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Pubbl. Gio, 7 Gen 2016

La concorrenza sleale parassitaria nel mondo della moda. Gucci vs Guess. Il caso italiano.

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Francesca Angotti


Ancora una volta la tutela del Made in Italy al centro delle polemiche. La concorrenza sleale parassitaria nel fashion luxury world e un’analisi della vicenda giudiziaria italiana che vede litiganti le celebri maison di alta moda accomunate dalla “G” del logo.


Il mercato della moda ed in particolare quello dei beni di lusso personali è il settore in cui più tipicamente si realizzano comportamenti concorrenziali illeciti.

Com’è noto, nello svolgimento della gara concorrenziale tra competitors è vietato servirsi di mezzi e tecniche non conformi ai “principi della correttezza professionale” (art. 2598, n. 3, Codice civile).

I fatti, gli atti e i comportamenti che violano tale regola, rientrano, de plano, tra gli atti di concorrenza sleale e, come tali, repressi e sanzionati anche in assenza di un danno concreto, effettivamente cagionato ai concorrenti, essendo sufficiente che sussista il cosiddetto danno potenziale, ovverosia che “l’atto sia idoneo a danneggiare l’altrui azienda” (art. 2598, n. 3, Codice civile).

Tra le ipotesi di concorrenza sleale ricondotte dalla giurisprudenza  di legittimità nella categoria residuale del n. 3 dell’art. 2598 c.c., rientra la concorrenza parassitaria, consistente nella sistematica imitazione delle altrui iniziative imprenditoriali.

La Suprema Corte, concorde da tempo nel considerare sleale tale comportamento, ha recentemente chiarito che "la concorrenza parassitaria consiste nel comportamento dell´imprenditore che in modo sistematico e continuo segue le orme di un imprenditore concorrente, ne imita le iniziative con assiduità e costanza, non limitandosi a copiare un unico oggetto. La contraffazione parassitaria si differenzia quindi dalla contraffazione semplice o dalla c.d. copia servile perché genera condotte sovrapponibili, capaci di indurre in errore il consumatore e conseguentemente generare danni patrimoniali a carico dell´imprenditore originale." (Cass. Civ., sez. I, 29/10/2015,  n. 22118).

Caratteristica essenziale dell´illecito de quo è la continuità e l´eterogeneità dell´attività imitativa del progetto concorrenziale, in contrapposizione all´azione imitativa isolata che, dunque, non rientrerebbe nella fattispecie così individuata.

Dubbi sussisterebbero, invece, circa la natura, lecita o meno, degli atti che integrano la condotta parassitaria. Questi ultimi, singolarmente analizzati, potrebbero anche essere considerati leciti, ma, nel complesso, sottenderebbero comunque l’attuazione di un progetto sleale e scorretto, poiché chiaramente destinato allo sfruttamento parassitario dell’operato altrui.

Il discrimen tra attività concorrenziale lecita e attività parassitaria viene, in tal modo, individuato nell´illiceità del mezzo con il quale quest´ultima viene realizzata, e, dunque, un´imitazione che non si limita ad un singolo prodotto ma si estende a tutte o quasi tutte le iniziative imprenditoriali altrui e che sfrutta quanto creato e prodotto dall´imprenditore imitato.

Sulla scorta di quanto finora asserito, pare appena il caso di citare la celebre battaglia giudiziaria che da oltre sei anni vede il brand americano Guess difendersi dalle accuse di imitazione del marchio e concorrenza sleale mosse a suo carico dalla storica maison di Made in Italy, Gucci.

Non solo le Corti d’oltralpe, ma anche i giudici italiani sono stati chiamati a pronunciarsi su questa annosa querelle.

Con sentenza n. 6095 del 2013 il Tribunale di Milano ha rigettato la domanda proposta dalla Guccio Gucci volta ad accertare la responsabilità di Guess? Inc. Guess Italia in ordine al compimento di atti di contraffazione dei marchi e di concorrenza sleale e parassitaria ai danni di parte attrice.

Il Tribunale del capoluogo lombardo ha negato che le scelte stilistiche di Guess si fossero ispirate a quelle di Gucci, sembrando piuttosto che entrambe le “maison” avessero seguito le tendenze della moda, restando comunque entrambe fedeli alle proprie peculiari caratterizzazioni.

A parere dei giudici milanesi, tra gli atti di concorrenza sleale di cui al n. 3 dell´art. 2598 c.c. deve essere ricompresa la cosiddetta concorrenza parassitaria, laddove l´attività commerciale dell´imitatore si traduca in un cammino continuo e sistematico, anche se non integrale, essenziale e costante sulle orme altrui, giacché l´imitazione di tutto o di quasi tutto quello che fa il concorrente, nonché l´adozione più o meno immediata di ogni sua nuova iniziativa, seppure non realizzi una confusione di attività e di prodotti, è contraria alle regole che presiedono all´ordinato svolgimento della concorrenza.

Pertanto, la sommatoria di atti leciti potrebbe dar luogo anche ad un illecito, qualificato appunto in termini di concorrenza parassitaria, valutando l´attività imitativa nel suo complesso.

Ritenendo, altresì, che Gucci non potesse vantare alcun diritto di esclusiva sulla lettera “G” del logo, oggetto di acre disputa anche a livello internazionale tra le due case di moda, il Tribunale di Milano, con la medesima pronuncia, ha sostenuto che “il marchio "Guess" (utilizzato anche nella forma "Guess?") non fosse in concreto confondibile, neanche sotto il profilo del rischio di associazione, con quello altrui anteriore e patronimico Gucci, atteso che si tratta di segni entrambi notori, profondamente diversi sia per le denominazioni, neanche assonanti, evocando il primo il verbo inglese "indovinare", che per i caratteri e le sottolineature utilizzate, ed atteso l´elevato livello di attenzione dei consumatori del settore di riferimento, quello dell´abbigliamento e degli accessori di alta gamma e di rilevante costo, essendo riferito il primo marchio a prodotti appariscenti, destinati ad un pubblico giovanile, il secondo a prodotti signorili e "di classe".”

Ma l’azienda fiorentina, non soddisfatta della decisione assunta dai giudici milanesi, ha proposto avverso la stessa immediato gravame.

Con la sentenza n. 3308, depositata in data 15 settembre 2014, infatti, la Corte d’appello di Milano ha parzialmente accolto l’appello avanzato da Guccio Gucci s.p.a contro il brand americano Guess, riformando in parte la succitata sentenza di primo grado.

La Corte di Appello milanese, ha ritenuto, infatti, Guess Inc. E Guess Italia Srl responsabili del compimento di atti di concorrenza sleale a danno delle appellanti principali e ha rigettato l’appello in merito alla contraffazione dei marchi di GUCCI da parte di GUESS, confermando quanto deciso dal Tribunale di primo grado.

A giudizio della Corte, infatti, è indubbio che GUESS si sia resa responsabile della condotta parassitaria prevista dall´art. 2598 n. 3, cod. civ..

Quanto alla dannosità del comportamento in questione, la Corte ne ha presunto la sussistenza, se non altro sotto il profilo dello sviamento della clientela e dell´induzione in errore della domanda.

La suddetta decisione sarà sicuramente oggetto di ulteriore impugnazione dinnanzi  alla Corte di Cassazione. Chi la spunterà? Attendiamo gli esiti!