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Pubbl. Ven, 22 Dic 2023

Incompatibilità ambientale nel mondo militare: evoluzione e prospettive nell’orbita dei principi costituzionali

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autori Angelantonio Pellecchia , Roberto Colucciello



La disciplina dei trasferimenti per incompatibilità ambientale nel mondo militare presenta particolari aspetti. Istituto che presenta innegabili margini di discrezionalità che rischiano, nel concreto, di divenire arbitrari. Oggetto del presente articolo è la ricognizione della disciplina di riferimento normativa, l’evoluzione giurisprudenziale e le future prospettive di sviluppo nell’orbita dei principi costituzionali.


ENG

Environmental incompatibility in the military world: evolution and prospects in the orbit of constitutional principles

The regulation of transfers due to environmental incompatibility in the military world presents particular aspects. An institution that presents undeniable margins of discretion which, in practice, risk becoming arbitrary. The object of this article is the recognition of the regulatory reference discipline, the jurisprudential evolution and the future development prospects in the orbit of constitutional principles.

Sommario: 1. Introduzione; 2. Inquadramento normativo; 3. Evoluzioni giurisprudenziali; 4. Prospettive future: maggiore aderenza ai principi del procedimento amministrativo e bilanciamento tra interessi costituzionali coinvolti, 5. L’incompatibilità del militare al tempo dei media; 6. Conclusioni.

1. Introduzione

Il presente contributo ha lo scopo di analizzare il trasferimento per incompatibilità ambientale nell’ambito delle Forze Armate, argomento quanto mai attuale e con implicazioni, sovente, di natura familiare, sulla cui disciplina è divenuto necessario un intervento del legislatore, onde evitare che lo stesso diventi uno strumento eccessivamente arbitrario in quanto privo di radicamenti normativi a garanzia del militare.

Di interesse è l’analisi tra l’ordinamento giuridico statale e l’ordinamento militare con tutte le prerogative di quest’ultimo.

In particolare la nostra analisi partirà dal riferimento alla distinzione tra il personale contrattualizzato e quello non contrattualizzato del pubblico impiego, soffermando l’attenzione sulle peculiarità proprie dei soggetti sottoposti al diritto pubblico e, in particolare, dei militari.

Successivamente allo studio dei campi di applicazione dell’istituto in esame, si procederà all’individuazione degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali che contribuiscono a determinare il contenuto del trasferimento per incompatibilità ambientale.

Al termine di questo confronto si cercherà di fornire una definizione paradigmatica dell’istituto mediante l’elencazione di alcuni casi giurisprudenziali.

Alla luce delle considerazioni sviluppate si cercherà di fornire una esatta qualificazione al trasferimento per incompatibilità ambientale, istituto ricompreso tra l’ordine militare ed il provvedimento amministrativo.

2. Inquadramento normativo

Per trasferimento del lavoratore si intende lo spostamento del dipendente da una sede di lavoro ad un’altra.

Il trasferimento può svilupparsi anche a seguito del venir meno del rapporto di fiducia che ogni dipendente deve avere nell’ambiente nel quale opera, determinando per questo, un’insanabile condizione di incompatibilità ambientale[1].

Tale conflitto organizzativo può sostanziarsi sia in situazioni di astio tra colleghi sia nel deteriorarsi dei rapporti tra soggetti riconducibili alla pubblica amministrazione e cittadini.

Negli ultimi tempi, si assiste frequentemente a casi di incompatibilità ambientale laddove il militare risulti coinvolto in procedimenti di natura penale, seppur ancora nella “primordiale” fase delle indagini preliminari.

L’istituto è disciplinato dall’art. 2103 del codice civile che giustifica i trasferimenti attuati per esigenze di tipo tecnico, organizzativo e produttivo.

Il trasferimento per incompatibilità ambientale continua ad essere presente nell’ordinamento anche dopo la privatizzazione dell’impiego pubblico[2] ma con la differenza che prima era possibile fondare la decisione sulla lesione del prestigio dell’istituzione a causa del comportamento del dipendente; oggi, tale atto dovrà trovare giustificazione in una effettiva fonte di disorganizzazione all’interno dell’unità produttiva[3].

Ugualmente importante è il riferimento all’art. 52, comma 1, del D. Lgs. 165 del 2001. Tale norma, sostituendo il precedente art. 56 del D. Lgs. 29 del 1993, consente al datore di lavoro di modificare unilateralmente l’oggetto della prestazione lavorativa, quindi l’incarico e la posizione nella struttura amministrativa, con il rispetto dell’unico limite dell’equivalenza di mansioni tra quelle precedenti e quelle di successiva assegnazione, così come previste dai contratti collettivi.

Si delinea, dunque, una disciplina che fa riferimento all’art. 52, comma 1, del D. Lgs. 165 del 2001 per lo ius variandi e all’art. 2013 cod. civ. per quanto riguarda i requisiti formali e sostanziali del trasferimento.

L’incompatibilità ambientale non ha natura di sanzione disciplinare e può prescindere, in teoria, ma quasi mai in pratica, da profili soggettivi di responsabilità.  Il datore di lavoro pubblico avrà l’onere di provare che la permanenza del lavoratore nella sua sede originaria determina una disfunzione nell’organizzazione del lavoro.

I trasferimenti nell’ambito delle Forze armate tendono a suddividersi in trasferimenti a domanda e trasferimenti d’autorità[4]. Le Forze armate nel nostro Paese sono costituite, dall’Esercito italiano, dalla Marina militare, dall’Aeronautica militare e dall’Arma dei Carabinieri.

Tale distinzione ha delle ripercussioni circa le tutele che vengono disposte nei confronti dei militari. È pacifico ricomprendere i trasferimenti disposti su istanza del militare in procedimenti amministrativi tipici, non è lo stesso per il secondo tipo di atti.

Infatti, con riguardo ai primi l’amministrazione dovrà porre in essere una valutazione circa l’istanza avanzata dal militare e compiere delle valutazioni di tipo comparativo tra l’interesse del richiedente e le esigenze organizzative dell’Istituzione[5].

Mentre, i trasferimenti d’autorità, dettati da esigenze di organico e/o di servizio, tendono ad essere ricompresi nel genus degli ordini militari e ciò determina la loro sottrazione alla disciplina della legge n. 241 del 1990[6]. Tale impostazione, sebbene supportata dalla giurisprudenza amministrativa, ha provocato delle perplessità da parte di un sempre più frequente orientamento giurisprudenziale. Quest’ultimo ha affermato la necessità di una sottoposizione dell’atto alla disciplina del procedimento amministrativo.

