Contratto unilaterale e dogma della necessaria bilateralità
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Cesare Valentino
L´elaborato é suddiviso in 4 parti ed é dedicato all´analisi del procedimento di formazione dell´accordo contrattuale disciplinato all´art. 1333 c.c. La prima parte é dedicata alla struttura, alla funzione e alla natura dello stesso. La seconda parte si sofferma sul campo di applicazione del procedimento di formazione in analisi. La terza parte é dedicata all´applicabilità del modello formativo di cui all´art. 1333 c.c. al pagamento traslativo, all´atto di destinazione disciplinato all´art. 2645-ter c.c., all´opzione gratuita e al contratto ad effetti reali. L´ultima parte é incentrata sulla questione dell´ammissibilità delle promesse unilaterali atipiche e dell´applicabilità alle medesime dell´art. 1333 c.c.
Sommario: 1. La struttura, la funzione e la natura del procedimento di formazione disciplinato all’art. 1333 c.c.; 2. L’ambito applicativo dello schema formativo di cui all’art. 1333 c.c. La perimetrazione del concetto di “contratto con obbligazioni a carico del solo proponente”; 3. La controversa applicabilità dello schema formativo di cui all’art. 1333 c.c. al pagamento traslativo, all’atto di destinazione ex 2645-ter, all’opzione gratuita e al contratto traslativo di diritti reali immobiliari; 4. L’applicabilità dello schema formativo di cui all’art. 1333 c.c. alle promesse unilaterali atipiche. Riflessi applicativi; 5. Conclusioni.
1. La struttura, la funzione e la natura del procedimento di formazione disciplinato all’art. 1333 c.c.
L'art. 1333 c.c., sotto la rubrica "contratto con obbligazioni del solo proponente" tratteggia la disciplina di un procedimento di formazione dell'accordo contrattuale alternativo al modello formativo generale prefigurato agli art. 1326 e 1335 c.c. L’alternatività si concreta innanzitutto in una differenziazione strutturale tra l’uno e l’altro schema.
Infatti rispetto al modello generale quello delineato all'art. 1333 c.c. diverge in primo luogo per l'atto di impulso che dà avvio al procedimento formativo, costituito non da una proposta semplice ma da una proposta irrevocabile (ex lege) di contratto con obbligazioni a carico del solo proponente[1]. Ulteriore tratto differenziale rispetto al procedimento di formazione ordinario e generale è da ravvisare nella circostanza che nel procedimento formativo di cui all'art. 1333 c.c. il termine di riferimento della suindicata proposta è costituito non da un’accettazione espressa ma da un comportamento dell'oblato, qualificato dal legislatore in termini di mancato rifiuto e sufficiente ai fini della conclusione del contratto.
La prefata differenziazione sul piano strutturale del modello formativo disciplinato all’art. 1333 c.c. rispetto allo schema generale, deriva dalla funzione assolta dal primo, che consiste nella semplificazione del procedimento di formazione di una particolare categoria contrattuale, quella dei contratti con obbligazioni a carico del solo proponente. Semplificazione procedimentale che si risolve nella possibilità che i contratti riconducibili alla categoria de qua possano perfezionarsi senza necessità di un’accettazione espressa. Il che si giustifica tenuto conto della natura non onerosa dei contratti con obbligazioni a carico del solo proponente, da cui possono derivare all’oblato solo vantaggi.
Così delineati i tratti strutturali e funzionali del procedimento formativo di cui all’art. 1333 c.c., occorre soffermarsi sulla controversa questione che involge la natura giuridica del medesimo. Ci si chiede infatti se il procedimento de quo sia pur sempre basato sulla correlazione tra una proposta (ex lege) irrevocabile ed un’accettazione (sebbene non espressa), o se invece trattasi di un procedimento formativo che prescinde da qualsivoglia forma di accordo, fondandosi sulla sola manifestazione di volontà del proponente.
