Pubbl. Mer, 6 Mar 2024
La natura giuridica sui generis della figura di agente sportivo nell´ordinamento statale
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Mario Piroli
Il presente contributo si pone l’obiettivo di inquadrare giuridicamente la figura dell’agente sportivo nell’ambito dell’ordinamento statale. Tale operazione viene condotta dall’Autore attraverso un’analisi della compatibilità, con la figura in parola, di varie discipline civilistiche, tra cui quella della mediazione, dell’agenzia, della rappresentanza, del mandato e della prestazione d’opera intellettuale. Per ciascuna disciplina si evidenzieranno le analogie e le differenze con la figura dell’agente sportivo, anche nell’ottica di poter desumere, in funzione integrativa ed analogica, la corretta disciplina applicabile a tale figura per quanto, eventualmente, non previsto dalla normativa sportiva.
The sui generis nature of the figure of sports agent in the state order
The aim of this study is to legally frame the figure of the sports agent within the framework of the state system. This operation is conducted by the Author through an analysis of the compatibility, with the figure in question, of various civil law frameworks, including that of mediation, agency, representation, mandate and supply of intellectual services. For each discipline we will highlight the similarities and differences with the figure of the sports agent, also with a view to being able to infer, in integrative and analog function, the correct discipline applicable to this figure for matters not covered for by sports regulations.Sommario: 1. Premessa: l’inquadramento giuridico della figura di agente sportivo nell’ordinamento statale; 2. L’agente sportivo come mediatore; 3. Il contratto di agenzia e l’agente sportivo; 4. L’agente sportivo tra rappresentanza e prestazione d’opera intellettuale; 5. Osservazioni conclusive: l’agente sportivo come figura atipica.
1. Premessa: l’inquadramento giuridico della figura di agente sportivo nell’ordinamento statale
Una delle questioni più problematiche e dibattute in dottrina attinenti alla figura di agente sportivo è senz’altro costituita dal suo inquadramento giuridico nell’ordinamento statale. La rilevanza di tale operazione - ossia quella di qualificare giuridicamente il soggetto in parola -, non si evince, tuttavia, esclusivamente sul piano meramente sostanziale e teorico, bensì anche in relazione all’individuazione di uno specifico istituto giuridico in cui possa essere inscritto e valutato l’agente sportivo[1]. Invero, il corretto inquadramento di tale figura nell’ordinamento statale permette di poter desumere, anche in funzione integrativa ed analogica, la disciplina applicabile a tale professione per quanto, eventualmente, non previsto dalla normativa sportiva.
L’elemento che giova premettere è, comunque, rappresentato dall’essenza sui generis dell’agente sportivo, la quale si origina soprattutto nel momento in cui l’attività svolta dalla figura in parola assume una rilevanza esterna, muovendosi oltre i confini dell’ordinamento sportivo e[2], dunque, necessitando, in tale fattispecie, di un ambito di operatività coperto da una disciplina non più di carattere settoriale, bensì generale.
Al lume di quanto premesso, l’excursus che segue nei successivi paragrafi si articolerà nella ricerca di una regolamentazione che si applichi all’attività dell’agente sportivo, evidenziando, contestualmente, eventuali analogie e punti di contatto con i diversi istituti civilistici richiamati.
2. L’agente sportivo come mediatore
Nella sua forma primordiale, l’attività svolta dall’agente sportivo era certamente riconducibile ad un’attività di mediazione vera e propria, consistente in un’opera di intermediazione e collegamento tra due società sportive per la vendita dell’allora c.d. cartellino di un atleta (nello specifico, ci si riferisce ai calciatori)[3]. In ambito civilistico, l’attività di mediazione ricade nel campo di applicazione degli artt. 1754 ss. c.c.; tali disposizioni dettano una disciplina, la quale potrebbe - prima facie - presentare numerosi aspetti analoghi alla disciplina sportiva. Tuttavia, ad un esame più attento, le discipline in questione differiscono sotto alcuni profili.
Anzitutto, il mediatore - ai sensi del codice civile - è colui “che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”[4]. Alla luce di tale definizione appare evidente l’analogia subiecti ratione esistente con l’originaria figura dell’agente/mediatore sportivo, il quale, parimenti, svolgeva un’attività volta a mettere in contatto le due società sportive per l’acquisizione del calciatore, oppure, in altre ipotesi, a mettere in contatto la società sportiva acquirente ed il calciatore. Successivamente, una volta raggiunto il buon esito dell’operazione, all’agente veniva riconosciuto un quibus[5].
Ulteriore analogia - materiae ratione - emerge dalle disposizioni civilistiche che prevedono, al fine di ottenere la legittimazione a svolgere l’attività di mediatore, l’obbligo di iscrizione in un apposito ruolo istituito presso ciascuna Camera di Commercio, la cui violazione pur non producendo la nullità del contratto, fa venir meno il diritto alla provvigione e la restituzione del quantum già percepito[6]. In maniera analoga, l’agente sportivo, al fine di svolgere la professione, deve essere necessariamente iscritto al Registro Nazionale istituito presso il CONI ed al Registro Federale della Federazione Sportiva presso cui intende svolgere la sua attività[7].
