Pubbl. Lun, 7 Ago 2023
All´assemblea di condominio è consentito di deliberare a maggioranza la ripartizione provvisoria dei contributi in assenza di tabelle millesimali
Modifica pagina
Andrea Castaldo
Con ordinanza Cass. civ. Sez. II, Ord., ud. 08/02/2023, dep. 20/02/2023, n. 5258 la Suprema Corte ritorna nuovamente a chiarire taluni importanti punti e a meglio definire i margini con cui l´assemblea condominiale può disporre in assenza di tabelle millesimali e le conseguenze della nullità delle delibere assembleari in materia di spesa in caso di utilizzo di criteri capitari
The condominium assembly is allowed to decide by majority on the provisional distribution of contributions in the absence of thousandth tables
By order of the Supreme Court civ. Section II, Ord., hearing 08/02/2023, dep. 02/20/2023, no. 5258 the Supreme Court returns once again to clarify some important points and to better define the margins with which the condominium assembly can dispose in the absence of thousandth tables and the consequences of the nullity of the assembly resolutions regarding expenditure in case of use of per capita criteriaSommario: 1. Introduzione; 2. Delibere condominiali e nullità; 3. Il recente arresto della giurisprudenza di legittimità; 4. Conclusioni.
1. Introduzione.
La seconda sezione civile della Corte di cassazione con ordinanza n. 5258 del 20 febbraio 2023 è intervenuta chiarendo che ben può l’assemblea di condominio deliberare validamente a maggioranza la ripartizione provvisoria dei contributi in assenza di tabelle millesimali applicabili alla specifica spesa effettuata ed in aggiunta che l’esecuzione di una deliberazione condominiale nulla non ha alcun effetto sanante, ponendo ulteriori importanti elementi chiarificatori nella disciplina civilistica dedicata al condominio e ai relativi diritti.
Si ritiene opportuno quindi, in virtù dell’importanza del tema oggetto della pronuncia, approfondire la tematica considerando e riflettendo sui limiti posti all’esercizio dei poteri dell’assemblea condominiale nella gestione dei beni comuni in assenza di tabelle millesimali e la impossibilità di prevedere delibere contenenti generali criteri capitari per la ripartizione delle spese tra i condomini.
2. Delibere condominiali e nullità.
In primis, rileva chiarire che l’ordinamento consente ai condomini mediante la delibera condominiale di dare esecuzione alla decisione assunta in sede assembleare in riferimento ai temi presenti nell’ordine del giorno stabiliti dall’amministratore e contenuti nella convocazione all’assemblea condominiale.
Non tutti i documenti e/o atti redatti in sede di assemblea condominiale possono essere considerati una delibera, infatti, la delibera condominiale deve rispettare dei requisisti.
Innanzitutto, deve avere la forma scritta, tant’è che si richiede la presenza della stessa nel verbale di assemblea. Ancora, va riportata la votazione per iscritto con indicazione del numero dei voti e dei millesimi; ed infine, la delibera è obbligatoria, è immediatamente esecutiva per tutti i condomini, produce effetti immediati dal momento della sua approvazione e può essere invalidata in caso di vizi di nullità o annullabilità. L’art. 1130, co. 1, lett. a), c.c. dispone che è l’amministratore che la pone in esecuzione[1].
La delibera dell'assemblea condominiale vincola tutti, anche la minoranza dissenziente o chi si è astenuto, così come chiarito di recente dalla Corte di Cassazione[2].
Come ha chiarito a più riprese la giurisprudenza di legittimità, devono qualificarsi nulle le delibere prive degli elementi essenziali.
Ci si riferisce ai casi in cui siano assenti la volontà della maggioranza, l’oggetto, la causa e/o la forma, così da avere una deficienza strutturale della delibera; quelle con oggetto impossibile o illecito poiché contrarie all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume; quelle con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea; le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini e le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto[3].
Quindi, alla luce di ciò, l’assemblea condominiale non può validamente assumere decisioni che riguardino i singoli condomini in riferimento a beni di loro proprietà esclusiva, salvo che non si interessino anche il corretto ed adeguato uso delle cose comuni.
L’annullabilità ai sensi dell’art. 1137 c.c. è la regola generale, sicuramente eccezionale è il vizio della nullità delle delibere di cui, come detto, il Codice neanche si occupa.
Esemplificativamente si ha la nullità della delibera quando è adottata senza la votazione dell'assemblea; quando questa è priva di oggetto, cioè priva di una reale decisione o con un oggetto non determinato né determinabile; se è priva di causa, carente cioè di una ragione pratica giustificativa della stessa che sia meritevole di tutela giuridica; non vi siano risultanze nel verbale dell’assemblea, delibera manchevole della necessaria forma scritta. Inoltre, la delibera è nulla per impossibilità dell’oggetto, sia in senso materiale, cioè è una delibera non eseguibile in quanto inattuabile), sia in senso giuridico, in riferimento al contenuto della deliberazione[4].
La nullità delle delibere è sempre deducibile da chiunque vi abbia interesse.
Diversamente per i casi di annullabilità, infatti, in tale ultima ipotesi, al di fuori dei casi suddetti, le deliberazioni assembleari adottate in violazione di norme di legge o del regolamento condominiale sono annullabili con l’azione di annullamento sancita nell’art. 1137 c.c., nel rispetto del termine perentorio di trenta giorni dalla deliberazione o dalla comunicazione della delibera a seconda se si è condomini dissenzienti o assenti.
