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Pubbl. Gio, 27 Feb 2020

Il discorso del Presidente Sergio Mattarella ai MOT

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Editoriale a cura di


Pubblichiamo il discorso integrale del Presidente Sergio Mattarella tenuto per l´incontro con i magistrati ordinari in tirocinio nominati con D.M. 12 febbraio 2019


Ecco il testo integrale del discorso del Presidente Mattarella tenutosi nella giornata del 26 febbraio 2020 in occasione dell'incontro con i magistrati ordinari in tirocinio nominati con D.M. 12 febbraio 2019.

Rivolgo un saluto al Ministro, al Vice Presidente e ai Componenti del Consiglio Superiore, al Presidente e al Procuratore Generale della Corte di Cassazione, al Presidente e ai componenti del Comitato Direttivo della Scuola.

E a voi, care e cari magistrati in tirocinio, un benvenuto particolarmente cordiale qui al Quirinale. Sono lieto di vedervi così numerosi: un’immissione di energie così rilevante nell’ordine giudiziario sottolinea l’importanza di questa occasione per l’intera magistratura italiana.

Desidero, in apertura, rivolgere al Presidente emerito della Corte costituzionale, Giorgio Lattanzi, i miei auguri più intensi per il nuovo incarico di Presidente della Scuola superiore della magistratura. Sono certo che, grazie alle sue ben note qualità professionali e umane – da me sperimentate alla Corte Costituzionale - saprà garantire la piena collaborazione non solo tra le diverse componenti del Comitato direttivo ma anche con il Consiglio superiore e con il Ministro della giustizia.

La sua nomina, peraltro, conferma l’alto profilo professionale della Scuola, la cui Presidenza è stata fino ad oggi affidata sempre a presidenti emeriti della Corte costituzionale, il che riflette la funzione portante della Carta Costituzionale.

Gli interventi che abbiamo appena ascoltato del Vicepresidente Ermini e del Presidente Lattanzi hanno posto in evidenza l’attenzione con la quale il Consiglio superiore e la Scuola della magistratura curano, sinergicamente, il percorso formativo di preparazione all’assunzione delle funzioni giudiziarie. Questo incontro, al quale tengo in maniera particolare, ne rappresenta una tappa non marginale. Non è, certamente, per ragioni organizzative che esso si svolge qui al Quirinale in occasione della scelta della prima sede di servizio. Ma perché questo è il momento in cui vi appare certamente ben chiaro il profondo senso istituzionale dell’attività, dell’incarico, del ruolo che vi apprestate a svolgere.

Nella mia qualità di Presidente del Consiglio superiore della magistratura, mi auguro che le valutazioni impegnative di queste ore siano legate non soltanto a preoccupazioni di ordine individuale ma anche e soprattutto alla consapevolezza dell’importanza del ruolo che state per assumerete.

Alla magistratura è affidata dalla Costituzione la tutela dei diritti e la garanzia di giustizia ad essa connessa; senza questa lo Stato democratico, fondato sull’uguaglianza e sulla dignità della persona, ne sarebbe gravemente incrinato.

Per questa ragione la società guarda con grandi aspettative all’attività giudiziaria, dalla quale si attende – a buon diritto - risposte credibili e risolutive, anche e proprio perché incidono su pretese contrapposte e a volte in conflitto insanabile tra loro.

La realtà sociale si presenta multiforme ed eterogenea e, soprattutto, in evoluzione continua e sempre più veloce. Ciò comporta, inevitabilmente, la prospettazione di istanze di tutela inedite, per risolvere le quali non sempre il legislatore interviene in maniera tempestiva. Molto spesso la magistratura è chiamata responsabilmente –come ha ricordato il Presidente Lattanzi - a elaborare soluzioni nuove e concrete, che devono trovare comunque, necessariamente, nel tessuto normativo il loro fondamento e, al tempo stesso, il loro limite.

Interpretare e applicare le norme è un compito fisiologico per i magistrati, che va svolto avendo come sicuro riferimento i valori e i principi della Costituzione. Occorre, infatti, aver ben chiaro il confine che separa l’interpretazione della legge dall’arbitrio nella creazione della regola e dalla imprevedibilità della risposta di giustizia. Arbitrio e imprevedibilità che rischierebbero di minare in maniera seria la fiducia nell’ordine giudiziario e la sua credibilità.

La prevedibilità delle decisioni costituisce un’aspettativa più che legittima nelle società contemporanee, fondate sullo Stato di diritto. Al contempo la coerenza giurisprudenziale nell’interpretazione delle norme rinforza la fiducia dei cittadini nel sistema giudiziario, giacché dà attuazione al principio di uguaglianza dettato dall’art. 3 della Costituzione, assicurando la parità di trattamento tra casi simili.