Orbene, al di là delle predette analogie, occorre ora evidenziare le differenze tra le due discipline; in particolare, il mediatore, diversamente dell’agente sportivo, non agisce nell’interesse di una delle parti, ma opera svolgendo un’attività di mera intermediazione indipendente ed imparziale rispetto alle parti contrattuali[8]. Tale aspetto mal si concilia con le caratteristiche intrinseche dell’attività dell’agente, poiché questi si occupa di curare gli interessi di chi gli conferisce il mandato, il quale - così come previsto dall’art. 21, comma 4, del Regolamento CONI agenti sportivi -, può essere conferito da una o da più parti (c.d. mandato plurimo).
Altra differenza è rappresentata dal fatto che il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti se l’affare è concluso per effetto del suo intervento, spettandogli, in caso contrario, il solo rimborso delle spese eventualmente sostenute. In caso di mancata pattuizione del quantum e della ripartizione tra le parti del compenso, ove non soccorrano le tariffe professionali o gli usi, la determinazione spetta al giudice[9], analogamente a quanto previsto dall'art. 1709 del c.c. sul mandato[10]. L’agente sportivo, invece, è retribuito esclusivamente dal soggetto o dai soggetti che ne hanno conferito il mandato, con l’eccezione nell’ipotesi in cui “dopo la conclusione del suo contratto con il soggetto destinatario della prestazione professionistica, l’assistito fornisca il suo consenso scritto autorizzando tale soggetto a pagare direttamente l’agente sportivo per suo conto secondo le modalità e nei termini stabiliti nel contratto”[11]. Per l’agente sportivo, inoltre, potrebbe prospettarsi la possibilità di ricorrere alla prescrizione di cui all’art. 1709 c.c. soltanto per ottenere il ristoro di quanto dovuto per l’eventuale opera di intermediazione e, comunque, solo sotto il profilo dell’ordinamento generale e quando si tratti di mandato conferito da società sportive, dato che in ambito sportivo il mandato che non presenta l’indicazione del corrispettivo è da ritenersi inefficace.
Da ultimo, nella mediazione il cliente non ha l’obbligo di concludere l’affare segnalatogli dal mediatore, poiché, salvo patto contrario, può valutare altre occasioni così come usufruire dell’opera di una pluralità di mediatori, con relativo rischio per questi di operare senza poi ottenere la provvigione[12]. In ambito sportivo, invece, di regola si prevede il conferimento del mandato in via esclusiva - salvo, comunque, la possibilità di pattuire il mandato senza esclusiva -[13] e ci si riferisce, sul piano del diritto sostanziale, all’attività dell’agente con una sorta di presunzione di singolarità, a titolo esemplificativo, si può citare l'art. 21, comma 1, del Regolamento CONI agenti sportivi, il quale dispone che “Un agente sportivo può curare gli interessi di un atleta o di una società professionistica solo dopo aver ricevuto un incarico scritto […]”.
3. Il contratto di agenzia e l’agente sportivo
L’evoluzione storica della professione di agente sportivo evidenzia molte trasformazioni dal punto di vista dell’attività svolta: da mediatore, a procuratore, ed infine agente. In tal senso, appare evidente come l’attività dell’agente sportivo si permei di una pluralità di funzioni e competenze che l’agente deve possedere al fine di svolgere i migliori interessi dei propri assistiti[14]. Per tali ragioni, si potrebbe tentare di inscrivere la figura di agente sportivo nell’alveo del contratto di agenzia, disciplinato dagli artt. 1742 ss. c.c.
Coerentemente con l’impostazione già descritta nel precedente paragrafo, è bene soffermarsi dapprima sulle analogie tra la figura dell’agente civilistico e quella dell’agente sportivo. Come noto, col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra e dietro compenso, la conclusione di contratti in una zona determinata[15]. Orbene, in primo luogo, emerge un'analogia in relazione alla durata del contratto di agenzia e del contratto di mandato sportivo. Invero, ambedue i contratti possono essere a tempo determinato; nello specifico, il contratto di mandato sportivo - ai sensi dell’art. 21, comma 2, del Regolamento CONI agenti sportivi - non può avere una durata superiore a due anni, pena la sua riduzione ex lege entro detto termine[16]; per quanto concerne il contratto di agenzia, invece, esso può essere sia a tempo determinato che indeterminato.
In aggiunta, per entrambi i contratti in parola si prevede l’obbligo di agire con lealtà e buona fede: così è chiarito dall’art. 17, comma 2, del Regolamento CONI agenti sportivi[17] e parimenti dell’art. 1746 c.c.[18].
