Pubbl. Ven, 27 Set 2019
La globalizzazione del diritto
Modifica paginaLo studio si propone di affrontare (attraverso strumenti appartenenti a materie diverse) il tema dello sviluppo attuativo delle nuove regole global nello scenario contemporaneo, costituito da un mercato ormai totalmente globalizzato.
Sommario: Considerazioni introduttive; 1. I piani di sviluppo dello studio; 2.Prospettive future; 3. Il nuovo ruolo del “Giudice” internazionale; 4. Crisi delle regole e crisi politica. La risposta dei populismi; 5. Il diritto globale nella dimensione europea.
Considerazioni introduttive
Nella società globalizzata il diritto si evolve sulla base delle esigenze richieste dalla complessità odierna, sulla spinta delle moderne tecnologie implicanti relazioni innovative, alimentate da collegamenti inesplorati. In questo senso si può parlare, a ragion veduta, di una “seconda globalizzazione”[1].
Il corpus delle norme giuridiche si va diversificando velocemente. Si estende e si trasforma sulla base della dimensione territoriale delle regolazioni in relazione alla fonte di provenienza: in primis la fonte statale, poi il diritto pattizio, le deliberazioni degli organismi internazionali, at last but not the least le norme adottate da istituzioni di carattere internazionale (rectius: global) aventi una natura eminentemente privata.
Anche enti privati possono emanare norme di regolamentazione generale. La novità è veramente significativa. Indica uno stravolgimento del sistema delle fonti, implica il mutamento della funzione di regolazione in base al principio ordinatore della concorrenza nei suoi risvolti di attuazione pratica.
Un’ulteriore notazione di carattere metodologico è costituita dall’analisi dei paradossi del sistema. Spesso si rifugge da alcuni crack sistemici proprio perché paradossali. Il rifiuto, inteso quale modalità dell’intelletto, non apre prospettive interessanti. Si rimane imbrigliati all’interno del consueto e non si sviluppano temi collaterali e inediti.
Il background culturale condiziona l’essenza della disamina. Tuttavia può costituire non solo un filtro, ma una prospettiva speciale arricchita da connotazioni soggettive. Il sillogismo sviluppato in epoca romana “ubi homo, ibi societas. Ubi societas, ibi ius. Ergo ubi homo, ibi ius” resta tutt’ora validissimo ai fini dell’attività di ricerca scientifica. Indica le coordinate alle quali dovrebbe attenersi il moderno navigator del diritto.
L’analisi delle norme giuridiche nella società globalizzata incide su una pluralità di discipline. Richiede essenzialmente un esame trasversale che coinvolga lo studio del diritto amministrativo ma anche il diritto privato, il diritto privato comparato, il diritto commerciale, il diritto internazionale (pubblico e privato), il diritto dell’economia e il diritto dell’Unione Europea.
Lo studio in oggetto si ripromette di studiare il diritto dall’interno del labirinto della complessità sociale. Sotto questa luce rifugge dall’adeguarsi pedissequamente a modelli lineari di semplificazione massima. La corretta disamina del tempo presente richiede espressamente una sorta di compensazione tra l’astrattezza del diritto e la concretezza estrema dei bisogni dell’uomo, sia come singolo individuo sia entro i gruppi di interesse nei quali svolge la propria personalità.
La valutazione delle complesse esigenze contemporanee va effettuata all’interno delle nuove dinamiche che la società contemporanea comporta. Appare opportuno superare l’autoreferenzialità del diritto nella difesa estremizzata dei meccanismi di produzione delle norme giuridiche.
Questo quadro così frammentato e intricato reclama l’idea complessiva delle fonti di produzione, una rivisitazione della materia giuridica (ri)pensata[2] in funzione del prisma della diversità delle forme, esplicitando la sostanza degli interessi coinvolti, della pluralità dei attori principali del sistema, sia quelli classicamente pubblici che quelli privati di nuova generazione. Questi ultimi forieri di una diversificazione prima inimmaginabile delle fonti del diritto, capaci di innovare e plasmare la realtà normativa attraverso nuovi profili dell’attività regolamentare.
1. I piani di sviluppo dello studio
“In questo secolo tutto è cambiato: lo Stato è soltanto uno tra i poteri pubblici, in quanto vi sono poteri locali, partiti politici, sindacati e decine di associazioni autonome che rappresentano gruppi della collettività; e ciò a parte l'incredibile aumento di potestà di enti sovranazionali, in continuo sviluppo.” [M.S. Giannini, Il pubblico potere, Il Mulino, 1985]
I moderni rapporti giuridici, soprattutto quelli inerenti all’economia, sono costituiti da interrelazioni a rete che coinvolgono diversi settori disciplinari. In questo contesto discontinuo e sfaccettato la dottrina giuridica tradizionale dimostra una resistenza costante nel voler considerare il diritto dell’economia in una dimensione nazionale o al massimo europea.
Il diritto dell’economia si sviluppa in una dimensione global, pertanto, solamente la necessaria compresenza del diritto internazionale (privato e pubblico) potrebbe dare un quadro nitido e completo agli attuali temi indagati. Il rapporto tra il diritto internazionale e il diritto nazionale può anche confliggere sulla regolamentazione delle attività commerciali, allo stesso modo si può ingenerare un contrasto stridente tra diritto costituzionale interno ai singoli Stati e GAL ̶ Global Administrative Law.