In questo contesto si rimarca l’importanza della valutazione delle aspettative personali nonché della situazione personale e familiare del militare.

Merita di essere richiamato l’art. 1468 del Codice dell’Ordinamento militare che vieta, in sede di attribuzione di incarichi e trasferimenti, ogni tipo di discriminazione fondata su motivi politici, ideologici, religiosi, razziali, etnici, per l’orientamento sessuale o per la differenza di genere.

Al fine di ristabilire la serenità del Reparto viene concessa a ciascun Comandante la funzione di valutare lo stato dei fatti. Da tale indicazione si osserva l’ampio esercizio di discrezionalità nella gestione delle situazioni di incompatibilità che è rimessa al comparto della Difesa.

Il principio di proporzionalità viene incluso; infatti, è previsto che il Comandante debba svolgere ogni attività ritenuta funzionale all’esigenza, coerentemente con la gravità, la tipologia di situazione di incompatibilità ambientale riscontrata, in maniera opportuna l’autorità procedente adotterà un provvedimento aderente al caso di specie secondo i principi dell’ordinamento giuridico[7].

Il provvedimento che determina il trasferimento del militare per incompatibilità ambientale persegue una serie di valutazioni compiute dall’Amministrazione e tese a rendere effettivo il principio di proporzionalità.

Nello specifico il principio di proporzionalità è stato riconosciuto nel nostro ordinamento con la sentenza n. 2087 del 2006 della V Sezione del Consiglio di Stato[8]. In questa occasione è stato riconosciuto quale principio generale dell’ordinamento con la conseguenza che la pubblica amministrazione deve adottare la soluzione idonea ed adeguata e soprattutto che comporta il minor sacrificio possibile per gli interessi compresenti. Tale ultimo principio, deve essere oggetto di ancora maggiore attenzione allorquando, ad esempio, il militare assista un parente disabile o uno o più figli in età tale da non poter allontanarsi dal luogo di residenza.

Sia che si tratti di trasferimento per incompatibilità ambientale, che di trasferimento per esigenze di servizio, la giurisprudenza afferma che la P.A. non è comunque libera nella scelta della sede di destinazione, ma è tenuta ad effettuare un'adeguata comparazione tra l'interesse pubblico e l'interesse privato, applicando correttamente il principio di proporzionalità e di ragionevolezza[9]. Viene sempre rispettato tutto ciò? Su questo aspetto torneremo nel corso della trattazione.

Stretta è la connessione che esiste tra il principio di proporzionalità e il principio di uguaglianza, previsto dalla nostra Carta Costituzionale all’art. 3. Prima di essere elevato al rango di principio dalla giurisprudenza europea, infatti, la proporzionalità costituiva il metodo unico di applicazione dell’uguaglianza stessa nella diversità delle posizioni dei destinatari della regola giuridica[10].

Mentre la proporzionalità risulta essere legata a concetti di oggettiva comparazione, la ragionevolezza è interpretata secondo il richiamo alla cultura e al comune sentire che ben possono modificarsi nel corso del tempo.

Il rapporto tra principio di proporzionalità ed eccesso di potere e discrezionalità amministrativa è stato oggetto di una costante evoluzione giurisprudenziale e dottrinaria nel tempo. L’obiettivo che oggi larga parte della dottrina persegue è l'esecuzione di un esame, da parte del giudice, circa l’idoneità, la necessità e la proporzionalità in senso stretto degli atti amministrativi della P.A. nel perseguimento del pubblico interesse.

Il punto cruciale in questa discussione è rappresentato dalla differenza esistente tra il giudizio di legittimità e quello di merito, con il conseguente pericolo che il giudice proceda ad alcune valutazioni sull’opportunità e la convenienza di un atto che sono estranee rispetto al primo. I tre elementi costituenti il principio di proporzionalità, in particolare, sembrerebbero non essere assimilabili con le valutazioni sulla legittimità di un atto. La discrezionalità amministrativa, per poter essere ben esercitata, tuttavia, abbisogna di una puntuale considerazione dei vari interessi in gioco: è proprio questo vincolo a rendere l’operato dell’amministrazione riconducibile al principio di proporzionalità.

È agevole, a questo punto, comprendere l’importanza che i principi di proporzionalità e di ragionevolezza hanno nella definizione dell’intero operato dell’amministrazione della cosa pubblica, prima protagonista ad avere il compito di garantirne il rispetto.

Il vizio riconducibile a questa teoria è quello dell’eccesso di potere per illogicità manifesta e  soffermandosi sul tema della comparazione degli interessi, fornisce tre ipotesi generali.

La prima prevede la preponderanza degli interessi primari, accompagnati da interessi secondari neutri o che rafforzino i primi; la seconda ipotesi considera gli interessi secondari come superiori rispetto ai primari, che dunque recedono; infine, la terza ipotesi prevede un insieme di interessi, primari e secondari, che meritano eguale tutela[11].

Un punto di svolta sull’argomento si è avuto con la L. 241 del 1990 e con i contestuali obblighi sorti in capo all’amministrazione[12]: il privato ha, oggi, l’occasione di far conoscere i propri interessi e di avere un effettivo riscontro della loro ponderazione in sede di lettura della motivazione dell’atto[13].

È agevole comprendere l’importanza che i principi di proporzionalità e di ragionevolezza hanno nella definizione dell’intero operato dell’amministrazione della cosa pubblica, prima protagonista ad avere il compito di garantirne il rispetto[14].

Ciò determina una maggiore tutela per gli appartenenti ai diversi Corpi dello Stato se non fosse che l’intera materia, con riguardo alle Forze armate viene ricondotta all’emanazione di un ordine con la conseguenza che la disciplina è sottesa alle indicazioni fornite dalla giurisprudenza Amministrativa.

In questo caso la tutela prevista dalle amministrazioni è ricondotta ad una direttiva interna e non ad una disposizione del Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di Ordinamento militare.

3. Evoluzioni giurisprudenziali

Il trasferimento per incompatibilità ambientale è una esigenza datoriale di modifica del luogo di lavoro e non una legittima aspettativa del dipendente[15]. Il Consiglio di Stato è tornato definitivamente ad esprimersi in punto di trasferimento per incompatibilità ambientale in due diverse occasioni[16].