L’evoluzione giurisprudenziale è un’esigenza ineludibile per la crescita della civiltà giuridica – un valore per l’ordinamento - ma essa deve essere il frutto di un percorso che richiede serietà nell’approfondimento e ponderazione nelle scelte: vi sono estranee estemporaneità e avventatezza.    

Compete anche a voi, giovani magistrati, farvi carico di un’interpretazione delle norme che sia responsabilmente orientata ad assicurare una risposta giudiziaria adeguata alle istanze di tutela ma necessariamente sempre radicata nel diritto positivo.

Questo anche in ossequio all’indipendenza nell’esercizio della funzione giudiziaria, condizione irrinunciabile e valore riconosciuto dalla Costituzione, tutelato dall’attività del Consiglio superiore della magistratura. Significa darne attuazione nella consapevolezza del singolo magistrato che la sua decisione - per quanto individuale - è espressione dell’ordine giudiziario al quale appartiene, tanto che può essere messa in discussione nelle varie fasi del giudizio.

È allora evidente come il sapere giuridico sia requisito indispensabile ma da solo non sufficiente per l’esercizio costituzionalmente puntuale della giurisdizione. Si rivelano, infatti, altrettanto importanti la capacità di ascoltare e di confrontarsi culturalmente, in maniera franca e rispettosa, innanzitutto all’interno dell’ufficio giudiziario, come pure in tutte le occasioni di elaborazione e approfondimento che la magistratura ha promosso, ormai da tempo, in ambito sia professionale che associativo.

In questa prospettiva, si coglie la fondamentale importanza del ruolo dei magistrati con incarichi direttivi e semidirettivi. È necessario che abbiano la capacità di promuovere il coordinamento e il confronto all’interno dell’ufficio, in modo da potenziare l’efficacia di ogni singolo provvedimento che, in quanto frutto di un’ampia condivisione, potrà assumere il carattere di una maggiore stabilità.

Le funzioni che vi apprestate a svolgere sono caratterizzate da grande responsabilità sociale, che impone il serio rispetto della deontologia professionale e la sobrietà nelle condotte individuali, poc’anzi rammentate dal vice Presidente Ermini. A voi è chiesto di amministrare la giurisdizione con professionalità e riserbo, avendo sempre presente il principale dovere che deve assumere il magistrato: l’eticità dei suoi comportamenti, anche nelle varie forme di comunicazione.

La magistratura italiana ha pagato un contributo molto alto per assicurare la tutela delle istituzioni democratiche. Proprio quest’anno cade il quarantesimo anniversario dell’uccisione di Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini, Guido Galli, Mario Amato e Gaetano Costa ed il trentennale dell’omicidio di Rosario Livatino che hanno perso la vita a causa del loro impegno nel contrasto alla violenza terroristica e mafiosa.  

Non hanno deciso di essere eroi e non hanno interpretato la funzione giudiziaria come un compito volto ad acquisire meriti e riconoscimenti; hanno semplicemente scelto di svolgere la loro attività con coerenza e con rigorosa dedizione, avvertendone e difendendone l’alta dignità.

Paolo Borsellino ebbe a dire: “non ho mai chiesto di occuparmi di mafia, mi è capitato per caso. E poi ci sono rimasto per un problema morale: la gente mi moriva attorno”.

Il ricordo di queste grandi figure ha lo scopo di evocare lo stile esemplare del loro essere magistrati al servizio della giustizia e del Paese, senza aver ricercato notorietà: le figure esemplari sono quelle di coloro che si dedicano, con generosità e disinteresse personale, all’affermazione dei valori di libertà e di giustizia mettendo - talvolta anche consapevolmente - a rischio la propria vita.

La funzione che vi apprestate ad assumere, come giudici o come magistrati dell’ufficio del pubblico ministero, costituisce una struttura portante del nostro Stato di diritto, alla quale i cittadini desiderano guardare con fiducia. È bene che questa consapevolezza vi accompagni per tutto l’arco della vostra carriera, nel corso della quale mi auguro possiate conservare lo slancio ideale e la motivazione che vi hanno consentito di superare le difficili prove concorsuali e che, insieme al senso della misura ed alla tenacia, vi saranno utili per affrontare la fatica e la responsabilità - affascinante - del decidere.

La Repubblica vi affida un compito difficile ma affascinante, appunto, per realizzare il quale - ne sono certo - saprete esprimere il meglio di voi stessi con la necessaria passione civile e la virtù del coraggio, paziente e discreto.

Benvenuti al Quirinale e auguri per la vostra attività.