Pubbl. Mar, 8 Nov 2022
Della tassazione delle formalità pubblicitarie relative agli atti di accettazione tacita dell´eredità
Modifica paginaLo scritto affronta il tema concernente la tassazione delle formalità pubblicitarie degli atti di accettazione tacita dell’eredità e, in particolare, se ad esse sia o meno applicabile il regime agevolato previsto dall’art. 10, comma 3, d.lgs. 23/2011
The taxation of advertising formalities relating to the acts of tacit acceptance of the inheritance
The paper addresses the issue concerning the taxation of the advertising formalities of the acts of tacit acceptance of the inheritance and, in particular, whether or not the subsidized regime provided for by art. 10, paragraph 3, of Legislative Decree 23/2011Sommario: 1. La diatriba interpretativa; 2. Principi in materia di successione mortis causa e di pubblicità degli acquisti avvenuti iure successionis; 3. La soluzione preferibile.
1. La diatriba interpretativa
Fattispecie particolarmente dibattuta sotto il profilo tributario, è quella relativa al se le formalità di trascrizione presso i registri immobiliari degli atti di accettazione tacita dell’eredità siano o meno da ritenersi esenti dall’imposta di bollo, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie, salvo il loro assoggettamento alle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro cinquanta, per come previsto dall’art. 10, c. 3, d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, in vigore dal 1° gennaio 2014.
La controversia applicativa nasce dal dubbio sull’interpretazione da fornire al disposto dell’art. 10, c. 3, d.lgs. 23/2011, a mente del quale «Gli atti assoggettati all’imposta di cui ai commi 1 e 2 e tutti gli atti e le formalità direttamente conseguenti posti in essere per effettuare gli adempimenti presso il catasto ed i registri immobiliari sono esenti dall’imposta di bollo, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie e sono soggetti a ciascuna delle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro cinquanta[1]», atteso che gli atti di cui ai commi 1 e 2, richiamati dalla disposizione in parola, sono quelli traslativi del diritto di proprietà di beni immobili a titolo oneroso e traslativi o costitutivi di diritti reali minori sugli stessi, compresi la rinuncia a detti diritti, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi, i quali sono soggetti a registrazione in termine fisso ai sensi dell’art. 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al T.U. delle disposizioni concernenti l’imposta di registro (c.d. TUR), di cui al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.
La questione controversa concerne quindi la possibilità di qualificare le formalità volte alla pubblicizzazione presso i registri immobiliari degli atti che comportano accettazione tacita dell’eredità come “atti e formalità direttamente conseguenti” agli atti di accettazione tacita medesima, così che essi possano beneficiare del regime impositivo di vantaggio di cui al comma 3 dell’art. 10 cit., o meno, con loro conseguente esclusione dall’ambito applicativo del detto regime di vantaggio.
2. Principi in materia di successione mortis causa e di pubblicità degli acquisti avvenuti iure successionis
Prima di procedere oltre pare indispensabile ricordare alcuni dei principi di base che regolano la successione a causa di morte nell’ordinamento giuridico italiano.
Per regolare il fenomeno della successione mortis causa il conditor legis, con il Codice civile del 1942, ha dettato i seguenti principi generali:
- la successione si apre al momento della morte (art. 456 c.c.);
- l’eredità si devolve per legge o per testamento (art. 457 c.c.) e non è ammissibile una delazione c.d. contrattuale (art. 458 c.c.);
- l’eredità si acquista con l’accettazione (art. 459 c.c.); prima di tale momento, il potenziale erede può vantare solo il titolo di “chiamato” e non può disporre dei beni, se non a fini conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea (art. 460 c.c.);
- l’accettazione può essere espressa o tacita. È espressa quanto, in un atto pubblico o in una scrittura privata, il chiamato dichiara di accettarla oppure assume il titolo di erede (art. 475 c.c.); è tacita «quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede» (art. 476 c.c.)[2].
