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Pubbl. Lun, 20 Mar 2023
Sottoposto a PEER REVIEW

Il Total Quality Management nella sanità pubblica e il Governo Clinico

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Clara Deflorio



La crescente attenzione della Pubblica Amministrazione a quella che si può definire ” Eticità delle prestazioni” pone la Qualità come componente strategica per ogni organizzazione pubblica, ai fini del miglioramento delle opportunità di vita. In uno scenario in continua evoluzione, caratterizzato da un elevato dinamismo economico e sociale, le organizzazioni si impegnano quotidianamente ad aggiornare il proprio piano strategico aziendale, oltre che i modelli di organizzazione e gestione dei rischi per garantire la Qualità Totale sia all´interno dell´ambiente lavorativo che all´esterno, nell´ottica di salvaguardare la propria produttività e resilienza operativa.


ENG

Total Quality Management in public health and Clinical Governance

The growing attention of Public Administration to ”the Ethics of performance” place Quality as a component of strategic importance for every public organization to improve the life chances. In a contest characterized by a high economic and social dynamism, organizations undertake daily to update their company´s strategic plan and their Risk-management and organisational models to guarantee Total Quality both in the working environment and outside, in order to safeguard its productivity and operational resilience.

Sommario: 1. Il Total Quality Management nella Pubblica Amministrazione; 1.1. Dal concetto di Qualità al Controllo Qualità: il ciclo di Deming; 1.2. Miglioramento continuo e Circoli di Qualità; 1.3. La valutazione della qualità: il modello Six Sigma; 2. La Qualità nella sanità pubblica e il Governo Clinico; 2.1. Il coinvolgimento degli stakeholders per la Qualità; 2.2. Le linee guida come strumento di miglioramento della Qualità; 2.3. L’importanza della prevenzione in sanità: bundle e piano di miglioramento; 3. Riflessioni conclusive.

1. Il Total Quality Management nella Pubblica Amministrazione

Il concetto della Qualità Totale nasce negli Stati Uniti all’inizio degli anni ’50 e trova la sua concreta applicazione in Giappone negli anni ’60, ove la Qualità diviene uno dei pilastri della rinascita industriale.

A seguito dell’influenza di Edward Deming e Joseph Juran, le più importanti Aziende giapponesi adottano la Qualità Totale come nuovo strumento strategico di gestione aziendale e, persino in ambito universitario, la Qualità diventa oggetto di studio e di ricerca. Non a caso molti fra i nomi più celebri della Qualità sono professori universitari giapponesi di quel periodo, come Kaoru Ishikawa.

Di riflesso, il concetto di “Qualità prima di tutto” si estende con maggiore impatto ed efficacia negli Stati Uniti (laddove era nato) e in tutte le più importanti Aziende occidentali.

Nasce, così, una rivoluzione culturale supportata dall’idea che le tecniche del Controllo Qualità devono essere estese ad ogni settore aziendale e coinvolgere non solo gli specialisti della Qualità, ma tutto il personale che vi svolge mansioni.

Ne deriva la necessità di fornire, a tutte le risorse aziendali, un valido piano di formazione per far sì che le stesse abbiano un ruolo attivo e proattivo nei processi aziendali.

Altresì indispensabile ai fini del Total Quality Management (TQM) risulta essere l’impegno, la dedizione o, meglio, il commitment del top management aziendale, il quale deve considerare la Qualità Totale come uno strumento strategico per la produttività e il successo dell’organizzazione e applicarlo, innanzitutto, nelle attività direzionali.

Ma cosa si intende, di preciso, con Total Quality Management? L’indagine ermeneutica e critico-testuale sul TQM consente di chiarirne subito il significato: Total, nel senso che la Qualità deve essere totale, quindi interessare l’intera organizzazione e tutte le persone che vi ci operano, nell’ottica del continuo miglioramento dei processi; Quality, intesa come qualità da raggiungere nel lungo periodo, “senza trascurare l’esigenza di ottenere livelli minimi di qualità anche nell’immediato”[1]Management, cioè concreta applicazione del metodo e presenza di una leadership motivata e competente, disposta ad investire nelle Risorse umane e ad applicare costantemente i principi del TQM all’interno di ogni ramo aziendale.

I principi a cui si ispira il Total Quality Management sono l’orientamento dei processi ai risultati, l’attenzione rivolta alle esigenze dell'utente, la coerenza con gli obiettivi prefissati, la formazione adeguata di tutto il personale, l’innovazione e il miglioramento continuo dei processi, oltre che lo sviluppo della partnership per instaurare rapporti di fiducia con i fornitori.

Il Total Quality Management può essere descritto come un approccio sistematico e globale alla gestione dell’Azienda fondato sulla logica dell’organizzazione per processi e finalizzato al miglioramento continuo delle performance da parte di tutte le Risorse umane per soddisfare le attese esplicite ed implicite degli utenti e degli altri stakeholders[2], ritenendosi per stakeholder “ogni individuo ben identificabile che può influenzare o essere influenzato dall’attività dell’organizzazione in termini di prodotti, politiche e processi lavorativi”[3].

Di preciso, il TQM nella Pubblica Amministrazione è una tecnica di gestione dell’organizzazione pubblica che si propone di sviluppare un processo di apprendimento diffuso, indirizzato alla ricerca di un’eccellenza delle prestazioni, attraverso la preminenza strategica della Qualità. Qualità intesa non solo come misura parzialmente attribuibile ai servizi erogati, bensì quale stimolo al processo di analisi delle carenze teso a migliorare i processi interni dell’organizzazione stessa e, quindi, il loro output[4].

In effetti, la Qualità Totale, unitamente all’innovazione tecnologica e al miglioramento continuo dei processi, costituisce una delle tre condizioni indispensabili per la sopravvivenza aziendale e si pone come strumento della direzione per misurare e valorizzare i servizi offerti al pubblico, nell’ottica di favorire la crescita, la virtuosità e il successo dell’organizzazione.