Nella prima di queste ha circoscritto il sindacato del giudice al riscontro della effettiva sussistenza della situazione di incompatibilità venutasi a creare nonché della proporzionalità del rimedio adottato per rimuoverla.

Nella seconda ha definito che la principale funzione del trasferimento per incompatibilità ambientale è quella di preservare il decoro ed il prestigio dell’Amministrazione, potenzialmente compromessi da quei comportamenti, anche non disciplinarmente sanzionabili, tenuti dai dipendenti stessi che rendono la loro permanente non più opportuna in una determinata sede di servizio. Ne consegue che il trasferimento per incompatibilità ambientale viene disposto per tutela di interessi pubblici, dunque è un atto di amministrazione attiva. Pertanto l’Amministrazione gode di ampia discrezionalità in ordine alla valutazione delle ragioni di opportunità che giustificano tale tipologia di trasferimenti i quali, proprio per questa ragione, non necessitano nemmeno di una particolare motivazione[17].

Il pubblico impiego militare è tra quelli disciplinati dal diritto pubblico, dunque è escluso dal campo di applicazione delle disposizioni sulla disciplina del lavoro pubblico privatizzato[18]. Ma ciò non significa che non siano applicabili le disposizioni normative appena esposte, che anzi, sono tutte applicabili ove manchi una disposizione derogatoria speciale.

Primo profilo derogatorio, rispetto alla disciplina generale, sta nel fatto che in ambito militare è fatto divieto assoluto di utilizzo del trasferimento a titolo di sanzione disciplinare: il Codice dell’ordinamento militare[19], all’art. 1353, dispone la stretta tassatività delle sanzioni e tra queste non include il trasferimento[20]. A rafforzare il divieto è posto l’art. 751, c.1 sub a) n. 41 del Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare[21], che sanziona con la consegna di rigore l’irrogazione di punizioni non previste dal regolamento.

Non si dubita più che il trasferimento[22] in ambito militare, sia un ordine a tutti gli effetti: il provvedimento de quo è diretto ad assicurare l’organizzazione, la coesione interna e, soprattutto, la massima operatività delle Forze Armate, esplicandosi in un atto ordinativo che attiene ad una semplice modalità del servizio sul territorio.

La qualificazione del trasferimento[23] quale ordine è importante perché la legge dispone che all’ordine non si applichino i capi I, III e IV della legge sul procedimento amministrativo, facendo, però, salve le altre disposizioni. Il provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale è ricondotto a motivi di opportunità, esigenze organiche ed organizzative ed è diretto ad assicurare l’ordinato svolgimento dei compiti istituzionali delle Forze armate, così pienamente rientrando nella fattispecie di ordine militare.

Come ordine il trasferimento non necessita di motivazione e il trasferimento attuato per incompatibilità ambientale è legittimamente attuato solo in presenza dei presupposti legittimanti[24]. I quali non saranno riportati sul provvedimento cartolare di reimpiego ma sarà onere dell’Amministrazione produrre nell’eventualità di un giudizio.

Procedendo ai presupposti, in coerenza con la disciplina generale, anche in campo militare non rileva, ai fini della legittimità del provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale, l’accertamento della volontà colpevole o disciplinarmente rilevante in punto di condotta dell’interessato.

Secondo presupposto, da accertarsi in concreto, è il nesso causale tra la lesione alle attività lavorative dell’unità e la condotta del militare. La giurisprudenza amministrativa ritiene imprescindibile l’accertamento della riferibilità dello stato di disordine e di disagio al comportamento, ancorché incolpevole, del militare. Così costituendo un ulteriore parametro di legittimità del trasferimento l’astratta idoneità di questo a restituire serenità ed operatività all’ufficio.

La condotta del dipendente deve essere legata da nesso causale a, come terzo presupposto, fatti idonei a nuocere alla funzionalità ed al prestigio del reparto, dell’ufficio ovvero dell’unità di impiego, mirando altresì ad evitare stati di tensione che ritardino il tempestivo soddisfacimento delle esigenze di servizio. In giurisprudenza si è, anche, affermato che nell’adozione dei provvedimenti di trasferimento per incompatibilità ambientale, l’Amministrazione non è tenuta ad operare alcuna comparazione circa le esigenze organizzative degli uffici, tantoché il trasferimento può essere disposto anche in sovrannumero[25].

La casistica concreta delle condotte e delle conseguenti situazioni generatrici di trasferimenti per incompatibilità ambientale è varia. Per la maggior parte riguardano fatti interni al reparto di assegnazione o collegati al servizio. Trattasi di situazioni aventi o meno rilevanza esterna che ricadono sul globale andamento dell’unità, anche compromettendone la credibilità.

Spingono a rendere risultati professionali negativi il contrasto tra i colleghi o nel caso di un dipendente che manifesti il suo malcontento sia nella realtà che attraverso social network.

Ancora altra ipotesi il militare addetto a controlli fiscali che intraprenda rapporti con un vari  imprenditori locali.

Correttamente trasferibile per incompatibilità ambientale è anche il militare che, con il comportamento discriminatorio nei confronti di alcuni superiori capo equipaggio, alteri l’armonia e l'efficienza del Reparto e, contestualmente, abbia tenuto un atteggiamento irriguardoso nei confronti del Comandante, così compromettendo il rapporto gerarchico, anche a seguito di sanzione disciplinare e segnalazione della ipotesi di reato militare.

Il provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale può essere adottato anche sulla base della rilevanza di fatti che attengono alla sfera privata dell’interessato, essendo sufficiente che l’eco della vicenda sia giunta anche nella sede di servizio, ledendo il prestigio dell’ente[26], in considerazione della particolare riprovazione sociale dei fatti posti in relazione alla qualità soggettiva del militare che li ha commessi[27].

Legittimo si è ritenuto il trasferimento per incompatibilità ambientale di un Carabiniere trasferito d’autorità per aver allacciato una relazione sentimentale con persona i cui familiari erano legati ad ambienti malavitosi.

In sede di valutazione sulla necessità di operare un trasferimento per incompatibilità ambientale, vi è contrasto circa l’interesse del militare a permanere in una determinata sede[28].