L’accettazione dell’eredità, espressa o tacita che sia, costituisce dunque presupposto logico – oltre che cronologico e giuridico – rispetto al successivo atto di disposizione dei beni caduti in successione.
Ciò trova puntuale conferma nelle disposizioni del Libro VI del Codice civile.
Ai fini di un’ordinata e “sicura” circolazione dei beni immobili, il legislatore ha previsto la necessità della trascrizione presso i registri immobiliari non solo degli acquisti inter vivos ma anche di quelli mortis causa, seppure, per questi ultimi, il fine non sia quello di dirimere il contrasto tra plurimi acquirenti del medesimo diritto ma solo quello di garantire la continuità delle trascrizioni.
L’art. 2648 c.c. prevede infatti che si debbano trascrivere l’accettazione dell’eredità che importi acquisto dei diritti enunciati nei numeri 1, 2 e 4 dell'articolo 2643 o liberazione dai medesimi.
La trascrizione, però, avviene in base alla dichiarazione del chiamato all’eredità contenuta in un atto pubblico o in una scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un pubblico ufficiale o accertata giudizialmente. Se invece l’accettazione è tacita il chiamato può richiedere la trascrizione sulla base di quell’atto solo se esso risulta da sentenza, da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente.
Pertanto, nonostante nell’ipotesi di accettazione tacita manchi, in buona sostanza, un atto che contenga l’espressa volontà del chiamato di accettare l’eredità, la trascrizione dell’accettazione deve comunque sussistere laddove quest’ultimo voglia successivamente disporre dei beni immobili lui pervenuti iure hereditario[3].
Gli artt. 2659 e 2660 c.c. disciplinano infine la documentazione da presentare al conservatore dei registri immobiliari per la trascrizione degli atti inter vivos e degli acquisti mortis causa, tra cui una nota in doppio originale che contenga i dati indicati dagli articoli in commento. E proprio adesso arriva il punto che deve condurci alla soluzione da dare alla fattispecie in commento.
Ai nostri fini si deve in particolare osservare che l’art. 2660 c.c. prevede tra i documenti da presentare per la trascrizione anche l’atto indicato dall’articolo 2648. Poiché tale rinvio avviene senza che si operino distinzioni tra i diversi commi, pare potersi affermare che, tanto in caso di accettazione espressa quanto di accettazione tacita, l’esecuzione delle formalità pubblicitarie richiede la redazione della nota di trascrizione.
Con specifico riferimento al caso di accettazione tacita, poi, anche se è vero che si procede alla trascrizione di un unico atto (ad es.: la compravendita o la divisione che importa accettazione), due sono in ogni caso le trascrizioni da effettuare e due le note di trascrizione da presentare:
- la nota predisposta ai sensi dell’art. 2660 c.c., che rende pubblico un evento giuridico, i.e. l’accettazione (tacita) dell’eredità, logicamente e giuridicamente antecedente rispetto all’atto dispositivo susseguente;
- la nota predisposta ai sensi dell’art. 2659 c.c. per la pubblicizzazione dell’atto inter vivos.
3. La soluzione preferibile
Per prospettare una soluzione alla quaestio iuris in argomento occorre dunque capire se le formalità pubblicitarie relative all’atto di accettazione tacita dell’eredità siano conseguenza diretta dell’atto di disposizione dei beni ereditari o siano un presupposto di esso.
Una prima posizione sul punto è stata già assunta dall’Agenzia delle Entrate, secondo la quale non è possibile ritenere che le formalità volte a pubblicizzare l’accettazione tacita dell’eredità siano da qualificare come atti direttamente conseguenti agli atti di trasferimento immobiliare[4]. Più di recente, inoltre, ha dimostrato di condividere la posizione assunta dall’Amministrazione finanziaria anche la Suprema Corte di Cassazione[5].
La soluzione pare condivisibile.
