Pubbl. Mar, 9 Gen 2024
È onere del condomino che impugni la delibera assembleare per violazione dei quorum fornire prova della relativa carenza
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Carmen Scarfò
Con l´ordinanza n. 28262 del 09/10/2023, la II Sezione della Corte di Cassazione offre un importante spunto per affrontare varie questioni sulle tabelle millesimali in condominio, quali documenti di natura tecnico-valutativa che assolvono ad innumerevoli funzioni gestionali, tra cui quella di determinare i quorum costituitivi e deliberativi dell’assemblea condominiale, oltre che quella di prevenire conflitti nell’utilizzo e nella gestione dei beni comuni da parte dei condomini.
Sommario: 1. Brevi cenni sul condominio; 2. Le tabelle millesimali: natura e funzioni; 2.1. Tabelle millesimali: tipologia e contenuto; 2.2. Tabelle millesimali: approvazione, modifica e rettifica; 3. Il caso giudiziario; 3.1. Le motivazioni della Corte di Cassazione; 4. Commento all’ordinanza n. 28262 del 09.10.2023 della seconda sezione civile della Corte di Cassazione; 5. Conclusioni.
1. Brevi cenni sul condominio.
Preliminarmente alla trattazione delle questioni giuridiche sottese al caso in esame è opportuno illustrare per brevi cenni le caratteristiche e le peculiarità del condominio, il quale rappresenta una forma speciale di comunione[1].
Il condominio, regolato dagli artt. 1117 ss. c.c., si ha allorquando in un medesimo edificio coesistono più unità immobiliari di proprietà esclusiva di singoli condomini e parti comuni strutturalmente e funzionalmente connesse al complesso delle prime[2] (v. art. 61 disp. att. c.c.).
La disciplina del condominio dettata dagli artt. 1117 ss. del Codice civile nel corso degli anni è stata modificata e/o integrata; in tema l’ultima riforma risale all’anno 2012 quando è stata promulgata la L. 220/2012, la quale ha profondamente riformato l’istituto del condominio siccome disciplinato dal codice civile mediante l’introduzione di nuovi articoli o la novella di quelli già esistenti[3]
Dal punto di vista genetico, si può dire che il condominio negli edifici sorge ipso iure et facto, senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni, nel momento in cui più soggetti divengono proprietari esclusivi delle varie unità immobiliari che costituiscono l’edificio[4]; esso è definito dalla giurisprudenza e dalla dottrina maggioritaria come un ente di gestione sprovvisto di personalità giuridica, il cui scopo è quello di armonizzare la gestione delle parti comuni al fine di consentire il migliore godimento delle parti private[5].
Il funzionamento del condominio deve essere garantito dalla presenza di un organo deliberativo ed uno esecutivo; il primo (l’assemblea condominiale) assume tutte le decisioni riguardanti i beni comuni di cui possono godere di diritto tutti i condomini; il secondo (l’amministratore di condominio) svolge le funzioni esecutive all’interno dello stabile, agendo in nome e per conto del condominio rappresentato e adoperandosi per la gestione dei beni comuni e dei servizi condivisi (v. art. 71 disp att. c.c. e artt. 1129 e 1130 c.c.)[6].
2. Tabelle millesimali: natura e funzioni.
Salvo che sia diversamente previsto nel titolo, le c.d. parti comuni si presume appartengano in comunione a tutti i proprietari esclusivi delle singole unità immobiliari site nel condominio – pro quota – in proporzione al valore di ciascuna di dette unità immobiliari rispetto al valore dell’intero edificio (art. 1118, c. I, c.c.), sicché in condominio i diritti e i doveri dei partecipanti sono proporzionali al valore della proprietà d ciascuno (art. 1118, cc. I, II e III, c.c.).
Ebbene, la misura proporzionale dei diritti e degli obblighi dei condomini sulle parti comuni viene espressa in millesimi in apposita tabella (c.d. tabella millesimale) allegata al regolamento di condominio[7], e che ne costituisce parte integrante (art. 68, c. I, disp. att. c.c.)[8].
Le tabelle millesimali, dunque, sono documenti di natura tecnico-valutativa del patrimonio dei condomini, attraverso i quali viene precisato, sulla base di calcoli aritmetici, il valore espresso in millesimi, di ciascun piano o porzione di piano rispetto a quello dell’intero edificio[9] ed hanno la funzione di: rappresentare la misura dei diritti di ciascun condomino sulle parti comuni e sui servizi condominiali[10]; distribuire tra i condomini il carico delle spese condominiali; indicare il peso di ciascun condomino nella formazione dei quorum assembleari, costitutivi e deliberativi[11].
2.1. Tabelle millesimali: tipologia e contenuto.
In condominio esistono diverse tipologie di tabelle, le quali variano in base alla conformazione dello stabile e in ragione delle specifiche esigenze del condominio in questione.
Le tipologie di tabelle millesimali ricorrenti nella pratica condominiale sono solitamente quattro[12]: le tabelle di proprietà; le tabelle per le scale; le tabelle per l’ascensore ed infine le tabelle per il riscaldamento[13].