Una parte della dottrina[2] muovendo dal principio per cui senza accordo non c'è contratto e dalla difficoltà di riscontrare nello schema formativo di cui all'art. 1333 c.c. una forma di accordo, per la risoluzione della problematica de qua ha focalizzato l'attenzione sulla natura del contratto con obbligazioni a carico del solo proponente, che, come anticipato, costituisce la tipologia contrattuale cui trova applicazione il procedimento formativo in analisi. In tale prospettiva il prefato indirizzo ermeneutico qualifica detta tipologia contrattuale in termini di negozio unilaterale. Il che comporta, sul piano applicativo, che per il relativo perfezionamento non sarebbe necessaria l’accettazione dell’oblato. Tuttavia non può non rilevarsi che la qualificazione del contratto con obbligazioni del solo proponente in termini di negozio unilaterale si pone in evidente contrasto con la stessa lettera dell'art. 1333, che contempla un espresso riferimento alla locuzione contratto, che compare sia nella rubrica che nel corpo della norma de qua. Tale prospettazione dottrinaria si risolve dunque in un’inutile forzatura del dato normativo per ovviare alle difficoltà in precedenza evocate.
Un secondo orientamento[3] qualifica invece il contratto con obbligazioni del solo proponente come contratto unilaterale sotto il profilo formativo (e non già degli effetti). Si tratterebbe dunque di un contratto per il cui perfezionamento sarebbe sufficiente la sola manifestazione di volontà del proponente. Anche gli esiti interpretativi di detta corrente di pensiero originano dalla difficoltà di ravvisare nello schema ex art. 1333 c.c. una forma di accordo. Ma gli stessi collidono con il principio generale cristallizzato all'art. 1321 c.c., per cui il contratto è, sotto il profilo della formazione, necessariamente bilaterale, non potendo promanare dalla volontà di un solo contraente.
Per un terzo orientamento[4] invece, anche nella fattispecie formativa di cui all'art. 1333 c.c. é ravvisabile una forma di accordo. Tale affermazione di principio origina dalla qualificazione del mancato rifiuto dell'oblato come forma di accettazione che, a seconda delle diverse ricostruzioni in cui si declina detta corrente ermeneutica, viene concepita o come tacita[5], o come implicita o presunta[6], o come accettazione manifestata mediante silenzio[7]. Altri autori infine attribuiscono al mancato rifiuto dell'oblato il significato di comportamento con valore legalmente tipico, nel senso che sarebbe la legge stessa ad attribuire valore di accettazione ad un comportamento omissivo, che di per sé non consentirebbe la conclusione di un contratto[8].
In ogni caso la risoluzione della questione del se nel procedimento formativo di cui all’art. 1333 c.c. sia ravvisabile o meno una forma di accordo, passa attraverso la messa in evidenza della distinzione tra procedimento formativo in sé considerato e profilo effettuale del contratto cui il procedimento de quo trova applicazione. In tale prospettiva occorre rilevare che l’unilateralità del contratto con obbligazioni a carico del solo proponente involge esclusivamente il profilo degli effetti obbligatori, che ricadono solo su quest’ultimo.
Quanto al procedimento formativo in sé considerato la intrinseca bilateralità del medesimo si coglie valorizzando la collocazione sistematica dell’art. 1333 c.c. nella sezione dedicata al procedimento di formazione dell’accordo, da cui si desume che nelle intenzioni del legislatore anche lo schema di cui all’art. 1333 c.c. risulta modulato sulla logica dell’accordo. In tale prospettiva, ragioni di coerenza sistematica conducono alla qualificazione del mancato rifiuto dell’oblato, determinante la conclusione dell’accordo, in termini di accettazione manifestata tramite silenzio, da intendere come mancanza di interesse al rifiuto della proposta[9] (di contratto con obbligazioni del solo proponente). La fattispecie formativa di cui all’art. 1333 c.c. costituirebbe dunque una deroga al principio generale di irrilevanza del silenzio nel procedimento di formazione del contratto, fondata su un'espressa norma di legge, l'art. 1333 c.c. appunto.
In tale cornice ricostruttiva tuttavia la logica dell'accordo sarebbe ravvisabile solo nel caso in cui l'oblato tenga consapevolmente il comportamento omissivo richiesto dall'art. 1333 c.c., ossia il mancato rifiuto nel termine, conoscendo gli effetti che la legge ricollega al medesimo (la conclusione del contratto). Consapevolezza del comportamento omissivo e dei relativi effetti dunque come requisito necessario della fattispecie formativa in esame, che consentirebbe tra l’altro di risolvere la questione concernente l'eventuale impedimento dell'oblato alla manifestazione del rifiuto nel termine. In questa specifica ipotesi, attesa la ratio sottesa al meccanismo del rifiuto, costituita dal principio di intangibilità della sfera giuridica dell’oblato, sarebbe concessa allo stesso la possibilità di dar prova dell'impedimento.