Vi è un orientamento che considera il trasferimento per incompatibilità ambientale un ordine e che questo è diretto miglior funzionamento dell’Amministrazione militare, non assume rilevanza alcuna la posizione del militare che aspiri ad una determinata sede di servizio.

Diversamente altro indirizzo meno rigoroso, che non riconosce all’Amministrazione una completa libertà nella scelta della nuova destinazione, ma richiede una adeguata comparazione fra l’interesse pubblico e quello privato, così da sostenere tra le soluzioni disponibili quella che comporti il minor grado di sacrificio per il dipendente soggetto al trasferimento, spesso ciò coincidendo con il profilo della minor distanza dalla sede di provenienza.

Tutto quanto esposto, ha trovato pieno riconoscimento nella recente giurisprudenza, particolarmente in una pronuncia del Consiglio di Stato che ha, efficacemente e sinteticamente, delineato i punti essenziali dei trasferimenti per incompatibilità ambientale nel contesto militare[29]: trattasi di ordini, rispetto ai quali l’interesse del militare a prestare servizio in una determinata sede assume, di norma, una rilevanza di mero fatto; sono strettamente connessi alle esigenze organizzative dell’Amministrazione militare e sono sottratti all’applicazione della normativa generale sul procedimento amministrativo; non richiedono una speciale motivazione, atteso che l’interesse pubblico al rispetto della disciplina ed allo svolgimento del servizio è prevalente sugli altri interessi del subordinato; non possono avere carattere sanzionatorio, pertanto si deve prescindere dal giudizio di rimproverabilità della condotta dell’interessato; rispetto ad essi il compito del giudice è limitato al riscontro della effettiva sussistenza della situazione di incompatibilità riscontrata dall’Amministrazione e della proporzionalità del rimedio adottato dall’Amministrazione stessa per rimuoverla, tale riscontro può condurre all’annullamento dell’atto qualora sia accertato il concreto difetto dei presupposti fattuale allegati dall’Amministrazione.

In punto di procedimento, premesso che è un preciso dovere del superiore in grado curare le condizioni di vita e di benessere del personale, tutte le Forze armate ed i Corpi armati dello Stato hanno adottato una regolamentazione interna diretta a fornire ai Comandanti le linee guida procedurali per la fase preistruttoria dei trasferimenti per incompatibilità ambientale, fermo restando che la competenza per l’adozione del provvedimento non è del Comandante di corpo, ma è propria dell’organo ministeriale a ciò preposto.

Questo, però, deve essere messo nelle condizioni di poter operate una corretta valutazione di gestione delle risorse umane, pertanto tutte le discipline interne hanno la istruzione comune di disporre che ciascun Comandante al proprio livello effettui un preventivo esame dello specifico caso concreto. Detto esame è finalizzato a valutare la natura della fattispecie e l’idoneità di questa a limitare o depotenziare in concreto l’azione di comando e l’andamento dell’unità, posto che non tutti i fatti sono in grado di minare fattualmente la pienezza di poteri di un Comandante ovvero la funzionalità del reparto.

Individuata una situazione di disagio, si nota che le norme regolamentari interne alle Forze armate, tendono a considerare il trasferimento per incompatibilità ambientale l’extrema ratio per la risoluzione della fattispecie problematica, tanto che viene posta grande attenzione alle attività preventive dirette a favorire la rappresentazione sulla linea di comando delle problematiche, anche private del personale.

Nell’ipotesi in cui si realizzino fatti o comportamenti che possano, in concreto, minare la serenità e la stabilità dell’ambiente di lavoro e quindi integrare gli elementi legittimanti un trasferimento per incompatibilità, dovrà preferirsi un trasferimento interno dell’interessato: ovvero un cambio di incarico, di ufficio o di infrastruttura nell’ambito della medesima unità di appartenenza.

Ove anche provvedimenti di questo tenore risultassero improduttivi di effetti, il Comandante dell’ente, interessati preventivamente per le vie brevi i vertici dell’area di impiego, provvederà all’invio del fascicolo di ipotesi di incompatibilità ambientale, contenente una dettagliata esposizione della problematica, dei provvedimenti medio tempore adottati ed una valutazione in merito al nocumento effettivo o potenziale della funzionalità del reparto di appartenenza.

4. Prospettive future: maggiore aderenza ai principi del procedimento amministrativo e bilanciamento degli interessi costituzionalmente tutelati

L’azione amministrativa in quanto funzionalizzata ai fini previsti dalla legge, è assoggettata a limiti di cui l’amministrazione deve tener conto.

Gli stessi si distinguono in negativi, volti a garantire il rispetto della legittimità/liceità dell’azione, e positive, diretti invece a mantenere tale attività nell’ambito dei fini pubblicistici che l’amministrazione è chiamata a realizzare.

Questi ultimi, a loro volta, possono essere fissati in modo rigoroso e puntuale ovvero possono essere disciplinati in modo vasto: nel primo caso l’attività amministrativa è vincolata, nel secondo è discrezionale.

In proposito, giova distinguere tra discrezionalità/vincolatezza in astratto e discrezionalità/vincolatività in concreto.

Nel primo caso, si ha riguardo alla norma attributiva del potere (norma d’azione) e, in particolare, occorre verificare se la stessa contenga concetti giuridici indeterminati: in tal caso, il potere è discrezionale, considerato che il legislatore rimette all’Amministrazione il compito di scegliere una fra le possibili soluzioni tutte legittimamente ricavabili dalla fattispecie normativa; diversamente, il potere è vincolato, in quanto il compito della P.A. è limitato a verificare se nel caso che occupa ricorrano i presupposti e le condizioni già interamente determinate dal legislatore.

Nella seconda ipotesi, invece, si valuta se la discrezionalità, in astratto conferita dalla legge alla P.A., si sia consumata nel corso del procedimento. In altri termini, ben può accadere che la norma attribuiva del potere conferisca all’Amministrazione la possibilità di scegliere fra più opzioni e che, tuttavia, in relazione al caso concreto, una soltanto sia la soluzione adottabile. Se così è, il potere è discrezionale in astratto, ma vincolato in concreto[30].

Nel caso dell’incompatibilità ambientale del militare, aspetto doppiamente delicato, vuoi per la serenità (perduta) familiare del militare interessato, vuoi per la situazione difficile nella quale si viene a trovare il Comando interessato, oltre a quanto sin d’ora esposto, rilevano ulteriori criticità, abbisognevoli di approfondimento, normativo prima da parte del Legislatore, e perchè no, giurisprudenziali dopo.