Ulteriore aspetto comune alle due figure è che ambedue hanno diritto al compenso anche per affari conclusisi dopo la scadenza del contratto d’agenzia o di mandato sportivo se l’operazione è intervenuta in data antecedente. In tale ottica, non lasciano dubbi - per il contratto di agenzia - l’art. 1748 c.c., a norma del quale l’agente ha diritto alla provvigione per gli affari che abbiano avuto regolare esecuzione, anche se conclusi dopo lo scioglimento del contratto di agenzia, soprattutto se la conclusione è effetto dell’attività da lui svolta; mentre - per il contratto di mandato sportivo -, l’art. 21, comma 10, del Regolamento FIGC agenti sportivi, chiarisce che “Nel caso in cui il contratto di prestazione sportiva che l’agente sportivo ha negoziato per il calciatore abbia una durata più lunga di quella del mandato, l’agente sportivo, salvo diverso accordo tra le parti, ha diritto al corrispettivo maturato e maturando anche dopo la scadenza del mandato stesso, ma non oltre la scadenza del contratto di prestazione sportiva. Qualora il calciatore, successivamente alla scadenza del mandato, concluda un nuovo contratto di prestazione sportiva, anche con altra società sportiva, che venga a sovrapporsi anche solo per alcune annualità al precedente contratto, l’agente sportivo conserverà il diritto alla percezione del corrispettivo pattuito e l’eventuale successivo agente sportivo, che ha negoziato tale nuovo contratto, avrà diritto soltanto al corrispettivo pattuito sull’eccedenza contrattuale”.
Terminata l’analisi delle possibili analogie, si devono necessariamente osservare le rilevanti differenze riscontrabili. Anzitutto, seguendo la lettera dell’art. 1750, comma 1, c.c., si nota che il contratto di agenzia a termine diviene a tempo indeterminato se continua ad essere eseguito dopo la scadenza[19]. Tale previsione non è certamente riscontrabile nella disciplina sportiva del contratto di mandato sportivo, a fortiori considerando l’impossibilità del suo rinnovo tacito[20].
Rimanendo sul piano formale, altra differenza è costituita dalla necessità della stipula del contratto di mandato sportivo utilizzando, a pena di inefficacia, esclusivamente i modelli tipo annualmente predisposti dalle Federazioni Sportive[21] e da quella della forma scritta ad substantiam prevista dalla normativa sportiva[22], a fronte della necessaria forma ad probationem per il contratto di agenzia.
La possibilità di ricondurre la figura dell’agente sportivo nell’ambito di applicazione del contratto di agenzia si esclude, ad ogni modo, con maggiore decisione, focalizzandosi nel diverso modus operandi delle figure in parola, posto che l’agente civilistico non svolge attività giuridica, ma materiale[23]. Inoltre, mentre l’oggetto dell’attività svolta dall’agente sportivo è principalmente costituita dall’assistenza e consulenza nelle trattative, tale profilo non sembra potersi scorgere nella disciplina civilistica sul contratto di agenzia, la quale è, invece, incentrata sull’attività di mera promozione di affari con esclusione di funzioni accessorie di carattere assistenziale.
Si possono, poi, svolgere ulteriori riflessioni in merito all’eventuale trasposizione in ambito sportivo dell’obbligo per l’agente di operare in una zona determinata. Sul punto, può accadere che all’agente sportivo sia conferita una clausola di esclusiva “territoriale”, ciò avviene prevalentemente quando il contratto di mandato sportivo è stipulato con una società sportiva, in ipotesi in cui all’agente sia conferito il potere di trattare atleti su determinati mercati internazionali; per contro, più difficile, ma non impossibile, che tale clausola sia prevista in un contratto di mandato sportivo stipulato con un atleta[24].
4. L’agente sportivo tra rappresentanza e prestazione d’opera intellettuale
La principale funzione dell’agente sportivo è quella di prestare un’opera di consulenza in favore dei propri assistiti durante le trattative e di curare i loro interessi. Sul piano giuridico, al fine di poter prestare tale opera, l’agente deve essere investito di un potere legittimante, in assenza del quale egli non potrebbe operare in favore del cliente. Si è già detto che, in ambito sportivo, l’espressione di tale potere consiste nella stipula di un contratto di mandato sportivo; in ambito civilistico, invece, appare necessario il richiamo della disciplina della rappresentanza, al fine di comprendere se il mandato conferito all’agente sia realmente imperniato sull’esercizio di un potere di rappresentanza o se, al contrario, ne prescinda.
