotte nel testo dell’art. 48 con il d.lgs. 2017 n. 56; difatti
nell'art. 48 co. 17 e 18, alle sopravvenienze ivi già indicate, si aggiunse anche un'ulteriore ipotesi legittimante la sostituzione della mandante o della mandataria, ossia il« caso di perdita, in corso di esecuzione, dei requisiti di cui all'art. 80».
fu introdotto nell'art. 48 d.lgs. 56/2016 il co. 19 ter, secondo cui “le previsioni di cui ai co. 17, 18 e 19 trovano applicazione anche laddove le modifiche soggettive ivi contemplate si verifichino in fase di gara”.
Quindi tra le due norme sembrava sussistere un'antinomia, in quanto si sensi dei commi 17 e 18 la sostituzione per perdita dei requisiti ex art. 80 sarebbe stata possibile solo nella fase di esecuzione del contratto; di converso ai sensi del co. 19 ter sarebbe stata consentita anche in fase di gara.
A sopire il contrasto sorto a seguito del suddetto intervento normativo fu l’Adunanza Plenaria, chiarendo che “la modifica soggettiva del raggruppamento temporaneo di imprese, in caso di perdita dei requisiti di partecipazione di cui all'art. 80 d.lgs. 2016 n. 50 da parte del mandatario o di una delle mandanti, è consentita non solo in sede di esecuzione, ma anche in fase di gara, in tal senso interpretando l'art. 48 co. 17, 18 e 19-ter del medesimo codice”[2].
L’avvalimento di cui all’art. 104 del già menzionato d. lgs. 36/2023, costituisce una deroga al possesso di requisiti di ordine speciale necessari al fine di partecipare alla gara. Si tratta, difatti, di un istituto pro-concorrenziale messo a disposizione dell’operatore qualora egli non disponga dei requisiti tecnico operativi – cd. avvalimento operativo- ovvero laddove non disponga di requisiti economico-finanziari- cd avvalimento di garanzia-.
Pertanto, attraverso l’avvalimento si riconosce alle imprese la possibilità di servirsi di requisiti prestati da altri soggetti, distinti dal concorrente ma legati allo stesso da una relazione giuridica qualificata.
A partecipare alla gara, infatti, è la sola impresa ausiliata, essendo però l’imprese ausiliante chiamata a rispondere solidamente con l’ausiliata in casi di responsabilità nei confronti della stazione appaltante.
Tale istituto, per la prima volta riconosciuto con il codice dei contratti pubblici del 2016, ha trovato origine nell’elaborazione della giurisprudenza della Corte di Giustizia poi recepita a livello nazionale, con il precipuo scopo di garantire la massima concorrenza tra gli operatori economici mediante un più ampio allargamento del mercato.
Sin da subito tale istituto ha destato non pochi sospetti in dottrina ed in giurisprudenza in quanto, basandosi sul prestito di requisiti da parte di un’impresa che non partecipa alla gara, porta con sé il rischio del c.d. avvalificio, per cui si intende il prestito fittizio dei requisiti in favore dell’operato economico che partecipa alla gara. Proprio in considerazione del suddetto rischio, la giurisprudenza rimarca la necessità che tale prestito sia effettivo, sancendo che «l’unico limite imposto dall’ordinamento è che l’avvalimento non si risolva nel prestito di una mera condizione soggettiva, del tutto disancorata dalla concreta messa a disposizione di risorse materiali, economiche o gestionali, dovendo l’impresa ausiliaria assumere l’obbligazione di mettere a disposizione dell’impresa ausiliata, in relazione all’esecuzione dell’appalto, le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità e, quindi, a seconda dei casi, mezzi, personale, prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti, in relazione all’oggetto dell’appalto[3] . La necessità che il prestito sia effettivo si giustifica in quanto si vuole evitare il rischio di aggiudicare la gara in favore di un operatore economico che non sarà poi in grado di dare esecuzione al contratto d’appalto, non disponendo dei requisiti necessari in tal senso.
