Il diritto alla salute e le evoluzioni delle politiche sanitarie
Modifica paginaSi traccia il processo riformatore del S.S.N., dove partendo dall’ancoraggio cost. dell’art. 32, vengono indicati i vari interventi legislativi che hanno mutato l’assetto normativo della S.S.N.. Il lavoro si snoda nel delineare i tre interventi legislativi che si sono succeduti nel tempo: L.833/78, L.502/92 e Dlgs 517/93.
Sommario: Premessa, 1. L’assistenza sanitaria alla luce dell’art. 32 della Costituzione; 2. L’Istituzione del servizio sanitario nazionale; 3. L’evoluzione del sistema sanitario legge 1992 n. 502; 4. Il riordino del sistema sanitario dlgs n. 517/93; 5. La terza riforma sanitaria o riforma Bindi.
Premessa
Con il presente lavoro si intende delineare, in chiave strutturale, la linea d'intervento delle politiche sanitarie nel contesto ordinamentale, in un percorso di programmazione nel quale sarà analizzata, in primis, l’evoluzione normativa delle politiche sanitarie, per poi soffermarsi sul concetto tipico della dottrina giuspubblicista di federalismo sanitario ed infine analizzare il sistema sanitario nel contesto regionale.
1. L’assistenza sanitaria alla luce dell’art. 32 Cost.
L’attuale configurazione del sistema sanitario italiano è il risultato di un lungo processo socio culturale che riguarda sia l’evoluzione giuridica del diritto alla salute che la storia politica-legislativa delle istituzioni amministrative. L’evoluzione dello stato sociale ha rappresentato la linea di demarcazione storica tra la vecchia e la moderna concezione del diritto alla salute, soprattutto in riferimento ai modi di tutela ad esso riservati ed alle forme di intervento pubblico in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera.
La concezione del diritto alla salute, quale prestazione positiva richiesta dai cittadini, ha condizionato nel corso degli anni in maniera considerevole le trasformazioni della pubblica amministrazione operante nel settore sanitario[1]. Il principio di “libertà eguale alla salute”, seppure già sancito dall’art. 32 Cost., infatti, si afferma solamente alla fine degli anni ‘70, quando la politica italiana inaugura la stagione delle riforme assistenziali, in un contesto dove le ambizioni riformiste dei governi italiani di centro sinistra nei precedenti anni sessanta si erano esaurite.
Da tali considerazioni appare evidente che l’evoluzione dello sviluppo delle istituzioni sanitarie interessate è proprio l’evoluzione del rapporto tra politica e amministrazione, cioè la coabitazione, spesso forzata, che negli anni si è consolidata tra i diversi livelli di governo-prima comunale, oggi regionale ed una burocrazia di gestione che si è evoluta continuamente col contesto normativo, sociale e culturale in cui si è trovata di volta in volta ad agire[2]. Non si può tuttavia negare che il sistema sanitario nazionale, nei tre decenni della sua non lunga esistenza, ha dimostrato una notevole capacità di innovazione e di adattamento e una forte reattività di fronte al modificarsi dei bisogni sanitari: dalla legge 833/1978, alla riforma De Lorenzo del 1992 che, con l’aziendalizzazione delle unità sanitarie locali e degli ospedali, ha introdotto principi di gestione economiche, alla riforma Bindi del 1999, al Patto della Salute del ministro Turco (2006) che ha rafforzato i vincoli di bilancio regionali avviando “i piano di rientro” per le regioni in disavanzo, infine alla Finanziaria 2008, che ha riformato la regolazione del settore farmaceutico, superando la pratica dei tagli di prezzo orizzontali, al fine di favorire la ricerca farmaceutica e i relativi investimenti.
Il quadro normativo e istituzionale che negli anni si è strutturato ha proposto una forte e inevitabile complessità di sistema: una grande pluralità di attori (governo centrale, regioni, aziende sanitarie e ospedaliere, erogatori privati, medici e professioni sanitarie, cittadini, imprese farmaceutiche) correlati con un esigenza di ottimizzare le funzioni amministrative espletate, di regolamentazione e produzione dei servizi.