Di regola le parti di un contratto sono al contempo le parti del rapporto giuridico patrimoniale da costituire, regolare o estinguere ex art. 1321 c.c.[25]. Tale coincidenza, tuttavia, può venire meno ove la complessità dell’attività svolta obblighi a delegare a terzi talune iniziative o decisioni[26]. In tali casi, dunque, si assiste alla sostituzione di fronte ai terzi di un soggetto - c.d. rappresentante - nell’attività giuridica di un altro soggetto - c.d. rappresentato -, il quale non partecipa direttamente all’accordo[27]. La sostituzione in questione avviene mediante un atto c.d. di procura, il quale conferisce ad un altro il potere di rappresentarlo, ovvero di compiere uno o più atti giuridici in nome e per conto proprio. Invero, la rappresentanza è caratterizzata da un potere attribuito dal rappresentato al rappresentante in vista della gestione, da parte di quest’ultimo, degli interessi del rappresentato. In altri termini, il rappresentante necessita di una sorta di autorizzazione, un potere ad agire, una legittimazione sostituiva, che si risolve - materialmente - nell’attribuzione del potere di spendere il nome altrui di fronte ai terzi. Tale meccanismo rappresentativo si desume, peraltro, anche dall’art. 1388 c.c., ove viene statuito che “il contratto concluso dal rappresentante […] produce direttamente effetti nei confronti del rappresentato”. Conseguenza di quanto appena affermato è che il rappresentante, ossia colui che manifesta la volontà contrattuale, risponderà di eventuali vizi della volontà (errore, dolo, violenza)[28], così come per altri stati soggettivi (buonafede/malafede, conoscenza/ignoranza di determinate circostanze)[29].
Ciò chiarito, è possibile domandarsi se l’attività di agente sportivo sia sussumibile nella fattispecie legale supra esposta, posto che, in base ad un’analisi di superficie, potrebbe ritenersi che il mandato assunto dall’agente sportivo si fondi sull’esercizio di un potere rappresentativo. In realtà tale tesi va respinta, ciò in quanto in evidente contrasto con la c.d. interpretazione ristretta della rappresentanza accolta dal codice civile[30]. Invero, in base a tale interpretazione non rileva la distinzione operata da parte della dottrina circa la rappresentanza diretta o indiretta[31]. Peraltro, deve sottolinearsi che, quando il rappresentante riceve l’incarico per una determinata attività, non è obbligato a gestire l’affare in nome e per conto del rappresentato, che quindi non è garantito al riguardo. Per ovviare a ciò, di regola, viene stipulato un contratto in base al quale la gestione dell’affare in nome e per conto diviene obbligatoria, consistente nel contratto di mandato ai sensi dell’art. 1703 c.c.[32]. Giova precisare, però, che il conferimento del mandato non priva il mandante del potere di compiere personalmente gli atti demandati al mandatario, anche quando sia conferito nell’interesse del mandatario o di un terzo[33]. Traslando quanto detto sul piano sportivo, l’agente sportivo presta la sua attività proprio per il tramite della stipula di un contratto di mandato sportivo, in forza dell’art. 21 del Regolamento CONI agenti sportivi. Ne deriva, dunque, che la disciplina giuridica in cui appare possibile inscrivere l’incarico dell’agente sportivo è proprio quella del contratto di mandato ex artt. 1703 ss. c.c. e che, contestualmente, il rapporto che si origina tra agente e cliente può essere ricondotto a tale fattispecie[34].
Ulteriori osservazioni vanno svolte in relazione alle due differenti forme che il contratto di mandato può assumere. Invero, ai sensi della disciplina civilistica, il contratto di mandato può essere:
- con rappresentanza, se al mandatario viene conferito il potere di agire non solo per conto ma anche in nome del mandante, per cui in tal caso emergono due atti, il negozio di mandato e la procura;
- senza rappresentanza, se al mandatario viene conferito il potere di agire soltanto per conto, ma non anche in nome del mandante. In tal caso si origina un solo momento giuridico, che è il contratto di mandato.
La fattispecie rilevante ai fini dell’attività svolta dall’agente sportivo appare essere quella del mandato senza rappresentanza, in ragione del fatto che l’agente svolge la propria attività per conto, ma non anche in nome dell’assistito[35]. Tale circostanza, trova conferma anche sul piano sostanziale, ove l’art. 21, comma 7, del Regolamento CONI agenti sportivi, in relazione alla delega conferita alle Federazioni Sportive di emanare una disciplina sui contratti stipulati tra agenti sportivi ed atleti di minore età, precisa “[…] contratti stipulati per conto di atleti minori di età”.
In tale contesto, anche la disciplina civilistica sulla revoca e sulla rinuncia al mandato - dettata rispettivamente dagli artt. 1725[36] e 1727[37] c.c. - è compatibile con quanto previsto per l’agente sportivo. Difatti, l’art. 21, comma 8, del Regolamento CONI agenti sportivi, precisa che “[…] Devono essere altresì depositate presso la federazione sportiva nazionale professionistica eventuali modifiche del contratto di mandato, nonché eventuali comunicazioni di risoluzione o recesso entro venti giorni dal verificarsi delle stesse”. Sul punto, va inoltre osservato come anche la disciplina civilistica che obbliga la parte che revoca l’incarico o vi rinuncia a risarcire i danni qualora non vi sia una giusta causa, trova speculare riscontro nel contratto di mandato sportivo[38].