Altresì, la sentenza che pronuncia la nullità della delibera è di tipo dichiarativo, con conseguente caducazione ab origine degli effetti della delibera. Invece, in caso di vizi che comportino l’annullabilità di quest’ultima, la sentenza ha natura costitutiva e gli effetti della volontà assembleare vengono meno con effetto ex nunc a partire dalla pubblicazione del provvedimento giudiziale.
3. Il recente arresto della giurisprudenza di legittimità.
La Suprema Corte ha dunque avuto modo di chiarire con tale arresto due importanti e fondamentali criteri sistematici della disciplina civilistica in materia condominiale.
Da un lato, non contrasta con il conforme e consolidato orientamento giurisprudenziale la possibilità che l’assemblea condominiale per provvedere alle esigenze di ordinaria gestione dei beni e dei servizi comuni, in assenza di tabelle millesimali applicabili relativamente alla spesa effettuata, possa deliberare validamente a maggioranza una ripartizione provvisoria dei contributi tra i condomini, a titolo di acconto, salvo conguaglio[5].
Ciò in quanto, in ambito condominiale, in mancanza o comunque prima della formazione delle tabelle millesimali, non vi è alcun criterio legale e/o convenzionale per determinare l’esatta misura della partecipazione alle spese[6].
Inoltre, sempre in merito, altra giurisprudenza ha affermato che «in assenza di adeguate tabelle millesimali, spetta al Giudice stabilire i criteri di ripartizione delle spese condominiali, seguendo le norme di legge in materia»[7].
Dall’altro lato, «è altrettanto pacifico in giurisprudenza che sia nulla la deliberazione adottata a maggioranza la quale stabilisca criteri “capitari” di ripartizione delle spese, in deroga ai parametri di proporzionalità fissati dagli artt. 1123 e ss. c.c.»[8].
Questo in quanto, l’utilizzo di criteri pro capite con cui si procede alla suddivisione della spesa in parti uguali, è contrastante con i criteri sanciti dall’art. 1123 c.c. per cui, invece, si tratta di criteri fondati sulla proporzionalità al valore della proprietà di ciascun condomino oppure si tiene conto del diverso uso fattone da ciascuno.
Sul punto, la Suprema corte, analizza anche il vizio che colpisce una delibera di ripartizione delle spese condominiali su base capitaria.
La soluzione prospettata ne afferma la nullità e non l’annullabilità, poiché si rientra in uno dei casi di vizi sostanziali sanciti dalle Sezioni Unite n. 9839 del 2021.
È, inoltre, una nullità assoluta ed insanabile, non sottoposta al termine ex art. 1137 c.c., pari a trenta giorni, di impugnazione.
Relativamente alle delibere assembleari nulle l’ordinamento non prevede meccanismi sananti, anche nel caso in cui siano state poste in esecuzione.
Infatti, tale nullità della deliberazione è ostativa all’insorgere del potere/dovere dell’amministratore ex art. 1130, n. 1, c.c. ed infine una delibera nulla non può in nessun caso ritenersi valida ed efficace nei confronti di alcun condomino.
4. Conclusioni.
L’ordinanza della Suprema Corte fornisce un importante chiarimento sulla ripartizione delle spese in assenza di tabelle millesimali e sulla necessità di evitare qualsiasi uso di criteri capitari in quanto contrastanti con i criteri di ripartizione delle spese affrontante dai condomini previste dalla legge ed improntati in primo luogo alla proporzionalità.
Nel primo caso, si ha una delibera assembleare valida solo se provvisoria e a titolo di acconto, delibera adottata quindi per una specifica spesa.
Il costante orientamento della Suprema Corte[9] evidenzia che, considerando gli artt. 68 disp. att. c.c. e 1138 c.c., l’atto di approvazione o di revisione delle tabelle millesimali deve avere la veste di una deliberazione assembleare e perciò non sono configurabili approvazioni o revisioni per “facta concludentia”.
Nel secondo caso, l’uso di criteri capitari è vietato e la delibera sarà affetta da nullità, sempre e comunque impugnabile, non sarà valida ed efficace nei confronti di nessuno dei condomini.
[1] «L'amministratore, oltre a quanto previsto dall'articolo 1129 e dalle vigenti disposizioni di legge, deve: 1) eseguire le deliberazioni dell'assemblea» (così l’art. 1130, co. 1, lett. a), c.c.).
[2] Cass. civ., sez. II, 13 maggio 2022, n. 15302.
[3] Cass., Sez. un., 14 aprile 2021, n. 9839 e Cass., Sez. un., 7 marzo 2005, n. 4806.
[4] Cass., Sez. un., 14 aprile 2021, n. 9839.
[5] Cass. civ., sez. II, 19 agosto 2021, n. 23128.
[6] Cass. civ., sez. II, 20 maggio 2011, n. 11264.
[7] Cass. civ., sez. II, 27 gennaio 2016, n. 1548.
[8] Cass. civ., sez. II, 4 dicembre 2013, n. 27233.
[9] Cass. civ., sez. VI, 14 ottobre 2022, n. 30305 e Cass. civ., sez. II, 15 ottobre 2019, n. 26042.