Abbiamo visto come l’Amministrazione, in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale [31], non è comunque libera nella scelta della sede di destinazione, ma è tenuta ad effettuare un’adeguata comparazione tra l’interesse pubblico e l’interesse privato, applicando correttamente il principio di proporzionalità e di ragionevolezza. Ebbene tale circostanza rileva soprattutto nel caso di militare che goda dei benefici di legge per assistere un parente con disabilità grave. In tali casi, come appare ovvio, entra in gioco il bilanciamento tra interessi costituzionalmente tutelati, ovvero le esigenze di Forza armata connessi alla difesa da un lato, e la tutela della salute dall’altro.

Nei casi di incompatibilità ambientale, il dilemma è la prevalenza dell’uno rispetto all’altro. La dottrina e la giurisprudenza costituzionale si mostrano assai più prudenti di altre nell'assegnare a determinati interessi posizioni di prevalenza nel catalogo dei valori costituzionali; non vengono accreditati canoni interpretativi analoghi alla dottrina americana della « preferred position », né vengono omologate graduatorie di valori definitivamente disposti secondo un ordine obiettivo che valga per tutti i settori del diritto[32]. Questo atteggiamento è perfettamente coerente ed adeguato al significato di « principio » che esprimono le enunciazioni costituzionali relative ai diritti. Così come in astratto i principi non sono mai in posizione di reciproca incompatibilità logica, in astratto non è neppure possibile stabilire tra essi alcun ordine di precedenza. Anche quando la Corte costituzionale accenna a quel « nucleo forte » dell'ordinamento costituzionale che dovrebbe essere costituito dai principi fondamentali, non intende riferirsi ad un complesso normativo predeterminabile in astratto, ma a determinati valori costituzionali che verranno di volta in volta ridefiniti in considerazione del caso in esame: si deve concludere che i principi traggono giustificazione da una articolazione dei valori tutta demandata alle argomentazioni della Corte in ordine a casi concreti e restano affidati alla concretizzazione che questa ne vorrà fare con il progredire del tempo[33].

L'assolutezza di questa affermazione è stata poi dalla smentita dalla sent. 278/1987[34], laddove viene affermato che “ Tutti i beni giuridicamente garantiti devono cedere nei confronti di altri che assumono posizione «prioritaria» nella gerarchia dei beni tutelati: ed esiste una gerarchia tra i valori costituzionalmente garantiti, allo stesso modo come esiste una gerarchia tra i beni garantiti in via ordinaria”; ma subito dopo avverte che “si tratta, invece, di stabilire, di volta in volta, se un principio "generale" trovi insuperabile ostacolo negli oggetti, generico e specifico, » tutelati da altro  principio”.

Ancora,  un qualsiasi Giudice, nazionale o sovranazionale, che sia chiamato a valutare i rilevanti profili in esame, non può esimersi da una ponderazione trasversale e integrata dei diritti fondamentali che vengono messi in discussione, al fine di non incorrere in una “ingiustizia” derivante dalla prevalenza di uno di questi diritti sugli altri, così come esplicitato nella c.d. “Teoria dei diritti tiranni”, elaborata dalla Corte costituzionale[35] e di recente richiamata dal Consiglio di Stato[36]. Secondo tale teoria, infatti, tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro. Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe «tiranno» nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, tra cui, come precisato dal Consiglio di Stato vi è anche la difesa militare dello Stato.

Il bilanciamento tra interessi costituzionalmente coinvolti deve avvenire in riferimento a situazioni specifiche.

Fatta tale debita premessa, e tornando alla fattispecie de qua, è pacifico considerare come da un’attenta lettura della formula adottata dall’art. 32 della Carta Costituzionale, laddove al primo comma recita “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”, si evince l’obiettivo finale dell’ordinamento alla tutela del bene salute, il quale viene considerato, in primis, interesse individuale del singolo ma, soprattutto, interesse della collettività. In generale, la salute costituisce lo stato di benessere fisico, mentale e sociale, oggetto di specifica tutela da parte dell’ordinamento, che consente all’individuo di integrarsi nel suo ambiente naturale e sociale, quindi è una situazione soggettiva che deve essere tutelata contro tutti gli elementi nocivi ambientali e da qualsiasi attacco da terzi che possa, in qualche modo, ostacolarne il godimento. Il contenuto del diritto che la Costituzione riconosce a tutti gli individui è complesso: la situazione di benessere psico-fisico, intesa in senso ampio, con cui si identifica il bene “salute” si traduce nella tutela costituzionale dell’integrità psico-fisica, del diritto ad un ambiente salubre, del diritto alle prestazioni sanitarie e della cosiddetta libertà di cura. Oltre che quale diritto soggettivo e individuale, la tutela della salute costituisce anche un interesse per la collettività, in quanto strumento di elevazione della dignità individuale. In maniera speculare lo Stato si impegna “negativamente”, ossia si astiene da azioni che comporterebbero la lesione dei relativi diritti[37].

La Corte Costituzionale ha sovente affermato, nel corso degli anni, la necessità di effettuare il bilanciamento tra valori costituzionali sostenendo che «il diritto ai trattamenti sanitari necessari alla tutela della salute è garantito ad ogni persona come diritto costituzionalmente condizionato all’attuazione che il legislatore ne dà attraverso il bilanciamento con altri interessi costituzionalmente protetti»[38]; ha sempre fatto presente però che questa operazione vuole la attenta ponderazione della rilevanza costituzionale dei valori in campo e, con riguardo specifico sempre al diritto alla salute, non è ammissibile che l’esito del bilanciamento sia un pregiudizio delle prerogative fondamentali derivanti dal diritto di cui siamo titolari. Si può individuare un “nucleo essenziale”[39] del diritto alla salute, che comprende gli aspetti di cui non si può, in nessun caso, essere privati, pena la violazione del dettato costituzionale, che viene sanzionata con l’illegittimità delle norme che si pongano in contrasto con esso[40].