Un dato appare incontrovertibile: il principio di “libertà eguale alla salute” ha rappresentato “l’animus operandi” che tutti i soggetti sia pubblici che privati hanno interpretato nel conseguire e tutelare un diritto costituzionalmente garantito [3]
Va debitamente evidenziato che nel corso degli ultimi cinquant’anni la tutela della salute, intesa nella sua più vasta accezione, ha progressivamente acquisito una dignità pari alla tutela della libertà, considerata come sviluppo e completamento della tutela di quest’ultima.[4]
Nel caso di specie l’art. 32, comma 1 della Costituzione recita: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Peraltro per lungo tempo l’art. 32 della Costituzione è stato considerato solo nell’aspetto “pubblicistico” della salute, cioè come mero interesse della collettività, comprimendo la prospettiva individualistica, pur esplicitamente sancita dal dettato costituzionale[5] e nel contempo limitando la qualificazione della salute come oggetto di un diritto inviolabile dell’uomo da inserire tra quelli garantiti dall’art. 2.[6] In tale contesto la prima ristrutturazione delle istituzioni sanitarie italiane a trent’anni dall’entrata in vigore della Costituzione, è il frutto del marcato dinamismo riformista politico degli anni settanta, che culmina con la promulgazione della legge 1978 n.833.
2. L’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale
E' necessario precisare che prima dell’istituzione del Servizio sanitario nazionale, ex lege 78 n. 833, il sistema assistenziale-sanitario era basato su numerosi enti mutualistici o casse mutue. Il più importante tra di essi era l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro le Malattie(INAM).
Ciascun ente era competente per una determinata categoria di lavoratori che, con i familiari a carico, erano obbligatoriamente iscritti allo stesso e, in questo modo, fruivano dell’assicurazione sanitaria per provvedere alle cure mediche e ospedaliere, finanziata con i contributi versati dagli stessi lavoratori e dai loro datori di lavoro.
Il diritto alla tutela della salute era quindi correlato non all’essere cittadino ma all’essere lavoratore - o suo familiare - con conseguenti casi di mancata copertura.[7]
Vi erano inoltre, palesi sperequazioni tra gli stessi assistiti, proprio in considerazione della disomogeneità delle prestazioni assicurate dalla varie casse mutue.
L’assistenza sanitaria si basava, pertanto, su un sistema mutualistico ovvero un sistema di assicurazioni sociali che coprivano il costo sostenuto per la cura di una malattia insorta.
In sostanza le assicurazioni sociali si basavano sullo stesso principio di trasferimento del rischio di malattia tipico delle assicurazioni private, dal momento che la mutua provvedeva soltanto per i suoi associati e dopo che la malattia era insorta.
Nel 1974 la legge n. 386 estinse i debiti accumulati dagli enti mutualistici nei confronti degli enti ospedalieri, sciolse i consigli di amministrazione degli enti mutualistici, disponendo il commissariamento e trasferì i compiti in materia di assistenza ospedaliera alle regioni.[8]
Nel 1978 la legge n. 833 - la c.d. riforma sanitaria - soppresse il sistema mutualistico ed istituì il Servizio sanitario nazionale, con decorrenza dal 1 luglio 1980, tale riforma segnava il passaggio ad un “nuovo modo di fare sanità “basata sui principi cardini dell’universalità e dell’assistenza sanitaria.”[9] In tale contesto il diritto alla salute veniva visto non solo come diritto individuale, ma soprattutto come bisogno pubblico da soddisfare. In pratica, il Servizio Sanitario finiva per garantire ad ogni individuo il diritto alla salute solo ed esclusivamente in virtù del diritto di cittadinanza, indipendentemente dalla capacità di pagare l’accesso alle cure.[10]
La legge n. 833 all’art. 1 stabiliva: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività mediante il servizio sanitario nazionale”, nel recepire in pieno i principi normativi dell’art. 32 della Costituzione, il servizio sanitario nazionale che emergeva dalla L. 1978 N. 833, veniva uniformato a quei principi di universalità dei destinatari, uguaglianza di trattamento e globalità delle prestazioni, quale sviluppo finale dello Stato sociale.
Dalla lettura del testo normativo emerge il ruolo primario e fondamentale del diritto alla salute e si afferma il valore sociale e democratico che il Sistema Sanitario Nazionale doveva rivestire, in quanto servizio da garantire alla collettività. In effetti con la L. 833 il servizio sanitario viene strutturato in chiave prettamente locale, riconoscendo un ruolo di centralità alle unità sanitarie e alle competenze amministrative del Comune.