1.1. Dal concetto di Qualità al Controllo Qualità: il ciclo di Deming

Il concetto di Qualità è fisiologicamente correlato a quello di Controllo Qualità, basato sulla prevenzione degli errori, mediante cui è possibile misurare le prestazioni qualitative con gli standard di riferimento e introdurre azione correttive per riportarle nei limiti stabiliti.

Il management della qualità si esplica, in concreto, nell’utilizzo di strumenti (rivolti principalmente alle figure apicali dell’organizzazione) idonei ad analizzare nel modo più obiettivo il miglioramento della qualità dei processi[5].

Uno di questi strumenti è il ciclo Plan-Do-Check-Act o PDCA di Deming, per l'appunto composto da quattro fasi, che è incentrato sulla soddisfazione dell'utente e sul miglioramento continuo dei processi. Nel dettaglio: la fase di Plan consiste nel pianificare prima di agire, ossia nel determinare, in primis, il problema, poi gli obiettivi e stabilire come raggiungerli, identificando, contestualmente, tutti gli interventi utili a tale scopo; la fase di Do prevede la messa in atto degli interventi considerati; il Check non è altro che la verifica dei risultati raggiunti e l'Act si traduce nella standardizzazione delle soluzioni ottenute.

Nell’ipotesi, meno vantaggiosa, di non conferma del Check, si dovrà procedere con un altro ciclo.

1.2. Miglioramento continuo e Circoli di Qualità

La rivoluzione culturale apportata dal Total Quality Management rinviene nell’esigenza di estendere i concetti e le tecniche del Controllo Qualità ad ogni settore dell'azienda pubblica, come pure di fornire un’adeguata formazione a tutto il personale e non solo agli specialisti della Qualità.

Il fine ultimo è quello di raggiungere una reale efficacia delle strategie adottate, atteso che nell’ottica direzionale la priorità assoluta è quella di soddisfare le esigenze dell'utente e garantire lui un servizio di qualità, sicuro, utile e affidabile.

Il TMQ è, così, orientato al miglioramento continuo dei processi aziendali: miglioramento che involge piccoli passi progressivi ottenuti da piccoli investimenti e sforzi di gruppo (cosiddetto metodo Kaizen).

Per analizzare e migliorare i processi aziendali in modo agile e dinamico è preferibile valersi dei Circoli di Qualità (bottom-up approach), costituiti dall’attività periodica di controllo e miglioramento della Qualità esercitata da un gruppo limitato di dipendenti in una specifica aerea lavorativa che, attraverso l’interazione con gruppi di lavoro diversi e lo scambio di esperienze, si propone di accrescere la visibilità e la produttività dell'organizzazione.

Alcuni dei principiali strumenti utilizzati per la valutazione della qualità sono i Circoli della Qualità di Ishikawa e il diagramma di Pareto.

I Circoli della Qualità di Ishikawa si basano sull’idea che per raggiungere la Qualità Totale bisogna sviluppare, progettare, fornire assistenza ad un servizio di qualità che sia il più economico ed il più utile possibile e in grado di soddisfare l'utente nel tempo e questo logicamente implica il coinvolgimento di tutto il personale nell’attività di costante miglioramento dei processi aziendali.

Il Diagramma di Ishikawa o cosiddetto Diagramma delle 6M o a lisca di pesce è improntato sulla relazione tra un effetto osservato e le sue possibili cause, quindi tende ad analizzare, attraverso un approccio sistemico, tutti i fattori che hanno contribuito all’insorgenza di un problema.

L’analisi di Pareto, invece, è “una tecnica statistica a supporto di ogni processo decisionale in cui occorre individuare il sottoinsieme significativo di cause o di azioni che produce la percentuale più elevata di effetti”.

Il diagramma di Pareto è molto utilizzato nel Total Quality Management, in quanto consente di esporre in ordine decrescente, le problematicità esistenti in un'organizzazione, così da facilitare l’ordine con il quale risolverle (soffermandosi su quelle importanti e scartando altre, perché insignificanti) e giungere alla soluzione ottimale.

La ratio è quella di perseguire l’ottimizzazione continua, cioè quella situazione di “compromesso valutativo” o “Ottimo Paretiano” in cui nessuna variazione in aumento o in diminuzione può migliorare la scelta migliore intrapresa.

1.3. La valutazione della qualità: il modello Six Sigma

Il miglioramento continuo dei processi richiede la costante valutazione della qualità dei servizi erogati dall’organizzazione pubblica.

Una delle strategie aziendali utilizzata in tal senso è quella “Six Sigma” o modello statistico che misura un processo in termini di difetti e mira ad ottenere prestazioni migliori o innovazioni idonee a sostenere la competitività dell’organizzazione che le adotta, mediante un’elevata strategia capace di valutare, attivare e acquisire l’intelligenza collettiva di utenti e collaboratori.

Tecnicamente, “Sei Sigma” significa una precisione del 99,9997%, in quanto alla base della metodologia vi è l’obiettivo di perseguire l’eccellenza o, perlomeno, ridurre al minimo le tolleranze, i difetti, gli errori e ciò significa puntare a raggiungere risultati conformi ai valori concordati con i fruitori.

Le componenti del modello Six Sigma sono: il focus sulle esigenze dell’utente; il miglioramento continuo delle performance attraverso l’individuazione di processi chiave volti a fornire un valore aggiunto all’organizzazione; l’atteggiamento proattivo del personale nell’ottica di prevedere i difetti piuttosto che porvici rimedio; il superamento di possibili fallimenti per raggiungere e conservare nel tempo risultati di eccellenza.

In aggiunta a questo, risulta indispensabile precisare che il modello Six Sigma è ancorato all’algoritmo DMAIC, ai fini di individuare la reale causa di un problema e migliorare l’efficienza produttiva attraverso la preventiva eliminazione di tutti i potenziali difetti. Con esattezza, il ciclo DMAIC consiste nel tradurre i bisogni dell’utente in requisiti, identificare il processo o servizio da migliorare e, a tal fine, sviluppare una pianificazione di alto livello (dopo aver compreso ed eliminato la causa effettiva di un difetto).