Nel caso del militare, l’articolo 52, comma 3, della Costituzione stabilisce che “l’ordinamento delle Forze Armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”. Da ciò emerge che, mentre da un lato, l’ordinamento giuridico militare, pur avendo principi e valori propri, è parte integrante dell’ordinamento giuridico generale della Repubblica da cui deriva e che, proprio perché generale, finisce inevitabilmente per influenzare quello militare, dall’altro, invece, seppur indirettamente, che taluni diritti riconosciuti dalla legge e dalla Costituzione possano essere limitati o “compressi” quando si riferiscano al militare, in considerazione della primaria esigenza di poter utilmente assicurare la difesa e la sicurezza dello Stato e della collettività. Naturalmente, tale limitazione dei diritti sarà legittima solo quando assolutamente indispensabile al corretto svolgimento dei compiti assegnati allo strumento militare, da valutarsi nella pratica, cioè caso per caso, tenendo sempre ben presente il fine ultimo perseguito dalle Forze Armate: la difesa della Patria. Inoltre, l’utilizzo del termine “informarsi” (si fa riferimento al “si informa” presente nel citato articolo 53 della Costituzione) evidenzia che questa è solo una tendenza di fondo del sistema. Così facendo, la Costituzione conferisce copertura all’articolo 1465 del Codice dell’ordinamento militare (COM) che, nel sottolineare come “ai militari spettano i diritti che la Costituzione della Repubblica riconosce ai cittadini”, precisa comunque che “per garantire l’assolvimento dei compiti propri delle Forze armate sono imposte ai militari limitazioni nell’esercizio di alcuni di tali diritti, nonché l’osservanza di particolari doveri nell’ambito dei principi costituzionali”.

La Costituzione, quindi, ammette e legittima la possibile esistenza di limiti all’esercizio di alcuni diritti da parte del militare, astenendosi però dal definire nel dettaglio gli esatti confini della problematica; lascia cioè ad altri (cioè in primo luogo al Legislatore) il compito e la responsabilità – sia giuridica sia, soprattutto, politica – di entrare concretamente nel merito del problema. Ciò che ne è derivato, purtroppo, è una situazione che ha ingenerato molta (forse troppa) confusione e che, quindi, non può che trovare soluzione nel giusto “peso” e nel corretto significato da dare alle norme, cioè nel corretto “bilanciamento” e nella corretta interpretazione delle singole disposizioni (“bilanciamento” e interpretazione fatta dalla giurisprudenza e anche dall’Amministrazione militare).

Chiarificatrice è al riguardo l’approccio dato alla questione dalla Corte Costituzionale, che, investita della questione in passato, ha avuto modo di evidenziare che la normativa militare “rispecchia un’esigenza che promana dalla Costituzione, che la democraticità dell’ordinamento delle Forze Armate sia attuata nella massima misura compatibile col perseguimento da parte di queste dei propri fini istituzionali”[41]. In tal senso, la Corte afferma infatti che “spettano ai militari i diritti dei cittadini (...)" ma, al contempo, che “possono essere imposte ai militari limitazioni nell’esercizio di tali diritti e l’osservanza di particolari doveri al (solo) fine di garantire l’assolvimento dei compiti propri delle Forze armate”.

In questi ultimi anni, dopo altalenanti posizioni, oscillanti tra la prevalenza ora dell’uno ora dell’altro interesse costituzionale, sembra finalmente che la Giustizia amministrativa stia effettivamente prestando maggiore attenzione a bilanciare detti interessi, entrando nello specifico dei casi particolari. In linea generale, in assenza di circostanze di natura eccezionale (vedasi, a mero titolo di esempio, uno stato di approntamento per un conflitto armato, così come una missione improcastinabile) sarebbe legittimo allontanare il militare incompatibile con l’ambiente di lavoro dal luogo di residenza del parente con disabilità grave diverse centinaia di chilometri? Sicuramente sarebbe maggiormente aderente al citato bilanciamento degli interessi costituzionalmente tutelato “mediare” la portata dell’ordine di trasferimento a situazioni familiari gravi afferenti alla salute di un parente gravemente disabile e calibrare la distanza in ragione di essa.

A proposito dei più recenti orientamenti giurisprudenziali, il massimo organo di Giustizia amministrativa, in virtù di questa ritrovata analisi sostanziale dei fatti e maggiormente aderenti ad un corretto bilanciamento, sembra aver assunto un orientamento diverso, laddove un provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale, ove sussista una situazione di assistenza ex L. 104/92, può risultare irragionevole e illogico [42].

In questo contesto si rimarca l’importanza della valutazione delle aspettative personali nonché della situazione personale e familiare del militare.

5. L’incompatibilità del militare al tempo dei media

Abbiamo visto come il provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale può essere adottato anche sulla base della rilevanza di fatti che attengono alla sfera privata dell’interessato, essendo sufficiente che l’eco della vicenda sia giunta anche nella sede di servizio, ledendo il prestigio dell’ente, in considerazione della particolare riprovazione sociale dei fatti posti in relazione alla qualità soggettiva del militare che li ha commessi.

Tale ultima situazione, a mero titolo di esempio e tra i diversi casi che possono accadere, è ravvisabile alloquando sulle testate giornalistiche, locali o nazionali, vengano riportate notizie che in un certo qual modo coinvoilgono un militare, vedasi procedimenti penali nella fase embrionale, corrispondente a quella delle indagini preliminari, nella fase, quindi, dove le garanzie nei confronti dell’indagato dovrebbero essere più forti.

Oggigiorno, seppur con le garanzie formalmente previste per gli indagati, il punto di vista giuridico di una qualsivoglia vicenda resta esposto a logiche insicure e traballanti, nonché a minacce esterni tra le quali la minaccia mediatica è quella maggiormente ricorrente, e risulta dotata di una potenzialità altamente distruttiva[43].

Sovente l’informazione ha fornito alle vicende giudiziarie forme di spettacolarizzazione con un tentativo di ricostruire una vicenda muovendo da considerazioni del tutto scevre dalla verità dei fatti; il processo mediatico non gode di spazi fisici, vedasi aule di uffici giudiziari, ma si alimenta di spazi virtuali quali giornali, social network, inserti dove il rituale accertativo è finalizzato a propiziare, e spesso indurre, un convincimento collettivo sulle responsabilità, in omaggio al desiderio di esacrazione della folla mediatica, ossia della pubblica opinione[44].

Mentre la verità giudiziaria dialoga, si alimenta, comunica con il falso, lo sanziona cercando di espellerlo ed esorcizzarlo[45], la verità mediatica invece, se ne alimenta di continuo, intessendo di una trama di falsità ogni forma di comunicazione pur tendente alla ricerca della verità.

