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Pubbl. Mer, 7 Ott 2015

Negozio fiduciario, trust e patrimoni destinati: profili distintivi UHLZPKBTEP9DDVI

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Ilaria Ferrara


La disciplina degli istituti del negozio fiduciario, del trust e degli speciali patrimoni destinati previsti all´art. 2645 ter c.c. e un confronto tra gli stessi.


Il Codice Civile non disciplina espressamente il negozio fiduciario, tuttavia questo è ammesso nel nostro ordinamento grazie al collegamento con la generale autonomia contrattuale di cui all'art. 1322 c.c., purchè destinato a produrre interessi meritevoli di tutela. Il negozio fiduciario si ha quando un soggetto, detto fiduciante, trasferisce un diritto ad un altro soggetto, detto fiduciario, che si obbliga a realizzare gli scopi concordati per poi trasferire, in un secondo momento, il diritto al fiduciante stesso ovvero ad un terzo. 

Questo negozio produce due tipi di effetti: uno obbligatorio, che riguarda le parti e, come tale, non è opponibile ai terzi estranei al negozio fiduciario e uno reale che, qualora è portato a conoscenza all'esterno, è opponibile anche ai terzi. La caratteristica del negozio fiduciario risiede proprio nell'eccedenza del mezzo ad efficacia reale, che si costitusce con il cd. pactum fiduciae, rispetto al fine. Se non vi fosse il pactum fiduciae tra le parti, verrebbe alla luce un normale negozio traslativo, invece, ciò che rende qualificabile diversamente il negozio in questione è l'intenzione di fiduciante e fiduciario di conseguire uno "scopo ulteriore", per raggiungere il quale è stipulato il pactum. Il fiduciario ha l'obbligo di trasferire il bene ad un terzo, quando ciò non avviene, il terzo acquista da chi è realmente proprietario e potrà conservare il suo acquisto, fermo restando che il fiduciante avrà diritto a chiedere il risarcimento del danno nei confronti del fiduciario. Qualora il fiduciario si rifiuti di adempiere all'obbligo discendente dal pactum fiduciae, senza trasferire il bene ad altri, ma mantenendo egli stesso la proprietà, allora il fiduciante potrà ricorrere all'autorità giudiziaria ed ottenere una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., così da realizzare lo stesso effetto giuridico che sarebbe derivato dall'adempimento del fiduciario.

La fiducia può essere dinamica e statica; la prima presuppone che vi sia il trasferimento del bene dal fiduciante al fiduciario, la seconda, invece, può verificarsi nell'ipotesi in cui il fiduciario assuma gli impegni fiduciari, senza che vi sia stato prima un formale trasferimento della titolarità del diritto dal fiduciante al fiduciario. Inoltre, la dottrina più attenta distingue tra "fiducia cum creditore" e "fiducia cum amico"; la fiducia "cum creditore" presuppone che il fiduciario sia creditore del fiduciante e che questo per garantire il proprio debito trasferisca un determinato bene al fiduciario, con l'intesa che il bene ritornerà al fiduciante una volta estinta l'obbligazione. La fiducia "cum amico" si realizza quando viene trasferita la proprietà di un bene dal fiduciante al fiduciario, senza lo scopo vero e proprio di arricchire il fiduciario, in quanto quest'ultimo è poi tenuto ad un successivo ritrasferimento del bene. Un'ulteriore distinzione, infine, riguarda la fiducia romanistica e la fiducia germanistica, dove nella prima il fiduciante trasferisce pienamente la titolarità al fiduciario che, dunque, diventa il nuovo titolare, ferma restando l'obbligazione assunta con il pactum fiduciae che, tuttavia, ha valore solo tra fiduciante e fiduciario e non esternamente. Al contrario, nella germanistica al fiduciario è trasferita la legittimazione ad esercitare in nome proprio, ma nell'interesse del fiduciante un determinato diritto, e non la piena titolarità del bene.

Una particolare figura di negozio fiduciario è costituita dal cd. Trust. A seguito della ratifica della Convenzione dell'Aja si è posta la questione dell'ammissibilità del cd. "trust interno", ovvero del trust costituito da cittadini italiani ed avente ad oggetto beni situati in Italia. Secondo alcuni autori la Convenzione avrebbe il solo scopo di regolare il riconoscimento dell'efficiacia di Trusts costituiti all'estero nei paesi, il cui ordinamento interno non prevede l'istituto del trust; secondo altri, invece, la ratifica avrebbe aperto la strada alla costituzione di un Trust interno, che da ultimo avrebbe ricevuto anche l'avallo del legislatore nella previsione di cui all'art. 2645 ter c.c., sui patrimoni destinati.

Il Trust è un istituto che affonda le sue radici nell'ordinamento inglese dell'Equity, e comporta un trasferimento fiduciario di beni e diritti da un soggetto (settlor) ad un altro (trustee) che li amministra in favore di terzi soggetti ovvero per un determinato scopo, secondo quanto stabilito nell'atto costitutivo del trust e secondo i desideri del settlor. La caratteristica principale di questo istituto è lo sdoppiamento della proprietà, infatti da una parte vi è la proprietà formale, appartenente al trustee e dall'altra vi è quella sostanziale spettante al soggetto beneficiario del trust. Oggetto del trust può essere qualsiasi diritto, ivi incluso un diritto di credito, tuttavia il trust non è concepibile senza una disponibilità materiale di beni, dunque, un bene futuro non può essere oggetto di conferimento.

L'effetto principale del Trust è rappresentato dalla "segregazione patrimoniale", infatti i beni conferiti in trust vanno a costituire un patrimonio separato dagli altri beni che compongono il patrimonio del trustee, come anche del patrimonio del disponente e del beneficiario (che ne ha la disponibilità solo alla fine del rapporto fiduciario).

Nel negozio fiduciario non si riscontra una simile segregazione patrimoniale, in quanto il bene entra a far parte a tutti gli effetti del patrimonio del fiduciario, risultando perciò aggredibile dai creditori personali dello stesso; nel trust invece questo vincolo di destinazione viene tutelato in modo quasi assoluto. Inoltre nella fiducia il fiduciario ha un obbligo nei confronti del fiduciante, in ragione del pactum fiduciae, mentre nel trust di regola il trustee ha un obbligo non nei confronti del disponente, ma nei confronti del beneficiario. In terzo luogo, vi è una possibile coincidenza nel trust tra trustee e setlor, in modo che un soggetto può decidere di vincolare un bene già presente nel suo patrimonio avendo così un unico trasferimento della proprietà e configurando un modello di fiducia statica.

Infine, come prima richiamato, il Trust cd. interno può essere ricondotto alla costituzione di un patrimonio separato così come specificamente previsto dall'art. 2645 ter c.c., il quale detta la disciplina della trascrizione di "atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell'art. 1322 co. 2". Tuttavia, secondo accreditata dottrina questa disposizione non è diretta a disciplinare l'istituto del trust nell'ordinamento italiano, poiché le differenze restano notevoli. Infatti, il Trust è fondato sul rapporto fiduciario tra settlor e trustee, realizzando il trasferimento della proprietà del fondo in capo al trustee, mentre nell'atto di destinazione la proprietà dei beni vincolati non muta, anche se è evidente che tali beni dovranno essere gestiti nell'interesse del beneficiario. Va, in conclusione, evidenziato che l'art. 2645 ter c.c. richiede expressis verbis l'esistenza di un interesse meritevole di tutela per la costituzione del fondo patrimoniale con vincolo di destinazione, mentre ciò non è requisito indispensabile per il trust.