Giova rilevare, prima di addentrarci nell’esame delle singole tipologie di tabelle, che le tabelle per le scale, per l’ascensore e per il riscaldamento, unitamente alle altre possibili tabelle (diverse da quelle di proprietà) presenti all’interno del condominio, sono ricorrenti nella pratica condominiale e vengono definite tabelle d’uso (o di gestione) le quali hanno, di regola, valore puramente dichiarativo dei criteri di calcolo stabiliti dalla legge per determinati beni (o impianti) destinati a servire i condomini in misura diversa o soltanto una parte dell'intero fabbricato, e servono meramente ad agevolare lo svolgimento delle assemblee e la ripartizione delle spese tra i proprietari esclusivi delle singole unità immobiliari componenti lo stabile condominiale.
Ciò posto, le tabelle di proprietà (o tabelle A) rappresentano, per come esposto nel precedente paragrafo, una rappresentazione del valore di ogni singolo appartamento che compone il condominio; esse vengono redatte senza tener conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascuna unità immobiliare (art. 68, comma II, disp. att. c.c.); pertanto, in ragione del loro carattere imprescindibile, sono di norma allegate al regolamento di condominio.
Difatti, è pacifico che per ottenere il valore dei millesimi è necessario prendere in considerazioni sia gli elementi intrinseci dei singoli immobili oggetto di proprietà esclusiva che gli elementi estrinseci, nonché le eventuali pertinenze delle proprietà esclusive, in quanto quest'ultime consentono un migliore godimento dei singoli appartamenti al cui servizio e ornamento sono destinati in modo durevole, determinando un accrescimento del valore patrimoniale dell’immobile[14].
Nello specifico, per stilare le tabelle millesimali di proprietà bisogna aver riguardo alle superfici equivalenti o virtuali di ogni unità abitativa, le quali altro non sono che il risultato della moltiplicazione di tutte le superfici utili di ogni locale per dei coefficienti correttivi calcolati in base alla valutazione dell’indice di differenziazione delle unità immobiliari riferite a diversi elementi (es. esposizione alla luce, piano, destinazione del fabbricato etc…)[15].
Le tabelle per le scale e per gli ascensori (o tabelle B e C) sono le tabelle relative alla ripartizione delle spese di manutenzione delle scale e degli ascensori.
Com’è noto, tutti i condomini, ai sensi dell’art. 1224 c.c.[16], proprietari di unità immobiliari servite da scale e ascensori sono tenuti a contribuire alle spese necessarie per il mantenimento degli stessi, la quale per metà viene calcolata in ragione delle singole unità immobiliari e per l’altra metà viene ripartita esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo e considerando come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o le camere a tetto o lastrici solari, salvo che non siano di proprietà comune[17].
Il procedimento per la redazione di tali tabelle consterà di tre fasi.
In primo luogo, sarà necessario redigere una tabella volta a specificare i millesimi in maniera proporzionale rispetto ai millesimi di proprietà; in secondo luogo, verrà stilata un’ulteriore tabella basata sull’altezza dell’unità del suolo; infine, al fine di ottenere le cifre relative alle tabelle definitive per la contribuzione dei condomini alle spese di manutenzione di scale e ascensori, si sommeranno i risultati delle due tabelle[18].
Tuttavia, non tutte le unità che vanno a comporre l’immobile sono effettivamente servite da scale ed ascensori, sicché raramente la somma dei millesimi di proprietà risulterà esattamente mille[19].
Infine, le tabelle per il riscaldamento (o tabelle D) riguardano i millesimi attraverso i quali spartire le spese relative all’impianto di riscaldamento centralizzato.
L’art. 1118 c.c., come modificato dalla L. 220 del 2012, consente al condomino di distaccarsi dall’impianto centralizzato - di riscaldamento o di raffreddamento – condominiale ove una siffatta condotta non determini notevoli squilibri per il funzionamento dell’impianto stesso o aggravi di spesa per gli altri condomini[20].
Tuttavia, il condomino autorizzato a rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato e a distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare all’impianto comune rimane obbligato a pagare le spese di conservazione, poiché l’impianto centralizzato è un accessorio di proprietà comune, al quale egli potrà, in ogni momento, riallacciare la propria unità immobiliare[21].
Orbene, secondo la dottrina[22] la ripartizione delle spese per la manutenzione del sistema di riscaldamento centralizzato dovrebbe essere calcolato in base al “fabbisogno termico”, il quale varia da unità a unità in ragione delle caratteristiche intrinseche delle singole unità immobiliari che in concreto risultano essere asservite dal suddetto impianto.
Tuttavia, sul punto, il Codice civile è perentorio, dal momento che la ripartizione tra singoli condomini delle spese per il riscaldamento centralizzato avverranno sulla base dei millesimi di proprietà; di tal guisa, il totale della spesa sostenuta da ciascuna unità immobiliare deriverà dalla somma di una quota fissa, stabilita dai consumi fissi[23] e di una quota variabile, dipendente dalla quantità di calore che ogni condomino intende mantenere all’interno della sua unità immobiliare[24].
