Pubbl. Mar, 26 Gen 2016
Il Sudafrica tra Apartheid e post-Apartheid.
Modifica paginaLa battaglia contro il regime segregazionista ha migliorato o no il contesto sociale, politico ed economico del paese? Quali sono state le conseguenze avutesi con il post-Apartheid?
L'Apartheid
La parola Apartheid deriva dalla lingua afrikaans e significa "separazione". Inizialmente, questo termine aveva un'accezione politica. Fu utilizzato per la prima volta nel 1917 da Jan Smutes, politico sudafricano, per due mandati primo ministro del Paese. Attualmente, questa parola designa il movimento segregazionista che il governo sudafricano istituì dal 1948 al 1994. La filosofia dell'Apartheid partiva dal presupposto che tutte le etnie del paese dovevano vivere divise affinchè potessero continuare a sviluppare le proprie abitudini e le proprie tradizioni. Prendendo in prestito le parole di Analúcia Danilevicz, "Ciò che ha caratterizato questo nuovo periodo è stata la dissociazione tra il potere economico e il potere politico; la popolazione di origine inglese ha mantenuto il potere politico mentre gli afrikaaners hanno mantenuto quello economico. In questo modo, l'istituzione dell'Apartheid diventò uno dei pilastri del movimento politico dell'epoca" (Danilevicz 2010: 5).
A quell'epoca, in Sudafrica, i neri costituivano l'80 % della popolazione. La restante parte era costituita da inglesi ed afrikaaners, fazione favorevole all'Apartheid. A partire dal 1948, nello specifico tra il 1954 e il 1958, il movimento segregazionista ha ideato un sistema basato su leggi di carattere proibitivo quali: il vietare matrimoni misti, il frequentare determinate aree delle città sudafricane, la censura di idee politiche e l'impossibilità di usufruire di determinati servizi pubblici. Per questo motivo, attraverso il governo di Pretoria condotto dall'allora primo ministro Daniel François Malan, furono istituite leggi che riorganizzassero l'assetto della popolazione sudafricana. Alcune delle norme che destabilizzarono fortemente furono: il Population Registration Act N° 30 (1950) e il Natives (Abolition of Passes and Co-ordination of Documents) Act N° 67 (1952). La prima affermava che "le famiglie potessero essere divise e i parenti essere trasferiti altrove in modo da essere classificati in categorie differenti" (Danilevicz 2010: 5). La seconda, invece, "esigeva che tutti i neri portassero con sè un documento d'identità (un lasciapassare), nel quale erano annotati il percorso professionale e la residenza" (Danilevicz 2010: 6).
Il controllo della società diventò ancor più drastico con la creazione dei bantustans. I bantustans erano stabilimenti usati dalla popolazione nera, la cui particolarità consisteva nell'essere indipendenti da un punto di vista amministrativo e dipendenti dal punto di vista poltico (erano controllati dal governo di Pretoria). L'ONU ha criticato fortemente di questi posti ed ha accusato il governo sudafricano di dividere la popolazione. La critica dell'ONU e le conseguenti privazioni hanno portato la popolazione a protestare contro il governo. Una delle proteste più conosciute (purtroppo per motivi non positivi) è quella di Soweto. In questa occasione, furono massacrati 600 neri. Le continue manifestazioni, oltre che l'instabilità sociale e politica, hanna causato un'involuzione economica, determinando così la non-credibilità del Sudafrica in ambito internazionale. Tuttavia, le proteste sono continuate e gli scontri tra polizia e manifestanti diventarono una costante quotidiana. Le restrizioni e l'embargo economico determinarono la fine del regime con l'elezione a presidente della nazione di Nelson Mandela. D'accordo con Danilevicz furono vari i fattori determinanti l'Apartheid: "La risoluzione dei conflitti locali, la libertà concessa a Nelson Mandela e la fine della censura ai movimenti pro-liberazione sono stati, senza dubbio, eventi importanti che hanno segnato la fine dell'Apartheid e il reingresso del Sudafrica nella comunità internazionale. [...] L'ascesa di Mandela al portere ha certamente cambiato l'organizzazione interna dello Stato. La sua politica di trasformazione sociale e politica ha anche giovato alle relezioni estere del paese. Nonostante l'ottimismo dei primi anni del governo, si deve riconoscere che le ridefinizioni interne, i rapporti con le autorità locali, il ruolo del Sudafrica nello scenario internazionale, hanno permesso l'evoluzione dello stato non senza problemi” (Danilevicz 2010: 16).