2. L’ambito applicativo dello schema formativo di cui all’art. 1333 c.c. La perimetrazione del concetto di “contratto con obbligazioni a carico del solo proponente”
Così ricostruito sul piano strutturale e funzionale il procedimento formativo di cui all’art. 1333 c.c., é necessario perimetrarne il concreto ambito applicativo, nel quale, come dianzi indicato, rientra la categoria dei contratti con obbligazioni a carico del solo proponente[10]. Sono tali i contratti a titolo gratuito, ossia quelli in cui non vi è reciprocità di vantaggi e sacrifici tra le parti, in quanto solo una parte sopporta un sacrificio per consentire alla controparte il conseguimento di un vantaggio. Nel novero dei contratti gratuiti vengono comunemente ricondotti fideiussione[11], accollo, espromissione, patto di prelazione senza corrispettivo.
Discussa è l’applicabilità dello schema formativo di cui all’art. 1333 c.c. alle lettere di patronage “forti”, ossia a quelle dichiarazioni negoziali in forza delle quali una società capogruppo, al fine di consentire ad una società controllata l’ottenimento di un finanziamento da una banca, si obbliga verso quest’ultima a fare in modo che la controllata medesima, nel caso in cui le venga concesso il credito, si renderà adempiente alle obbligazioni assunte. La giurisprudenza[12] è nel senso dell’applicabilità dello schema disciplinato all’art. 1333 c.c. al negozio di assunzione di detta obbligazione di facere, in quanto lo stesso avrebbe natura di contratto con obbligazione a carico del solo proponente.
Resta fuori dal perimetro applicativo dell'art. 1333 c.c., pur appartenendo alla più ampia categoria dei contratti gratuiti, la donazione, per la quale è sempre necessaria l'accettazione espressa del donatario. Unica eccezione nel campo donativo alla regola de qua è costituita dalla donazione obnuziale[13]: data la natura di negozio unilaterale della medesima logica ricaduta applicativa è che il relativo perfezionamento non necessita di accettazione, essendo sufficiente che la volontà del donante pervenga a conoscenza del donatario.
Parimenti esclusi dal raggio d’azione del procedimento formativo di cui all’art. 1333 c.c. sono i contratti che stabiliscono a carico del beneficiario obbligazioni modali[14]. Queste ultime, in quanto determinanti la limitazione dell’entità del beneficio, pur essendo compatibili con il titolo gratuito, precludono l’applicazione dello schema formativo de quo in quanto quest’ultimo presuppone che dall’attribuzione patrimoniale non derivi un’imposizione a carico dell’oblato.
Controversa è l'applicabilità dello schema di cui all'art. 1333 c.c. ai contratti formali, ovvero ai contratti per cui è richiesta una data forma ai fini della validità. Parte della dottrina[15] propende per la soluzione positiva, ritenendo che il requisito formale imposto per il contratto vada attuato nei confronti della sola proposta, mentre per l'accettazione basterebbe il comportamento omissivo previsto dal secondo comma dell'art. 1333.
3. La controversa applicabilità dello schema formativo di cui all’art. 1333 c.c. al pagamento traslativo, all’atto di destinazione ex 2645-ter, all’opzione gratuita e al contratto traslativo di diritti reali immobiliari
La questione afferente la perimetrazione del campo applicativo dello schema formativo di cui all’art. 1333 c.c. ha influito anche sulla questione dell’astratta ammissibilità del pagamento traslativo in termini di negozio unilaterale atipico ad effetti reali. In generale con la locuzione pagamento traslativo si indica l’atto esecutivo di un obbligo di dare in precedenza assunto, che si concreta nel trasferimento della proprietà di un bene. Trattasi di un atto con funzione solutoria e giustificazione causale esterna, fondata sul rapporto da cui deriva l’obbligo de quo.