Il modello Six Sigma si pone, così, come un potentissimo strumento utile a migliorare la qualità dei processi e a soddisfare i bisogni crescenti dell’utente.

2. La Qualità nella sanità pubblica e il Governo Clinico

La politica per la qualità è attualmente parte integrante della programmazione sanitaria nazionale, infatti i Piani Sanitari Nazionali (PSN), elaborati a partire dall’emanazione del D.lgs. n. 502/1992, hanno previsto lo sviluppo di forme integrate di attività per il miglioramento della qualità[6].

Il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) è ispirato alla Clinical Governance quale “strategia mediante la quale le organizzazioni sanitarie si rendono responsabili del miglioramento continuo della qualità dei servizi e del raggiungimento-mantenimento di elevati standard assistenziali, stimolando la creazione di un ambiente che favorisca l’eccellenza professionale”[7].

La strategia per la qualità prevede la sperimentazione di modelli organizzativi e gestionali ottimali, idonei ad assicurare un percorso clinico-assistenziale efficace e rispondente ai bisogni di salute dei pazienti.

L’obiettivo del governo clinico è quello di orientare il sistema sanitario ad erogare prestazioni sicure, di qualità e appropriate alle peculiarità del caso concreto, promuovendo, al contempo, l’informazione, la comunicazione e l’equità di accesso alle cure, nell’ottica di migliorare continuamente i servizi erogati al pubblico.

In tema di Qualità nella sanità pubblica, è possibile distinguere varie dimensioni della stessa, ossia: Qualità manageriale, attinente a direzione, strutture, attrezzature, informazione, formazione, valutazione e miglioramento; Qualità tecnica, che riguarda le procedure tecniche per tutte le discipline cliniche; Qualità percepita, che concerne, da un lato, la sicurezza e la motivazione personale degli operatori sanitari e, dall’altro, i diritti e la soddisfazione degli utenti[8].

In ambito di assistenza sanitaria ci sono degli Indicatori di Qualità più specifici (illustrati nella Tabella n. 1) che consentono di delineare i contenuti del miglioramento continuo dei processi.

Tabella n. 1 – Indicatori di Qualità nella sanità pubblica

Indicatori di Qualità

Contenuti

Accessibilità

Possibilità per gli utenti di accedere ai servizi, nel luogo e nei tempi appropriati, in funzione dei propri bisogni.

Appropriatezza

Adeguatezza dell’intervento sanitario di tipo preventivo, diagnostico, terapeutico o riabilitativo e rispetto degli standard predefiniti.

Competenza

Conoscenze, abilità e comportamenti adeguati che consentono di eseguire con sicurezza ed efficacia le specifiche attività professionali.

Continuità

Integrazione nel tempo tra diversi operatori sanitari che hanno in cura lo stesso paziente.

Efficacia attesa

Capacità potenziale di un intervento di migliorare le condizioni di salute del paziente.

Efficacia pratica

Risultati ottenuti dall’applicazione di routine dell’intervento.

Efficienza

Capacità di raggiungere i più alti risultati con il minor impegno di risorse possibile.

Sicurezza

Riduzione al minimo dei rischi.

Tempestività

Grado di soddisfazione del paziente in riferimento ai tempi di esecuzione dell’intervento richiesto.

Umanizzazione

Rispetto della cultura e dei bisogni individuali del paziente.

 

Ne deriva che il miglioramento continuo delle performance involge ogni attore del “processo salute” e richiede una solida interrelazione tra operatori sanitari e cittadini. Difatti, la qualità nella sanità pubblica deve tenere in considerazione sia quello che i pazienti desiderano ricevere dal servizio sanitario, sia le tecniche e le procedure essenziali per soddisfare i loro bisogni.

In tema di miglioramento della qualità, il Ministero della Salute, sulla scia degli indirizzi internazionali, ha elaborato il Manuale sull’audit clinico con l’ambizioso obiettivo di diffonderne l’utilizzo fra tutti gli operatori sanitari.

L’audit clinico è una “metodologia che si focalizza su specifici problemi clinico-assistenziali o su aspetti della pratica corrente che vengono valutati in termini di struttura, processo o esito”[9].

Al riguardo, il National Health Service definisce l’audit medico (o clinico) come il “processo di controllo della qualità che ha l’obiettivo di migliorare l’assistenza al paziente attraverso una revisione sistematica della pratica clinica rispetto a criteri precisi. Tale processo conduce alla programmazione di cambiamenti che possono avvenire a livello individuale, di team o di struttura e che richiedono un attento monitoraggio per valutarne gli effetti nel tempo”.

L'aspetto caratterizzante dell’audit clinico è proprio quello di impegnarsi nel miglioramento continuo della qualità delle cure, effettuando la misurazione delle attività professionali con gli standard predefiniti, quali le buone pratiche clinico-assistenziali e le linee guida accreditate dalla comunità scientifica.

In relazione al miglioramento continuo delle prestazioni sanitarie, giova evidenziare che la qualità dei servizi erogati non può prescindere dall’adozione di misure volte a tutelare la sicurezza dei pazienti e, quindi, ad arginare i rischi correlati all’esercizio delle professioni sanitarie. Questo perché tali attività rientrano nella categoria delle cosiddette attività pericolose e, pertanto, necessitano di opportune azioni di prevenzione e rimozione di tutti quei fattori di rischio per la salute dei pazienti.

Un valido esempio di azione di sanità pubblica tesa alla prevenzione di situazioni a rischio è la sorveglianza degli eventi sentinella, che sono eventi di particolare gravità dai quali può derivare persino la morte del malato.