Molte problematiche nascono dalla contrapposizione fra la “global governance” e l’assenza di un potere politico globale idoneo ad imporre regole mediante l’esercizio dell’autorità (caratterizzata dall’uso della forza), cioè capace di incidere sul piano fenomenologico. Una coattività che non sia esclusivamente quella organizzata sull’autorevolezza dell’organo di vertice istituzionale[3].
La trattazione della materia riguarda argomenti delicati quali la connessione tra le varie istituzioni globali, le funzioni maggiormente presenti nei sistemi regolatori globali, l’analisi dei processi di decisione basati sull’agire congiunto degli organismi decisionali coinvolti, il vaglio sulla consolidata prassi di meccanismi di composizione e bilanciamento degli interessi (check and balance).
Il diritto e l’economia appartengono al campo delle scienze umane. Attengono direttamente alle relazioni che intercorrono tra gli esseri umani nelle dinamiche sociali.[4]
Nell’analisi delle questioni principali si seguirà un’impostazione tipicamente giuridica che sia in grado di rispondere alle esigenze e alle finalità dettate da un sistema di valori fondanti e condivisi.
Il rischio per un’analisi eminentemente economica è rappresentato dall’impianto logico-matematico dell’econometria che giustifica teoremi e dimostrazioni in forza della teoria delle probabilità, liberata da analisi sociologiche ed antropologiche che pure colgono aspetti essenziali dell’umanità.
Anche la scienza giuridica rischia di stravolgere la sua identità riducendo la propria essenza in favore dello sviluppo tecnologico. Così finendo per identificare jus e lex, dimenticando la funzione sociale del diritto come quoziente immanente della democrazia: il governo del popolo.
Muovendosi nel solco di questo fil rouge si avverte l’esigenza di una riflessione complessiva sviscerata attraverso una chiave olistica. L’obiettivo verso il quale tendere potrebbe essere quello del bene comune. All’interno di un calderone composito, i principi migliori vengono eletti e condivisi per la realizzazione dell’interesse generale della collettività. Sembrerebbe semplice, invece l’attuazione pratica è contrastata dalla condizione umana[5].
L’interesse collettivo dell’umanità può rappresentare un principio unificatore in grado di racchiudere e compensare i migliori principi dell’esperienza giuridica, economica e sociale. Questa chiave di lettura diverge nettamente dalle pretese di totalizzazione di una singola disciplina, economica o giuridica che sia[6].
2. Prospettive future
“This application of legal pluralism to the domains of the relations between international legal regimes, stemming from various domains, that is, from the WTO to NAFTA and the European Union, and to the relations between regional or subnational domains, represents an application of legal pluralism”. [Marco Goldoni, “The Politics of Global Legal Pluralism”, Jura Gentium, Pluralismo giuridico, 2014]
Appare opportuno differenziare il termine globalizzazione da quello di mondializzazione. Quest’ultimo indica la nascita delle organizzazioni internazionali all’interno del sistema delle Nazioni Unite. Il sistema organizzativo delle UN è essenzialmente rivolto alla realizzazione di un “world order” funzionale a tutelare il genere umano da “crimes” internazionali e “gross-violations” dei diritti umani. Invece, la globalizzazione può assorbire valenze differenti, andando ad indicare uno sviluppo tecnologico tale da consentire l’abbattimento delle barriere spaziali tra le nazioni, oppure l’evoluzione dell’informazione e della comunicazione foriera di un cambiamento epocale dei contatti interpersonali tramite social network. Il suddetto lessema sta ad individuare nuovi modelli di produzione e consumo[7], basati sull’unificazione sostanziale dei mercati in un nuovo mercato unico globalizzato[8]. È stato ampiamente superato quel periodo in cui la globalizzazione era intesa precipuamente come valore positivo.
Negli ultimi anni il ridetto lemma ha assunto un significato generalmente negativo, pertanto è stato più avversato che apprezzato. Un esempio lampante è costituito dal crescente protezionismo degli Stati Uniti; gli sviluppi della crisi dei rapporti economici con il mercato cinese hanno comportato una recessione con effetti mondiali.
Pensiamo a quanto le conseguenze di manovre di singoli stati assumano delle conseguenze a cascata (effetto domino) a livello global. L’economia tedesca è fortemente connessa a quella italiana, obtorto collo, e viceversa. Recentemente l’imprevista riduzione delle prospettive di sviluppo del PIL tedesco ha comportato una revisione della stima della crescita anche nel sistema di produzione italiano[9]. Una visione unilaterale da parte di numerosi leaders mondiali, ma soprattutto di quelli più influenti nel mercato, come il Presidente USA o quello cinese, comporta un impatto di notevolissima portata a livello politico, economico e giuridico per i singoli Stati che si ritrovano a subire gli effetti catastrofici di una globalizzazione economica, anche quelli geograficamente più lontani. In questo quadro che dipinge un sistema economico fortemente interconnesso[10] si sono sviluppati diversi organismi sovranazionali con funzione di bilanciamento di interessi complessi e spesso contrapposti. Queste istituzioni possono essere a competenza generale (es. UN)[11] o settoriale (es. WTO).[12] Hanno progressivamente assunto la funzione di tutela di questioni complesse riguardanti gli Stati avanzati, quelli emergenti e quelli arretrati.