La Cassazione[16], in una risalente pronuncia, ha risolto in termini negativi la suindicata questione, qualificando il pagamento traslativo non come negozio unilaterale atipico ad effetti reali ma come proposta di contratto unilaterale (sul piano degli effetti), gratuito e atipico, ma non donativo, con conseguente applicabilità al medesimo dello schema formativo di cui all’art. 1333 c.c. Due le ricadute applicative che discendono dalla prefata qualificazione. Da una parte l’oblato (creditore) può, in applicazione dello schema de quo, rifiutare il pagamento traslativo, con conseguente mancata liberazione del debitore (proponente) dall’obbligo di dare in precedenza assunto. Dall’altra l’eventuale mancato rifiuto dell’oblato nel termine consente al pagamento traslativo di spiegare piena efficacia solutoria.
La soluzione della Suprema Corte tuttavia ha suscitato le critiche di una parte della dottrina[17]. Critiche che muovono proprio dalle ricadute derivanti dall’applicazione al pagamento traslativo dello schema di formazione di cui all’art. 1333 c.c. Per effetto della suindicata applicazione infatti, essendo subordinata l’efficacia solutoria del trasferimento immobiliare al mancato rifiuto dell’oblato-creditore, non sarebbe garantito per questa via il debitore, il quale invece dovrebbe essere certo del suo adempimento. Inoltre, in caso di rifiuto dell’attribuzione da parte del primo, quest’ultimo non saprebbe come liberarsi dall’obbligo di dare.
Ulteriore questione discussa è il perfezionamento tramite lo schema formativo disciplinato all’art. 1333 c.c. del contratto con cui un soggetto, imprimendo ai sensi dell’art. 2645-ter c.c. un vincolo di destinazione su alcuni suoi beni mobili registrati o immobili, al fine di destinarli alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela, si obbliga a non farne un utilizzo difforme da quello connesso alla destinazione.
Sul piano degli effetti la fattispecie disegnata dalla norma de qua determina, al ricorrere delle condizioni ex lege, un fenomeno di separazione patrimoniale, per cui i beni destinati costituiscono una massa distinta dal patrimonio generale del disponente. Il che si risolve nell’impossibilità per i creditori generali di agire in via esecutiva sui beni destinati, sui quali pertanto potranno soddisfarsi solo i creditori funzionali, ossia i creditori delle obbligazioni assunte in relazione ai cespiti patrimoniali destinati.
Tale ricaduta applicativa, unitamente all’esigenza di tutela del ceto creditorio, porta a ritenere che il contratto con cui un soggetto imprime un vincolo di destinazione su taluni cespiti patrimoniali ai sensi dell’art. 2645-ter possa perfezionarsi solo tramite espressa accettazione del beneficiario, con conseguente inapplicabilità dello schema formativo di cui all’art. 1333 c.c.
Controversa è inoltre la questione dell’applicabilità del modello formativo in analisi al patto d’opzione gratuita. Questione la cui risoluzione impone una preliminare disamina strutturale, funzionale ed effettuale della figura.
In generale il patto d’opzione costituisce un contratto in forza del quale le parti convengono che una di esse rimanga vincolata per un certo termine ad una proposta di contratto (definitivo) e l’altra rimane libera di accettare. L’accettazione, tramite esercizio del diritto di opzione, determina la conclusione del contratto definitivo, senza che occorra una nuova manifestazione di consenso. Sotto tale profilo netta è la distinzione rispetto al contratto preliminare. Di regola la concessione del diritto di opzione è onerosa, in quanto il concedente si vincola alla proposta fatta a fronte di un premio.
Ma è controverso in dottrina se la concessione de qua sia ammissibile pur in assenza di un corrispettivo, dando luogo alla discussa figura dell’opzione gratuita. Per un primo orientamento[18] quest’ultima sarebbe inammissibile, in quanto, diversamente opinando, verrebbe meno ogni distinzione tra opzione e proposta irrevocabile, che per sua natura è gratuita. Altra parte della dottrina[19] ritiene invece ammissibile l’opzione gratuita, a condizione che sia sorretta da un interesse patrimoniale del concedente meritevole di tutela giuridica.
Un argomento a favore della tesi favorevole all’ammissibilità può trarsi dallo stesso codice, che non distingue tra opzione gratuita e onerosa.