A tale proposito, il Ministero della Salute ha avviato il monitoraggio e l’analisi di tutti gli eventi sentinella, istituendo, con il decreto dell’11 dicembre 2009, il Sistema Informativo per il Monitoraggio degli Errori in Sanità, detto SIMES, con lo scopo di: raccogliere ogni informazione relativa agli eventi sentinella verificatisi e ai sinistri denunciati in ambito sanitario; analizzare cause e concause di tali eventi; elaborare raccomandazioni rivolte alle strutture del SSN per ridurre al minimo il rischio di accadimento degli eventi stessi.

2.1. Il coinvolgimento degli stakeholders per la Qualità

Quanto influisce il coinvolgimento e la partecipazione attiva degli stakeholders ai fini del miglioramento della Qualità nella sanità pubblica? È questo il quesito che bisognerebbe porsi per approfondire il tema introdotto nel secondo capitolo.

Il legame che intercorre tra paziente e operatore sanitario è retto dal coinvolgimento reciproco nella gestione della salute, quale bene giuridico meritevole di ampia tutela ex art. 32 della Costituzione.

La fiducia che si instaura tra i due soggetti è un elemento strategico per la concretizzazione dei principi della centralità della persona e dell’empowerment, definito, in modo chiaro ed esaustivo, dallo psicologo Julian Rappaport dell’Università dell’Illinois come “un processo attraverso il quale persone, organizzazioni e comunità acquistano padronanza sulle loro faccende”.

L’empowerment del paziente è un processo finalizzato ad includere il paziente nel suo percorso di cura, in quanto ogni decisione personale influenza sensibilmente il decorso della malattia e, in generale, la condizione psico-fisica nella quale verte il singolo.

Effettivamente, “favorire il coinvolgimento degli assistiti significa creare una mappa della malattia molto più completa, che può fornire indicazioni importanti, andando a migliorare l’efficacia e l’efficienza della terapia”[10], con la possibilità di rispondere prontamente ad eventuali e future emergenze.

Il focus sulla persona e sulla gestione della cura risponde ad esigenze di natura etica e culturale, perché propende verso una medicina più umana, attenta ai nuovi bisogni di salute. Una medicina che si pone a stretto contatto con la vita dei pazienti, più empatica e “più rispettosa delle persone, con rapporti meno asimmetrici e più soddisfacenti”[11].

D’altronde, l’importanza del coinvolgimento psico-emotivo del paziente è richiamata anche nel “Programma di azione comunitaria in materia di salute pubblica 2003-2008”, che ribadisce l’importanza del coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali di assistenza, cura e riabilitazione.

In tal senso, benanche l’attuale Programma Europeo Salute 2021-2027 “EU4Health”, in risposta alla pandemia da COVID-19 ed in linea con l’approccio “One Health”, pone al centro dell’attenzione la persona, proponendosi di garantire un livello sempre più elevato di protezione della salute della popolazione dell’Unione Europea.

Nello specifico, il Programma “EU4Health" promuove l’accesso di tutti i cittadini europei all’assistenza sanitaria e l’eliminazione delle disuguaglianze sanitarie e si propone di facilitare la disponibilità dei medicinali e di sostenerne l’innovazione. Il suddetto Programma intende altresì potenziare i sistemi sanitari nazionali mediante lo sviluppo di strumenti e servizi digitali che consentano la partecipazione attiva dei cittadini ai meccanismi decisionali basati sull’evidenza e sulla trasparenza.

Da ciò la necessità di implementare azioni e strumenti adatti a coinvolgere gli stakeholders nel processo di valorizzazione della qualità nella sanità pubblica. In tal senso, il Ministero della Salute si impegna da anni nella promozione di programmi per la sicurezza delle cure, con l’intento di diffondere guide per i cittadini e fogli informativi, utili a segnalare eventuali disservizi e accorgimenti per il miglioramento delle prestazioni erogate.

2.2. Le linee guida come strumento di miglioramento della Qualità

Le linee guida fungono da strumento di governo clinico indispensabile al miglioramento continuo della Qualità e all’appagamento dei nuovi bisogni di salute dei cittadini.

L’attività professionale medica rientra nell’ambito del cosiddetto rischio consentito, attinente all’esercizio di tutte quelle attività pericolose, autorizzate dal nostro ordinamento in virtù della previsione di specifici protocolli comportamentali che, avendo natura cautelare, consentono di ridurre il rischio entro certi limiti.

Sicché, nel contesto sanitario, se il professionista superasse il cd. rischio consentito, sub specie rischio clinico, incorrerebbe in una forma di responsabilità, a seconda della gravità dell’evento verificatosi in concreto. Ci si interroga, dunque, sul significato di rischio clinico.

Il rischio clinico può essere descritto come “la probabilità che il paziente sia vittima di un evento avverso, cioè subisca un danno o disagio imputabile alle cure mediche prestate durante il periodo di degenza”[12], ragion per cui tutti gli operatori sanitari devono contribuire attivamente alla prevenzione e alla gestione di eventi avversi attraverso una serie di condotte tipizzate dal Codice di deontologia medica, quali l’adesione alle buone pratiche cliniche e l’osservanza delle linee guida, la raccolta del consenso informato, come pure la segnalazione di eventi sentinella, errori o quasi-errori che potrebbero pregiudicare la salute del paziente.

La gestione del rischio clinico assume, così, il carattere di processo, cioè di insieme di attività correlate tra loro e finalizzate al conseguimento di un medesimo obiettivo: la protezione del malato da eventi avversi.

Nel dettaglio, il Clinical Risk Management si esplica nelle fasi di: Definizione del contesto lavorativo; Identificazione dei rischi correlati allo svolgimento di specifiche attività professionali; Analisi dei rischi identificati; Valutazione dei rischi; Trattamento dei rischi. Tutte fasi collegate, da una relazione reciproca, a quelle di Monitoraggio e Revisione e a quelle di Comunicazione e Consultazione, allo scopo di individuare e adottare misure sempre più efficaci per il contenimento dei rischi.