Un aspetto di fondamentale importanza e problematicità è costituito dalle interconnessioni tra amministrazioni nazionali (aventi regole interne) e organismi con caratteristiche e regole internazionali: pensiamo agli enti di controllo della borsa e dei mercati finanziari (associati nell’International Organization of Security Commissioners – Iosco).
Nell’ambito di questa nuova normativa, nonché delle relazioni internazionali che da questa scaturiscono, i “vecchi Stati” si mostrano come soggetti “obsoleti” della comunità internazionale. I nuovi attori che costituiscono l’anima della moderna dimensione globale sono gli organismi internazionali, aventi una natura diversificata (pubblica o privata).
Conseguenza di questo nuovo assetto dei rapporti è la “sofferenza” del diritto costituzionale, che non trova più gli ampi pilastri fortificati a protezione dello stesso nella cornice di uno Stato e della sua comunità politica di riferimento. Gli Stati finiscono inevitabilmente per perdere i solidi valori di riferimento normativo ed istituzionale. In questo “nuovo mondo” formato da interrelazioni a rete il diritto costituzionale avverte una qualche sofferenza.
In opposizione a tale realtà si muove lungo una direzione contrapposta il “costituzionalismo globale”. Tale espressione individua un processo basato su testi costituzionali (nazionali e comparati) convergenti intorno a valori democratici. Comporta l’individuazione di una “potestas decidendi” internazionale organizzata intorno a “gruppi di Stati dirigenti” caratterizzati dal possesso di un potere di leadership. L’anzidetto costituzionalismo si interessa principalmente di preminenti fattori economici quali capitali, merci, servizi, mercato del lavoro. Muovendosi nella direzione summenzionata rischia di sottovalutare la teoria e la pratica dei diritti umani.
Questo scontro epocale si ripercuote sulla preferenza del diritto dell’economia rispetto ai diritti fondamentali dell’individuo, sia come singolo che nelle formazioni sociali di riferimento. In questo contesto così frastagliato ed imprevedibile sotto l’aspetto dello sviluppo, gli scenari economici appaiono privi di riferimento: il diritto amministrativo[13] si impone nel panorama mondiale tanto da divenire GAL (Global Administrative Law).
È proprio dalla miriade di organismi internazionali di varia forma e natura che il GAL si alimenta nella propria esistenza, ritrova nuova linfa costituta da principi di un diritto comune applicabile potenzialmente all’intero mondo civilizzato. Le transnational non-governmental organizations (NGOS) operano nel perimetro del diritto amministrativo globale. Si tratta di organizzazioni che possiedono una natura sostanzialmente privata e che, tuttavia, perseguono interessi pubblici rilevanti quali la tutela ambientale,[14] la tutela dei consumatori,[15] la garanzia dei diritti fondamentali,[16] la lotta contro il traffico di armi, nonché altri importanti obiettivi aventi un interesse transnazionale.
La caratteristica innovativa e peculiare di queste formazioni è costituita dal fatto che esse abbiano progressivamente acquisito il potere di concorrere alla produzione normativa.
In buon sostanza operano in un ambito transnazionale essendo capaci di agire in una modalità obliqua agli Stati stessi.
Attraverso queste situazioni estreme scaturisce l’esigenza di una tutela trasversale che richiede l’identificazione di un diritto amministrativo globale.
Per esempio, gettando uno sguardo verso l’orizzonte della finanza internazionale (il mercato dei capitali quale reale chiave di volta del fenomeno globalizzazione) assistiamo ad un mercato degli scambi monetari alimentato da liquidità di provenienza illecita. Questi sono provento di attività illecite della criminalità organizzata[17] e micro-criminalità comune. I capitali oggetto di money-laundering risultano provenienti da attività criminali quali il traffico di droga, di minori, di organi, nonché dai reati fiscali o dalla corruzione[18].
Nel corso del tempo abbiamo assistito alla progressiva affermazione del GAL - Global Administrative Law. In una società ampiamente interconnessa sulla scorta dei moderni mezzi di comunicazione di massa, inevitabilmente emerge la necessaria tutela di interessi e valori che coinvolgono l’intera umanità, nell’ottica dello sviluppo sostenibile e del riconoscimento di un concetto ampio di cittadinanza. In questo senso gli Stati del mondo si aprono ad ospitare procedure di salvaguardia di interessi economici e sociali.
Questo percorso è stato determinato da un lato dalla convergenza degli ordinamenti nazionali verso valori e principi condivisi, dall’altro dalla necessità per i popoli della terra di conciliare le notevoli diversità, sempre più a contatto tra loro. Forse in qualche maniera esaltate da una necessaria esigenza di bilanciamento e rispetto delle diversità. Gli Stati si trovano improvvisamente a fronteggiare la necessità di operare in ambiti e settori precedentemente sconosciuti per il tramite di norme consuetudinarie e pattizie, idonee a designare un’azione congiunta degli Stati stessi per la realizzazione di obiettivi comuni (nei nuovi contesti economici e sociali costantemente in fieri).