Una volta risolta in senso affermativo la questione preliminare in merito all’ammissibilità della concessione gratuita del diritto di opzione, si pone il problema di verificare se il patto cui detta concessione accede possa perfezionarsi per effetto del procedimento formativo tratteggiato all’art. 1333 c.c. Il che porta in primo luogo a domandarsi se lo stesso sia qualificabile come contratto con obbligazioni a carico del solo proponente e come tale suscettivo di perfezionamento ex art. 1333 c.c.
Un’analisi formale, limitata alla lettera della norma suindicata, porta ad una soluzione negativa del quesito, atteso che la fattispecie contrattuale presupposta dall’art. 1333 c.c. si fonda sulla correlazione tra un obbligo di prestazione a carico del proponente e un diritto di credito a carico dell’oblato. Il che evidenzia una divergenza rispetto alla relazione presupposta dal patto cui accede una concessione gratuita del diritto di opzione, modulato sulla correlazione tra un diritto potestativo in capo all’opzionario e uno stato di soggezione in capo al concedente.
In realtà la ratio dell’art. 1333 c.c., che come anticipato consiste nella semplificazione della costituzione del rapporto contrattuale quando il destinatario della proposta non è esposto ad oneri e pregiudizi, sembra propendere per l’applicazione di detto schema formativo anche all’opzione gratuita. Infatti, al vincolo di irrevocabilità della proposta di definitivo, assunto dal concedente in assenza di corrispettivo (e che si concreta in un sacrificio per il medesimo) si ricollega, come anticipato, una situazione di vantaggio, e dunque favorevole per l’opzionario, che senza sopportare sacrifici ha la possibilità, non impedibile dal concedente, di concludere il contratto definitivo.
Tale ricostruzione tuttavia rende complessa la distinzione con la proposta irrevocabile, tenuto conto che per effetto dell’applicazione dell’art. 1333 c.c. la proposta diviene irrevocabile non appena giunge a conoscenza del destinatario. Per la soluzione del problema parte della dottrina ritiene che, trattandosi di questione interpretativa, occorre procedere, nei casi dubbi, all’applicazione della regola che privilegia la soluzione meno gravosa per l’obbligato e quindi nel senso che si tratti di proposta irrevocabile[20].
Un’ulteriore questione problematica concerne la possibilità di perfezionare ex art. 1333 c.c. i contratti traslativi di diritti reali, appartenenti alla più ampia categoria dei contratti ad effetti reali[21].
La dottrina[22] che sostiene la natura unilaterale sotto il profilo formativo (e non già degli effetti) del contratto con obbligazioni a carico del solo proponente esclude tale possibilità, traendo argomento dall'art. 1376 c.c., in forza del quale presupposto necessario per la produzione di effetti reali è il connotato della bilateralità. Connotato che in quanto mancante per la teoria in esame nel procedimento formativo di cui all'art. 1333 osterebbe al perfezionamento dei contratti traslativi di diritti reali tramite il prefato schema formativo. Ma come è stato dimostrato in precedenza anche il procedimento di cui all'art. 1333 c.c. e' strutturalmente bilaterale. Dunque non sembrerebbero esservi ostacoli normativi al perfezionamento di un contratto traslativo di diritti reali tramite lo schema di cui all'art. 1333 c.c.
Un ulteriore sostegno argomentativo a favore di tale esito interpretativo-applicativo può trarsi inoltre dai principi elaborati in tema di contratti traslativi di diritti reali a favore del terzo, a condizione che si riesca ad affermare l'applicabilità dei medesimi anche in relazione allo schema formativo di cui all'art. 1333 c.c. Il che richiede una previa delimitazione di detti principi nonché un raffronto tra quest'ultimo schema e quello tratteggiato agli art. 1411 e ss.
In relazione al primo profilo d'analisi, vi è da rilevare che la dottrina[23] e la giurisprudenza prevalenti[24] ritengono ammissibile un contratto traslativo di diritti reali a favore del terzo a condizione che l'attribuzione patrimoniale non comporti oneri e pregiudizi per lo stesso e sia in ogni caso rifiutabile. Tale principio di matrice dottrinale e giurisprudenziale, essendo posto a tutela della sfera giuridica del terzo, non precluderebbe comunque al medesimo la possibilità di accettare l'attribuzione patrimoniale avente per oggetto proprietà immobiliari onerose.