Le inchieste giornalistiche spesso arricchiscono la vicenda, lasciando emergere una verità accertata con regole procedurali sui generis participate alla opinione pubblica.

Gli effetti dell’enfasi mediatica risultano ancora più travolgenti con il simbolismo gestaltico[46] delle liturgie delle conferenze stampa, laddove il considerevole vantaggio di una parte (accusa), a svantaggio dell’altra (difesa e assistito) fa si che il pregiudizio si presenti ufficilamente come un giudizio[47]; oggigiorno, ad onor del vero, tali aspetti risultano mitigati dall’entrata in vigore del D. Lgs. 188/2021.

Fatta tale debita premessa, e tornando alla questione dell’eco della vicenda giunta nella sede di servizio, e che risulta vieppiù lesiva del prestigio dell’ente, quanto sopra esposto ci fa comprendere come la cd. “gogna mediatica” potenzialmente possa essere foriera, seppur indirettamente, di rappresentare uno degli aspetti in virtù dei quali venga creata la figura del soggetto incompatibile con il suo ambiente di lavoro.

Nell’ambito delle Forze Armate/Forze di Polizia, da anni ormai l’aspetto della comunicazione  “esterna” della propria attività istituzionale costituisce una regola consolidata[48]; tra le attività oggetto di comunicazione esterna, vi è, giustamente, quella di polizia giudiziaria, laddove il cittadino comune viene messo a conoscenza dell’attività de qua dalle testate giornalistiche a cui il comunicato viene inviato così come dal proprio sito istituzionale.

In base a quanto assunto poc’anzi potrebbe darsi che l’eco mediatica della vicenda che riguarda un militare possa essere stata originata, ed avere rilevanza esterna, attraverso il comunicato stampa per l’appunto, veicolato dallo stesso organo di polizia a cui appartiene il militare, concretandosi all’uopo una sorta di “induzione”, ovviamente del tutto indiretta e casuale, alla creazione dell’eco mediatica della vicenda che riguarda il militare poi ritenuto incompatibile con il proprio ambiente di lavoro. Tale aspetto andrebbe maggiormente attenzionato e normativamente disciplinato.

6. Conclusioni

I provvedimenti di trasferimento assunti per ragioni di incompatibilità ambientale, al pari degli altri provvedimenti con cui l’Amministrazione dispone trasferimenti dei militari, sono qualificabili come ordini.

Tale configurazione giuridica conduce ad affermare che i provvedimenti de quibus – oltre a non necessitare di garanzie di partecipazione preventiva, sono strettamente connessi alle esigenze organizzative dell’Amministrazione e, pertanto, non abbisognano di una particolare motivazione, risultando indiscussa la prevalenza dell’interesse pubblico al sereno e corretto espletamento delle funzioni sugli eventuali interessi del subordinato, tanto più ove si tenga conto che la permanenza presso una determinata sede di servizio non concretizza una situazione giuridica tutelabile, bensì costituisce una semplice modalità di svolgimento del servizio medesimo .

La conseguenza è che il trasferimento è frutto di una decisione connotata da ampia discrezionalità e, dunque, sindacabile entro i noti ristretti limiti del travisamento dei fatti e della manifesta irragionevolezza o illogicità, identificabili con il riscontro dell’effettiva sussistenza della situazione di incompatibilità.

De iure condendo considerando la particolarità dell’istituto il legislatore dovrebbe recepire la giurisprudenza amministrativa come già è avvenuto in altri casi. Così facendo lo statuto di riferimento indicherebbe con maggiore chiarezza circa l’azione amministrativa da seguire.

I dilemmi da sciogliere, e da ben calibrare riguardo a questa particolare problematica, abbisognano, per tutto quanto abbiamo visto nel corso di questo lavoro, di interventi normativi, non potendosi sempre lasciare alla giurisprudenza spazi di “creatività” di natura interpretativa, a volte non rispondenti tra loro anche in presenza di una medesima fattispecie sottoposta alla sua attenzione, o ancora di più alla discrezionalità dell’Amministrazione.

Da ultimo, ma non sicuramente per ordine di importanza, tra i diversi aspetti problematici dell’istituto della incompatibilità ambientale del militare, vi sarebbero i limiti temporali della incompatibilità e quindi prevedere dei criteri attraverso i quali quantificare gli stessi, altrimenti si incorrerebbe nella più totale discrezionalità, il tutto per evitare il serio rischio di un “fine pena mai in salsa amministrativa” per il militare interessato laddove cessino le esigenze che hanno condotto al provvedimento di incompatibilità.

 

 

Note e riferimenti bibliografici
 

[1] Cfr. CARBONE V., Trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale di un dipendente, Corriere Giur., 2009, 9, 1192 (nota a sentenza);

[2] Cfr. GALLENCA G., Pubblico impiego, in Digesto delle discipline pubblicistiche, UTET, Torino, 2008;

[3] Cfr. TENORE V. cura di), Il manuale del pubblico impiego privatizzato- III ed., EPC Editore, ottobre 2015 (III ed.) - ristampa febbraio 2016;

[4] Cfr. RODRIGUEZ S., Brevi riflessioni sul trasferimento d’autorità del militare, Giur. It., 2004, 10;

[5] Cfr. CASTIELLO F., Diritto amministrativo militare, Laurus Robuffo, gennaio 2011;

[6] Cfr. GALATERIA L., Teoria giuridica degli ordini amministrativi, Milano, Dott. A. Giuffrè - Editore, 1950;

[7] Cfr. GALETTA D. U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 1998;

[8] Cons. Stato, Sez. V, Sentenza 16 aprile 2006 n. 2087, con nota di Galetta, Diana-Urania, in Giornale di Dir. Amm., n. 10/2006;

[9] Cfr. COGNETTI S., Clausole generali nel diritto amministrativo. Principi di ragionevolezza e di proporzionalità, Giur. It., 2012, 5;

[10] Cfr. FRANCHINI C. e DELLA CANANEA G., I principi dell’amministrazione europea, Torino, Giappichelli, 2010;

[11] Cfr. FRANCHINI C., Procedimento amministrativo comunitario. Il diritto di accesso, in Attività amministrativa e tutela degli interessati. L’influenza del diritto comunitario, Torino, Giappichelli, 1997;

[12] Cfr. CASSESE S., Istituzioni di Diritto Amministrativo, Quarta edizione, Milano, Giuffrè, 2012;

