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Pubbl. Lun, 11 Nov 2019

Avvocati: riforma forense in arrivo

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Alessio Giaquinto
AvvocatoUniversità degli Studi di Salerno


La proposta n. 2030 della Camera dei Deputati, firmata dall´onorevole Bignami, sembra destinata a fare molto rumore.


È stata recentemente assegnata alla Commissione giustizia della Camera dei deputati una proposta di legge delega che ha scosso un po’ gli animi dell’avvocatura, perché si propone di rivoluzionare la vita degli avvocati e dei praticanti avvocati. Per dirne due, lavoro subordinato per gli avvocati e abolizione dell’obbligo di iscrizione alla cassa forense.

Questa proposta di legge delega porta con sé quindi numerosi punti di grande interesse, sia per chi aspira di accedere alla professione forense, sia per chi già vi fa parte.

In primo luogo, come anticipato la proposta prevede l’eliminazione dell'incompatibilità della professione forense con il lavoro subordinato.

Questa previsione è di grande rilievo pratico. Ad oggi è nota l’incompatibilità tra la professione forense e il lavoro subordinato, sancita dall’articolo 18 della legge 247 del 2012. Questa incompatibilità ha origini ben definite, essendo finalizzata a salvaguardare l’indipendenza dell’avvocato anche dal potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro.

Negli ultimi anni però, la liberalizzazione del mercato e i costi sempre più elevati per esercitare la professione autonomamente, hanno portato molti avvocati a lavorare – di fatto – più per altri colleghi che per loro stessi, colleghi che per i motivi più diversi avevano maggiori disponibilità economiche o di lavoro.

La domanda dunque che ci si pone, e che si pongono anche alcune associazioni forensi, è se il principio dell’indipendenza dell’avvocato sia tale, ancora oggi, da impedire l’instaurazione di un rapporto di subordinazione con un altro avvocato, anche alla luce dei profondi mutamenti sociali e sotto lo scudo di precise garanzie che possono comunque essere riconosciute all’avvocato lavoratore subordinato. Forse, questo, è il punto della legge delega che sarà maggiormente dibattuto e sarà certamente utile seguirne gli sviluppi.

Secondo tema particolarmente interessante è l’eliminazione dell'obbligo dell'iscrizione alla Cassa forense.

La proposta introduce la liberalizzazione del settore previdenziale e assistenziale degli avvocati, con la fornitura delle relative prestazioni anche da parte di altri soggetti e prevedendo che il legislatore delegato individui meccanismi efficienti di progressività nella contribuzione previdenziale.

La Cassa forense è spesso soggetta a critiche feroci proprio in considerazione del monopolio, che gli viene riconosciuto dalla legge, per la gestione degli accantonamenti previdenziali degli avvocati. I monopoli, benché strettamente regolamentati e vigilati, portano solitamente ad un aumento dei costi delle prestazioni e impediscono quella forma sana di concorrenza che, a parità di offerta, porta ad una riduzione dei costi. Un po’ come avviene con una compagnia telefonica quando introduce un’offerta particolarmente vantaggiosa: le altre, per non perdere clienti, sono costrette ad adeguare le tariffe o offrire qualcosa di diverso. Certo sogniamoci di corrispondere 5 euro e 99 al mese per aver diritto a una pensione dignitosa, ma il principio lo stesso.

Ancora, la proposta introduce l’obbligo del rimborso delle spese per il praticante avvocato.

Questa non dovrebbe risultare una novità, essendo già previsto il riconoscimento di un rimborso spese all’articolo 41, comma 11, della legge sull’ordinamento professionale. La formulazione normativa di questo comma 11 non ha avuto però grande fortuna nella pratica. L’attuale testo infatti prevede che negli studi legali privati al praticante avvocato è sempre dovuto il rimborso delle spese sostenute per conto dello studio presso il quale svolge il tirocinio. Anzi, ...decorso il primo semestre, possono essere riconosciuti con apposito contratto al praticante avvocato un'indennità o un compenso per l'attività svolta per conto dello studio. La legge delega invece sembra introdurre esplicitamente un’obbligazione a carico del dominus, di rimborsare le spese sostenute, parlando a chiare lettere di obbligo.

Torna poi alla ribalta il vecchio, si fa per dire, praticante abilitato, prevedendo la contestuale abolizione della figura del praticante sostituto processuale.

Questo punto parla da solo: la figura del praticante abilitato al patrocinio sostitutivo, nella ipotizzata legge delega, sembra diventare acqua passata, con il ripristino della figura del praticante abilitato al patrocinio che permetteva, fino a pochi anni fa, al praticante abilitato che non aveva ancora superato l’esame di abilitazione forense di patrocinare autonomamente le controversie innanzi al Giudice di Pace o al Tribunale, in primo grado, con alcuni limiti ben definiti.

La proposta prevede poi, per l’ennesima volta, la revisione delle modalità dell'esame di abilitazione regolate dagli articoli 46 e seguenti della legge 247.

Due punti importanti, nessuno dei quali si dedica ai famosi codici annotati che non potranno più entrare nelle aule d’esame a partire dalla sessione 2020. Questi due punti non sono però meno rilevanti. Viene prevista l’introduzione dell'obbligo di motivazione non puramente numerica, per la quale i commissari d’esame dovranno dunque argomentare un’eventuale insufficienza, cosa ad oggi non necessaria secondo la giurisprudenza dei TAR, essendo sufficiente, appunto, una valutazione numerica.

Inoltre, viene prevista una ulteriore sessione per le prove scritte, oltre quella di dicembre, salvaguardando l'esito favorevole delle stesse in caso di superamento, al fine di poter affrontare un'unica prova orale.

Infine, merita considerazione la modifica del corso di studi in giurisprudenza, agevolandone l'indirizzo verso la specializzazione, mediante l'istituzione e l'attuazione di tirocini curricolari al quarto e al quinto anno di corso di studi e anticipando l'immissione dei neolaureati nel mercato del lavoro.

Il corso di studi in giurisprudenza è ritenuto dai più molto lontano dalle logiche e dalle esigenze del mercato, alla ricerca di una sempre maggiore specializzazione nei vari rami del diritto più che di una conoscenza generalizzata come quella offerta oggi dalla maggior parte degli Atenei. Benché non sia da bandire la capacità di spaziare e di approfondire le fonti del diritto e le sua materie cardine, la legge di delega potrebbe essere lo spunto per riorganizzare i corsi di studi, raccordandoli al mondo del lavoro, prima che gli studenti invecchino aspettando di avviarsi ad una delle note professioni forensi.

Bene, in conclusione, la proposta di legge delega porta con sé numerose e importanti modifiche alla professione forense, molte delle quali non ho commentato per non dilungare troppo questo breve aggiornamento. Non sappiamo se questa proposta riuscirà a farsi spazio ed essere approvata, con tutte le incognite che porta con sé ogni governo ed ogni legislatura. Senza dubbio, specialmente per alcuni dei punti previsti, questa proposta di legge farà ancora parlare di sé.