2.2. Tabelle millesimali: approvazione, modifica e rettifica.
Un condominio può essere gestito anche in assenza di tabelle millesimali[25], in quanto non sono obbligatorie se il numero di condomini non è superiore a dieci.
Tanto lo si evince da una lettura ragionata dell’art. 1138 c.c., il quale statuisce che << Quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione.>>
Il procedimento di formazione e approvazione delle tabelle millesimali è vario: esse, difatti, a seconda del procedimento di formazione adottato si distinguono in tabelle contrattuali (o predisposte dall’originario proprietario o costruttore), tabelle assembleari (o deliberate dall’assemblea, secondo la maggioranza prescritta dall’art. 1136 c.c.) e, infine, tabelle millesimali giudiziali (o determinate dall’Autorità Giudiziaria in caso di disaccordo tra i condomini).
Ulteriore forma di tabella millesimale, in virtù del disposto dell’art. 1123 c.c.[26], è la tabella millesimale contrattuale assembleare, non all’allegata all’atto di compravendita ma approvata dall’assemblea condominiale con quorum deliberativi differenti a seconda dell’oggetto della medesima.
Invero, le tabelle approvate contrattualmente dai condomini possono sostanzialmente rispecchiare due tipi di contenuti: tabelle che derogano ai criteri di ripartizione delle spese comuni stabiliti dalla legge e tabelle che adottano i criteri di ripartizione delle spese comuni stabiliti dalla legge.
Le prime tabelle, operando una ripartizione delle spese tra i condomini in modo diverso rispetto a quanto prescritto dall’art. 1123, hanno natura negoziale e, pertanto, devono essere approvate dall’unanimità dai condomini; invece, per l’approvazione delle seconde tabelle, ponendosi unicamente come parametro di quantificazione degli obblighi contributivi dei condomini nel rispetto dei criteri legali di suddivisione delle spese, è necessaria la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, comma II, c.c., prevista anche per la modifica e per l’approvazione del regolamento di condominio.
In ogni caso, le tabelle millesimali non sono intangibili, infatti, la legge ne ammette la revisione.
Nello specifico, l’art. 69 disp. att. c.c. prevede che <<I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all’art. 68 disp. att. c.c. posso essere rettificati o modificati all’unanimità>>.
Ne discende che la revisione delle tabelle millesimali può aversi tramite rettifica o modifica.
La rettifica presuppone che le tabelle adottate siano affette da errori di calcolo o vizi formali, essenziali e riconoscibili[27], che non inficiano completamente la loro funzione, ma necessitano di un correttivo per evitare pregiudizi nella loro applicazione; invece, la modifica potrà aver luogo laddove siano mutate le originarie condizioni dello stabile[28], in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o di diminuzione delle unità immobiliari che alterino per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino.
La revisione delle tabelle, consista essa in una modifica o rettifica, può avere forma di procedura assembleare (nel caso vi sia il consenso dei condomini) o giudiziale (in caso di disaccordo tra i condomini) e non ha carattere retroattivo[29], sicché il condomino deve esperire l’azione di arricchimento senza causa, per ottenere il ristoro di quanto pagato in eccedenza[30].
3. Il caso giudiziario al vaglio della Corte di Cassazione: l’ordinanza n. 28262 del 09 ottobre 2023.
Dopo aver esaminato - tanto dal punto di vista dottrinale, quanto dal punto di vista giurisprudenziale - il sostrato giuridico in cui snoda la vicenda giuridica in commento, è opportuno operare una disamina delle tappe del processo ermeneutico che ha portato la seconda sezione civile della Corte di Cassazione a pronunciare con l’ordinanza n. 28262 del 09.10.2023 il principio di diritto oggetto del presente contributo.
Il caso giudiziario sotteso alla pronuncia in commento trae origine dall’impugnazione proposta da una condomina avverso la deliberazione approvata[31], in data 13.02.2013, dal condominio ove è collocata l’unità immobiliare di sua proprietà.
L’attrice contestava l’illegittima costituzione dell’assemblea con riguardo all’indicazione dei millesimi spettanti ai partecipanti; essa, in particolare, deduceva che la delibera avversata dovesse considerarsi invalida e, per lo effetto, dovesse essere annullata perché i rispettivi quorum costituivi e deliberativi sarebbero stati calcolati sulla base dell’erronea distinzione tra “millesimi di proprietà” e “millesimi di gestione”, distinzione (assertivamente) inesistente anche alla luce della tabella millesimale approvata con la delibera del 2009 e vigente al tempo dell’impugnazione[32].
Siffatte deduzioni e richieste venivano rigettate dal Tribunale e dalla Corte di Appello di Milano; in particolare, i Giudici del gravame sostenevano che nell’assemblea del 13.02.2013 si operava corretta applicazione dei millesimi di proprietà, in quanto l’intestazione della tabella millesimale, approvata con la delibera assembleare del 13.07.2009, portava la dicitura “millesimi di gestione” e “millesimi di proprietà, la cui differenza e diversa utilizzazione era pacifica tra tutti i condomini del palazzo, stante la costante utilizzazione di tali prospetti millesimali nelle assemblee svoltesi negli anni a seguire[33].