Allo stesso tempo si può evidenziare una verticalizzazione del potere. Il contesto economico-sociale global stimola e, contemporaneamente, richiede esplicitamente l’uniformità e l’armonizzazione delle regolazioni amministrative domestiche (domestic administrative law). Si tratta di una caratteristica cardinale del sistema che va precipuamente stigmatizzata poiché sublima l’essenza della problematica. Sulla base di queste premesse si sviluppa il bisogno di un diritto globale[19]. Le richieste si tutela divengono giocoforza sempre più pressanti e riguardano aspetti diversi dei rapporti socio-economici. Certamente il settore principale rimane quello del business law[20]. Accanto a questo prendono spazio e si autoalimentano esigenze di tutela dell’ambiente, problemi relativi alla diffusione globale del mercato dell’energia, questioni riguardanti lo sviluppo del mercato del lavoro: può implicare spostamenti fisici internazionali o rapporti da remoto in paesi geograficamente distanti.
Se da un lato si evidenzia l’erosione del ruolo primario della nazionalità, dall’altro la comunità internazionale occupa sempre più spazio nella definizione dei rapporti tra Stati, imprese e individui (consumatori). Così si determina un nuovo assetto della regolazione, nella fattispecie ancorato a un diritto (globale) che si distingue dal diritto internazionale comunemente inteso.
Mentre il diritto internazionale è sempre stato caratterizzato da una valenza inter-statale tesa alla definizione dei rapporti tra Stati, nonché tra Stato e soggetti giuridici, il GAL fonda la propria esistenza su principi generali di diritto amministrativo, in grado di tutelare maggiormente i nuovi rapporti giuridici e oltrepassare di slancio la frammentazione funzionale e la parcellizzazione organizzativa di sistemi diversi.
3. Il nuovo ruolo del “Giudice” internazionale
“Ma è giunto il momento di abbandonare la ricostruzione teorica delle diverse tematiche originate dalla globalizzazione per porsi la domanda che è alla base stessa dell’articolo; al di là dei riferimenti al battito d’ali delle farfalle, alle linee aeree o agli isolotti galleggianti, si tratta di un processo di trasformazione che ha interessato solo gli altri rami del diritto (in particolare, il diritto penale) o è possibile ravvisare delle ipotesi in cui avanti al Giudice amministrativo italiano (e francese) si dibattono questioni destinate ad esplicare effetti in altri ordinamenti (secondo la fortunata immagine del battito d’ali della farfalla che esplica effetti dall’altra parte del globo)?” [Luigi Viola, Globalizzazione e giudice amministrativo, in Federalismi, 5 aprile 2017]
In questo quadro l’aumento esponenziale dei giudici amministrativi “global” risulta veramente significativo[21]. Le diverse e frammentate giurisdizioni (arbitrale e giudiziaria) pongono seri problemi di sovrapposizione delle decisioni. Affinché si determini uno sviluppo armonioso del GAL diviene di fondamentale importanza il ruolo del giudice[22]. Assurge a funzione determinante avente il fine di favorire uno sviluppo armonioso del diritto. La ricerca dell’uniformità delle decisioni appoggiate su norme riconoscibili e accessibili ad un’ampia platea diventa un must, rivolto ad evitare possibili discordanze e difformità di trattamento. Le difficoltà incrementano maggiormente quando si scontrano norme internazionali e norme nazionali. Tuttavia anche quelle internazionali possono promanare da fonti diverse e differenziate. La dottrina ritiene ottimale la pluralità delle fonti del diritto, proprio per tutelare la fluidità degli interessi coinvolti nelle decisioni, in special modo quelle economiche[23]. L’attività giurisdizionale deve essere sempre tesa al raggiungimento pratico del principio di effettività della tutela. Alla iurisdictio spetta il difficile compito di tendere al bilanciamento dei valori portanti dell’ordinamento giuridico globale: la democrazia in primis, con la garanzia della soddisfazione dei diritti dei singoli individui. Mentre il giudice di common law può attingere ad un sistema giurisdizionale avente caratteristiche elastiche, quello di civil law si trova a fronteggiare un mondo avente una maggiore rigidità. Pertanto, incontra maggiori difficoltà nell’adeguarsi ad una realtà dinamica nella sua dimensione evolutiva. Risponde con minore prontezza alle esigenze dettate dal cambiamento frenetico delle relazioni commerciali, e di quelle giuridiche sottese a disciplinarle.
4. Crisi delle regole e crisi politica. La risposta dei populismi
“Nessuno che non voglia incarnare il (cattivo) profeta weberiano è in grado di dare risposte univoche e unilineari in ordine al tema “insidioso, ambiguo, per certi versi sfuggente e inafferrabile” della globalizzazione ovvero della deglobalizzazione e, entro ed oltre questo scenario, degli alterni e incerti sviluppi del processo di integrazione europea” così Marco Benvenuti, Democrazia e potere economico, Relazione per il XXXII Convegno annuale dell’AIC, novembre 2017.
