Pubbl. Dom, 3 Set 2023
Maternità surrogata: la Corte EDU condanna l´Italia per non aver riconosciuto una bambina nata nel 2019
Modifica paginaEditoriale a cura di Ilaria Taccola
La Corte EDU ha condannato l´Italia per non aver riconosciuto il rapporto di filiazione tra il padre biologico e una bambina nata nel 2019 mediante maternità surrogata in Ucraina. La Corte EDU ha anche condannato l´Italia al pagamento di 15.000 euro di danni e 9.500 euro di spese legali per aver impedito il riconoscimento da parte del padre biologico della minore nata nel 2019 in Ucraina.
La Corte EDU ha condannato l’Italia per non aver riconosciuto legalmente il rapporto di filiazione tra il padre biologico e una bambina nata nel 2019 in Ucraina con la maternità surrogata in violazione dell’art. 8 della CEDU.
Il ricorso, presentato nel settembre 2021 da parte del genitore biologico e della madre intenzionale, riguardava il rifiuto da parte delle autorità italiane di procedere alla trascrizione dell’atto di nascita della bambina nata da gestazione per altri in Ucraina.
La Corte ha accolto il ricorso per quanto riguarda la posizione del genitore biologico, ma non per la madre intenzionale. Infatti, si deve distinguere la posizione del padre biologico rispetto alla madre intenzionale.
Infatti, la Corte EDU nelle motivazioni ha evidenziato che per garantire un risultato "rapido" ed "efficace" conforme all'interesse superiore del minore nell'instaurare il rapporto di filiazione tra il genitore biologico e il figlio nato a seguito di maternità surrogata all'estero:
“a) il processo decisionale deve essere sufficientemente incentrato sull'interesse superiore del minore; in tal senso, libero da eccessivi formalismi e capace di realizzare tale interesse indipendentemente da eventuali vizi procedurali;
b) i giudici nazionali devono cooperare con le parti indicando le soluzioni scelte dal sistema, indipendentemente dalle richieste delle parti interessate”.
La scelta dei mezzi da utilizzare per consentire il riconoscimento del legame tra un minore e un genitore affidatario rientra nel margine di discrezionalità degli Stati.
Non esiste un consenso europeo in materia e il margine di discrezionalità degli Stati è limitato per quanto riguarda il principio stesso dell'accertamento o del riconoscimento della filiazione, ma tale margine è maggiore per quanto riguarda i mezzi da utilizzare a tal fine proprio perché l’importante non è il mezzo, ma il fine da attuare. Soprattutto perché il mancato riconoscimento di una relazione di filiazione tra un figlio nato a seguito di maternità surrogata praticata all'estero e il genitore affidatario ha conseguenze negative su diversi aspetti del diritto del minore al rispetto della vita privata e pone il minore in una posizione di svantaggio, in quanto lo pone in una forma di incertezza giuridica quanto alla sua identità nella società.
La Corte ha rammentato che secondo il suo orientamento consolidato la questione da esaminare non riguardava le procedure di accertamento o di riconoscimento di un rapporto di filiazione di un figlio nato da maternità surrogata praticata all'estero (trascrizione del certificato di nascita straniero parziale o completo, adozione completa o semplice, accertamento ex novo del legame nel paese di residenza del minore), ma se il processo decisionale dello Stato di residenza del minore, considerato nel suo insieme, garantisse o meno un'adeguata tutela degli interessi in gioco.
In effetti, è essenziale che le procedure di accertamento della filiazione previste dal diritto interno garantiscano l'efficacia e la rapidità del riconoscimento conformemente all'interesse superiore del minore, in modo da evitare l'incertezza giuridica del suo status.
Nel caso di specie i genitori hanno presentato ricorso innanzi al Tribunale chiedendo la trascrizione completa dell'atto di nascita o, in subordine, la trascrizione parziale nei confronti del padre biologico. Il Tribunale, nonostante il parere favorevole del pubblico ministero che chiedeva di concedere la trascrizione parziale, ha respinto il ricorso sulla base del fatto che la presa in considerazione dell'interesse superiore del minore non poteva comportare una violazione del principio di incompatibilità della maternità surrogata con l'ordine pubblico.