In ordine al secondo profilo d'analisi va dato atto che mentre l'art. 1333 c.c. disegna uno specifico schema di formazione del contratto alternativo a quello ordinario, gli art. 1411 e ss. tratteggiano uno schema di produzione degli effetti contrattuali nella sfera giuridica di un terzo estraneo al contratto. Ne deriva che nello schema di cui all'art. 1333 c.c. l'oblato in caso di mancato rifiuto nel termine può divenire parte del rapporto contrattuale. Viceversa, nello schema di cui all'art. 1411 c.c. il terzo giammai può divenire parte, costituendo solo il termine soggettivo di imputazione degli effetti di un contratto da altri concluso.
Nonostante tale diversità funzionale tra le due figure sono ravvisabili punti di contatto. In primo luogo sia nell'uno sia nell'altro schema gli effetti derivanti dal contratto devono essere favorevoli per l'oblato o per il terzo. Con l'accezione effetti favorevoli si vuol indicare la necessità che dal contratto non derivino per questi ultimi oneri o pregiudizi.
Ulteriore profilo di contiguità tra i due schemi è dato dalla previsione per entrambi del meccanismo del rifiuto, sebbene diversi siano, nell’uno e nell’altro schema, l'oggetto e l’effetto del medesimo. Quest’ultimo infatti, nello schema formativo di cui all'art. 1333 c.c., incide su una proposta di contratto, precludendo la conclusione del medesimo. Nello schema del contratto a favore del terzo viceversa il meccanismo del rifiuto concerne gli effetti di un contratto già concluso e non già in via di formazione, impedendo che gli stessi si cristallizzino in via definitiva nella sfera giuridica del terzo. Nonostante tali divergenze tuttavia non può non rilevarsi la ratio comune sottesa al meccanismo del rifiuto, funzionale alla tutela della sfera giuridica dell'oblato, nello schema di cui all’art. 1333 c.c. e del terzo, nello schema prefigurato all'art. 1411. Così ricostruiti i rapporti tra le due figure, non vi sarebbero pertanto ostacoli all'applicazione dei principi elaborati in materia di contratti traslativi di diritti reali a favore del terzo allo schema formativo di cui all'art. 1333 c.c., qualora attraverso lo stesso si proceda alla formazione di contratti traslativi di diritti reali. Sul piano applicativo questi ultimi potrebbero dunque essere perfezionati tramite lo schema de quo a condizione che dagli stessi non derivino oneri e pregiudizi anche solo potenziali all'oblato e quest'ultimo possa in ogni caso rifiutare la proposta di contratto.
4. L’applicabilità dello schema formativo di cui all’art. 1333 c.c. alle promesse unilaterali atipiche. Riflessi applicativi
Un'ulteriore questione connessa allo schema formativo di cui all'art. 1333 c.c. concerne la possibilità di configurare, in forza del medesimo, promesse unilaterali atipiche, in deroga al principio di tipicità che connota detta categoria. Questione la cui risoluzione passa attraverso una preliminare disamina delle promesse unilaterali.
Come anticipato, per le stesse vige il principio di tipicità[25], cristallizzato all'art. 1987 c.c., in forza del quale la promessa di una prestazione obbliga il proponente solo nei casi previsti dalla legge. La ragione di tale principio e' da ravvisare nella necessita' di tutelare la sfera giuridica del destinatario della promessa da intromissioni rispetto alle quali non abbia prestato il necessario consenso e nell'esigenza di evitare l'assunzione, da parte del promittente, di obbligazioni non sorrette da valida giustificazione causale[26].
Sul piano strutturale le promesse unilaterali costituiscono negozi unilaterali (recettizi). Il che consente l'applicazione alle medesime del principio enucleato all'art. 1324 c.c., che appresta la disciplina di tale tipologia negoziale. In forza di detta disposizione è prevista per i negozi unilaterali inter vivos e a contenuto patrimoniale l'applicazione delle norme sui contratti a condizione che la legge non disponga diversamente e che sussista compatibilità tra la norma regolatrice del contratto astrattamente applicabile in forza dell'art. 1324 c.c. e il negozio unilaterale da disciplinare.
Orbene, vertendo la presente analisi sulle promesse unilaterali atipiche, la ricognizione delle norme regolatrici del contratto applicabili alle medesime andrà effettuata tenuto conto delle problematiche cui le stesse possono dar luogo.