La condomina, pertanto, nei confronti della pronuncia dei Giudici di appello proponeva ricorso per Cassazione mediante il quale denunciava anche << violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, comma 1, c.c., 68, comma 1, e 69, comma 1, n. 2, disp. att. c.c., 116 c.p.c., per avere il giudice di secondo grado violato le norme riguardanti il valore proporzionale, espresso in millesimi, delle unità immobiliari all’interno del condominio>>.
In altri termini, la ricorrente adduceva che i Giudici di appello fossero incorsi in un “error in iudicando” nel sostenere[34] che i millesimi di proprietà e i millesimi di gestione avessero natura differente, dal momento che i millesimi di gestione nella realtà sono coincidenti con i millesimi di proprietà, corrispondenti << al valore di proprietà di ciascuna unità immobiliare all’interno di un condominio, espresso in millesimi, che trova la sua ragion d’essere proprio nella suddivisione delle spese di gestione di cui necessitano le parti comuni dell’edificio stesso[35]>>.
3.1. Le motivazioni della Corte di Cassazione.
I Giudici del Supremo Collegio, nel dirimere il caso suesposto, da un lato, rilevavano che le doglianze della ricorrente contestavano la distinzione adoperata dai Giudici del merito tra tabella millesimale di proprietà e tabella millesimale di gestione e non l’invalidità della delibera impugnata per carenza dei quorum stabiliti dall’art. 1136 c.c., alla stregua dei valori proporzionali delle unità immobiliari cui alludono gli artt. 1118 c.c. e 68 disp. att. c.c.; dall’altro, sostenevano che << Quando l’impugnazione di una delibera assembleare condominiale sia fondata […] sulla deduzione di vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea o alla adozione con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge, la tabella millesimale assume un rilievo dirimente soltanto quando i condomini, nell’esercizio della loro autonomia, abbiano espressamente dichiarato di accettare che le loro quote nel condominio vengano determinate in modo difforme da quanto previsto dagli artt, 1118 c.c. e 68 disp. att. c.c., dando vita sul punto ad una convenzione di valore negoziale, la quale si risolve in un impegno irrevocabile di determinare le quote in un certo modo [36]>>; infine concludevano rilevando che nel caso in esame << l’esistenza di tabelle convenzionali non risulta […] né allegata né dimostrata[37]>>.
A tal proposito, gli Ermellini richiamavano consolidati, seppur recenti, orientamenti della giurisprudenza di legittimità secondo cui <<[…] l’atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quelle di revisione delle stesse, non ha natura negoziale, ma rivela un valore puramente dichiarativo, in quanto serve solo ad esprimere in precisi termini aritmetici un già preesistente rapporto di valore, secondo i criteri di calcolo stabiliti dalla legge[38]>>, sicché << Il criterio di identificazione delle quote di partecipazione al condominio […] esiste […] prima ed indipendentemente dalla formazione della tabella dei millesimi, la cui esistenza e il cui rispetto non costituiscono, perciò, requisito di validità delle delibere assembleari, essendo sempre consentito di valutare anche a posteriori in giudizio se le maggioranze richieste per la validità della costituzione dell’assemblea e delle relative deliberazioni siano state raggiunte, in quanto la tabella anzidetta agevola, ma non condiziona lo svolgimento dell’assemblea e, in genere, la gestione del condominio[39]>>.
Infine, i Giudici di piazza Cavour asserivano che il condomino che voglia lamentare l’erroneità delle tabelle millesimali in uso deve agire per la revisione delle stesse a norma dell’art. 69 disp. att. c.c., fatta salva la portata non retroattiva della pronuncia di revisione giudiziale, la quale non comporta, secondo il granitico orientamento della giurisprudenza[40], l’invalidità di tutte le delibere approvate sulla base delle tabelle precedentemente in vigore[41].
4. Commento all’ordinanza n. 28262 del 09.10.2023 della seconda sezione civile della Corte di Cassazione.
Giova premettere che le questioni giuridiche trattate dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza in commento afferiscono all’onere della prova gravante sul condomino che impugna una delibera condominiale deducendo vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea di condominio o alla adozione della relativa delibera con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge, nonché alla portata dirimente assunta dalle tabelle millesimali in siffatte ipotesi di impugnazione.
Tali tematiche sovente costituiscono oggetto di contesa nelle liti fra condomini e fra condomini e condominio, le quali sovente sfociano (come è accaduto nel caso di specie) in processi annosi e farraginosi.
Tanto premesso, l’iter logico-argomentativo seguito dalla Cassazione è perfettamente conforme ai precedenti orientamenti giurisprudenziali ed alle tesi dottrinali esposte nei precedenti paragrafi.
