ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Dom, 21 Giu 2015

Il razzismo e la società: un legame inscindibile? Una lettura alla luce del pensiero di Michel Foucault

Gian Marco Lenzi


Breve analisi del pensiero di Michel Foucault: bio-potere e razzismo.


"Lo zingaro non è definito come è, ma come deve essere per necessità di ordine sociopolitico"

"Lo zingaro non è definito come è, ma come deve essere per necessità di ordine sociopolitico"

(Jean-Pierre Liégeois - Rom, Sinti, Kalè...Zingari e Viaggianti in Europa)

 

Nel corso dell’ultimo articolo ho provato a descrivere e spiegare quel rapporto particolare che si è venuto a creare negli ultimi anni tra i gruppi rom ed il resto della popolazione. Avevo affermato, in quelle poche righe, che questo rapporto particolarmente complicato è dovuto principalmente ad una sorta di "distanza" che si è venuta a creare tra gli individui appartenenti a questa etnia e quelli che non vi appartengono: questa distanza è stata incrementata dalla concentrazione negli spazi coattivi e non aperti dei campi rom. Il campo rom, quindi, è divenuto il simbolo di questa distanza culturale e sociale.

Ricapitolando, la creazione dei campi rom e la loro localizzazione è stato frutto di una serie di scelte giuridiche e politiche che, sempre nel precedente scritto, ho provato a delineare. Queste scelte, avevo concluso, sono state le vere responsabili del difficile rapporto tra i rom e il resto dei cittadini.

Ma le cose stanno realmente cosi, o meglio, è così semplice la situazione che ho delineato? Voglio dire: è forse possibile che tali scelte politiche e giuridiche, a cui ho attribuito la colpa di questa ondata di odio razzista (e non solo contro i rom), siano da inserire nell’ambito di un processo più ampio e duraturo? 

Posso dire che questo questo quesito è stato trattato 40 anni prima di me da un grande autore, Michel Foucault, e  oserei dire che il grande filosofo francese non sarebbe stato sopreso da quest’ultimi accadimenti; anzi, Foucault dedicò molti dei suoi famosi corsi alla trattazione di questa tematica. Proprio da queste sue riflessioni, vorrei tentare di comprendere meglio la situazione attuale, tentando così di far luce su quale processo abbia reso possibile l’eterno ritorno di idee e scelte basate sulla "razza" di alcuni soggetti. Dunque: perchè la società ha bisogno di un "discorso razzista"?

Per rispondere a questa domanda, risulta necessario fare un passo indietro, riflettendo su come, dal XIX secolo, gli Stati moderni abbiano ripensato il rapporto tra chi comanda (il potere) e chi viene comandato (i cittadini). Infatti, per Foucault il più grande cambiamento avvenuto durante tale fase storica è rispetto alla natura di questo delicato rapporto. In questo senso, se per Foucault prima degli Stati moderni il potere (il re, il feudatario, la nobilità) aveva un diritto sulla morte dell’individuo ma tralasciava ogni disciplina del "come vivere"con il XIX secolo possiamo osservare che al potere viene attribuito il diritto sulla vita, sul come vivere ma non sulla morte: vi è un diritto del "sovrano" sulla vita, sul come vivere dell’individuo, ma non più la possibilità di causarne la morte.

Questa fondamentale trasformazione la possiamo osservare nel diritto, che, come sempre, è l’esplicazione formale dei rapporti di forza presenti in una società. Nelle strutture statali "pre-moderne" (monarchie, feudi, regni etc.), di fatti, è proprio il sovrano a avere il diritto di uccidere e a stabilire la modalità della morte del suddito); ogni "reato" diveniva una diretta offesa al corpo, alla vita del Re e del suo regno e, proprio questo stesso fatto, il sovrano aveva il diritto di privare i suoi sudditi della vita modo ritenuto più giusto. In questa ottica vanno considerate le pratiche dell’esecuzione in piazza, davanti al popolo, con cui si esprimeva questo rapporto di forza, questo diritto ad uccidere.

Per Foucault, però, lo Stato moderno compie un cambiamento sostanziale del rapporto di potere o, comunque, dell’oggetto di questo rapporto; il governo diverrà in grado di decidere in che modo l’individuo potrà/dovrà vivere: l’uomo-che-vive e non più l’uomo-che-muore sarà il nuovo oggetto del potere. Più precisamente, sarà la popolazione come gruppo di individui, più che l’ndividuo in sé (il condannato in piazza), a dover essere disciplinato, regolarizzato e controllato: a essere, in pratica, il nuovo oggetto del potere. Da quel momento, la tecnologia e il sapere saranno indirizzati a trovare modalità per organizzare questo gruppo. Si ottimizzeranno, per questo scopo, tutti i momenti della vita umana, dalla nascita e il suo controllo, le malattie e la cura di esse; si delimiteranno e si escluderanno i soggetti inutili e controproducenti al sistema quali i criminali, i malati (di mente e non), i consumatori di droga: tutti questi soggetti verranno indirizzati in appositi spazi esclusi dai "sani", la cui vita prosegue regolare secondo la volontà del potere. In questo senso si creeranno, o comunque si adatteranno, tutta una serie di istituzioni al fine di decidere come vive la popolazione - istituzioni quali la caserma, l’ospedale, la scuola pubblica,la polizia, i grandi manicomi etc.