Orbene, appare dunque possibile affermare che l’attività di agente sportivo vada ricondotta giuridicamente nello schema del mandato senza rappresentanza, ai sensi dell’art. 1705 c.c.[39]. Tuttavia, è bene segnalare che la professione di agente sportivo, sembra poter essere inquadrata giuridicamente anche nel sistema delle professioni intellettuali, in particolare come prestazione di opera professionale ai sensi dell’art. 2229 c.c., svolta nell’ambito di un’attività professionale protetta[40]. Invero, la professione di agente sportivo - all’interno del nostro ordinamento - è certamente inquadrabile come professione intellettuale regolamentata, in quanto si richiede il superamento di un esame, il conseguimento di un titolo abilitativo e l’iscrizione ad un registro professionale al fine di poter operare; tra l’altro, giova precisare che è lo stesso legislatore statale (e non quello sportivo) che - all’art. 1, comma 373, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 - ha sancito una regolamentazione sulla professione dell’agente sportivo, prevedendo l’istituzione presso il CONI del Registro nazionale degli agenti sportivi e stabilendo al contempo l’obbligatorietà dell’iscrizione in tale registro per tutti i soggetti che intendano svolgere la professione in parola[41]. Quanto appena affermato appare, dunque, essere pienamente conforme alla riserva di legge contenuta nel comma 1 dell’art. 2229 c.c., ove si statuisce che “La legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi”. A sostegno di tale tesi - ossia dell’inquadramento della professione di agente sportivo nelle professioni intellettuali -, è possibile inoltre sottolineare il carattere intellettuale stesso della prestazione svolta dall’agente sportivo, consistente nella necessaria conoscenza di una serie di normative, nonché la discrezionalità dell’agente nella scelta dei mezzi e del modus operandi ritenuti più opportuni per l’espletamento del mandato, sia pure nel rispetto delle direttive impartite dal cliente. A ciò si aggiunta che l’obbligazione del prestatore d’opera intellettuale è sempre un’obbligazione di mezzi, la quale ha per oggetto un comportamento diligente ed esperto al fine di realizzare un risultato, ma non ha per oggetto la realizzazione di quel risultato; tale aspetto, secondo autorevole dottrina, è riscontrabile anche in ambito sportivo, in quanto l’agente sportivo “deve garantire all’assistito il massimo impegno per conseguire un determinato risultato […], ma non è obbligato a garantire al proprio assistito l’effettiva stipula di un determina contratto con un determinata società e ad una precisa retribuzione […], pertanto l’agente deve ritenersi responsabile nei confronti del proprio assistito solo per eventuale negligenza nell’espletamento del proprio mandato, oppure per colpa grave o dolo”[42].
5. Osservazioni conclusive: l’agente sportivo come figura atipica
L’intento di definire chiaramente, sul piano giuridico, la figura dell’agente sportivo, sinora perseguito attraverso un’analisi della compatibilità, con tale figura, delle discipline della mediazione, dell’agenzia, della rappresentanza, del mandato e della prestazione d’opera intellettuale, ha dimostrato come la professione svolta dalla figura de qua sia connotata da un’intrinseca complessità ed eccezionalità, ovvero da una natura sui generis tale da manifestare analogie e punti di contatto con diversi istituti giuridici[43].
Come si è visto nel precedente paragrafo, quantomeno in apparenza, il tipo legale più facilmente applicabile al rapporto giuridico conseguente al conferimento dell’incarico all’agente sportivo è quello del mandato senza rappresentanza. Ciononostante, occorre precisare che l’analisi svolta è stata condotta secondo i canoni di un preciso metodo di qualificazione del rapporto, il c.d. metodo sussuntivo; con esso di procede alla sussunzione della fattispecie concreta nel tipo legale di volta in volta preso in esame, valutando se la fattispecie concreta presenti tutti gli elementi della fattispecie astratta e coincida con essa[44]. L’applicazione di tale metodo conduce ad una fondamentale conclusione, ossia che la figura dell’agente sportivo è espressione di un contratto atipico o “innominato” ex art. 1322 c.c.[45]. A sostegno di ciò, si richiama il già citato art. 1705 c.c.; tale norma dispone che il mandatario agisce in nome proprio e per conto del mandante acquistando in tal senso i diritti e assumendo gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato. Orbene, volendo applicare tale disposto alla figura dell’agente sportivo, le incongruità che emergono sono molteplici. Anzitutto, la sostituzione da parte del mandante (atleta o società sportiva) nei confronti del mandatario (agente sportivo) non può verificarsi, dato che il contratto di prestazione sportiva, nonché il trasferimento e la cessione del contratto tra due società sportive, necessitano di essere sottoscritti da soggetti dotati di particolari qualità, ossia atleta o società sportiva. Inoltre, la circostanza per il terzo (ovvero la società sportiva) di non conoscere il nome del mandante (atleta) è del tutto impossibile. Ad abundantiam, l’agente sportivo non potrebbe mai, come dispone l’art. 1705 c.c., assumere a proprio nome gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, in quanto l’oggetto principale di tali atti è proprio la stipula del contratto, che deve avvenire da parte dell’atleta o della società sportiva. Per le ragioni appena esposte, pertanto, si può concludere che, è pur vero che l’attività di agente sportivo è riconducibile, sul piano giuridico, al mandato senza rappresentanza, ma è altrettanto vero che il mandato conferito all’agente presenta molteplici profili di atipicità.