In tale prospettiva la prima questione da affrontare concerne l’astratta ammissibilità della promessa unilaterale atipica. Al riguardo, muovendo dal carattere atipico della figura, la risoluzione alla problematica può derivare dall’applicazione alla medesima, in forza dell’art. 1324 c.c., del principio cristallizzato all’art. 1322 c.2, in forza del quale la promessa unilaterale atipica é ammissibile a condizione che sia diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela.
La seconda problematica che può porre una promessa unilaterale atipica deriva dalla circostanza che tramite la medesima il promittente possa assumere obbligazioni non sorrette da idonea giustificazione causale. Trattasi di una evenienza che come dianzi evidenziato il legislatore ha voluto evitare codificando il principio di tipicità delle promesse unilaterali. La soluzione della questione in questo caso è offerta dall’applicazione alle promesse unilaterali atipiche dell’art. 1325 n. 2 c.c., che prevede il principio di necessaria causalità del contratto, applicabile anche alle promesse unilaterali in quanto costituenti sul piano strutturale negozi.
Sul piano applicativo la ricomprensione delle promesse unilaterali atipiche nel raggio d’azione della norma de qua consente che le stesse, per quanto ammissibili in forza dell’art. 1322 c. 2, risultino valide ed efficaci solo se sorrette da idonea giustificazione causale, costituita da uno specifico interesse patrimoniale del promittente. L’applicazione dell’art. 1325 n. 2 alle promesse unilaterali atipiche costituisce dunque un ulteriore limite per le medesime. Infatti, in forza del combinato disposto di cui agli art. 1325 n. 2 e 1418 c.2 la promessa unilaterale atipica, se non sorretta da un interesse patrimoniale del disponente, è invalida e come tale improduttiva di effetti.
Terza e ultima problematica che può determinare una promessa unilaterale atipica consiste nella possibilità che la stessa, data la natura unilaterale e la conseguente modulazione su uno schema di perfezionamento che non prevede il consenso del destinatario, possa comportare la violazione del principio di intangibilità della sfera giuridica di quest’ultimo. La soluzione della problematica può derivare dall’applicazione alla figura in analisi dello schema formativo di cui all’art. 1333 c.c. Lo stesso infatti, come dianzi indicato, essendo imperniato sul meccanismo del rifiuto, consentirebbe di tutelare la sfera giuridica del destinatario della promessa da intromissioni non volute. In tale prospettiva occorre domandarsi se sussiste compatibilità tra lo schema formativo di cui all’art. 1333 c.c. e promessa unilaterale atipica tale da consentire l’applicazione del primo alla seconda.
Sul piano funzionale vi è da rilevare che la promessa unilaterale atipica, così come il contratto con obbligazioni del solo proponente, è modulata sulla correlazione tra un’obbligazione (assunta dal promittente) e un diritto di credito (vantato dal destinatario della promessa). Sicché non vi sarebbero ostacoli di tipo funzionale all’applicabilità dello schema formativo di cui all’art. 1333 c.c. alla promessa de qua.
Sul piano strutturale nulla osta ad un’interpretazione estensiva del concetto di contratto con obbligazioni a carico del solo proponente tale da ricomprendervi anche i negozi che non sono contratti, come le promesse unilaterali. A sostegno di tale affermazione di principio può invocarsi sia il rapporto di genere a specie che sussiste tra negozio e contratto, sia l’assimilazione effettuale tra contratto con obbligazioni a carico del solo proponente e promessa unilaterale atipica. Nell’uno e nell’altro caso infatti discendono rispettivamente obbligazioni a carico del solo proponente o del solo promittente.
Alla luce di tali premesse, appurata la possibilità di applicare lo schema formativo di cui all’art. 1333 c.c. anche alle promesse unilaterali atipiche, il destinatario delle stesse, in applicazione dello schema de quo, potrà, rifiutare l’attribuzione patrimoniale effettuata dal promittente. In ogni caso, per l’applicabilità dello schema in analisi a tale tipologia di promesse è necessario, in base ai principi generali in precedenza evocati, che dalle medesime non derivino oneri a carico del destinatario.