Nell’affermare ciò che poc’anzi si è rappresentato sulla natura e sulle innumerevoli funzioni svolte dalle tabelle millesimali all’interno del condominio, i giudici di Legittimità precisavano che il criterio di determinazione dei quorum costitutivi e deliberativi dell’assemblea condominiale, derivando in buona sostanza dai millesimi di proprietà (i.e. dal rapporto tra il valore dell’intero edificio e quello relativo alla proprietà del singolo), prescinde dalla formazione e, addirittura, dall’esistenza delle tabelle millesimali, che non condizionano il processo di deliberazione dell’assemblea condominiale, dal momento che le medesime sono volte soltanto ad agevolare la gestione del condominio, salvo che i condomini, nell’esercizio della loro autonomia, abbiano espressamente dichiarato di accettare che le loro quote nel condominio vengano determinate in modo difforme da quanto previsto negli artt. 1118 c.c. e 68 disp att. c.c..
Orbene, è pacifico che le tabelle millesimali che rilevano nell’ambito del condominio non rivestono la natura di atto negoziale[42] perché non incidono sul diritto di proprietà di ciascun condomino, ma accertano ed esprimono in precisi termini aritmetici il valore delle unità immobiliari dei singoli condomini rispetto all’intero edificio, ai soli fini di una comoda gestione dell’intero stabile[43].
Ne discende che la delibera condominiale non può dirsi affetta da nullità per carenza di valide tabelle millesimali o perché adottata in spregio ai quorum deliberativi e costitutivi determinati sulla base delle tabelle citate, dal momento che la ripartizione di una spesa condominiale o la scelta dell’impresa cui affidare i lavori straordinari ovvero l’installazione di un ascensore per agevolare uno dei condomini che versa in uno stato di disabilità (come avveniva nel caso de quo) può essere deliberata anche in mancanza di una appropriata tabella millesimale[44].
Diversamente, le tabelle millesimali assumono una portata dirimente nell’ambito dell’adozione di una delibera assembleare e nel processo in cui essa è avversata, allorquando i condomini, nell’esercizio della loro autonomia[45], abbiano all’unanimità approvato una convenzione mediante la quale abbiano accettato irrevocabilmente che le loro quote nel condominio vengano determinate in modo difforme da quanto previsto negli artt. 1118 c.c. e 68 disp att. c.c. - derogando così anche ai criteri di ripartizione delle spese previsti dall’art. 1123 c.c.[46] ed incidendo quorum deliberativi e costitutivi dell’assemblea, dettati dall’art. 1136 c.c.
In siffatta ipotesi, la delibera condominiale - con la quale si assumono delle decisioni in ordine la ripartizione di una spesa condominiale o la scelta dell’impresa cui affidare i lavori straordinari ovvero l’installazione di un ascensore per agevolare uno dei condomini che versa in uno stato di disabilità (come avveniva nel caso de quo) – deve necessariamente essere adottata nel rispetto delle quote volute dai condomini, siccome cristallizzati nella relativa convenzione modificatrice dinanzi citata[47].
In ogni caso, sul piano processuale il condomino che impugni la delibera assembleare condominiale, deducendone l’invalidità per vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea di condominio o alla adozione della relativa delibera con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge, deve fornire la prova che le condizioni previste dall’art. 1136 c.c., per la regolare costituzione ovvero formazione della volontà dell’assemblea, non sono state rispettate[48].
In tal senso, la seconda sezione civile della Suprema Corte di Cassazione con l’Ordinanza in commento pronunciava, all’esito della disamina degli atti di causa del caso giudiziario suesposto, il seguente principio di diritto: << Il condomino che impugna una deliberazione dell'assemblea, deducendo vizi relativi alla regolare costituzione o alla approvazione con maggioranza inferiore a quella prescritta, ha l'onere di provare la carenza dei quorum stabiliti dall'art. 1136 c.c., alla stregua del valore proporzionale delle unità immobiliari dei condomini intervenuti in rapporto al valore dell'intero edificio, senza che abbia rilievo in proposito l'esistenza di una "tabella di proprietà" e di eventuali "tabelle di gestione", le quali hanno, di regola, valore puramente dichiarativo dei criteri di calcolo stabiliti dalla legge per determinati beni o impianti destinati a servire i condomini in misura diversa o soltanto una parte dell'intero fabbricato, e servono soltanto ad agevolare lo svolgimento delle assemblee e la ripartizione delle spese ad essi relativi.>>
In altri termini, gli Ermellini con la pronuncia dell’esposto principio di diritto, peraltro conforme a numerosi precedenti giurisprudenziali, ritenevano che il condomino che impugna la delibera assembleare allegando che sia stata adottata in violazione delle maggioranze previste dall’art. 1136 c.c. deve dimostrare, ai sensi dell’art. 2697 c.c., quali sono le effettive quote di partecipazione del singolo condomino all'interno del condominio, in quali esatti termini si è concretato il mancato rispetto dei quorum deliberativi e costitutivi prescritti dalla legge per l’adozione della delibera ed, infine, qual è il conseguente pregiudizio sofferto.