Nell’attuale società globalizzata il mercato si espande notevolmente in uno spazio tendenzialmente infinito che trova l’unico confine nel mondo esistente. Dall’analisi della contingenza si avverte nitidamente la mancanza di una qualche (pur necessaria) forma di governo politico-democratico. Dalla crisi della regolazione nasce la crisi della rappresentanza politica. Da questa scaturiscono le difficoltà ed i turbamenti della classe politica dirigente nelle più grandi democrazie occidentali[24]. Come contrapposizione al dissennato ed incontrastato dominio commerciale della globalizzazione si evidenzia l’avanzata incondizionata dei populismi[25]. Il disagio della classe media si trasforma da conflitto sociale di classe in accentuazione esasperata delle divergenze politiche, fino al punto di esprimere un voto verso partiti a carattere oltranzista. La risposta a queste dinamiche sociali spesso degenerate in subbuglio, crea un nuovo modello di nazionalismo definito in chiave moderna “sovranismo” [26].
Il nazionalismo-sovranismo[27] si può pregiare di un successo dilagante, poiché si regge su una crescente insoddisfazione delle imprese e dei consumatori nei confronti dei mercati economici globali[28]. La risoluzione delle problematiche inerenti la frammentazione dell’interesse nazionale assume un’importanza essenziale.
La reazione del Governo USA è stata quella di alzare barriere doganali, scatenando una guerra commerciale con il “colosso” Cina. L’atteggiamento “duro” dell’Amministrazione USA, capeggiata dal Suo Presidente, attiene alla cosiddetta brinkmanship: la strategia volta ad ottenere un vantaggio nella rinegoziazione degli accordi bilaterali in essere. Il tutto secondo lo slogan di successo “America first”, derivato dalla portentosa campagna elettorale del candidato repubblicano, successivamente eletto alla White House. Pertanto, i dazi all’importazione privilegiano i produttori interni, al contempo svantaggiano le imprese nazionali che precedentemente acquistavano ad un prezzo inferiore, in forza della provenienza estera del prodotto o della materia prima.
L’evoluzione dell’economia e dei mercati è andata evolvendosi in un “mercato che appare, come non mai insofferente a confinazioni spaziali, forte di una sua vocazione globale e determinato a realizzarla” [29]. La parziale perdita dell’autorità in ambito nazionale può essere compensata dal dialogo tra autorità antitrust a livello globale, con finalità di coordinamento dei rispettivi interventi, principalmente rivolti a sanzionare e reprimere illeciti (anti-concorrenziali) di livello transnazionale.
Regolare e garantire le dinamiche concorrenziali in una dimensione extra-europea appare molto difficile, oltretutto la questione è spesso condizionata da rapporti di forza in ambito internazionale[30]. Da un lato lo Stato perde, strada facendo, pezzi di sovranità, dall’altro si arricchisce di nuove funzioni e nuove possibilità di manovra.
Sulla base di una valutazione in chiave mondiale del contesto economico, il potere industriale-commerciale[31] rimane raccolto nelle mani di poche imprese di grandissime dimensioni che operano in una condizione oligopolistica, spesso spalleggiata dal potere politico di singoli paesi.
5. Il diritto globale nella dimensione europea
La globalizzazione ha indebolito l’azione riequilibratrice esercitata dagli Stati in ambito economico-sociale. Pertanto, si avverte il bisogno di un’autorità politica globalizzata. L’UE[32] in forza del soft power[33] tende ad una regolazione della concorrenza “per il mercato” e “nel mercato” sempre più dettagliata. In ambito euro-unitario il tema centrale diventa quello dell’impalcatura della costruzione europea, fatta di illusioni comunitarie e presunzioni sovraniste.
Secondo M.S. Giannini[34] “il diritto amministrativo globale e il diritto amministrativo europeo non possono esistere in senso specifico, almeno fin quando non vi sarà una globalizzazione politica magari sotto l’egida dell’ONU o della UE”. È chiaro che si tratta di una concezione del passato, valida negli anni in cui è stata elargita. In questo senso una Costituzione Europea è ancora possibile? La domanda rimane latente nell’immaginario collettivo dei cittadini europei. All’interno dei sistemi politici contemporanei si sviluppano le dinamiche collettive che portano alla vocazione per le costituzioni. Il mutamento indica un processo metaforico che individua innanzitutto il sentirsi cittadini europei come contrapposizione al concetto di nazionalismo. Oggi non si parla più di nazionalismo ma di sovranismo.[35] Il vocabolario della lingua italiana conosce termini che seguono la moda. Il «nuovo sovranismo» non indica affatto una novità. Costituisce nei fatti la declinazione contemporanea di un nazionalismo mai totalmente abbandonato.
Le elezioni europee riaprono uno squarcio sul concetto di munus come carica pubblica e sulle responsabilità che questa comporta. Il tutto si svolge in un’Europa senza Costituzione che finisce per essere sprovvista di quella necessaria impalcatura che sorreggerebbe una comunità politica.
