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Pubbl. Lun, 20 Lug 2015

Lavorare nell’intelligence italiana

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Saverio Setti
Dirigente della P.A.Ministero della Difesa


Profili di legge inerenti il rapporto di lavoro alle dipendenze della Sicurezza Nazionale


Indice: 1. Il reclutamento; 2.  Lo status giuridico; 3. La cessazione del rapporto

1.  Il reclutamento

È evidente come la gestione delle risorse umane sia uno dei core business di ogni servizio di informazioni: le specifiche connotazioni che circoscrivono il comparto intelligence impongono il ricorso a risorse umane di particolare pregio. La speciale rilevanza dei beni e degli interessi oggetto di tutela richiede non solo una profonda cultura professionale, unita ad intelligenza e preparazione, ma anche una convinta motivazione al lavoro; si tratta, infatti, di una professione affatto particolare che coinvolge come poche la sfera privata.
Il lavoratore del comparto informazioni, infatti, deve saper agire in modo discreto, privo degli strumenti tipici delle amministrazioni requirenti, deve essere consapevole della necessità di una peculiare e continua formazione per una professione che non trova parametri di similitudine con altri impieghi. Non ultimo, il lavoratore, deve essere consapevole che non solo dovrà sacrificare parte della sua vita privata, in ragione dei continui spostamenti dovuti al suo impego, ma che l’ambito di riservatezza inerente il suo impiego dovrà estendersi alle sue più vicine frequentazioni.

Ciò premesso, passando all’analisi delle specifiche disposizioni di legge che disciplinano il rapporto di lavoro, occorre in primo luogo evidenziare come, proprio in virtù della peculiarità della funzione informativa per la sicurezza, l’assunzione dei dipendenti del sistema beneficia del regime derogatorio previsto dall’art. 97 Cost.

L’articolo 21 della l. 124/2007, infatti, nel rinviare a fonte regolamentare la normazione di dettaglio del reclutamento e dell’ordinamento personale del sistema, consente allo stesso regolamento di derogare alle disposizioni di legge.
È da evidenziare come questo regolamento sia l’unico dei dodici previsti da questa legge a poter derogare ad una fonte primaria. È, inoltre, rimesso al regolamento la determinazione del regime di pubblicità. Anche questa fonte non risulta conoscibile: il «Regolamento sullo stato giuridico ed economico del personale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, dell'Agenzia informazioni e sicurezza esterna e dell'Agenzia informazioni e sicurezza interna», contenuto nel DPCM 23 marzo 2011, n. 1 è stato pubblicato solo per comunicato in Gazzetta Ufficiale[1].

La l. 124/2007, pone, pur se in linea generale, diversi e rilevante aspetti di discontinuità con la previgente normativa. Ora, infatti, il metodo di accesso principale a posizioni lavorative all’interno del comparto intelligence è il concorso pubblico[2], metodo idoneo alla selezione dei migliori e meritevoli.
L’accesso al concorso è ora disponibile anche per quanti non siano già legati alle pubbliche amministrazioni da un rapporto di lavoro. Di norma possono essere assunti nel comparto intelligence i cittadini di età non inferiore ai 18 anni e non superiore ai 40. Il limite dei 40 anni può essere derogato solo in casi particolari[3]. Date le particolarità del sistema di informazione, non esiste però un percorso di studi “privilegiato” che consenta di avere un vantaggio competitivo sugli altri concorrenti[4].

Per quanto concerne le prove di selezione, pur non definite dalla legge, è ragionevole ipotizzare che si tratti di metodi differenti da quelli tradizionalmente adottati nelle ordinarie procedure concorsuali, ma che comunque consentano non solo la stima delle capacità culturali e professionali e soprattutto delle capacità di ragionamento e delle attitudini allo svolgimento di questa particolare esperienza nella pubblica amministrazione.

Due sono i casi in cui opera la deroga al regime concorsuale costituzionalmente garantita.

Può essere assunto senza concorso il personale che presta la propria collaborazione coordinata e continuativa al sistema di informazione per la sicurezza[5]; tra questo si include la quota di personale chiamato a svolgere funzioni di diretta collaborazione con il direttore generale del DIS e con i direttori dei servizi di informazione per la sicurezza, la cui permanenza presso i rispettivi organismi è legata alla permanenza in carica dei medesimi direttori[6]. Si tratta, in questo caso, di personale assunto per lo svolgimento di incarichi molto particolari, per i quali il rapporto fiduciario con le autorità dirigenti è essenziale, ma che, proprio a causa della chiamata diretta, non possono collaborare a tempo indeterminato.