Nella stessa direzione va ravvisato, per il pensatore francese, un altro processo di cambiamento che si lega indissolubilmente alla metamorfosi del potere: la squalificazione della morte e della violenza. Infatti, all’interno della società, la morte e la violenza diverranno qualcosa di assolutamente vergognoso e scioccante. Come si può notare, nelle società attuali, il modo "giusto per morire" sarà dopo una vita "giusta", vissuta secondo la nuova disciplina del potere e non tramite la violenza e, in particolare, la violenza del sovrano.

Il rinnovato potere ha quindi un nuovo limite che è il fine-vita, avendo, però, incamerato tutto ciò che avviene prima di questo accadimento. L’esempio più lampante di questa squalificazione è proprio l’abolizione, in quasi tutti i sistemi giuridici attuali, della pena di morte; per altri esempi basti pensare che il suicidio e l’aborto sono stati accettati solo recentemente dagli ordinamenti degli Stati europei.

Definito questo passaggio fondamentale, ritorniamo al punto di partenza: quale è la relazione tra il razzismo con questo "nuovo potere" e perchè risulta così importante?

Il problema va posto in questa forma: in quali situazioni è lecito per chi comanda "uccidere" quando, come ora, la morte viene screditata? Semplice: ponendo le basi di un discorso razzista per cui gli "altri"- la razza e etnia avversaria - sono colpevoli di un attacco alla "nostra" vita. Questa diventa la scappatoia che riqualifica, rende accettabile la morte: la morte è ritenuta "scandalosa" solo quando riguarda uno di noi, dopo una vita condotta secondo la regole.

Bisogna chiarire che la "morte" di cui parla l’autore francese rispetto a "gli altri", in uno dei passi di "Bisogna difendere la società", non è solamente quella "diretta": la razza che non è accettata, quella che nel nostro immaginario "attacca la nostra vita", quella che non è disciplinata come lo siamo noi, viene fatta "morire" molto spesso con quella che è la morte giuridica: l’esclusione dal territorio.

In questo senso, secondo il pensatore francese, si vede rinascere il discorso razzista e si collega a quello che è il bisogno primario di Stato e della sua sicurezza, anche quando l’attacco non è realmente un attacco. In questa evoluzione questo nuovo razzismo però cambia rispetto alla sua origine di semplice disprezzo razzista per le usanze o l’aspetto di un’altra etnia; il "nuovo razzismo" si concentra in un o "noi" o "loro", nelle sembianze di un attacco da cui siamo obbligati a difenderci.

Per Foucault, questa nuova forma di "rapporto di potere" (il diritto a  "come vivere", la squalificazione della morte, l’ accettazione dell"omicidio razzista) ha avuto il massimo esempio storico nel regime nazista, dove ad una regolamentazione pervasiva e assoluta della vita dei cittadini (del "noi", i disciplinati) si contrapponeva una possibilità assoluta di uccidere, in modo diretto e indiretto, sia l’appartenente di una razza diversa (ebreo, rom) sia il soggetto che non accettava o non poteva accettare il "come vivere" (consumatori di droga, omossessuali, oppositori politici, malati di mente etc.). 

Purtroppo, non solo nell’esempio traumatico del nazismo Michel Foucault vede la correlazione di queste nuove pratiche del potere (le "tecniche del potere" come denominate dallo stesso autore), ma in vario modo, in ogni società occidentale moderna. Per concludere, quindi, una considerazione possiamo farla proprio rispetto agli avvenimenti e i discorsi di matrice razzisti che continuamente tempestano i telegiornali e i quotidiani nazionali, che facilmente possiamo ricollocare come solo l’ultimo e più attuale frutto dell’evoluzione descritta da Michel Foucault: per me, in questo caso, la distanza che si è venuta a creare tra cittadini italiani e rom (e migranti) è solo il risultato di questo "nuovo potere".

Il punto è che troppe volte abbiamo visto, anche nella storia precedente, quali terribili conseguenze comporta squalificare la vita e il valore dell’esistenza di alcuni esseri umani in ragione di altri. A mio parere, quindi, è necessario porsi una domanda, alla quale, sempre per chi scrive, è necessario dare una celere risposta: la società può vivere senza escludere? Più semplicemente, è ragionevolmente possibile distaccare la nostra società da questo "nuovo razzismo" e perchè è così difficile farlo?

 


Per approfondimenti:

  • M. Focuault, Poteri e strategie. L’assoggettamento dei corpi e l’elemento sfuggente, Mimesis, Milano 1994.
  • M. Focuault, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Einaudi, Milano, 2014
  • M. Focuault, Bisogna difendere la società, Feltrinelli, Milano, 2009
  • M. Focuault, Nascita della biopolitica, Feltrinelli, Milano, 2015

Immagine: Rock Against Racism, 1978, Sarah Wyld, Trafalgar Square, London