Il nuovo codice dei contratti pubblici tieni in considerazione tale rischio e cerca di scongiurarlo. A tal fine il primo comma dell’art. 104 del d. lgs. 36/2023 cerca di fornire una definzione del contratto di avvalimento, sancendo specificamente che è il “contratto con il quale una o più imprese ausiliarie si obbligano a mettere a disposizione di un operatore economico che concorre in una procedura di gara dotazioni tecniche e risorse umane e strumentali per tutta la durata dell’appalto. Il contratto di avvalimento è concluso in forma scritta a pena di nullità con indicazione specifica delle risorse messe a disposizione dell’operatore economico. Il contratto di avvalimento è normalmente oneroso, salvo che risponda anche a un interesse dell’impresa ausiliaria, e può essere concluso a prescindere dalla natura giuridica dei legami tra le parti”. Ed è proprio nel rimarcare la necessità di un’indicazione specifica delle risorse messe a disposizione dell’operatore economico che il nuovo codice dei contratti pubblici si premura di scongiurare il rischio dell’avvalificio di cui sopra si è detto.
Nell’ambito della rassegna dei mutamenti di disciplina tra il vecchio ed il nuovo codice dei contratti pubblici, merita di essere attenzionata una particolare forma di avvalimento, ossia il cd avvalimento premiale, volto non a colmare la mancanza di requisiti di partecipazione alla gara, ma semplicemente a migliorare l’offerta da parte di un operatore economico che già possiede, autonomamente, i requisiti suddetti.
Tale istituto, nella visione della giurisprudenza antecedente al d.lgs. 36/2023, veniva visto con sfavore, in quanto in grado di pregiudicare e non di favorire la concorrenza. Plurime, difatti, sono state le pronunce del Consiglio di Stato nel senso di totale sfavore rispetto all’istituto di cui si tratta, pronunce nelle quali è stata sancita l’inammissibilità dell’avvalimento premiale laddove caratterizzato dall’unico scopo di garantire il conseguimento di un maggior punteggio tecnico da parte di un operatore economico già in possesso di tutti i mezzi ed i requisiti necessari per concorrere. Ammettendo un avvalimento di tal fatta si assisterebbe «all’abuso dell’avvalimento, trasformandolo, di fatto, in un mero escamotage per incrementare il punteggio ad una offerta cui nulla ha concretamente da aggiungere la partecipazione ausiliaria»[4].
Ancora dubbi sussistono, anche con il nuovo codice dei contratti pubblici, rispetto all’ammissibilità dell’avvalimento a cascata, sempre in considerazione del sopracitato rischio di avvalicifico. Difatti, al pari del d.lgs. 50/2016, nulla dispone il nuovo codice dei contratti pubblici circa l’avvalimento a cascata, che si sostanzia nel prestito di requisiti da parte di un’impresa ausiliaria che, non avendo a disposizione i requisiti di cui necessita l’ausiliata, li attinge a sua volta da altra ausiliaria[5].
Il consorzio stabile è un altro degli istituti pro-concorrenziali ammessi all’interno dell’ordinamento giuridico nazionale, che presenta taluni tratti contraddistintivi, difatti con on il consorzio stabile si addiviene alla creazione di un autonomo soggetto di diritto, distinto rispetto alle singole consorziate; da ciò deriva che non si ravvisa alcun impedimento per le singole consorziate di partecipare autonomamente alla gara, fatta eccezione per la consorziata designata per l’esecuzione del contratto nel concorso stabile le singole consorziate non rispondono solidalmente con il consorzio nei confronti della stazione appaltante, anche in questo caso fatta però eccezione per la consorziata designata per l’esecuzione del contratto, che invece risponderà in solido.
Il subappalto, quale ulteriore istituto pro-concorrenziale volto a favorire la partecipazione alla gara da parte di operatore economici privi di taluni requisiti necessari, presenta una peculiarità rispetto agli altri istituti riconosciuti dell’ordinamento, collocandosi nella fase dell’esecuzione del contratto.
Mediante il contratto di subappalto, il subappaltatore si impegna ad eseguire una parte delle opere oggetto del contratto di appalto stipulato dall'appaltatore con la stazione appaltante, verso il pagamento di un corrispettivo. Nella visione del nuovo codice del 2023 il contratto di subappalto ha subito rilevanti modifiche anche al fine di adeguarsi alle spinte europee. Se infatti sotto la vigenza del vecchio codice il ricorso al contratto di subappalto era considerato con sfavore dal legislatore, che finiva per limitarlo ad una determinata quota dell’importo complessivo del contratto dato il rischio di infiltrazioni mafiose che tale contratto avrebbe portato con sé; a seguito delle pronunce della Corte di giustizia -mediante le quale si segnalava la contrarietà al diritto europeo del limite previsto per il subappalto dal d.lgs. 50/2016 in quanto misura inidonea a raggiungere le finalità dichiarate dallo stato italiano-, il giudice nazionale ha disapplicato l’art 105 del d.lgs. 50/2016 nella parte in cui poneva il suddetto limite al contratto di subappalto[6].