Seconda deroga concerne i casi di alta e particolare specializzazione debitamente documentata, per attività assolutamente necessarie all’operatività del DIS e dei servizi di informazione per la sicurezza[7]; si tratta, ovviamente, di esperti la cui presenza negli uffici di analisi non è necessaria a tempo pieno, ma che vengono attivati on call in caso di specifiche esigenze di elaborazione.

Particolarmente ampio è il regime delle incompatibilità. Costituisce novità assoluta il divieto di assunzione diretta, ma la possibilità di assunzione per concorso, di quanti siano in rapporto di parentela o di affinità o di convivenza o di cointeressenza economica con dipendenti dei servizi di informazione per la sicurezza o del DIS[8], questo nell’ovvia considerazione che le assunzioni viziate da considerazioni clientelari sono estremamente deleterie per l’interesse pubblico, in particolare in questo settore.
Il divieto di assunzione per quanti si trovano nelle situazioni appena ricordate è assoluto, qualora detti rapporti siano in essere nei confronti dei direttori del DIS e delle agenzie di informazione. 

A queste incompatibilità nascenti da condizioni personali e relazionali, se ne aggiungono altre derivanti da condizioni professionali o lavorative. Questa previsione nasce, non senza qualche incertezza, nella convinzione che esistono categorie o professioni ritenute mutualmente escludenti con il rapporto di dipendenza dalla sicurezza nazionale. L’articolo 21, c. 11, infatti recita: «In nessun caso il DIS e i servizi di informazione per la sicurezza possono, nemmeno saltuariamente, avere alle loro dipendenze o impiegare in qualità di collaboratori o di consulenti membri del Parlamento europeo, del Parlamento o del Governo nazionali, consiglieri regionali, provinciali, comunali o membri delle rispettive giunte, dipendenti degli organi costituzionali, magistrati, ministri di confessioni religiose e giornalisti professionisti o pubblicisti». Rispetto alla normativa previgente, le categorie incompatibili sono state ampliate: si sono aggiunti i giornalisti pubblicisti e l’espressione «ministri di culto» è stata ampliata in «ministri di confessioni religiose».

Venendo alle perplessità, è chiaro che stabilire l’incompatibilità tra esponenti della politica e della Giustizia è utile alla cautela costituzionale ed alla separazioni di poteri e tra politica e amministrazione, così come l’esclusione dei giornalisti dovrebbe, in linea di principio, garantire riservatezza, e l’esclusione dei ministri di confessioni religione dovrebbe, sempre in linea teorica, salvaguardare la terzietà. Di più difficile esplicazione è l’esclusione dei dipendenti degli organi costituzionali, posto che si tratta di una norma che richiede un intenso lavoro ermeneutico, non sempre in grado di fornire univocità interpretativa ratione personarum.

Oltre, poi, alle incompatibilità ordinariamente in merito ai pubblici uffici previste a titolo sanzionatorio, «non possono svolgere attività, in qualsiasi forma, alle dipendenze del Sistema di informazione per la sicurezza persone che, per comportamenti o azioni eversive nei confronti delle istituzioni democratiche, non diano sicuro affidamento di scrupolosa fedeltà alla Costituzione»[9].

Nulle sono le assunzioni effettuate in violazione dei menzionati divieti. È, in questo caso, sempre fatta salva la responsabilità patrimoniale personale di chi ha effettuato l’assunzione, a tutela del lavoratore e del sistema, verso il quale insorge anche la responsabilità disciplinare[10].

Sempre sul versante del reclutamento, è da segnalare che, per espressa previsione di legge[11], è esclusa l’applicabilità delle disposizioni per il collocamento obbligatorio delle categorie protette[12].

2.  Lo status giuridico

Terminato il concorso, o assunto per chiamata, tra il neo dipendente ed il sistema di instaura un rapporto di lavoro avente indubbia natura pubblicistica di tipo “privatizzato”.
Il personale è infatti inquadrato in un contingente speciale istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri[13], ed inserito in un ruolo unico dei servizi di informazione, con dovuto riguardo alle distinzioni necessarie per le tre aree fondamentali: operativa, tecnica ed amministrativa[14].