Il post-Apartheid
Con l'elezione di Nelson Mandela alla guida del Sudafrica, il dibattito sul post-Apartheid è stato strettamente connesso alla TRC (Truth and Reconciliation Commission). La riconciliazione all'interno di una comunità non consiste soltanto nel dimenticare definitivamente il passato ma, attraverso quest'ultimo, nel "riparare" il proprio presente creando qualcosa di nuovo: una democrazia.
Dal 1993, nello specifico con il passagio dal regime alla democrazia, l'obiettivo principale del Sudafrica era risolvere il problema dei diritti umani bistrattati durante il segregazionismo. In un certo senso, la sfida del nuovo Sudafrica era racchiusa in una parola: uguaglianza. Nonostante il legame intrinseco con il post-Apartheid, questa parola presenta pro e contro che divergono da circostanza a circostanza. Il concetto di uguaglianza nella storia sudafricana era legato alla legalità, all'economia, alla politica, alla lingua e alle libertà individuali.
Non a caso, le principali misure che il governo voleva adottare nei confronti dell'intera popolazione era offrire beni primari come una casa, acqua, elettricità, acceso al sistema sanitario e a quello dell'istruzione. Pertanto, ciò che il governo di Mandela intendeva fare era realizzare un processo di ricostruzione e sviluppo del Sudafrica a livello nazionale e internazionale. Per molti sudafricani, il divario tra i bianchi e le altre etnie era sostanzialmente legato a due fattori: la disoccupazione e l'acquisizione di risorse economiche. La disoccupazione, per esempio, era particolarmente concentrata in gruppi quali le donne, i giovani e le persone con un basso tasso di scolarizzazione. Tuttavia, dal 1994 ad oggi, vi è un alta percentuale di disoccupati poiché, chi ottenne vantaggi a livello economico e professionale fu la borghesia insita nei gruppi minoritari. L'assorbimento di questo gruppo sociale all'interno dell'economia sudafricana provocò un dislivello all'interno delle stesse etnie e l'uguaglianza tanto annunciata con il passaggio alla democrazia risultò parzialmente utopica. Altre conseguenze di questo dislivello si possono riscontare anche a livello politico, all'interno del sistema scolastico e quello sanitario, così come a livello linguistico.
Quanto alla politica, il dislivello risultò abbastanza visibile nelle decisioni prese da Nelson Mandela e Thabo Mbeki (anch'egli politico sudafricano). L'obiettivo di Mandela era istituire una democrazia che desse un forte incentivo alla società sudafricana, che tornò ad essere credibile al livello nazionale, continentale ed internazionale. Ciò fu anche possibile attraverso la serie di eventi culturali e non promossi nell'arco di questi anni. Tuttavia, uno dei problemi che affliggeva il paese che Mandela non riuscì a risolvere fu la lotta contro l'AIDS. Dal 1990 al 2000 il numero di persone sieropositive aumentò vertiginosamente. Come sostiene Adam Ashfort, "Sin dal 1990 il South African Departement of Health ha condotto indagini in forma anonima su analisi del sangue di donne in stato interessante che soggiornano nelle cliniche prenatali del paese. Le indagini mostrano un terribile aumento delle infezioni nella seconda metà degli anni '90. Verso la fine del 1996, la prevalenza globale del virus tra ledonne in età fertile (donne tra i 15 e i 49 anni) è stata stimala al 14,7%. Verso la fine del 1997, invece, tale percentuale è salita al 16,01%. Verso la fine del 2000, la sieroprevalenza dell'HIV nelle donne in stato interessante è salita al 24,5%" (Ashforth 2001:2).