Tuttavia il processo di unificazione politica non è mai decollato. L’Unione Europea si è sempre presentata unita nella differenziazione dei singoli Stati membri. Il crescente scetticismo verso Regolamenti, Decisioni e Direttive si è trasformato in una distaccata contrarietà alle regole europee, sempre più considerate come diktat più che regole rivolte allo sviluppo di sistema. La risposta della popolazione circa la Costituzione Europea è tendenzialmente scettica. La visione in chiave negativa non è esclusivamente quella di eminenti costituzionalisti, ma soprattutto quella della nomenklatura politica. La condensazione del lungo percorso di pace e sviluppo in ambito europeo non ha portato, almeno finora, alla realizzazione di un modello politico unitario. Sebbene sussista e resista una moneta comune, si evince l’indebolimento complessivo del progetto unitario per la spallata inferta dalla Brexit. Certo, in ambito europeo non si può pacificamente parlare di una comunità fondata sulla stessa cultura unitaria, non esiste un popolo unico avente lo stesso spirito. Insomma non sussiste da un punto di vista antropologico una medesima cultura etnica comune. Questa considerazione, però, non dovrebbe consentire il semplicistico abbandono della possibilità di realizzare un’unitarietà politica mediante una Costituzione. La carenza di un’organizzazione politica massima mette in evidenza quel deficit di democraticità che evidenzia quel distacco tra esigenze della popolazione e regole europee. Questa situazione fomenta una linea di pensiero euroscettica.
Sulla stessa onda emotiva si allinea il sovranismo. Sviscerando il tema portante della deminutio delle competenze nazionali in favore di quelle comunitarie. Quel vincolo ideale che ha ispirato i padri fondatori dell’Unione Europea non richiedeva e non implica tuttora un’identità culturale unitaria. La vision «Più Europa» potrebbe essere risolutiva rispetto a quelle disfunzioni del sistema che pur vanno stigmatizzate. Infatti, un sistema di welfare europeo non è mai concretamente decollato per quella carenza di unitarietà politica che solo una carta costituzionale è in grado di realizzare.
Note e riferimenti bibliografici
[1] GOZZINI G., Un’idea di giustizia. Globalizzazione e ineguaglianza dalla rivoluzione industriale a oggi, Bollati Boringhieri, Torino, 2010. La locuzione utilizzata segna il passaggio da una prima fase di globalizzazione soft fondata sulla new economy ad una seconda fase di globalizzazione hard, caratterizzata dalla velocizzazione massima dei flussi, fino al raggiungimento della modalità operativa just in time.
[2] L’ideologia è qualcosa che domina la persona, le idee possono essere anche cambiate e costituiscono la possibilità di sviluppo dell’individuo. Cambiare opinione nel corso del tempo è indice di riflessione e intelligenza.
Il dubbio che le cose possano stare anche diversamente da come l’individuo le percepisca e che possano, perfino, essere difformi dal senso comune stimola l’indagine introspettiva e quella sociologia. Anzi, per vedere chiaramente bisogna prima guardarsi dentro.
Non ho il timore di cambiare un parere precedentemente affermato, di modificare convinzioni e modelli comportamentali, di mutare ideali e prospettive.
Ciò che mi spaventa è la rigidità di un pensiero statico, incapace di comprendere sé stesso e gli altri, confinato negli schemi di un inestricabile labirinto mentale.
[3] R.B. STEWART: “In liberal democratic societies, administrative regulation is itself regulated by administrative law”, U.S. Administrative Law: A Resource for Global Administrative Law?, New York University, Discussion Draft.
https://www.iilj.org/wp-content/uploads/2016/11/Stewart-U.S-Administrative-Law 2004.pdf
[4] “Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze. Di certezze - rivestite della fastosità del mito o edificate con la pietra dura del dogma - sono piene, rigurgitanti, le cronache della pseudo-cultura degli improvvisatori, dei dilettanti, dei propagandisti interessati. Cultura significa misura, ponderatezza, circospezione: valutare tutti gli argomenti prima di pronunciarsi, controllare tutte le testimonianze prima di decidere, e non pronunciarsi e non decidere mai a guisa di oracolo dal quale dipenda, in modo irrevocabile, una scelta perentoria e definitiva.”. N. BOBBIO, Politica e cultura, Biblioteca Einaudi, 2005.
[5] Il tema è stato portato sulla scena dal maestro del cinema giapponese Masaki Kobayashi nel capolavoro “L'ultimo samurai” (titolo originale: Jôi-uchi: Hairyô tsuma shimatsu), film del 1967.
[6] Tali concetti sono stati ampiamente espressi negli studi sulla “storia integrale” dell'umanità e per le “forze operose”: società, istituzioni, economia, cultura, credenze e rappresentazioni collettive, colte nella loro dinamica unità strutturale. E.H. KANTOROWICZ, Selected Studies, Augustin, 1965.
[7] Le differenze di sviluppo permangono nel Nord e Sud del mondo così come perdurano imperterrite nel sistema produttivo italiano. L’Italia appare ancora fortemente spaccata, divisa in due da una «Questione Meridionale» ancora irrisolta nonostante gli sforzi ed i tentativi.