Interessante è l’istituzione di questo ruolo unico che pone termine a non poche incertezze in merito alla posizione lavorativa di personale proveniente dalle più differenti condizioni precedenti (assunto con concorso, per chiamata diretta a termine, per trasferimento da altra amministrazione eccetera). L’unicità di ruolo consente, in primis, una nuova “unitarietà” del sistema, non solo giuridico-formale, ma anche evidente e sostanziale. In secondo luogo, questa condizione garantisce un efficace e virtuoso interscambio tra gli organi del sistema che, seppur formalmente distinti, devono poter garantire internamento l’interoperabilità dei dipendenti[15].

Al regolamento inerente lo status del personale di cui all’art. 21 è demandata, dalla legge, la definizione dei criteri di progressione di carriera, la determinazione minima del personale in servizio permanente ed i criteri e le modalità per il trasferimento del personale del ruolo ad altra amministrazione[16].

Rimessa alla regolamentazione, ma probabilmente e comprensibilmente dotato di classifica più elevata, è la determinazione stipendiale. Il trattamento economico e previdenziale è omnicomprensivo, essendo vietato qualsiasi trattamento economico accessorio[17], ed è composto dallo stipendio tabellare, dall’indennità integrativa speciale, «dagli assegni familiari e da una indennità di funzione, da attribuire in relazione al grado, alla qualifica e al profilo rivestiti e alle funzioni svolte»[18]. Da notare come, in caso di “rientro” nell’amministrazione di provenienza o di trasferimento ad altra amministrazione è escluso il mantenimento del trattamento economico principale e accessorio maturato alle dipendenze dei servizi di informazione[19].

Un’importate precisazione in ordine allo status giuridico del personale è riportata nell’articolo 23 della legge in analisi, per il quale il personale del sistema di informazione per la sicurezza non riveste la qualifica di ufficiale o di agente di polizia giudiziaria né quella di ufficiale o di agente di pubblica sicurezza. Qualora queste qualità fossero possedute da un soggetto precedentemente al suo ingresso nel sistema, le stesse restano sospese per la durata del rapporto di lavoro con l’intelligence.

La ragione dell’esclusione dalle attribuzioni di polizia giudiziaria è, evidentemente, la necessità di salvaguardare la mutua autonomia dal potere giudiziario, che dispone direttamente della polizia giudiziaria[20], e del Sistema di informazione per la sicurezza nell’ottica di evitare sul piano legale quelle commistioni che, di fatto, spesso si realizzano.

Proprio sul piano fattuale ci si è resi conto di come una corretta ricerca informativa, ad esempio da fonte umana, potesse astrattamente richiedere le facoltà derivanti dalle qualifiche di ufficiale o agente di pubblica sicurezza[21]. Per questa ragione la legge 124/2007, al secondo comma dell’art. 23, prevede la facoltà, da parte del Presidente del Consiglio di attribuire, su richiesta del direttore generale del DIS e informato il Ministro dell’Interno, la qualifica di agente o ufficiale di pubblica sicurezza ad un appartenente al sistema, con «funzioni di polizia di prevenzione». Si tratta di una funzione che, per essere correttamente identificata, necessita di un non trascurabile lavoro interpretativo.

Infatti, tradizionalmente, nel nostro ordinamento esistono due branche di polizia: amministrativa e giudiziaria; la prima con compiti di accertamento e repressione dei reati, la seconda volta a garantire il corretto funzionamento dell’attività delle pubbliche amministrazioni[22]. Dunque il concetto di “polizia di prevenzione” è un dato normativo inedito[23].
La dottrina ha, quindi, correttamente ritenuto che "il Legislatore abbia voluto, in sia pure in maniera non puntuale, introdurre una distinzione all’interno del complesso delle attività demandate agli Organismi di informazione e sicurezza tesa a separare le attività che hanno una finalizzazione più marcatamente preventiva di atti di retti a tutelare la sicurezza dello Stato ovvero le capacità degli stessi Organismi da quelle (ad esempio di carattere più propriamente informativo e di analisi) finalizzate a mettere a disposizione dell’Esecutivo più approfonditi elementi cognitivi per l’esercizio della funzione di governo"[24].