Una prova di tale portata, dunque, si ritiene possa essere fornita ad esempio mediante la produzione in giudizio dell’avviso di convocazione dell’assemblea, spedito almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione (art. 66 disp. att. c.c.)[49], contenente l’indicazione del luogo, dell’ora e dell’ordine del giorno dell’adunanza, il verbale assembleare, il quale costituisce una mera dichiarazione di scienza ed offre una prova presuntiva dei fatti che afferma essersi verificati, dal momento che dovrebbe contenere l’elenco nominativo dei condomini intervenuti, indicando assenti e dissenzienti, nonché il valore delle rispettive quote, consentendo tali dati di stabilire con sicurezza quanti e quali condomini hanno espresso voto favorevole, nonché di verificare che la deliberazione assunta abbia superato il quorum richiesto dall’art. 1136 c.c.[50].
A ciò si aggiunga che il condomino, ove esistenti, dovrà produrre in giudizio copia conforme delle tabelle millesimali contrattuali assembleari che determinano le quote delle singole unità immobiliari in modo difforme a quanto previsto dall’art. 1168 c.c. e 68 disp. att. c.c.., in quanto – incidendo sulla costituzione dell’assemblea condominiale e sulla validità delle relative deliberazioni - sono necessari per consentire al giudice di saggiare che la deliberazione condominiale impugnata non abbia rispettato in concreto i quorum costitutivi e deliberativi richiesti dall’art. 1136 c.c.
5. Conclusioni
L’ordinanza della Suprema Corte di Cassazione oggetto del presente contributo costituisce un importante spunto per riflettere sul ruolo svolto dalle tabelle millesimali in condominio ed in ordine alla portata assunta dalle suddette tabelle nell’ambito dei giudizi d’impugnazione della delibera condominiale per carenza dei quorum costitutivi e deliberativi dell’assemblea previsti dall’art. 1136.
In particolare, tale pronuncia fornisce l’occasione per discettare in ordine all’onus probandi che grava sul condomino che impugni la delibera assembleare per violazione dei quorum di cui all’art. 1136 c.c., tematica usualmente ricorrente nelle aule giudiziarie ove si discute sulla sua concreta portata.
Per tale motivo, dopo aver ripercorso il sostrato giuridico in cui si dipana la vicenda giuridica sottesa all’ordinanza n. 28262 del 09.10.2023 e le sue tappe fondamentali, il presente contributo mira ad approfondire, in modo chiaro e conciso, il contenuto ed i limiti dell’onere probatorio che il condomino deve assolvere, ai sensi dell’art. 2697 c.c., allorquando impugna una delibera condominiale deducendo vizi relativi alla regolare costituzione o alla approvazione con maggioranza inferiore a quella prescritta.
[1] Per le differenze tra condominio e comunione v. Cass. Civ., SS.UU., 31 gennaio 2006, n. 2046 la quale afferma che << si verte in tema di comunione, quando, su un bene determinato, spettano congiuntamente pro indiviso a più persone il diritto di proprietà o altro diritto reale, mentre si verte in tema di condominio quando la comunione di più persone su talune parti dell’edificio coesiste con la proprietà esclusiva dei vari appartamenti.>>
[2] In dottrina per un corretto inquadramento sistematico dell’istituto si vedano A. Torrente, P. Schlesinger, Manuale di Diritto Privato, a cura di F. Anelli e C. Granelli, Milano, 2021; E. Valentino, Le tabelle millesimali in condominio, Milano, 2021, 6, nel dare una definizione dell’istituto del condominio afferma che << La terminologia che solitamente si usa in ambito condominiale è quella dell’asservimento, […] perché sottolinea l’esistenza di un rapporto necessario tra il bene servente (la parte comune) e bene servito (la proprietà privata)>> .In giurisprudenza si vedano. Cass. Civ. n. 1680/2015 la quale afferma che << L’art. 117 contiene un’elencazione solo esemplificativa e non tassativa dei beni che si presumono comuni, poiché sono tali anche quelli aventi unoggettiva e concreta destinazione al servizio comune, salvo che risulti diversamente dal titolo […]>>; Cass. Civ., 17 febbraio 2020, n. 3852 la quale afferma che in materia di condominio si presumono parti comuni dell’edificio << tutte le parti necessarie all’uso comune; le aree destinate a parcheggio ed i locali per i servizi in comune; le opere, le installazioni ed i manufatti destinati all’uso comune.>>
[3] L. 220/2012, entrata in vigore il 18.06.2013, in www.gazzettaufficiale.it
[4] Cfr. Cass. Civ. n.3852/2020; Cass. Civ. n. 19829/2004.