Nell’art. 10, comma 1, si legge: “ alla gestione unitaria della tutela della salute si provvede in modo uniforme sull’intero territorio nazionale mediante una rete completa di unità sanitarie locali ”, quali strutture operative dei comuni, singoli o associati, e delle comunità montane (art.15).
In sostanza alcuna competenza amministrativa viene riservata alle regioni, mentre le Usl vengono configurate da un lato come amministrazione autonoma dotata di propri organi e di funzioni proprie, dall’altra come emanazione della collettività locale.
Nel caso di specie la struttura amministrata delle usl viene composta da organi non tecnici, ma dotati di legittimazione secondo il principio democratico, in quanto organi politici di rappresentanza indiretta del corpo elettorale locale, a cui è affidato il compito di raccordare le Usl con il Comune singolo o l’associazione di Comuni o Comunità montane.
In tal senso ai Comuni era affidata la gestione delle strutture operative del sistema sanitario attraverso le Usl mediante la nomina dei membri del Comitato di gestione delle Usl stesse.[11] Quest’ultime finivano per assorbire le casse mutue, gestire direttamente tutte le strutture pubbliche di produzione, (ospedali, ambulatori, laboratori), allo Stato, invece, veniva assegnato il compito della programmazione sanitaria nazionale, coordinamento generale e finanziamento del sistema.
3. L’evoluzione del sistema sanitario - La Legge 1992 n. 502
Gli anni 90 vedono un’evoluzione del Sistema Sanitario, nelle sue componenti strutturali, come un sistema incentrato su principi del modello privatistico quali l’autonomia imprenditoriale dei dirigenti, l’utilizzo di strumenti di programmazione e controllo e la responsabilizzazione dei livelli intermedi.[12]
Le motivazioni che determinavano la nascita di una seconda riforma sanitaria erano da ricercare nel tentativo di superare l’eccessiva burocratizzazione del sistema più incentrato al formalismo delle procedure che all’efficacia dell’intervento, ma soprattutto nella scarsa efficienza della gestione che indirizzava il sistema ad una conduzione di tipo manageriale. [13]
La confusa ripartizione dei poteri e delle responsabilità tra Stato, Regioni e Comuni, accompagnato da un estrema politicizzazione del sistema, in alcune occasione di carattere clientelare, facevano da corollario al problema di contenere la crescita della spesa.
In buona sostanza le USL non avendo personalità giuridica pubblica erano confinate al ruolo di meri esecutori degli enti locali, fermo restando che le difficoltà nei rapporti tra questi determinavano conseguenti difficoltà di carattere decisionale, inoltre, il finanziamento del Servizio Sanitario, avveniva sulla base della spesa storica, con assenza di responsabilità specifiche nell’allocazione delle risorse.
In tale contesto la legge del 1992 n. 502 - seconda riforma sanitaria - e il d.lgs 19-06-1999 n. 229, meglio conosciuto come riforma Bindi o terza riforma sanitaria, avviano un processo di forte regionalizzazione e di aziendalizzazione della struttura sanitaria.
Mentre la riforma del 1992 ha ridotto l’azione propulsiva dei Comuni, che vengono quasi completamente estromessi dalla gestione sanitaria, (l’art. 3 li definisce come “enti strumentali della regione), l’intervento legislativo successivo ha portato a termine la precedente riforma. Da tali indicazioni emerge un Servizio Sanitario Nazionale non più come una “struttura policentrica con responsabilità concorrenti di vari livelli istituzionali”, ma come un insieme di servizi pubblici di pertinenza regionale. [14] In tale contesto le unità sanitarie locali diventano aziende con personalità giuridica pubblica con autonomia imprenditoriale che informano la propria attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità ed agiscono mediante atti di diritto privato [15]
La nuova azienda sanitaria, nell’assumere la veste di “persona giuridica pubblica” che opera secondo il diritto privato, si configura come azienda speciale degli enti locali, pur non presentando i caratteri degli enti pubblici economici, in sostanza ,si stabilisce il principio della separazione tra il momento programmatico, affidato agli organi politici, e quello gestionale, riservato a tecnici, proprio in considerazione della trasformazione dell’usl in azienda pubblica. [16]
La nuova USL viene subordinata, nell’esercizio delle funzioni, alla programmazione ed al controllo della regione a cui è attribuita la titolarità del servizio sanitario; però la stessa guadagna una considerevole libertà gestionale, conferita dalla legge, soprattutto nel raggiungimento degli obiettivi che vengono configurati. Questo parallelismo regionalizzazione-aziendalizzazione trova appunto la piena completezza nel successivo intervento di riforma (comma 1-bis del dlgs 229/99) dove si stabilisce il principio che le “unità sanitarie locali si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica e “autonomia imprenditoriale” assorbendo i profili soggettivi e oggettivi dell’art. 2082 e 2555 del codice civile.[17]
4. Il riordino del sistema sanitario – Il D. Lgs. n. 517/93
Nel caso di specie il decreto De Lorenzo n. 502 del 1992, modificato ed integrato dal d.lgs 517/93 riordina le norme in materia sanitaria.