L’inquadramento della figura dell’agente sportivo nell’ambito di una contrattualistica di carattere atipico è, inoltre, raggiungibile anche utilizzando un differente metodo, c.d. tipologico[46], il quale fa leva sulla distinzione tra tipo legale e tipo normativo. Si tratta di un procedimento che lascia ampia discrezionalità all’interprete, basandosi non sulla sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta, bensì sulla riconduzione della fattispecie concreta al tipo normativo. In altri termini, tale metodo consente di applicare al contratto atipico la disciplina eventualmente derivante da più contratti tipici, che siano affini al contratto atipico, non nei singoli elementi, ma nella complessiva funzione[47]. Applicando tale metodo alla figura dell’agente sportivo, si può dimostrare - come è stato fatto nei precedenti paragrafi -, quanto la professione svolta da tale soggetto presenti varie analogie con diversi istituti giuridici. Viene così evidenziato il carattere “misto” dell’attività svolta dall’agente sportivo, con la conseguente possibilità di ricondurre la figura in esame alla categoria del contratto misto. Tale contratto - secondo la nozione corrente in giurisprudenza -, ha carattere atipico, in ragione della combinazione di distinti schemi negoziali fusi insieme dall’unicità della causa[48]. La commistione di più elementi, anche tipici, all’interno di un unico contratto pone allora il problema di quale sia la disciplina legale tipica da applicare al caso concreto. Sul punto, la dottrina propone due principali criteri per risolvere il problema, ossia il criterio dell’assorbimento e quello della combinazione[49]. In virtù del primo, si applica la normativa del tipo i cui elementi risultano prevalenti nella mistione, così, in relazione all’agente sportivo, potrebbe ipotizzarsi una prevalenza della disciplina del mandato senza rappresentanza, in ragione della posizione centrale dell’incarico; in virtù del secondo, ciascun elemento contrattuale deve essere disciplinato dalle norme del tipo di elemento cui appartiene, così, sempre in relazione all’agente sportivo, potrebbe ipotizzarsi un’applicazione congiunta di più normative, ossia del mandato senza rappresentanza e della prestazione d’opera intellettuale.
In definitiva, prescindendo dalla metodologia utilizzata, giova sottolineare l’evidenza raggiunta, ossia che l’agente sportivo è una figura sui generis ed ibrida, posto che la stessa presenta, per l’appunto, caratteristiche di diverse fattispecie giuridiche[50]. Non è azzardato affermare, dunque, che il tentativo forzato volto a ricondurre la figura in parola ad un unico istituto giuridico previsto dall’ordinamento, risulta essere del tutto sterile; tale tentativo, invero, porta spesso a mortificare il concreto assetto di interessi voluto dalle parti contrattuali, la cui autonomia è garantita nei limiti stabiliti dall’ordinamento[51].
[1] Per un approfondimento circa la figura di agente sportivo si vedano E. LUBRANO, R. FINILI, Gli agenti sportivi, Discendo Agitur, 2022; E. LUBRANO, La disciplina dell’agente sportivo: situazione attuale e prospettive future, in Riv. Diritto Sportivo CONI, 2022; M. PIROLI, L’agente sportivo alla luce dell’attuale normativa nazionale ed internazionale, in Riv. Diritto dello Sport, 2023; S. MASSAROTTO, La riforma dell’ordinamento sportivo e la nuova regolamentazione degli agenti sportivi: le incertezze fiscali sull’inquadramento dei compensi, in Riv. telematica di Diritto Tributario, 2021.
[2] Sulla rilevanza esterna dell’attività svolta dall’agente sportivo si veda, su tutti, M. DI FRANCESCO, Il ruolo dell’agente di calciatori tra ordinamento sportivo e ordinamento statale, Bari, Cacucci Editore, 2007, p. 24 ss.
[3] Cfr. M. PIROLI, op. cit., p. 75.
[4] Art. 1754 c.c.
[5] Cfr. G. SPAGNOLI, Il procuratore sportivo, Torino, 2005, p. 81 ss.
[6] Cfr. F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2003, p. 1161 ss.
[7] Sul punto si richiama l’art. 1, comma 2, del Regolamento CONI agenti sportivi, il quale dispone che: “L’iscrizione al Registro è obbligatoria per tutti coloro che mettono in relazione due o più soggetti ai fini:
i) della costituzione, della modificazione o della estinzione di un rapporto avente per oggetto una prestazione sportiva professionistica;
ii) del tesseramento presso una federazione sportiva nazionale professionistica”.
[8] Cfr. F. GAZZONI, op. cit., p. 1162.
[9] Art. 1755 c.c.
[10] Invero, l’art. 1709 c.c. statuisce quanto segue: “Il mandato si presume oneroso. La misura del compenso, se non è stabilita dalle parti, è determinata in base alle tariffe professionali o agli usi; in mancanza è determinata dal giudice”.
[11] Art. 21, comma 4, del Regolamento CONI agenti sportivi.