Altro rischio che il subappalto porta con sé attiene alla tutela dei lavoratori. Difatti, gli operatori economici che partecipano alla gara devono rispettare le cd clausole sociali, al fine di imporre agli operatori che partecipano alla gara il rispetto dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, dei doveri contributivi e previdenziali, al fine di garantire la regolarità del lavoro a tutela dei lavoratori, ed il subappalto espone ad un rischio in tal senso, in termini di riduzione o di assenza di tutela dei lavori.
Il nuovo codice dei contratti pubblici, tuttavia, in linea con la considerazione sovrannazionale del contratto di subappalto quale strumento in grado di favorire l’ingresso nel mercato di piccole e medie imprese, ha soppresso i limiti quantitativi precedentemente vigenti.
Ciò non significa però che il ricorso al subappalto sia ammesso senza limiti; difatti l’art. 119 del d.lgs. 36/2023 sancisce al co. 1 il divieto di cessione del contratto mediante il ricorso allo strumento del subappalto, e ciò al fine di scongiurare l’elusione dell’evidenza pubblica.
Altro limite si rinviene all’interno del co. 3 del medesimo articolo, nella parte in cui sancisce che le stazioni appaltanti possono limitare il ricorso al subappalto indicando nei documenti di gara le prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto da eseguire a cura dell’aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto e in ragione dell’esigenza di rafforzare il controllo dei luoghi di lavoro, al fine di garantire una più intensa tutela dei lavoratori ovvero per prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose.
Ulteriore limitazione si rinviene al co. 4 dell’art. 119, nella parte in cui sancisce la necessità di una previa autorizzazione della stazione appaltante per poter far ricorso al subappalto, necessitando della sussistenza dei requisiti indicati alle lettere a, b e c del medesimo comma, che devono essere presenti congiuntamente.
Il d.lgs. 36/2023 al co. 17 dell’art. 119 pone, inoltre, un limite anche al subappalto a cascata, sancendo specificamente che “le stazioni appaltanti indicano nei documenti di gara le prestazioni e lavorazioni oggetto del contratto di appalto che, pur subappaltabili, non possono formare oggetto di ulteriore subappalto” al sussistere di limitazioni specifiche e motivate.
Anche il subappalto, come l’avvalimento ed il raggruppamento temporanei di impresa, determina una responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante ma, nel caso del subappalto, limitatamente alle prestazioni che formano oggetto del contratto di subappalto.
4. Conclusioni
Dal quadro così delineato pare dunque chiara la visione del nuovo codice dei contratti pubblici. Si tratta di un codice improntato sul principio della concorrenza, sul principio della massima partecipazione alla gara e sul principio del migliore e più efficiente utilizzo degli strumenti pro concorrenziali che l’ordinamento giuridico mette a disposizione dell’operatore economico, giungendo fino a riconoscere una modifica soggettiva del raggruppamento temporaneo anche per addizione, superando dunque la rigidità del previgente codice e della giurisprudenza sotto lo stesso formatasi.
In linea con quanto evidenziato si pone l’ulteriore novità introdotta con il d.lgs. 36/2023 che, nel sancire all’art. 97 che “se un partecipante al raggruppamento si trova in una delle situazioni di cui agli artt. 94 e 95 o non è in possesso di uno dei requisiti di cui all'art. 100, il raggruppamento può comprovare di averlo estromesso o sostituito con altro soggetto munito di necessari requisiti, fatta salva l’immodificabilità sostanziale dell'offerta presentata” ammette, nell’ottica di massima garanzia di partecipazione e permeanza dell’operatore economico alla gara, modificazioni soggettiva per sottrazione -con l’estromissione- e per addizione -con la sostituzione-.
[1] Cfr: Consiglio di Stato sentenza n. 8896\2023
[2] Cfr: Adunanza Plenaria sentenza n. 2\2022
[3] Consiglio di Stato sentenza n. 5573\2014 e Consiglio di Stato sentenza n. 2022\2017
[4] Cfr: Consiglio di Stato sentenza n. 2526\2021
[5] Cfr: Adunanza Pleanaria sentenza n. 13\2020
[6] Cfr: Consiglio di Stato sentenza n. 8101\2020