Rapporto SVIMEZ 2018: “L’ampliamento delle diseguaglianze territoriali in termini di indicatori sociali riflette, in un contesto economico difficile ma che ha mostrato capacità di reazione, un forte indebolimento della capacità di welfare di supportare le fasce più disagiate della popolazione. Gli indicatori sugli standard di servizi pubblici documentano un ampliamento dei divari Nord/Sud, con particolare riferimento proprio al settore dei servizi socio-sanitari e che maggiormente impattano sulla qualità della vita e incidono sui redditi delle famiglie. Ancora oggi al cittadino del Sud, nonostante una pressione fiscale pari se non superiore per effetto delle addizionali locali, mancano o sono carenti diritti fondamentali in termini di vivibilità dell’ambiente locale, di sicurezza, di adeguati standard di istruzione, di idoneità dei servizi sanitari e di cura per la persona adulta e per l’infanzia”.
[8] Anche il calcio moderno è in qualche modo afflitto dalla globalizzazione. Risulta in voga il calciomercato continuo. I giocatori cambiano squadra freneticamente spinti da procuratori sportivi poco avvezzi al gioco di squadra e più interessati al proprio portafoglio che a quello dei giocatori stessi. Nel calcio odierno non esistono più i capitani, i simboli dell'attaccamento alla maglia, le bandiere del team si sono trasformate in uomini-cash giramondo impenitenti. Non esistono più i fratelli Baresi, i Maldini (padre e figlio), Scirea, Totti e J. Zanetti.
[9] Attualmente l’ossessione della crescita economica rappresenta l’acme dell’efficienza politica. Indica lo zenit della soddisfazione dell’elettore medio.
[10] È emblematica l’interconnessione del trend del debito pubblico tra gli Stati. L’esempio per antonomasia della relazione è costituito dal “famigerato” spread.
[11] In relazione allo sviluppo sostenibile: https://www.unglobalcompact.org/
[12] www.wto.org/english/docs_e/legal_e/legal_e.htm
[13] La formazione del sistema amministrativo europeo, in Diritto amministrativo europeo (a cura di M.P. CHITI), Giuffrè, Milano, 2014.
[14] L. MONTI, I diritti umani ambientali nella convenzione di Aarhus, in E. ROZO ACUÑA (a cura di), Profili di diritto ambientale da Rio de Janeiro a Johannesburg: saggi di diritto internazionale pubblico comparato, penale ed amministrativo, Giappichelli, Torino, 2004.
[15] C. VERARDI, L’accesso alla giustizia e la tutela collettiva dei consumatori, in AA.VV., Il diritto privato dell’Unione Europea, a cura di A. Tizzano, in Tratt. di dir. priv., diretto da M. Bessone, vol. XXVI, tomo II, Giappichelli, Torino, 2000.
[16] DEL VECCHIO A., I tribunali internazionali tra globalizzazione e localismi, Cacucci Editore, Bari, 2015.
[17] Forse la Mafia attualmente più rilevante è quella degli appalti pubblici, della collusione tra criminalità e politica, dell’unione d’intenti tra due forze che si uniscono per l’identificazione ed il raggiungimento di uno scopo comune in una commistione devastante per il sistema e per l’opinione pubblica che può solo constatare attonita il disastro lucidamente programmato, gestito ed attuato.
[18] Il fenomeno della corruzione nella PA è interconnesso a quello della criminalità organizzata. La trasparenza e l’integrità dei comportamenti costituiscono le richieste principali che l’Unione Europea rivolge all’Italia in quanto stato membro.
La crisi economica tende ad aggravare e alimentare fatti di corruzione determinando un circolo vizioso che si autoalimenta. Secondo Transparency International, la corruzione può essere definita come “Abuse of entrusted power for private gain”. Invece di realizzare l’interesse comune (il bene pubblico) si persegue l’interesse particolare e personale dei singoli individui (il bene privato).
Tra le varie forme di corruzione nel significato individuato dalla scienza dell’amministrazione si possono elencare: tangenti; clientelismo; nepotismo; favoritismo; appropriazione indebita; state capture; patronage. La classificazione è volutamente non aderente a quella stabilita nel diritto penale.
[19] Lo spazio giuridico è de-territorializzato e de-politicizzato soprattutto in relazione ad alcuni settori del diritto: lex mercatoria, lex digitalis, lex sportiva.
[20] L’idea di una protezione globale di alcuni valori non è nuova, per esempio è prassi diffusa introdurre nei trattati sul commercio mondiale le cosiddette clausole sociali, condizionando l’apertura dei mercati al rispetto di standards in materia di lavoro. Gli Stati Uniti nel caso “gamberetti e tartarughe” si rifiutarono di importare gamberetti da paesi che li catturavano con reti che causavano la morte di tartarughe marine, specie in pericolo di estinzione. In quel caso si affermò il principio che la tutela degli interessi ambientali globali deve prevalere sugli interessi commerciali. Così, stabilendo un legame tra ambiente e commercio gli Stati si trasformano in soggetti agenti per la cura dell’interesse ultra-statale.