Le USL vengono trasformate in azienda con personalità giuridica pubblica, che non è più una struttura operativa dei comuni singoli o associati, ma ha una personalità giuridica pubblica, con autonomia organizzativa, patrimoniale, contabile e gestionale oltre che tecnica.
La stessa viene concepita come “struttura tecnocratica”, fermo restando un ruolo anche se marginale delle autonomie locali. [18]
Viene riservata infatti al Comune solo la funzione di indirizzo per l’impostazione programmatica dell’attività nell’ambito della programmazione regionale.(omissis…Azienda dotata di personalità giuridica pubblica, di autonomia organizzativa patrimoniale contabile gestionale e tecnica, fermo restando il diritto-dovere degli organi rappresentativi di esprimere il bisogno socio-sanitario delle comunità locali…….)[19]
Da un lato vengono confermati i valori e gli obiettivi, che precedentemente avevano ispirato la l. 833: principio di globalità degli interventi; principio di uguaglianza dei cittadini nei confronti del SSN; principio di tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo; principio dell’unitarietà strutturale del SSN, principio della programmazione nazionale delle attività sanitarie.
Gli elementi fondamentali del riordino del SSN prendendo spunto dai punti di crisi della l. 833/78 ed ispirandosi ai principi di regionalizzazione, aziendalizzazione, tecnicizzazione, razionalizzazione ed efficienza, portano ad una riorganizzazione del sistema per ancorarlo a modelli di funzionamento sull’uso ottimale delle risorse disponibili in funzione di obiettivi certi e raggiungibili.[20] Se da un lato viene confermata la centralità del Piano Sanitario nazionale quale strumento della programmazione sanitaria, dall’altro si attiva la regionalizzazione del sistema.
Non solo infatti si afferma che spettano alle Regioni nel rispetto dei principi stabiliti dalle leggi nazionali, le funzioni amministrative ed legislative in materia di assistenza ospedaliera ed sanitaria, ma si precisa altresì che spettano in particolare alle Regioni la determinazione dei principi sulla organizzazione dei servizi e sulla attività destinata alla tutela della salute.[21]
Per quanto riguarda il Finanziamento del Sistema Sanitario Nazionale questo viene a essere determinato da 4 fonti: contributi sanitari, FSN ripartito per quota capitaria, entrate proprie delle Aziende Sanitarie, forme di autofinanziamento regionale in caso di necessità.
5. La terza riforma sanitaria o riforma Bindi
Tali principi ispiratori di riforma continuano con il dlgs 1999 n. 229, meglio conosciuta come “riforma Bindi”o terza riforma sanitaria, che completa il processo di aziendalizzazione del sistema sanitario.
In tale contesto le Aziende Unità Sanitarie Locali (ASL), pur continuando ad essere strutture pubbliche, si organizzano secondo un modello aziendale, con meccanismi di flessibilità, autonomia imprenditoriale e responsabilità diretta della dirigenza.[22]
A questo proposito, sono individuate le figure dirigenziali del Direttore Generale, del Direttore Amministrativo e del Direttore Sanitario.
La Responsabilità primaria della gestione dei servizi è affidata alle autonomie locali. Nel caso di specie le Regioni hanno potere legislativo ed amministrativo e completa responsabilità sulle strutture sanitarie di competenza, raggruppate nei Servizi Sanitari Regionali. Le Regioni devono anche elaborare un loro piano sanitario regionale per la programmazione delle attività specifiche in base alle indicazioni contenute nel PSN.