Inoltre, durante il suo mandato politico e in relazione a tale problematica, Mandela dovette affrontare la denuncia di 39 case farmaceutiche che lo accusarono della promulgazione del Medical Act nel 1997. Questa legge permetteva al governo sudafricano di importare e produrre medicinali che curassero l'AIDS ad un prezzo sostenibile. A causa delle proteste internazionali sollevate nei confronti della denuncia, le case farmaceutiche ritirano le accuse nei confronti di Mandela. Se da un lato quest'ultimo persegui la strada del rinnovamento, Thabo Mbeki ostacolò questo percorso. Una delle accuse fatte a Mbeki fu quella di concedere benefici alle classi più abbienti attuando, di conseguenza, una politica che non facesse le veci del cittadino comune. Il mandato di Thabo Mbeki fu caratterizzato da vari scandali che sorsero intorno alla sfera dalle sanità pubblica, ai crimini e alla violenza, delinando così una figura politica incapace di affrontare problematiche di stampo nazionale e, in alcuni casi, l'essere un leader senza tatto. Proprio in relazione all'AIDS, affermò che il virus dell'HIV non può dare origine alla malattia in questione. Conseguenza di questa affermazione è stata l'incremento delle violenze sessuali nei confronti delle donne, basate sul credo che avere rapporti sessuali con una vergine potesse curare tale virus. In un certo senso, l'affermazione di Mbeki ha suscitato clamore poichè ha unito (in modo non opportuno) dati scientifici con credenze popolari. Se in una prima fase del post Apartheid si è tentato di dare un'immagine cosmopolita del paese, attualmente sembra che lasciare i problemi in un angolo i problemi del paese sia la soluzione più adatta.
Per quel che riguarda la sfera dell'istruzione, la storia sudafricana ha mostrato che i giovani, soprattutto gli studenti, hanno difeso strenuamente i propri diritti e quelli dell'intera popolazione. Indipendentemente dal colore della pelle, gli studenti hanno avuto un ruolo importante nell'attivismo politico pre e post Apartheid. Gli studenti hanno lottato e continuano a lottare per la parità dei diritti nell'accesso a questo dominio. In relazione a ciò, José Katito afferma: "In Sudafrica, grazie anche al legame con il '68 europeo, gli studenti di sociologia e di altre scienze sociali costituirono e costituiscono tuttora la guida per le rivolte studentesche [ibid]. Oggi si battono, per esempio, per un sistema scolastico universitario più egualitario. In particolare, molti neri militanti dei primi movimenti studenteschi progressisti avevano avuto esperienze di resistenza coloniale durante le guerre di conquista (Frontier Wars o Kaffir Wars). La difesa della terra e la preservazione di valori e costumi tradizionali erano tra le rivendizazioni degli studenti africani i cui appezzamenti e quelli delle loro famiglie venivano usurpati dagli europei [ibid]" (Katito 2012:73).
Le principali misure adottate in favore all'istruzione furono: l'incorporare residenze e istituzioni universitarie delle etnie ad edifici studenteschi già in uso, l'internazionalizzazione delle istituzioni universitarie sudafricane, la creazioni di sistemi educativi, creare un'alternanza scuola-lavoro per i giovani. Ironicamente, la fine dell'Apartheid e l'avvento della democrazia hanno provocato un indebolimento dell'istruzione, dovuto alla mancata creazione di una futura classe dirigente. Conseguenza di ciò è stata la migrazione di giovani verso altri paesi.
Un ulteriore fattore rilevante relativo al post Apartheid è la questione linguistica, fattore che ha giocato un ruolo fondamentale all'interno della società sudafricana. In un paese in cui il colore della pelle identificava la propria origine, la lingua è stata un mezzo di affermazione delle proprie radici. Da un punto di vista linguistico l'afrikaans, oltre ad essere la lingua del movimento segregazionista, aveva una funzione legata al potere. Attualmente, l'inglese è la lingua usata dalla popolazione, nonostante le lingue ufficiali del Sudafrica siano 11: Sepedi, Sesotho, Setswana, siSwati, Tshivenda, Xitsonga, Afrikaans, Inglese, isiNdebele, isiXhosa e isiZulu. Queste lingue devono essere usate e livello legislativo e governativo, allo stesso tempo, le lingue non ufficiali che si parlano nel paese, devono essere rispettate indipendentemente dai fini in cui vengono usate. Lo scegliere 11 lingue ufficiali è stato, in un certo senso, un compromesso raggiunto dal National Party (partito politico costituito da afrikaaners) e l'ANC (African National Congress). I primi auspicavano ad un uso paritario delle lingue vigenti in Sudafrica, i membri dell'ANC, invece, auspicano all'uso della sola lingua inglese come incentivo alla globalizzazione ed elemento di rottura con il regime segregazionista. Tuttavia, in buona parte dei settori caratterizanti la società sudafricana, è dominante il ricorso all'inglese e all'afrikaans.