L’attribuzione della qualifica di ufficiale o agente di pubblica sicurezza, oltreché al menzionato procedimento, è subordinata all’esistenza di uno dei due requisiti seguenti[25]:

  • Che si tratti di un’attività strettamente necessaria alla conduzione di un’operazione specifica di intelligence; è il caso di una ben delineata azione, inserita in un contesto di ricerca informativa, non del complesso dell’attività di ricerca;
  • Che si tratti di un’attività strettamente necessaria alla tutela delle strutture e del personale del DIS o dei servizi di informazione per la sicurezza; è il caso dell’inevitabilità altrimenti dell’offesa.

L’attribuzione di questa qualifica è soggetta a scadenza annuale, ma può essere rinnovata per un periodo indefinito. Nei casi di urgenza, la proposta del direttore generale del DIS può essere formulata anche in forma orale e seguita entro ventiquattro ore dalla comunicazione scritta.

3.  La cessazione del rapporto

La cessazione del rapporto di lavoro con il Sistema di informazione per la sicurezza è definita, nella normazione di dettaglio, dal più volte ricordato regolamento competente in materia.
Da notare, comunque, come la legge preveda che il personale assunto a tempo indeterminato, che non sia più “utile” al sistema, venga ricollocato presso altra pubblica amministrazione. Questo in considerazione del fatto che, spesso, la potestà attribuita al sistema di recedere dal rapporto di lavoro ha ragioni che risiedono nella affatto particolare funzione assolta.

Il personale addetto alle informazioni per la sicurezza basa la ratio del suo rapporto di lavoro essenzialmente sui profili della professionalità e sul rapporto fiduciario, messe a sistema con le esigenze di flessibilità che connotano l’odierno comparto intelligence. Se queste considerazioni giustificano la possibilità di recesso unilaterale da parte dell’amministrazione, non motiva la (eventuale) lesione che il lavoratore subirebbe a causa della cessazione del rapporto di lavoro, magari per causa a lui non imputabile.

Questa è la ratio alla base della ricollocazione del personale che ha terminato le sue attribuzioni presso l’intelligence. L’istituzione di un ruolo unico, che, a livello regolamentare, è credibilmente interpolato con le tabelle di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione delle pubbliche amministrazioni, onde consentire una ricollocazione corretta e legittima.

Da notare come, anche al termine del rapporto di lavoro, tutto il personale che ha prestato la propria opera alle dipendenze o a favore del DIS o dei servizi di informazione per la sicurezza è tenuto al rispetto del segreto su tutto ciò di cui sia venuto a conoscenza nell’esercizio o a causa delle proprie funzioni[26].

 

Note

[1] In data 5 aprile 2011, n. 78. Di questo regolamento è stato reso conoscibile il solo comma secondo dell’art. 45 (doveri particolari) che dispone: «Prima dell’esame previsto dall’art. 350 c.p.p. ovvero prima di rendere un interrogatorio ai sensi del codice di procedura penale ovvero nei casi previsti dagli articoli 194 e seguenti del codice di procedura penale, i pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di pubblico servizio sono tenuti a dare immediata comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri se ritengono che il loro esame o il loro interrogatorio abbia ad oggetto fatti o documenti coperti dal segreto di Stato, o suscettibili di essere oggetto del segreto di Stato, a norma del regolamento emanato ai sensi dell’art. 39, comma 5, della legge n. 124 del 2007. Il Presidente del Consiglio dei Ministri provvede ai sensi dell’art. 41 della legge n. 124 del 2007.».

[2] Art. 21, c. 2 sub b).

[3] Cfr. la sezione Reclutamento delle FAQ del sito del sistema, disponibile su http://www.sicurezzanazionale.gov.it/sisr.nsf/comunicazione/faq-tutte-le-risposte.html.