[5] Nella giurisprudenza di merito si vedano ex aliis App. Trento, Sez. Lav., 16 luglio 2020, n. 13; App. Bari, Sez. III, 4 agosto 2020, n. 1484; nella giurisprudenza di legittimità si vedano ex multis Cass. Civ. nn. 26557/2017; 25855/2017; Cass. Civ., SS.UU., 8 aprile 2008, n. 9148 la quale afferma che << Il condominio si definisce come un ente di mera gestione. Infatti, non è titolare di un patrimonio autonomo, né di diritti e di obbligazioni: la titolarità dei diritti sulle cose, gli impianti e i servizi di uso comune, in effetti, fa capo ai singoli condomini; agli stessi condomini sono ascritte le obbligazioni per le cose, gli impianti ed i servizi comuni e la relativa responsabilità; le obbligazioni contratte nel cosiddetto interesse del condominio non si contraggono in favore di un ente, ma nell’interesse dei singoli partecipanti.>> In dottrina si vedano E. Valentino, cit., 8 e 9.
[6] Per approfondire gli organi del condominio si vedano A. Torrente, P. Schlesinger, cit., a cura di F. Anelli e C. Granelli, Milano, 2021; E. Valentino, cit., 15 – 19.
[7] Sul regolamento di condominio si veda. art. 1138 c.c.
[8] E. Valentino, cit., 20 precisa che << All’acquisto dell’appartamento nel condominio, il nuovo proprietario dichiara di conoscere ed accettare il regolamento, ivi comprese le tabelle millesimali in calce allo stesso.>>; M. Ferrari, Tabelle millesimali: la guida completa, www.altalex.com: << Non esiste una disciplina normativa specifica sulle modalità di redazione o sui parametri da impiegare, pertanto, per prassi, si fa riferimento a due circolari ministeriali […]: Circolare Ministero dei Lavori Pubblici n. 12480 del 26 marzo 1966; Circolare Ministero dei Lavori Pubblici n. 2945 del 26 luglio 1993.>>
[9] Nella giurisprudenza di merito ex plurimis così Trib. Perugia, 29.09.2020, n. 1019.
[10] Sul punto E. Valentino, cit., 20-21, precisa che <<[…] tutti i proprietari hanno un diritto paritetico di utilizzare i beni comuni, senza che tale facoltà sia estesa o ridotta dalla quantità di millesimi posseduti (che invece influisce sul totale delle spese condominiali da pagare).>>
[11] In tesi si vedano M. Ferrari, cit., in www.altalex.com; E. Valentino, cit., 20, precisa che << Tale peso ponderato corrisponde ad un aumento di proprietà delle parti comuni, con conseguente proporzionale aumento delle spese condominiali, ma anche un maggiore valore nelle votazioni assembleari.>>
[12] Sul punto M. Ferrari, cit., in www.altalex.com rileva che possono esserci ulteriori tabelle millesimali, ad esempio << per la pulizia ed illuminazione dell’androne (tabella E) o la tabella per la ripartizione delle spese del servizio di portierato, se esistente (tabella F).>>
[13] E. Valentino, cit., 23, precisa che la suddivisione delle tabelle millesimali in quattro tipologie fondamentali non è tassativa, in quanto << potrebbero essere disposte tabelle con letture differenti o tabelle ulteriori.>>
[14] Così Cass. Civ., Sez. II, 11 settembre 2017, n. 21043; conf. Cass. Civ. n. 12018/2004 la quale precisa che << Ai fini della redazione delle tabelle millesimali di un condominio, per determinare il valore di ogni piano o porzione di piano occorre prendere in considerazione sia elementi intrinseci dei singoli immobili oggetto di proprietà esclusiva (quali l’estensione) che elementi estrinseci (quali l’esposizione), nonché le eventuali pertinenze delle proprietà esclusive, tra le quali possono essere considerati i giardini di proprietà esclusiva di singoli condomini, in quanto consentono un migliore godimento dei singoli appartamenti al cui servizio ed ornamento sono destinati in modo durevole, determinando un accrescimento del valore patrimoniale dell’immobile.>>
[15] E. Valentino, cit., 36.
[16] L’art. 1124 c.c. è stato modificato dalla L. 220/2012.
[17] Il riparto delle spese relative all’illuminazione della scala viene operato secondo quanto disposto dal secondo comma dell’art. 1223 c.c., poiché tutti i condomini ne beneficiano, in tema si veda Cass. Civ. n. 8657/1996
[18] Per un approfondimento dei metodi calcolo delle tabelle millesimali per le scale e per gli ascensori si veda E. Valentino, cit., 40-41.
[19] In base al criterio espresso dall’art. 1224 c.c., i proprietari degli immobili siti al piano terra pagheranno la metà della spesa in ragione dei loro millesimi di proprietà, e null’altro dovranno, in quanto l’altezza del loro piano è pari a zero.
[20] Cfr. Cass. Civ. 22285/2016.
[21] Cass. Civ. 18131/2020.
[22] E. Valentino, cit., 41.
[23] La quota fissa è legata alla capacità dell’impianto, pertanto è invariabile ed involontaria.
[24] E. Valentino, cit., 41, specifica che la quota variabile << è direttamente connessa alla presenza della cosiddetta termovalvola, o valvola termostatica, dispositivo obbligatorio che dovrebbe essere installato su ogni calorifero presente sull’unità, con lo scopo di contabilizzare correttamente i consumi, ridurre, quando possibile, gli sprechi energetici e in generale migliorare l’efficienza degli impianti.>>
[25] È pacifico nella giurisprudenza di legittimità che la preesistenza delle tabelle millesimali non è necessaria per il funzionamento e la gestione del condominio, ex aliis Cass. Civ., Sez. II, 19.07.2012, n. 12471.