Sotto quest’ultimo aspetto, appare opportuno sottolineare che la necessità delle organizzazioni pubbliche di predisporre modelli organizzativi ottimali volti alla prevenzione dei rischi e alla limitazione di eventuali danni per la salute dei pazienti dipende dalla preminenza, in ambito sanitario, del fattore umano che, molto spesso, condiziona le performance individuali, incidendo sfavorevolmente sulla qualità delle prestazioni erogate.

Ad ogni modo, per implementare un processo efficace di gestione del rischio, è indispensabile coinvolgere il Risk Management in sede di pianificazione strategica: coinvolgimento fondamentale per trasformare qualsiasi minaccia in opportunità e per identificare senza indugio ogni rischio a cui si espone l’Azienda sanitaria nel corso della sua mission.

Ponendo, ora, l’attenzione sulla crisi che il sistema sanitario sta ancora affrontando a seguito dell’emergenza da COVID-19, si può notare che la gestione del rischio clinico è cambiata, si è rafforzata, diventando più dinamica e capace di gestire fattori di rischio per l’incolumità pubblica.

Ragion per cui, attualmente, il Risk Management è largamente supportato dalla Risk Culture, cioè dalla cultura del rischio clinico, al fine di proteggere pazienti e operatori sanitari e creare valore all’interno di tutta l’organizzazione pubblica.

Invero, nell’attuale contesto emergenziale, la finalità principale è quella di garantire la qualità dell’assistenza sanitaria e, al contempo, la sicurezza di operatori sanitari e utenti, potenziando la valutazione dei servizi erogati ed il controllo dell’effettiva fiducia che si instaura tra il paziente e il personale medico al momento dell’accreditamento sanitario.

La cultura del rischio è un fattore determinante per il successo o fallimento di una Azienda sanitaria, perché tende a plasmare i comportamenti e le decisioni da prendere, anche in tempi rapidissimi, riguardo una situazione a rischio e, quindi, offre agli esercenti un’occasione per migliorare la risposta ai bisogni di assistenza e salute dei cittadini.

Ben oltre l’adozione di modelli organizzativi e di gestione del rischio clinico, uno strumento finalizzato a migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria è fornito dalla previsione del Sistema Nazionale di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria (SiVeAS) che “ha l’obiettivo di provvedere alla verifica che, nell’erogazione dei servizi sanitari, vengano rispettati sia i criteri di appropriatezza e qualità delle prestazioni erogate, coerentemente con i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), sia i criteri di efficienza nell’utilizzo di fattori produttivi, compatibilmente con i finanziamenti erogati. che implementa le linee guida e le raccomandazioni destinate ai sanitari”[13].

Tra gli obiettivi del SiveAS, accanto al concetto di Qualità appare quello di Appropriatezza delle prestazioni erogate, che richiede un approfondimento nel merito.

L’Appropriatezza viene introdotta nel contesto normativo italiano a seguito della Raccomandazione n. 17/1997 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa agli Stati membri “sullo sviluppo e l’attivazione dei sistemi di miglioramento della qualità dell’assistenza sanitaria”: Raccomandazione che descrive l’appropriatezza delle cure come una delle componenti fondamenti dell’attività ospedaliera.

Il successivo Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 avvalora tale concetto, introducendo una distinzione contenutistica tra Appropriatezza Clinica e Appropriatezza Organizzativa. In effetti, la prima si riferisce alla fase di erogazione delle cure in contesti caratterizzati da un profilo beneficio-rischio favorevole per il paziente, mentre la seconda concerne la fase di scelta delle modalità di erogazione delle prestazioni sanitarie tra quelle più idonee a massimizzare la sicurezza e il benessere del paziente.

L’Appropriatezza diviene, così, “principio guida nell’ambito di un sistema integrato di servizi ospedalieri e territoriali necessario per garantire sia la continuità delle cure all’interno di percorsi assistenziali adeguati al profilo clinico delle patologie oggetto di analisi, sia l’ottimale utilizzo delle risorse sanitarie nei diversi regimi assistenziali”[14].

In linea con le argomentazioni suesposte si pone benanche il recente documento programmatico “Patto per la Salute 2019-2021”, approvato dalla Conferenza Stato-Regioni, che, nel confermare la necessità di perseguire la qualità, l’efficienza e l’appropriatezza dell’assistenza sanitaria, si propone di “dare impulso operativo al Nuovo Sistema di Garanzia (NSG), inteso quale strumento di misurazione che, attraverso l’attribuzione di punteggi relativi ad un set di indicatori, è in grado di evidenziare le situazioni di garanzia dei LEA così come le eventuali criticità che possono determinare carenze della Regione nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, sia a livello complessivo sia a livello di singole aree assistenziali”.

Il suddetto Patto suggerisce altresì una riorganizzazione dell’assistenza territoriale che vada ad incentivare, attraverso modelli organizzativi integrati, le attività di prevenzione e promozione della salute, in ragione del mutato contesto socio-epidemiologico e della frequente insorgenza di multi-patologie sul singolo.

2.3. L’importanza della prevenzione in sanità: bundle e piano di miglioramento

Il tema centrale affrontato nella seconda parte di questo articolo è quello del miglioramento continuo della Qualità nella sanità pubblica per garantire al paziente un’assistenza veloce, sicura ed efficace, come pure un’ambiente ospedaliero confortevole.

Nell’ipotesi di miglioramento della cura dei pazienti sottoposti a specifici trattamenti ad alto rischio, l’Institute for Healthcare Improvement ha sviluppato il concetto di bundle come modello di supporto per gli operatori sanitari coinvolti in interventi di chirurgia maggiore.

Il bundle può essere definito come un insieme di evidence-based practices o EBP (pratiche basate sull’evidenza o prove d’efficacia) che migliorano, in modo significativo, la qualità e l’esito dei processi se applicate simultaneamente piuttosto che separatamente.