5. Conclusioni
In conclusione non può non rilevarsi la problematicità dello schema di conclusione dell’accordo prefigurato all’art. 1333 c.c., in particolare per quanto concerne il non sopito contrasto dottrinario in merito alla struttura del medesimo. Altrettanto controversa è la portata applicativa del procedimento formativo de quo, per la cui delimitazione decisiva sarà la natura del contratto da concludere e la valorizzazione del principio di intangibilità della sfera giuridica dell’oblato, che come dimostrato costituisce la ratio immanente al meccanismo del rifiuto.
[1] Ed è il profilo dell'irrevocabilita' della proposta che avvicina il procedimento formativo di cui all’art. 1333 c.c. tanto alla proposta ferma disciplinata all'art. 1329 c.c. quanto al patto d'opzione, regolato all'art. 1331 c.c. La divergenza tra le figure menzionate radica nella diversa fonte dell'irrevocabilita', che nello schema ex art. 1333 c.c. promana dalla legge, nel patto d'opzione dalla comune volontà di concedente ed opzionario e nella proposta ferma dalla volontà del solo proponente.
[2] E. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, p. 278; L. BARASSI, La teoria generale delle obbligazioni, Vol. II, p. 122-123
[3] R. SACCO, Il contratto, in Tratt. Vassalli, p. 34 e ss
[4] I riferimenti dottrinali riconducibili al terzo orientamento sono succintamente indicati nel prosieguo
[5] G. TAMBURRINO, I vincoli unilaterali nella formazione progressiva del contratto, p. 30 e ss
[6] V. PANUCCIO, Le dichiarazioni non negoziali di volontà, p. 268
[7] M. SEGNI, Autonomia privata e valutazione legale tipica, p. 395
[8] R. SCOGNAMIGLIO, Dei contratti in generale, (art. 1321-1352) in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja-Branca, 1970, p. 165
[9] In questi termini F. MESSINEO, Il contratto in genere, p. 356
[10] Cfr. Cass. sent. n. 17641/2012
[11] Per l’applicazione dello schema formativo di cui all’art. 1333 c.c. al contratto di fideiussione ex multis Cass. sent. n. 4646/97; Cass. sent. n. 9777/1993
[12] Cass. sent. n. 4888/2001; Cass. sent. n. 11987/2001
[13] G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, pag. 1600
[14] C.M. BIANCA, Il contratto, Terza edizione, p. 229
[15] A. RAVAZZONI, La formazione del contratto, pag. 356; R. SCOGNAMIGLIO, Dei contratti in generale, p. 170
[16] Cass. sent. n. 9500/1987
[17] F. GAZZONI, Babbo Natale e l’obbligo di dare, nota a sent. 10612/1991, in Giust. Civile, p. 2900; A. CHIANALE, Obbligo di dare e atti traslativi solvendi causa, nota a Cass. n. 5147/87 e n. 9500/87, in Riv. Dir. Civ., p. 234
[18] F. CARRESI, Il contratto in generale, pag. 764
[19] G. GORLA, Problemi sulla cedibilità dell’offerta contrattuale, dell’opzione e del contratto preliminare, p. 23
[20] G.GORLA, Rdciv, I, pag. 224
[21] Per una soluzione positiva ex multis Cass. sent. n. 15997/2018; Cass. sent. n. 9500/1987
[22] R. SACCO, La conclusione dell'accordo, in Obbligazioni e contratti, in Trattato dir. priv., Vol. X, p. 28
[23] In particolare L.V. MOSCARINI, Il contratto a favore di terzi, pag. 119; F.GIRINO, Studi in tema di stipulazione a favore di terzi, pag. 140 e ss;
[24] Ex multis Cass. sent. n. 1842/1993; Cass. sent. 7026/1986
[25] Cfr. CARRESI, L’autonomia contrattuale dei privati nei contratti e negli altri atti giuridici, in Riv.dir.civ., I, p. 273 e ss; G. FERRI, Autonomia privata e promesse unilaterali, In studi per Betti, V, p. 127
[26] Sulle ragioni del principio di tipicità delle promesse M. PARADISO, Corso di istituzioni di diritto privato, pag. 319-320, secondo cui detto principio oltre ad evitare che il singolo possa incidere unilateralmente nella sfera giuridica altrui, consente di evitare l’alterazione della disciplina del contratto e delle connesse garanzie accordate dal sistema per assicurare una equilibrata distribuzione dei rischi e dei poteri delle parti.