Il genitore biologico e la madre intenzionale hanno impugnato tale decisione chiedendo la trascrizione parziale dell'atto di nascita relativo al genitore biologico. La Corte rileva inoltre che il pubblico ministero ha nuovamente espresso parere favorevole.
Con sentenza del 14 giugno 2021, la Corte di appello ha respinto il ricorso, dichiarando irricevibile la domanda di trascrizione parziale per motivi formali, in quanto la domanda iniziale riguardava esclusivamente la trascrizione integrale del certificato di nascita del minore e questo sarebbe contrario all'ordine pubblico.
Secondo la Corte appare evidente che i giudici nazionali hanno respinto le domande impugnate senza ponderare i diversi interessi in gioco e, soprattutto, senza prendere in considerazione le esigenze di rapidità e di efficienza richieste in procedimenti come quello in esame.
Secondo la Corte EDU i giudici nazionali non sono stati in grado di adottare una decisione tempestiva al fine di tutelare l'interesse della minore per garantire che la sua filiazione biologica sia accertata e non sembra essere stata prevista nessun'altra soluzione alternativa. La bambina, ora di quattro anni, è stata tenuta in un prolungato stato di incertezza sulla sua identità personale sin dalla nascita.
Infatti, la bambina non ha una filiazione stabilita, con conseguenze significative per il suo stato civile proprio perché è considerata apolide in Italia.
Per tali motivi, nonostante il margine di discrezionalità riconosciuto allo Stato, la Corte EDU ha ritenuto che l’Italia sia venuta meno al suo obbligo positivo di garantire al minore il diritto al rispetto della sua vita privata in violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
Per quanto riguarda, invece, la madre intenzionale il discorso è diverso perché la trascrizione dell'atto di nascita di un bambino nato da maternità surrogata praticata all'estero è stata, nella parte in cui riguardava il genitore affidatario, vietata in quanto contraria all'ordine pubblico.
Infatti, la Corte di cassazione, con la sentenza n. 38162 del 30 dicembre 2022, ha stabilito che "l’adozione è il mezzo attraverso il quale è possibile ottenere il riconoscimento legale di tale figlio, conferendo al genitore adottivo lo status di figlio o figlia, il legame di fatto tra il bambino in questione e la persona che ha condiviso con il genitore biologico il piano di procreazione e ha contribuito al mantenimento del bambino dalla nascita".
Si deve anche rammentare che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 33/2021, ha dichiarato incostituzionali le disposizioni relative all'adozione "in casi speciali" nella parte in cui ostano alla creazione tra l'adottato e i genitori dell'adottante dello stesso vincolo familiare stabilito da altri tipi di adozione.
La Corte, nello stabilire se il rifiuto di riconoscere il rapporto di filiazione stabilito dal certificato di nascita ucraino tra la ricorrente e la madre affidataria sia compatibile con il diritto della ricorrente al rispetto della sua vita privata e familiare ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione, ha ritenuto che in quest’ultimo caso non vi sia stata alcuna violazione.
È vero che il diritto italiano non consente la trascrizione dell'atto di nascita della madre affidataria, ma garantisce a quest'ultima la possibilità di riconoscere legalmente il minore mediante adozione, seppure con quella per i casi particolari ex art. 44 L. 184/1983.
Infatti, è stato riscontrato dalla Corte che il riconoscimento del desiderio di vedere riconosciuto un legame tra la ricorrente e la madre affidataria non è un'impossibilità generale e assoluta.
Alla luce di quanto precede, la Corte ritiene che, rifiutando di trascrivere l'atto di nascita ucraino della ricorrente nei registri civili italiani nella parte in cui la indica come sua madre, lo Stato convenuto non abbia ecceduto, nelle circostanze del caso di specie, il suo margine di discrezionalità.
Di conseguenza, non vi è stata alcuna violazione dell'articolo 8 della Convenzione su questo punto.
La Corte EDU ha anche condannato l'Italia al pagamento di 15.000 euro di danni e 9.500 euro di spese legali per aver impedito il riconoscimento da parte del padre biologico della minore nata nel 2019 in Ucraina.