Per maggiore chiarezza, si riporta la definizione comunemente adottata di EBP, ossia “the conscientious, explicit, and judicious use of current best evidence in making decisions about the care of individual patients[15], tradotta come l’uso coscienzioso, esplicito e giudizioso delle migliori evidenze attuali nel prendere decisioni sulla cura dei singoli pazienti.

Chiarito il concetto di EBP, è interessante proseguire la trattazione con l’analisi di un recentissimo caso di studio riguardante l’utilizzo di bundle per la prevenzione dell’insorgenza di infezioni correlate alle pratiche assistenziali (ICA) da parte dell’Unità Operativa complessa (U.O.C.) Anestesia e Rianimazione del Presidio Ospedaliero di Battipaglia.

L’idea progettuale dell’Azienda Sanitaria Locale (ASL) di Salerno è quella di identificare un nuovo modello organizzativo informatizzato per la gestione di tutte le infezioni derivanti dalle pratiche di assistenza e diffonderlo nelle varie strutture sanitarie, sia ospedaliere che territoriali, “per ridurre in modo significativo i rischi per la sicurezza dei pazienti e degli operatori generati dall’interruzione della business countinuity dei principali processi organizzativi, di supporto e del core business”[16].

Prima di illustrare, nel dettaglio, il progetto dell’ASL Salerno, è preferibile fornire un breve inquadramento normativo del tema.

Nel nostro Paese, le Raccomandazioni Ministeriali per la prevenzione degli eventi sentinella sono fiancheggiate dal già citato SIMES, al fine di garantire la sicurezza dei pazienti, quale priorità assoluta in ambito ECM (Educazione Continua in Medicina).

L’attuale legge 8 marzo 2017, n. 24, meglio nota come legge Gelli-Bianco, recante “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie” dispone all’articolo 1, commi 1, 2 e 3 che:

1. “La sicurezza delle cure è parte costitutiva del diritto alla salute ed è perseguita nell’interesse dell’individuo e della collettività”;

2. “La sicurezza delle cure si realizza anche mediante l’insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie e l’utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative”;

3. “Alle attività di prevenzione del rischio messe in atto dalle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, è tenuto a concorrere tutto il personale, compresi i liberi professionisti che vi operano in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale”.

Dalla lettura della suddetta norma appare evidente che la volontà del legislatore è quella di promuovere la gestione integrata del rischio clinico all’interno delle strutture sanitarie e sociosanitarie, sia pubbliche che private.

Spiegato il quadro normativo di riferimento, appare doveroso illustrare il contesto organizzativo dell’ASL Salerno.

Nel corso degli ultimi anni, in molte Regioni, compresa la Campania, sono stati avviati, in via del tutto sperimentale, nuovi processi di gestione delle ICA che, per la complessità della materia, richiedono un’elevatissima interdisciplinarietà, cioè le conoscenze e competenze tecniche di diversi professionisti.

Un elemento di criticità riguarda appunto la difficoltà di comunicazione fra le diverse figure professionali: medici ed infermieri delle Unità Operative o delle strutture sociosanitarie, anche extraospedaliere.

L’ASL Salerno ingloba in sé tredici distretti sanitari e dodici presidi ospedalieri, oltre che tre Dipartimenti strutturali (Prevenzione, Salute Mentale e Dipendenze), risultando alquanto frammentata e disorganizzata.

All’interno della struttura sanitaria sono individuati i Referenti presidiali, tra cui medici e coordinatori infermieristici, per la gestione del rischio clinico e, dal 2019, la rete del rischio clinico è potenziata dall’ausilio dei Referenti territoriali, quali Distretti, Dipartimento Salute Mentale e Area Tutela Penale, in ragione della novella legislativa (legge n. 24/2017) che affida la gestione del rischio clinico a tutti gli esercenti la professione sanitaria.

Oltrepassando la descrizione del contesto organizzativo, si può procedere all’analisi dettagliata del progetto pilota che ha coinvolto l’Unità Operativa Anestesia e Rianimazione del Presidio Ospedaliero di Battipaglia.

Nello specifico, la suddetta proposta involge tre ambiti di applicazione, quali la gestione della riorganizzazione dei processi; l’informazione e la formazione del personale con know-how, anche in condizioni di emergenza sanitaria; la prevenzione del rischio clinico attraverso azioni di miglioramento volte ad evitare l’insorgenza delle ICA.

La brillante idea dell’ASL Salerno nasce dalla necessità di costruire un nuovo e innovativo modello organizzativo informatizzato per la gestione delle ICA: un modello che sia in grado di superare le difficoltà di comunicazione tra i vari professionisti e/o le diverse strutture, assicurando, in tal modo, la business countinuity nella prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza.

A tale fine, è stato acquistato un software gestionale per il rischio clinico che consente agli operatori sanitari di condividere in rete documenti aziendali, procedure e istruzioni operative e di segnalare immediatamente, attraverso l’incident reporting, tutti gli eventi avversi di cui vengono a conoscenza.

L’incident reporting è “la modalità di raccolta, in modo strutturato, delle segnalazioni che gli operatori sanitari fanno in maniera anonima e spontanea, relative ad eventi indesiderati e/o quasi eventi”[17] e, ispirandosi al principio “imparare dall’errore”, fornisce agli esercenti la professione sanitaria un input per migliorare le strategie dirette a prevenire tutti quegli errori dai quali possa derivare un evento avverso.

Esattamente, il ciclo del reporting and learning system prevede il susseguirsi di diverse fasi, quali: la risposta all’evento avverso; la segnalazione spontanea e volontaria da parte degli operatori sanitari e/o del paziente dell’evento indesiderato verificatosi durante i percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (PDTA); l’analisi preliminare sulla gravità dell’evento occorso; l’espletamento di misure correttive volte a migliorare la qualità dell’assistenza; il cambiamento dell’assetto organizzativo.