In caso di atti di alienazione di beni immobili – indipendentemente dal fatto ch’essi siano o meno di provenienza ereditaria – le formalità necessarie alla pubblicizzazione dei medesimi sono senz’altro a loro “direttamente conseguenti”, per cui esse potranno beneficiare del regime previsto dall’art. 10, c. 3, d.lgs. 23/2011. Laddove invece si discuta delle formalità volte a pubblicizzare l’accettazione tacita dell’eredità contenuta in un atto dispositivo di immobili ereditari le cose sono a mio avviso diverse: nonostante l’atto di disposizione sia lo stesso che contiene anche l’implicita volontà di accettare l’eredità, non v’è chi non veda come la pubblicizzazione dell’acquisto ereditario sia logicamente e giuridicamente antecedente all’atto di disposizione medesimo, in quanto il disponente non avrebbe titolo a disporre dei beni se non in quanto erede e la continuità delle trascrizioni non sarebbe garantita se prima delle formalità relative all’atto in parola non fossero eseguite quelle riguardanti l’accettazione (tacita) stessa. Ancora va pure osservato come effetto giuridico tipico dell’atto dispositivo non sia quello di permettere al chiamato di accettare l’eredità[6] ma quello di consentire alla parte alienante di disporre con effetti reali di diritti di cui egli deve però necessariamente essere già titolare al momento della stipula dell’atto[7].
Atteso che la pubblicizzazione dell’accettazione si pone quindi quale presupposto dell’atto di disposizione, non credo che sia possibile qualificare le formalità relative all’accettazione tacita come “direttamente conseguenti” all’atto di disposizione dei diritti reali immobiliari di origine ereditaria. Da ciò consegue, secondo me, che le imposte di bollo, ipotecarie e catastali non potranno essere calcolate ai sensi di quanto previsto dall’art. 10, c. 3, d.lgs. 23/2011 ma secondo le diverse disposizioni di legge applicabili.
[1] La Suprema Corte (Cass. civ., 12 aprile 2022, n. 11788) ritiene che l’articolo in parola disponga il regime di c.d. assorbimento della rilevanza fiscale.
[2] Come più volte chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, «la qualità di erede non può desumersi dalla mera chiamata all’eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all’accettazione dell’eredità, espressa o tacita [in quanto; n.d.A.] La semplice delazione che segue l’apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sé sufficiente per l’acquisto della qualità di erede, ma diventa operativa soltanto se il chiamato alla successione accetta di essere erede o mediante una dichiarazione di volontà (aditio), oppure in dipendenza di un comportamento obiettivamente acquiescente (pro herede gestio)» (così Cass. civ., 15 gennaio 2019, n. 725; nello stesso senso Cass. civ., 14 gennaio 2019, n. 593; Cass. civ., 17 gennaio 2019, n. 1240; Cass. civ., 22 marzo 2022, n. 9186; Cass. civ., 12 aprile 2022, n. 11832; Cass. civ., 29 aprile 2022, n. 13550). Inoltre pare assai opportuno ricordare come la consolidata giurisprudenza di legittimità escluda che la presentazione della dichiarazione di successione ed il pagamento della relativa imposta possa considerarsi come accettazione tacita dell’eredità, occorrendo, a tal fine, anche la richiesta di volturazione (Cass. civ., 19 dicembre 2018, n. 32770; Cass. civ., 8 marzo 2022, n. 7554; Cass. civ., 22 marzo 2022, n. 9186; Cass. civ., 12 aprile 2022, n. 11832). Quest’ultima conclusione pare ancora più condivisibile a fronte del fatto che il Modello di Dichiarazione di Successione e Domanda di Volture Catastali, rinvenibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate (agenziaentrate.gov.it), alla pagina 2, nella Sezione “Casi particolari”, prevede la possibilità di spuntare la casella “Dichiaro di non voler dar corso alle conseguenti volture catastali”, consentendo quindi, sotto il profilo degli effetti civilistici, di presentare la dichiarazione di successione senza per ciò stesso divenire erede del de cuius.