[21] Si segnalano il “Dispute Settlement Body” del WTO, l’“International Tribunal for the Law of the Sea”, i NAFTA “Dispute Settlement Panels”, l’ “International Centre for the Settlement of Investment Disputes - ICSID”, il “WIPO’s Arbitration and Mediation Center”.
[22] Sul tema D. BIFULCO, Giurisdizione, potere legislativo e potere esecutivo, in O. ABBAMONTE (a cura di), Il potere dei conflitti. Testimonianze sulla storia della Magistratura italiana, Giappichelli, Torino, 2015, pag. 84: “la chiave di volta del suo pensiero va individuata laddove egli nota che non v'è libertà se il potere giudiziario non è separato dal potere legislativo e da quello esecutivo”.
[23] E. SCISO, Appunti di diritto internazionale dell’economia, seconda edizione, Giappichelli, Torino, 2012.
[24] Sul rapporto tra globalizzazione, comparazione e crisi della rappresentanza si veda T.E. FROSINI, Rappresentanza e legislazione nell’età della globalizzazione, in Osservatorio sulle fonti, n. 3/2017; disponibile in: http://www.osservatoriosullefonti.it
[25] “Populism is a loose label that encompasses a diverse set of movements. Today populism spans a wide gamut of political movements, including anti-euro and anti-immigrant parties in Europe, and Syriza and Podemos in Greece and Spain, respectively, Trump’s antitrade nativism in the US, the economic populism of Chavez in Latin America, and many others in between.” D. RODRIK, Populism and the economics of Globalization, Journal of International Business Policy, 2018.
[26] Populismo è stata dichiarata parola dell’anno dal Cambridge Dictionary. In sostanza si tratta della definizione di movimenti popolari e partiti politici contro l’élite (la casta). Nel corso del tempo questo concetto è declinato nell’idea dell’élite versus la plebe. Poi la nomenklatura contro il popolo, Ancora nelle prepotenti lobbies commerciali che costituiscono cartelli.
[27] M. CLARICH, Populismo, sovranismo e Stato regolatore: verso il tramonto di un modello? “Rivista della Regolazione dei Mercati”, 4 dicembre 2018.
F. PATRONI GRIFFI, Élite e partiti politici in Europa: à la recherche di una classe dirigente tra crisi e nuovi modelli di democrazia e di integrazione europea, in Federalismi, 1 agosto 2018.
http://www.astrid-online.it/static/upload/afda/afda28ce93e2999a6887198742938e8f.pdf
[29] P. GROSSI, Globalizzazione, diritto, scienza giuridica, in Foro italiano, 2002.
[30] “Leaving the adjustment to market forces alone is not a sensible option. Deliberate policies are needed. The key issue is finding the right balance between protecting people on the one hand and, on the other, ensuring that various actors have the capacity and incentives to change. It seems to us that, particularly in the UK and the US, too little attention has been given to sharing risks while in some other countries, such as Finland, stronger incentives to adjust would be needed”. Globalization may soon accelerate again - time to get domestic policies right – R. BALDWIN, V. VIHRIÄLÄ, 19 December 2017 – http://voxeu.org/
[31] In un momento di crisi economica la soddisfazione delle masse attiene ai diritti sociali e non solo allo sviluppo economico del sistema produttivo.
[32] “There has been a backlash against globalisation and international cooperation in recent years. In Europe, Brexit and Euroscepticism have challenged the notion of the European Union (EU) as a political construct based on shared sovereignty, freedom of movement across borders and economic integration under a common legislative framework. In the United States, meanwhile, the benefits of free trade have been openly called into question. Europe was generally believed to be under the greatest threat from this trend. Even if the United States were to retreat from globalisation, that would not undermine the integrity of the country itself. In the case of Europe, however, the EU and the commitment to shared values and an open society are in many ways inseparable”.
B. COEURÉ, Taking back control of globalisation: Sovereignty through European integration, Schuman Report on Europe, 28 March 2018.
[33] Il “diritto mite”, che non solo spoglia il diritto dell'antico e implacabile attributo della durezza, ma gli nega aggressività, non forza, e lo proietta appunto verso soluzioni miti, comprensive di tutte le ragioni che possono rivendicare buoni principi a loro favore. Il diritto incontra così una realtà nella quale il pluralismo non è solo un fatto, ma un valore al quale dev'essere offerto un quadro istituzionale adeguato. Qui la riflessione sul diritto s'intreccia, inevitabilmente, con quella sullo stato e sull'organizzazione sociale. Lo stato non è più quello “monoclasse” del secolo passato, sulla cui logica si è venuta modellando la struttura dell'intero ordinamento giuridico: è quello stato “pluriclasse”. S. RODOTÀ - N. BOBBIO, recensione al saggio di G. ZAGREBELSKY, Il diritto mite. Leggi, diritti, giustizia, Einaudi, Torino, 1992.
[34] M.S. GIANNINI, Il pubblico potere: Stati e amministrazioni pubbliche, Il Mulino, Bologna, 1986.
[35] C. CALENDA, Un liberismo pragmatico per fronteggiare populismo, protezionismo e sovranismo nazionalista, Relazione di all’Assemblea annuale di Confindustria, 24 maggio 2017.