Il progetto pilota attivato dall’ASL Salerno promuove, inoltre, la divulgazione di un sistema di reporting con funzionalità di business intelligence che consenta al personale individuato di produrre una reportistica, costantemente aggiornata, riguardante l’andamento delle infezioni per unità operativa, le variazioni dell’incidenza delle infezioni e la corretta esecuzione dell’antibiotico-profilassi.

Le finalità ultime del progetto promosso dall’U.O.C. di Anestesia e Rianimazione del Presidio Ospedaliero di Battipaglia sono quelle di attivare programmi di sorveglianza e controllo delle ICA in ambito ospedaliero e in altri setting assistenziali; migliorare la comunicazione medico-paziente e medico-medico; servirsi della piattaforma regionale Icaroweb per realizzare le azioni correttive a seguito delle segnalazioni d’incident reporting; verificare l’adesione ai bundle per la prevenzione delle ICA[18].

Nel dettaglio, l'adesione al bundle per la prevenzione della polmonite associata a ventilazione meccanica da parte del personale del Reparto Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale di Battipaglia prevede: la verifica quotidiana delle necessità del caso concreto; la valutazione quotidiana per svezzamento ed estubazione; l’azione diretta a tenere alzata la testa del paziente; l’utilizzo del medicinale Clorexidina per l’igiene quotidiana della bocca; il drenaggio delle secrezioni subglottiche.

Dall’osservazione dei risultati di adesione ai diversi bundle promossi dell’ASL Salerno emerge quanto sia importante l’utilizzo delle pratiche basate sull’evidenza per prevenire l’insorgenza delle infezioni correlate all’assistenza e salvaguardare la sicurezza di pazienti e operatori sanitari. Oltretutto, come esplicitato dalle linee guida dell’OMS, per prevenire le ICA e la trasmissione crociata di patogeni è essenziale procedere alla pulizia quotidiana dell’ambiente ospedaliero.

Con speciale riguardo alle tipologie di ICA oggi maggiormente diffuse, è inevitabile sottolineare che durante la pandemia da COVID-19 c’è stato un importante aumento dei ricoveri in Terapia Intensiva e ciò ha comportato il fisiologico incremento delle infezioni correlate alla degenza.

Da uno studio condotto per esaminare l’incidenza di infezioni nosocomiali tra i pazienti ammessi in Terapia Intensiva con un’infezione da SARS-CoV-2 è emerso che, da maggio 2020 ad ottobre 2021, il tasso di incidenza delle nuove infezioni è stato del 39.4%[19].

Nello specifico, le principali infezioni contratte sono state le infezioni da germi multiresistenti (39.5%), le infezioni ematiche catetere-correlate (24.4%), le polmoniti nei pazienti in ventilazione meccanica (18.6%) e, in percentuale minore, le infezioni del tratto urinario (17.4%).

Per di più, da tale studio osservazionale è emerso che il tasso di mortalità nei pazienti che durante la degenza hanno contratto una nuova infezione è stato nettamente più alto rispetto a quello dei pazienti che fortunatamente non l’hanno avuta.

Quanto spiegato dimostra che l’adesione ai bundle per la prevenzione delle infezioni correlate alle pratiche assistenziali, la pulizia accurata dell’ambiente ospedaliero e la risposta adeguata ai bisogni complessi dei pazienti sono fattori decisivi per massimizzare il benessere individuale e collettivo e raggiungere livelli di eccellenza sanitaria.

3. Riflessioni conclusive

L’ambito sanitario è connotato da peculiarità e specificità che esprimono la sua unicità e diversità rispetto alle altre attività economiche, perché ispirato a tre principi fondamentali, quali l’universalità o estensibilità delle prestazioni erogate a tutta la popolazione, l’uguaglianza nella possibilità di accesso ai servizi di assistenza sanitaria e l’equità nel soddisfacimento dei bisogni di salute.

Le organizzazioni sanitarie, sia pubbliche che private, sono definibili come “amministrazioni professionali”, perché normalmente sono gestite da diversi tipi di professionalità (direttore sanitario, direttore amministrativo, direttore generale) che collaborano tra loro, al fine di migliorare la Qualità e garantire la tutela del diritto alla salute, anche attraverso la promozione di campagne di sensibilizzazione, prevenzione e promozione della salute sia a livello nazionale che regionale.

Il concetto di Qualità nella sanità racchiude in sé quello di qualità percepita, quale insieme di sensazioni e conoscenze che i cittadini sviluppano relativamente all’efficacia del servizio di cui hanno usufruito.

La percezione della qualità è un elemento del tutto soggettivo, perché dipende dal grado e dal tipo di coinvolgimento del singolo nell’organizzazione oggetto di valutazione, quindi dalle aspettative che il paziente nutre riguardo l’esito del suo percorso diagnostico-terapeutico e dal riconoscimento di eventuali pregi alla struttura, che vanno dalla pulizia dell’ambiente alla capacità di ascolto di medici e infermieri.

Il paziente/utente considera le prestazioni erogate di qualità nel momento in cui le stesse massimizzano il beneficio per la sua salute e superano le aspettative attese. In effetti, un servizio sanitario che offre un ambiente di lavoro accogliente, altamente empatico ed efficace dal punto di vista clinico e medico risulta essere certamente efficiente sotto gli aspetti economici e finanziari.

In tema di qualità percepita, giova precisare che esiste la qualità percepita dagli operatori sanitari in ordine alla formazione ricevuta e al proprio stato di benessere psico-fisico. In particolare, il feedback fornito dal personale di un’Azienda sanitaria assume un ruolo cruciale per la valutazione della qualità dei processi, oltre che per il perfezionamento della sicurezza delle cure.

Appare evidente che il miglioramento continuo delle performance coinvolge ogni portatore d’interesse, creando una sinergia tra pubblico e privato: sinergia decisiva per affrontare emergenze impreviste e tutelare la salute pubblica anche in tempi di crisi.