[4] «L’attività del comparto intelligence è talmente ampia e diversificata che non è possibile indicare un percorso di studi privilegiato. Le assunzioni possono riguardare, infatti, profili e categorie professionali molto diverse, a seconda delle contingenze del momento e delle minacce che gli Organismi informativi debbono affrontare in un determinato periodo. Il nostro suggerimento è comunque di intraprendere un percorso di studi che risponda alle proprie inclinazioni e capacità, puntando a raggiungere quei livelli di conoscenza di eccellenza che potranno essere fatti valere, qualora il comparto si trovi a ricercare professionisti in quello specifico campo, per aspirare a un impiego nell’intelligence.», riporta il sito alla sezione citata.

[5] Art. 21, c. 2, sub c).

[6] Art. 21, c. 2, sub d).

[7] Art. 21, c. 2, sub e).

[8] Art. 21, c. 2, sub f).

[9] Art. 21, c. 10.

[10] Art. 21, c. 4.

[11] Art. 21, c. 3.

[12] L. 12 marzo 1999, n. 68, e successive modificazioni, e art. 16 della l. 28 febbraio 1987, n. 56, e successive modificazioni.

[13] Art. 21, c. 1.

[14] Art. 21, c. 1.

[15] Si pensi, ad esempio, ad un agente dell’AISE che, dopo svariati anni di esperienza come infiltrato passi al DIS presso la Scuola di formazione.

[16] Art. 21, c. 2, sub n).

[17] Art. 21, c. 7.

[18] Art. 21, c. 6.

[19] Art. 21, c. 7, che prosegue «fatte salve le misure eventualmente disposte ai sensi della lettera m) del comma 2.», ovvero: «i criteri e le modalità relativi al trattamento giuridico ed economico del personale che rientra nell’amministrazione di provenienza al fine del riconoscimento delle professionalità acquisite e degli avanzamenti di carriera conseguiti».

[20] Art. 109 Cost.

[21] Ad esempio per compiere una perquisizione, ai sensi dell’art. 4 della l. 152/1975, che recita: « In casi eccezionali di necessità e di urgenza, che non consentono un tempestivo provvedimento dell'autorità giudiziaria, gli ufficiali ed agenti della polizia giudiziaria e della forza pubblica nel corso di operazioni di polizia possono procedere, oltre che all'identificazione, all'immediata perquisizione sul posto, al solo fine di accertare l'eventuale possesso di armi, esplosivi e strumenti di effrazione, di persone il cui atteggiamento o la cui presenza, in relazione a specifiche e concrete circostanze di luogo e di tempo non appaiono giustificabili. 
Nell'ipotesi di cui al comma precedente la perquisizione può estendersi per le medesime finalità al mezzo di trasporto utilizzato dalle persone suindicate per giungere sul posto. 
Delle perquisizioni previste nei commi precedenti deve essere redatto verbale, su apposito modulo che va trasmesso entro quarantott'ore al procuratore della Repubblica e, nel caso previsto dal primo comma, consegnato all'interessato.»

[22] La polizia amministrativa è stata, ad opera del d.lgs. 112/1998, a sua volta suddivisa in “polizia di sicurezza” e “polizia amministrativa in senso stretto” ad opera dell’art. 159 che recita: «Le funzioni ed i compiti amministrativi relativi alla polizia amministrativa regionale e locale concernono le misure dirette ad evitare danni o pregiudizi che possono essere arrecati ai soggetti giuridici ed alle cose nello svolgimento di attività relative alle materie nelle quali vengono esercitate le competenze, anche delegate, delle regioni e degli enti locali, senza che ne risultino lesi o messi in pericolo i beni e gli interessi tutelati in funzione dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica.

Le funzioni ed i compiti amministrativi relativi all'ordine pubblico e sicurezza pubblica di cui all'articolo 1, comma 3, lettera l), della legge 15 marzo 1997, n. 59, concernono le misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell'ordine pubblico, inteso come il complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza nella comunitànazionale, nonché alla sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e dei loro beni.»

[23] Esiste, presso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’Intero, la Direzione centrale della polizia di prevenzione che, dal 1981, si occupa della prevenzione e del contrasto al terrorismo nazionale ed internazionale. Si veda, in proposito, http://www.interno.gov.it/it/ministero/dipartimenti/dipartimento-pubblica-sicurezza/direzione-centrale-polizia-prevenzione.

[24] C. Mosca, S. Gambacurta, G. Scandone e M. Valentini, I servizi di informazione cit., p. 290.

[25] Art. 23, c. 2.

[26] Art. 21, c. 12.