[3] Cass. civ., 28 maggio 1984, n. 3263, ha chiarito che qualora il chiamato non abbia ancora trascritto l’accettazione dell’eredità, ancorché avvenuta tacitamente, l’acquisto di diritti sui beni ereditari in forza di contratto intervenuto col chiamato (rectius: erede) non è opponibile al legatario che abbia trascritto il proprio titolo, in base al combinato disposto degli artt. 534, 2644 e 2650 c.c., tenendo conto che la trascrizione di tale contratto, ancorché intervenuta in un momento precedente a quello della trascrizione del legato, può produrre effetti solo dalla data in cui venga trascritta la suddetta accettazione e, quindi, non può operare in pregiudizio del legatario che abbia provveduto alla trascrizione del suo acquisto prima dell’accettante.
[4] Cfr. Agenzia delle Entrate, Circolare n. 2/E del 21 febbraio 2014, punto 5.3.
[5] Cass. civ., 26 novembre 2021, n. 36767: ««L’ambito di operatività di tale – speciale – regime fiscale […] non può che rimanere circoscritto agli atti e formalità direttamente consequenziali ai trasferimenti di diritti immobiliari sopra ricordati, in quanto posti in essere per effettuare i relativi adempimenti presso il catasto ed i registri immobiliari, [dovendosi altresì rimarcare che; n.d.A.] fra le formalità direttamente conseguenti gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, non rientra affatto l’accettazione tacita di eredità, [la quale; n.d.A.] costituisce una evenienza del tutto occasionale e […] può configurarsi non solo in presenza di atti di disposizione, ma anche di comportamenti concludenti, desumibili da eventi fattuali magari risalenti nel tempo, per cui il successivo atto di disposizione rivestito di forma qualificata, come appunto quello notarile, viene unicamente a concretizzare il requisito formale necessario per rendere pubblico, nei registri immobiliari, l’intervenuto acquisto della qualità di erede, peraltro, da riferire. [Viene così garantito il; n.d.A.] principio della tassatività delle norme agevolative/esonerative che, derogando al sistema generale, sono di stretta interpretazione e non possono essere applicate in via estensiva o analogica, in quanto non sono applicabili a casi e situazioni non riconducibili al significato letterale delle norme che le prevedono». Nello stesso senso Cass. civ., 20 dicembre 2021, nn. 40685, 40686, 40687, 40689; Cass. civ., 116 marzo 2022, n. 8545; Cass. civ., 12 aprile 2022, n. 17788; Cass. civ., 10 maggio 2022, nn. 14781, 14782, 14798, 14799, 14800.
[6] Sempre Cass. civ., 26 novembre 2021, n. 36767, ha altresì precisato che «il regime esonerativo non si comunica a qualsivoglia formalità collegabile ad un determinato atto rogato, ricevuto o autenticato da un notaio o da altro pubblico ufficiale e sottoposto a registrazione con procedure telematiche, bensì opera con riguardo agli atti e formalità che, all’interno del sistema di pubblicità immobiliare posto a tutela dei diritti, fanno immediato e diretto riferimento agli effetti giuridici “tipici” del negozio prescelto (compravendita, permuta, ecc. ecc.), ove rientrante fra quelli ai quali si applica l’imposta di registro nella misura di cui all’art. 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, sulla cui sostanza economica dell’atto che viene, in definitiva, misurata la tassazione (v. D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 per il registro; D.Lgs. n. 347 del 1990, artt. 2 e 10 per l’imposta ipotecaria e catastale, la base cui imponibile è individuata mediante rinvio all’imposta di registro). In ciò consiste la consequenzialità richiesta dalla norma tributaria tra atti sottoposti a registrazione e note di trascrizione ed iscrizione, domande di annotazione e di voltura, in funzione degli adempimenti che il Conservatore (art. 2678 c.c.) è obbligato a effettuare e che valgono a stabilire la priorità fra trascrizioni, iscrizioni e annotazioni».
[7] In virtù del principio espresso dal brocardo latino nemo plus iuris in alios transferre potest quam ipse habet.