[12] Cfr. M. DI FRANCESCO, op. cit., p. 60.
[13] Tale possibilità viene prevista dall’art. 21, comma 2, del Regolamento CONI agenti sportivi.
[14] Molte voci hanno sottolineato l’importanza per lo sportivo professionista di affidarsi ad un esperto che non si occupasse solo della mobilità del calciatore nell’ambito dei trasferimenti, ma anche delle sue prestazioni sul mercato sportivo, promuovendo la sua immagine e curandone i molteplici interessi. Si veda, ad es., l’intervento di C. PASQUALIN al Convegno “Città di Udine” (24 maggio 1984), in Riv. Diritto Sportivo CONI, 1984, p. 184 ss.
[15] Art. 1742 c.c.
[16] Per completezza si riporta il dato testuale del periodo in questione: “[…] la data di stipula del contratto e la durata, che non può essere superiore a due anni, pena la sua riduzione ex lege entro detto termine (in caso di mancata indicazione della durata, il contratto si intenderà conferito per due anni)”.
[17] Art. 17, comma 2, del Regolamento CONI agenti sportivi: “Gli agenti sportivi operano nel rispetto dei principi di lealtà, correttezza, probità, dignità, decoro, diligenza, trasparenza e competenza e della corretta e leale concorrenza”.
[18] Si riporta il dato testuale integrale della norma: “Nell’esecuzione dell'incarico l'agente deve tutelare gli interessi del preponente e agire con lealtà e buona fede. In particolare, deve adempiere l'incarico affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute e fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato nella zona assegnatagli, e ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari. E’ nullo ogni patto contrario”.
[19] Art. 1750, comma 1, c.c.: “Il contratto di agenzia a tempo determinato che continui ad essere eseguito dalle parti successivamente alla scadenza del termine si trasforma in contratto a tempo indeterminato”.
[20] Cfr. Art. 21, comma 5, del Regolamento CONI agenti sportivi: “Il contratto di mandato non può essere rinnovato in modo tacito”.
[21] Sul punto si veda, ad es., il comma 1 dell’art. 21 del Regolamento FIGC agenti sportivi: "Un agente sportivo può curare gli interessi di un calciatore e/o di una società sportiva solo dopo aver ricevuto un incarico scritto, utilizzando, a pena di inefficacia, esclusivamente i modelli tipo annualmente predisposti dalla FIGC e pubblicati sul suo sito istituzionale […]”. Un es. di contratto di mandato sportivo tipo utilizzato dalla FIGC è visionabile al seguente link: https://www.figc.it/media/129645/2020-mandato-tra-calciatore-e-agente-sportivo.pdf.
[22] Art. 21, comma 1, del Regolamento CONI agenti sportivi: “Un agente sportivo può curare gli interessi di un atleta o di una società professionistica solo dopo aver ricevuto un incarico scritto […]”.
[23] Cfr. M. DI FRANCESCO, op. cit., p. 62.
[24] In tale ipotesi, l’agente sportivo avrebbe il potere di agire per conto dell’atleta solo con società sportive localizzate in determinati Paesi, con la logica conseguenza che vi sarebbe una restrizione delle chance d’ingaggio per l’atleta.
[25] L’art. 1321 c.c. così statuisce: “Il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.
[26] Sulla coincidenza de qua si vedano, tra i molti, F. GALGANO, Diritto privato, Padova, 2004; M. BIANCA, Diritto civile, Milano, 2000, A. CATAUDELLA, I contratti, Torino, 2000.
[27] Secondo autorevole dottrina (F. GAZZONI, op. cit., p. 1019 ss.), tale sostituzione costituisce l’ubi consistam dell’istituto della rappresentanza, la quale può essere conferita:
- dalla legge (rappresentanza legale);
- da un altro soggetto, ovverosia il c.d. rappresentato (rappresentanza volontaria).
[28] Cfr. art. 1390, c.c., il quale sancisce che: “Il contratto è annullabile se è viziata la volontà del rappresentante. Quando però il vizio riguarda elementi predeterminati dal rappresentato, il contratto è annullabile solo se era viziatala volontà di questo”.
[29] Cfr. art. 1391, comma 1, il quale dispone che: “Nei casi in cui è rilevante lo stato di buona o di mala fede, di scienza o d'ignoranza di determinate circostanze, si ha riguardo alla persona del rappresentante, salvo che si tratti di elementi predeterminati dal rappresentato".
[30] Così, M. DI FRANCESCO, op. cit., p. 65.
[31] Sul punto, si veda G. BALLARANI, Voce, Rappresentanza, in Il diritto, vol. XII, 2008, p. 640 ss.
[32] Tale norma così prevede: “Il mandato è il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra”.
[33] Trattasi del c.d. mandato in rem propriam di cui all’art. 1723 c.c. In tal senso si veda Cass. civ., 12 dicembre 2003, n. 19054, in Giust. Civ. Mass., 2003, 12.