Cosa è cambiato con il post Apartheid?
Per spiegare i cambiamenti che il post Apartheid ha offerto al Sudafrica, è necessario partire dal seguente punto: le elezioni del 1994 sono state un grande momento democratico che ha marcato la storia del secolo scorso. Tuttavia, il cambiamento sociale non ha implicato un cambiamento psicologico. Attraverso i precedenti paragrafi è stato possibile mostrare che il percorso storico precedente e successivo al movimento segragazionista non ha cambiato particolarmente il contesto sudafricano.
Soprattutto nella fase successiva al regime le differenze tra le varie anime della popolazione hanno causato, in alcuni casi, conflitti inutili. Pertanto, guardando al post Apartheid in un ottica psicologica, è possibile osservare che i problemi culturali della nazione sono frutto delle esperienze e delle origini di ogni singola etnia. La grande pecca che il post Apartheid ha prodotto è stata l'incapacità nel far condividere in forma reciproca usi e costumi delle tribù presenti in Sudafrica, ovvero, rompere le barriere socio-culturali che da sempre hanno ostacolato il cammino dello stato africano. Questa diffidenza, nel corso degli anni, è aumentata a causa del pregiudizio reciproco.
Non a caso, nella cultura sudafricana, così come nelle altre del continente africano, l'atteggiamento e di conseguenza la comunicazione non verbale hanno avuto ed ancora hanno un ruolo importante nella storia sudafricana. Di fronte alla presenza di ostacoli verbali e non verbali è impossibile convincere un popolo (in questo caso quello sudafricano) con tradizioni e storie molto radicate a cambiare la propria indole.
Conclusioni
Dalla fine del movimento segregazionista ad oggi, il Sudafrica è molto cambiato dal punto di vista sociale. La società sudafricana può definirsi multietnica. Tuttavia, le tribù e le etnie che ne fanno parte tendono a socializzare tra loro soltanti in determinati contesti (per esempio, nell'ambito professionale o in un contesto universitaro). La mancanza di socializzazione è dovuta al pregiudizio reciproco che ha come conseguenza preponderante l'affermare la propria identità a discapito dei gruppi sociali circostanti. Le differenze tra i vari gruppi insiti nella società sudafricana sono di carattere linguistico, economico e culturale. Inoltre, bisogna menzionare che con l'avvento della democrazia non si sono avuti conflitti razziali violenti, se non nei confronti di immigrati africani provenienti da altri paesi.
Nonostante i buoni propositi nel costruire una democrazia, sembra che l'ambizio progetto di una società multirazziale con pari opportunità è utopia. Il Sudafrica, attualmente, è uno stato che presenta molte contraddizioni culturali messe probabilmente in evidenza dall'involuzione avutasi a livello sociale, economico e politico. Per questo motivo, unire una nazione caratterizzata da usi e costumi che variano da etnia ad etnia risulta un'impresa quasi impossibile.
Bibliografia
ASHFORTH, Adam. AIDS, Witchcraft, and the Problem of Power in Post-Apartheid South Africa. 2001. Disponibile qui: https://www.sss.ias.edu/files/papers/paperten.pdf
DANILEVICZ, Analúcia Pereira. A (longa) história da desigualdade na África do Sul. Porto Alegre: Mal-Estar na Cultura. 2010
KATITO, José. Dilemmi della sociologia sudafricana nel periodo del post-Apartheid. Tra responsabilità sociale e sfide globali. Trento: Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale della Facoltà di Sociologia dell'Università di Trento, 2012