Lo scenario attuale contraddistinto da un notevole dinamismo economico-sociale e incremento di nuovi bisogni di salute impone alle organizzazioni sanitarie il miglioramento continuo della Qualità, intesa, in senso ampio, come qualità dei processi, qualità della gestione aziendale e qualità dei servizi erogati. Qualità che necessita un’attenta e costante valutazione attraverso l’espletamento di diverse attività di controllo.

A questo proposito, le principali forme di controllo attuate nelle aziende sanitarie sono: il controllo normativo (diretto alla verifica periodica dell’aderenza delle condotte alle disposizioni previste dalla normativa di riferimento); l’audit sociale (che concerne l’attitudine del singolo al rispetto dei principi di cooperazione sociale); il controllo di gestione o dei risultati (attinente al monitoraggio dei risultati raggiunti dall’organizzazione).

L’eccellenza in sanità è perseguibile attraverso due principali fattori di successo, quali la capacità dell’organizzazione di soddisfare una reale esigenza in un momento specifico e la spiccata attitudine delle Risorse aziendali a conseguire e sostenere nel tempo i risultati a beneficio degli stakeholders.

Le organizzazioni davvero solide e virtuose si caratterizzano per la loro propensione a fornire un’assistenza di alta qualità anche durante mutamenti repentini del contesto socioeconomico e per l’impegno costante della direzione nella promozione della Clinical Governace, ai fini del raggiungimento di elevati standard assistenziali.

Benanche l’attuale Direttiva generale per l’attività amministrativa e la gestione del Ministero della salute, nell’ottica di salvaguardare il benessere collettivo in un contesto storico che vede la ri-emergenza di malattie infettive, l’elevata prevalenza delle malattie croniche non trasmissibili e il forte aumento di rischi per la salute correlati ad esposizioni ambientali pone l’accento sulla necessità di potenziare gli strumenti di governance volti a migliorare la Qualità.


Note e riferimenti bibliografici

[1] AMALIA LUCIA FAZZARI,Total Quality Management. Economia della qualità, della sicurezza e ambiente. Università di Roma Tor Vergata, 2020, 20.

[2] Cfr. CRISTINA MELE, La relazione tra total quality management e marketing nel processo di creazione del valore, 2000, 3.

[3] ROBERT EDWARD FREEMAN, professore di Business Administration presso la Darden School of Business dell’Università della Virginia.

[4] Cfr. FRANCO FONTANA e MATTEO CAROLI, in Economia e gestione delle imprese, McGraw-Hill Education - Collana di istruzione scientifica. EAN 9788838669170, Milano, 2013, 362-364.

[5] Cfr. CECILIA SILVESTRI,Tesi Dottorato di Ricerca in “Le determinanti del rapporto tra parametri di qualità e customer satisfaction”, SECP-P/13. Università degli Studi della Tuscia – Dipartimento di Studi aziendali tecnologici e quantitativi, 2006, 39.

[6] La qualità del Servizio Sanitario Nazionale, in https://www.salute.gov.it, 492-493.

[7] Voce “Clinical Governance”, in https://www.gimbeducation.it.

[8] Cfr. FRANCESCO DI STANISLAO e CARLO LIVA, Accreditamento dei servizi sanitari in Italia, Centro Scientifico Editore, Torino, 1997.

[9] La qualità del Servizio Sanitario Nazionale, in https://www.salute.gov.it, 492.

[10] Empowerment del paziente: cos’è e perché è il futuro della medicina, in https://www.mymedbook.eu.

[11] University of Teramo Spin-Off Company, L’empowerment nella sanità, in https://www.empowermentinsanita.org.

[12] EMANUELA DE SANCTIS LUCENTINI, MAURIZIO MARCONI, LUCIANA BEVILACQUA, PIERANGELO BONINI, SUSANNA CIAMPALINI, ANTONIO COLICCHIA, PAOLA DI GIULIO, ARNALDO FERRARI, Risk management in Sanità. Il problema degli errori, in https://www.salute.gov.it2.

[13] Sistema di valutazione dell’assistenza del Servizio Sanitario Nazionale, in https://www.salute.gov.it564.

[14] Sistema di valutazione dell’assistenza del Servizio Sanitario Nazionale, in https://www.salute.gov.it, 590.

[15] SACKETT DL, Evidence based medicine: What it is and what it isn’t, British Medical Journal (BMJ) 312: 71-2. DOI: 10.1136/bmj.312.7023, Londra, 1996, 71.

[16] LUISA CANNAVACCIUOLO, FEDERICA CORRADO, UGO TOZZI, Prevenzione 4.0: nuove tecnologie per la rilevazione del bundle e piano di miglioramento. In: Paola Adinolfi, Enrico Coscioni, Antonio Postiglione, Amalia Tito, Maria Triass, a cura di, La formazione del management sanitario al tempo del COVID – Raccolta di Project Work VOLUME 2. FormezPA, ISBN 978-88-941016-9-0, 40.

[17] Il sistema dell’incident resporting - Aou Sassari, in https://www.aousassari.it, 1.

[18] Cfr. LUISA CANNAVACCIUOLO, FEDERICA CORRADO, UGO TOZZI, Prevenzione 4.0: nuove tecnologie per la rilevazione del bundle e piano di miglioramento. In: Paola Adinolfi, Enrico Coscioni, Antonio Postiglione, Amalia Tito, Maria Triass, a cura di, La formazione del management sanitario al tempo del COVID – Raccolta di Project Work VOLUME 2. FormezPA, ISBN 978-88-941016-9-0, 43.

[19]  VINCENZO DAMICO, ALBERTO DAL MOLIN, LIANA MURANO, VIOLA MARGOSIO, ERICA BUSCA, CLARA RIPAMONTI, Infezioni nosocomiali durante l’epidemia di COVID-19. Studio osservazionale in una Terapia Intensiva Italiana, in https://www.air-online.it.

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