[34] Pur nella consapevolezza che il nomen juris utilizzato dalle parti per descrivere una fattispecie giuridica non sia sufficiente per qualificare tale fattispecie come appartenente al tipo contrattuale corrispondente al nomen juris utilizzato, l’uso di taluni richiami testuali da parte del CONI fa emergere l’evidente volontà di considerare l’agente sportivo come un mandatario. A titolo di esempio, l’art. 2, comma 1, del Regolamento CONI agenti sportivi, utilizza il termine “contratto di mandato” per indicare il contratto stipulato in forma scritta tra un agente sportivo, da una parte, e una società e/o atleta, dall’altra; l’art. 21 del medesimo Regolamento, al comma 4, precisa testualmente che “Il contratto di mandato può essere conferito […]”.
[35] Cfr. L. COLANTUONI, Contratti sportivi ed in ambito sportivo, Milano, 2005, p. 3 ss.
[36] Tale norma così statuisce: “La revoca del mandato oneroso, conferito per un tempo determinato o per un determinato affare, obbliga il mandante a risarcire i danni, se è fatta prima della scadenza del termine o del compimento dell'affare, salvo che ricorra una giusta causa. Se il mandato è a tempo indeterminato, la revoca obbliga il mandante al risarcimento, qualora non sia dato un congruo preavviso, salvo che ricorra una giusta causa”.
[37] Tale norma sancisce quanto segue: “Il mandatario che rinunzia senza giusta causa al mandato deve risarcire i danni al mandante. Se il mandato è a tempo indeterminato, il mandatario che rinunzia senza giusta causa è tenuto al risarcimento, qualora non abbia dato un congruo preavviso. In ogni caso la rinunzia deve essere fatta in modo e in tempo tali che il mandante possa provvedere altrimenti, salvo il caso di impedimento grave da parte del mandatario”.
[38] A tal proposito si veda il contratto di mandato sportivo tipo della FIGC (consultabile al seguente link https://www.figc.it/media/129645/2020-mandato-tra-calciatore-e-agente-sportivo.pdf). La clausola n. 7 specifica espressamente: “In caso di revoca senza giusta causa del presente mandato, le parti stabiliscono il pagamento della somma consensualmente predeterminata in Euro …”.
[39] Si riporta il dato testuale integrale della norma: “Il mandatario che agisce in proprio nome acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato. I terzi non hanno alcun rapporto col mandante. Tuttavia il mandante, sostituendosi al mandatario, può esercitare i diritti di credito derivanti dall'esecuzione del mandato, salvo che ciò possa pregiudicare i diritti attribuiti al mandatario dalle disposizioni degli articoli che seguono”.
[40] Art. 2229 c.c.: "La legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi o elenchi. L'accertamento dei requisiti per l'iscrizione negli albi o negli elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere disciplinare sugli iscritti sono demandati alle associazioni professionali, sotto la vigilanza dello Stato, salvo che la legge disponga diversamente. Contro il rifiuto dell'iscrizione o la cancellazione dagli albi o elenchi, e contro i provvedimenti disciplinari che importano la perdita o la sospensione del diritto all'esercizio della professione è ammesso ricorso in via giurisdizionale nei modi e nei termini stabiliti dalle leggi speciali”.
[41] Cfr. M. PIROLI, op. cit., p. 80.
[42] Così, E. LUBRANO, L’ordinamento giuridico del giuoco calcio, Roma, 2004, p. 272 ss.
[43] In tal senso anche L. COLANTUONI, op. cit., p. 4 ss.
[44] G. SANTORO PASSARELLI, Diritto dei lavori, Torino, 2004, p. 37 ss.
[45] Si tratta di un contratto non corrispondente ai tipi contrattuali previsti dal codice civile o da altre leggi, ma ideato ad hoc dalle parti. Per un approfondimento su tale tema si rimanda a G. BAUSILIO, Contratti atipici. Disciplina civilistica e trattamento fiscale, CEDAM, 2006; M. COSTANZA, Il contratto atipico, Milano, 1981; G. DE NOVA, Il tipo contrattuale, Padova, 1974; F. MESSINEO, Contratto innominato, in Enc. dir., X, p. 95 ss.
[46] G. SANTORO PASSARELLI, op. cit., p. 38 ss.
[47] Cfr. F. MANZARI, La disciplina civilistica: mediazione, agenzia, rappresentanza e mandato, in P. AMATO, M. COLUCCI (a cura di), L’agente sportivo. Analisi giuridica e prospettive di riforma, 2011, p. 79.
[48] Cfr. C. VALENTINO, Contratto misto e collegamento negoziale: disciplina e profili differenziali, in Giuricivile, 2019.
[49] Per una dettagliata analisi dei criteri in esame si rimanda a A. CATAUDELLA, I contratti, Torino, 2000, p. 173.
[50] Cfr. R. FAVELLA, Il ciclismo a livello internazionale e nazionale, in P. AMATO, M. COLUCCI (a cura di), L’agente sportivo. Analisi giuridica e prospettive di riforma, 2011, p. 235.
[51] Cfr. F. MANZARI, op. cit. p. 78.