[13] Cfr. GENESIN M. P., Riflessioni in margine al problema della motivazione degli ordini di trasferimento del militare, Foro Amm. TAR, 2008;

[14] Cfr. SAITTA F., Il principio di giustiziabilità nell’azione amministrativa, Riv. Dir. Proc., 2012, 3;

[15] Cfr. BASSETTA F., Lineamenti di diritto militare, Laurus Robuffo, Roma, 2012;

[16] Cfr. BUFFA F. e DE GIORGI C., Il potere disciplinare, Macerata, 2007, 84;

[17] Cfr. SATTA F., Ordine e ordinanza amministrativa, in Enc. Giur., XXII, Roma 1990;

[18] Art. 3, c. 1 del d.lgs. 165/2001;

[19] D. lgs. n. 66 del 2010;

[20] La violazione dei doveri del servizio e della disciplina, non costituenti fatti penalmente rilevanti, comporta sanzioni disciplinari di stato oppure di corpo, a seconda della gravità della violazione medesima;

[21] D.P.R. 90/2010;

[22] L’inquadramento del trasferimento nella categoria dogmatica dell’ordine era considerato pacifico ed indiscusso già in Cons. St., Sez. IV, 5 luglio 2002, n. 3693, oltreché in Cons. St., Sez. IV, 20 marzo 2001, n. 1677, 8 maggio 2000, n. 2641, 9 novembre 1999, n. 2106, ord., 15 luglio 1999, n. 1235, 26 gennaio 1999, n. 128 ord., 21 gennaio 1997, n. 33 e 29 gennaio 1996, n. 85;

[23] Art. 1349 del d.lgs. 66/2010;

[24]Cfr. TALLARICO R., L’obbligo di motivazione, con particolare riferimento agli ordini militari, in Cons. Stato, 1997;

[25] Cons. St., Sez. IV, 8 aprile 2004, n. 1990, Sez. IV, 9 marzo 2004, n. 1013, Sez. IV, 16 novembre 1993, n. 1017. Cons. St., Sez. IV, 3 marzo 2000, n. 1133 e 20 luglio 1998, n. 1092. Cons. St., Sez. IV, 12 ottobre n. 1551, Sez. I, 6 maggio 1998, n. 1975, Sez. IV, 1° marzo 1996, n. 283, Sez. IV, 8 febbraio 1993, Sez. IV, 16 maggio 1992, n. 387. Cons. St., Sez. IV, 23 ottobre 1999, 1551 e Sez. I, 6 maggio 1998, n. 1795. Cons. St., Sez. IV, 5 aprile 2005, n. 1486;

[26] T.A.R. per l’Emilia Romagna, Sez. I, 19 novembre 2004, n. 3755;

[27] Cfr. POLI V. e TENORE V., L’ordinamento militare, II, Milano, 2006, 459; in giurisprudenza: Cons. St., Sez. IV, 29 settembre 1997, n. 1030);

[28] Cfr. CORRADINO M. (a cura di), Il procedimento amministrativo, G. Giappichelli Editore, 2010;

[29] Cons. St., Sez. IV, 17 gennaio 2018, n. 239.

[30] Cfr. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1984.

[31] Vedi nota 9.

[32] Cfr. BIN R., Il bilanciamento degli interessi nella Giurisprudenza Costituzionale, in Diritti e argomenti, a cura dell’Università di Macerata – Pubblicazioni della facoltà di Giurisprudenza, 1992, pag. 33.

[33] Cfr. BIN R., op. cit. pag. 34.

[34] Giur. Cost., 1987, I, pagg. 2153 ss.

[35] Corte cost., sent. n.85 del 09.05.2013.

[36] Cons. St., sent. n. 4993 del 30.10.2017.

[37] Cfr. RUOCCO C.M., La tutela della salute: una lettura costituzionalmente orientata, in Rivista online Diritto.it, Diritto costituzionale, 2020.

[38] Corte Cost., sent. del 20 novembre del 2000, n. 509.

[39] Tuttavia secondo N. AICARDI, La sanità, in S. CASSESE (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, I, Milano, 2000, p. 383: “Dalla giurisprudenza costituzionale- che ha accertato il rispetto del nucleo essenziale del diritto alle prestazioni sanitarie caso per caso, con riferimento alle singole questioni dibattute- non sembra possibile estrapolare un criterio o parametro in base al quale definire in termini generali la soglia della indispensabilità, la quale, perciò, resta piuttosto evanescente”; L. CHIEFFI (a cura di), Il diritto alla salute alle soglie del terzo millennio, Torino, 2004, p. 26.

[40] Corte Cost., ex plurimis sent. n. 309 del 1999, n. 252 del 2001, n. 354 del 2008.

[41] Corte cost., sent. n. 126 del 29 aprile 1985.

[42] Cons. St., sent. n. 612/2021.

[43] Cfr. MARAFIOTI L., Processi penali by media: un circolo vizioso?, , in AA.VV, Il rapporto tra giustizia e mass media. Quali regole per quali soggetti, Atti del covegno, Napoli, 2010, pagg. 112 e ss.

[44] Cfr. GIOSTRA G., Processo penale e Mass media, in Criminalia, 2007, pag. 59.

[45] Cfr. MUSCATIELLO V.B., La seduzione dell’istate. Illusioni penalistiche al tempo dei media, Bari, 2020, pag. 19, e sullo stesso argomento Losappio G., La <> del giudizio tra verità “nel” e “del” processo. Frammenti di riflessione, in AA.VV., Verità e processo penale, a cura di GAROFOLI V. e INCAMPO A., Milano, 2012, pag. 83.

[46] Il termine Gestalt indica una configurazione, uno schema, una struttura di fenomeni diversi, intesi tuttavia in modo tanto integrato, da costituire un’entità indivisibile e avente proprietà che i componenti in origine non possiedono. La psicologia della Gestalt è spiegata, tra gli altri, da MINATI G., Sistemi: origini, ricerca e prospettive, in AA.VV. Strutture di mondo. Il pensiero sistemico come specchio di una realtà complessa, Bologna, 2010, pag. 23.

[47] Cfr. MUSCATIELLO V.B., op. cit. pag. 136.

[48] Vedasi, ad esempio, https://www.carabinieri.it/in-vostro-aiuto/informazioni/comunicati-stampa