Vengono inoltre istituiti i Fondi Integrativi del Servizio sanitario nazionale per potenziare ed integrare le prestazioni di assistenza garantite,inoltre, i processi di riorganizzazione del SSN ex lege 1999 n. 229 prevedono l’introduzione dell’atto aziendale per la definizione degli assetti organizzativi e gestionali, mentre i dipartimenti diventano il modello ordinario di gestione dei servizi sanitari, riprendendo il processo di riforma avviato dal Dlgs 502/1992.[23]
E’importante sottolineare che in tale contesto viene abolita la contabilità finanziaria a favore di quella economica con l’introduzione di nuovi strumenti di controllo di gestione, nel caso di specie viene configurata un nuovo sistema di controllo dell’attività amministrativa: controllo amministrativo-contabile, controllo gestionale, valutazione della dirigenza e controllo strategico.
Note e riferimenti bibliografici
[1] L.FERRARO, F.MAURANO Politica e amministrazione in Sanità: l’evoluzione delle istituzioni sanitarie in Italia, Roma 2002 p. 3 ss. In merito ai rapporti tra politica e amministrazione e alle funzioni del sistema regionale vedesi F. MAURANO Il piano sanitario regionale: atto strategico della regionalizzazione della politica sanitaria, Napoli 2005
[2] C.DE VINCENTI C. FINOCCHI La sanità in Italia. Organmizzazione, Governo, regolazione mercato. Torino 2006 p. 32 ss In merito all’effetto della governante regionale sulla concreta tutela del diritto alla salute delle persone e sul complesso delle attività svolte dalle Regioni in materia di federalismo fiscale e dei suoi elementi caratterizzanti vedesi anche R. FINOCCHI GHERSI E C. DE VINCENTI.
[3] L. CUOCOLO Federalismo in Sanità, Napoli 2005 p. 30 ss
[4] L.FERRARO E F.MAURANO Politica e Amministrazione in Sanità cit. p.15 ss
[5] L.FERRARO E F.MAURANO ult.op.cit. p.12 ss
[6] L.CHIEFFI Il diritto alla salute alle soglie del terzo millennio. Profili di ordine etico, giuridico ed economico, Torino 2003 p. 35 ss. Si veda anche L.CHIEFFI I diritti sociali tra regionalismo e prospettive federali, Padova 1999, L.CHIEFFI Bioteica e diritti dell’uomo Torino 2000.
[7] L.FERRARO E F.MAURANO Politica e Amministrazione in Sanità cit. p.15 ss
[8] L.FERRARO E F.MAURANO ult.op.cit p. 15 ss
[9] A.PATRONI GRIFFI Governo delle Regioni tra politica e Amministrazioni Torino 2007 p. 24 ss In merito al riconoscimento della competenza regionale ad incidere nel rapporto tra politica ed amministrazione, i limiti derivanti dall’ordinamento costituzionale, i principi e modelli nei settori della sanità e dell’ambiente vedesi Regioni ed enti locali dopo la rififorma del titolo V della Costituzione fra attuazione ed ipotesi di ulteriore revisione a cura di L. CHIEFFI G. CLEMENTE DI DAN LUCA Torino 2004
[10] A.PATRONI GRIFFI Governo delle Regioni tra politica e Amministrazioni ult,op.cit p.32 ss
[11] C.DE VINCENTI C. FINOCCHI La sanità in Italia. Organizzazione, Governo, regolazione mercato cit. p. 32 ss
[12] C.DE VINCENTI C. FINOCCHI ult.op.cit p. 35 ss
[13] C.DE VINCENTI C. FINOCCHI ult.op.cit. p.32 ss
[14] L.FERRARO F.MAURANO L’evoluzione delle istituzioni sanitarie in Italia. cit p.45 ss
[15] L.FERRARO F.MAURANO ult.op.cit. cit p.45
[16] L.FERRARO F.MAURANO ult.op.cit. p.45
[17] L.FERRARO F.MAURANO ult.op.cit. p.45
[18] L.FERRARO F.MAURANO ult.op.cit. p.45
[19] L.FERRARO F.MAURANO ult.op.cit. p.45
[20] L.CUOCOLO La tutela della salute tra neoregionalismo e federalismo, Napoli 2004 p. 34 ss
[21] L.CUOCOLO La tutela della salute tra neoregionalismo e federalismo, Napoli 2004 p. 34 ss
[22] L.CUOCOLO ult.op.cit p. 34 ss
[23]L.CUOCOLO ult.op.cit p. 34 ss