[26] Giova rammentare che, ai sensi dell’art. 1123 c.c., è sempre consentito redigere tabelle in deroga ai principi legali previsti per il riparto delle spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza.
[27] E. Valentino, cit., 25, precisa che non è << tollerabile la rettifica per un mero refuso.>>
[28] M. Ferrari, op cit., in www.altalex.com specifica che <<[…] non rientrano nel mutamento delle condizioni dell’edificio: la trasformazione di un balcone in una veranda (sempre che non si aumenti di 1/5 il valore proporzionale dell’alloggio); tutte le alterazioni che incidono per meno di 1/5 sul valore proporzionale dell’unità immobiliare.>> E. Valentino, cit., 25, afferma che << I costi della modifica delle tabelle devono essere sostenuti dal soggetto o i soggetti che hanno dato atto alle modifiche>>. Nella giurisprudenza di merito Trib. Gorizia, 21.08.2019, n. 312 afferma che << Il diritto di chiedere la revisione delle tabelle millesimali è condizionato dall’esistenza di uno o entrambi i presupposti indicati dall’art. 69 disp. att. c.c. […] la cui ricorrenza va dimostrata, in base alla regola generale del riparto dell’onere probatorio, da chi intende modificare le tabelle>>.
[29] Cass. Civ. 7696/1994; Cass. Civ., 09.10.2023, Ord. n. 28262
[30] Cass. Civ. 5690/2011
[31] La delibera avversata concerneva la scelta dell’impresa cui affidare lavori straordinari e la richiesta formulata da alcuni condomini per l’installazione di un ascensore finalizzato alle esigenze di un disabile residente nell’edificio.
[32] Cfr. parr. 3 e 4.2 Cass. Civ., 09.10.2023, Ord. n. 28262.
[33] Cfr. par. 3 Cass. Civ., 09.10.2023, Ord. n. 28262.
[34] Parimenti a quanto avevano fatto i giudici di prime cure (rectius i Giudici del Tribunale di Milano)
[35] Cfr. par. 4 Cass. Civ., 09.10.2023, Ord. n. 28262.
[36] V. par. 4.4 Cass. Civ., 09.10.2023, Ord. n. 28262.
[37] V. par. 4.4 Cass. Civ., 09.10.2023, Ord. n. 28262.
[38] Cass. Civ., SS.UU, n. 18477/2010.
[39] Cass. Civ. n. 3295/2023.
[40] Cass. Civ. nn. 2635/2021; 6735/2020;4844/2017; SS. UU 16794/2007.
[41] Cfr. par. 4.4. Cass. Civ., 09.10.2023, Ord. n. 28262.
[42] Si ricordi che ha natura negoziale la tabella millesimale contrattuale assembleare che deroga ai criteri di ripartizione delle spese comuni stabiliti dall’art. 1123 c.c.
[43] Nella giurisprudenza di legittimità Cfr. Cass. Civ., SS.UU., 08.09.2010, n. 18477; nella giurisprudenza di merito Cfr. Trib. Fermo 24.07.2019, n. 438.
[44] Cfr. Cass. Civ., SS. UU., 16.02.2012, n. 2237.
[45] L. Presunti, La natura giuridica dell’atto di approvazione delle tabelle millesimali, in Giust. Civ., fasc. 5-6, 2013, 223 afferma che << Le uniche tabelle millesimali che rilevano nell’ambito della disciplina della disciplina del condominio sono valutazioni tecniche, mentre quelle definite convenzionali esulano completamente dalla disciplina del condominio e devono essere collocate nell’alveo dell’autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 c.c.>>
[46] Cass. Civ. 4844/2017 afferma che << Alla stregua dell’art. 1123, la disciplina legale della ripartizione delle spese per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell’edificio è, in linea di principio, derogabile, con la conseguenza che deve ritenersi legittima la convenzione modificatrice di tale disciplina, contenuta nel regolamento condominiale di natura contrattuale, ovvero nella deliberazione dell’assemblea, quando approvata da tutti i condomini.>>
[47] Cass. Civ. 27233/2013 afferma che << Ove manchi una diversa convenzione adottata all’unanimità, che sia espressione dell’autonomia contrattuale, la ripartizione delle spese generali deve necessariamente avvenire secondo i criteri di proporzionalità, fissati nell’art. 1123, comma I, non essendo consentito all’assemblea, mediante deliberazione a maggioranza, di suddividere con criterio “capitario” gli oneri necessari per la prestazione di servizi nell’interesse comune.>>
[48] Così Cass. Civ. 4691/1989.
[49] L’avviso di convocazione può essere spedito a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o consegna a mano.
[50] Cfr. Cass. Civ. nn. 40827/2021, 16774/2015, 23687/2009.