• . - Liv.
ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Dom, 18 Nov 2018
Sottoposto a PEER REVIEW

La progressiva affermazione del diritto amministrativo globale

Modifica pagina

Gianluigi Pallotta


Nella società globalizzata il diritto si evolve inseguendo le nuove esigenze generate dalla complessità attuale. Si diversifica e si trasforma sulla base dell’estensione territoriale o extra-territoriale delle regolazioni, delle decisioni degli Stati, degli obblighi da essi assunti sulla base del diritto pattizio nonché a fronte delle deliberazioni vincolanti degli organismi internazionali, dell’efficacia di atti adottati da variegate istituzioni regolatrici anche di natura privata.


Sommario: 1. Foreword; 2. General features; 3. GAL - global administrative law (diritto amministrativo globale); 4. Conclusioni.

1. Foreword

Lo scopo dello studio è costituito essenzialmente dalla ricostruzione delle ragioni della nascita e dello sviluppo del Global Administrative Law (GAL): in primis il rapporto tra il diritto internazionale pattizio e il diritto nazionale, poi la connessione tra diritto costituzionale e GAL, inoltre si focalizza l’attenzione sul contrasto tra la “global governance” e l’assenza di un potere politico globale.[1] Scendendo su un piano più pratico si analizzeranno le relazioni tra le varie istituzioni globali nonché sulla connessione tra esse, le funzioni maggiormente presenti nei sistemi regolatori globali, l’analisi dei processi di decisione basati sull’agire congiunto in base a meccanismi di composizione e bilanciamento degli interessi. L’impostazione è tipicamente giuridica, senza trascurare il fatto che il diritto, l’economia e la sociologia siano scienze umane, nel senso più pieno del termine, avendo a che fare direttamente con le relazioni che gli uomini creano nella realtà sociale.[2] La materia è assolutamente interdisciplinare e risponde ad esigenze e finalità dettate da un sistema di valori fondanti e condivisi. Il rischio per l’analisi eminentemente economica è rappresentato dall’impianto logico-matematico che sembra dare forza cogente ai teoremi e alle dimostrazioni, magari nella versione sfumata della teoria delle probabilità. La scienza giuridica rischia a volte di smarrire la sua identità e finire per identificare jus e lex, dimenticando, dietro gli apparati della tecnica, la finalità ultima della convivenza umana. Si avverte l’esigenza di una riflessione olistica: non solo in relazione alla totalità dei fatti, le autorità normative e i regolamenti e tutte le altre fonti del diritto, ma soprattutto in relazione ad un obiettivo verso il quale tutte le linee dovrebbero convergere, un principio unificatore ed esplicativo che rannodi a sé tutta l’esperienza giuridica, economica e sociale, costituito dal bene comune dell’umanità.

D’altro canto, la pretesa totalizzante di una disciplina replica in sé la stessa assolutezza divina (riprendo ovviamente concetti già ampiamente elaborati da Kantorowicz[3] nella sua stupenda riflessione sulla “storia integrale” dell'umanità e per le “forze operose” che agiscono nella storia: società, istituzioni, economia, cultura, credenze e rappresentazioni collettive, colte nella loro dinamica unità strutturale), al contempo, si impone la consapevolezza delle necessarie cautele richieste allo studioso che voglia comprendere una realtà giuridica, economica e sociale in continuo divenire. La ricerca si prefigge il compito di studiare il diritto all’interno del labirinto della complessità sociale, rifiutando di adagiarsi su modelli lineari, come quelli che propongono di risolvere i problemi della giustizia occultandoli; in buona sostanza, una disamina del tempo presente tra l’astrattezza del diritto e la concretezza dei bisogni dell’uomo all’interno della società. Non si intende restare sul versante ontologico o della morale, bensì guardare al mondo moderno nella realtà attuale, al diritto vivente in continua evoluzione, all’essere umano e al dover essere come imperativo etico personale. Il ricercatore moderno è chiamato a superare l’autoreferenzialità del diritto nella difesa dei meccanismi di produzione della norma ed a ripensare lo stesso in base alla frammentata realtà di forme, di soggetti, di attori pubblici e ancor più privati che danno vita a una sconfinata varietà di canoni e di forme giuridiche capaci di innovare e plasmare la realtà normativa.

2. General features

Il termine globalizzazione[4] assume diversi significati: sul piano culturale indica il progressivo abbattimento delle barriere spaziali fra le nazioni indotto dallo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ciò ha consentito un fenomeno di unificazione dei mercati a livello mondiale che ha generato modelli di consumo e di produzione uniformi e convergenti. Dopo un momento storico in cui la globalizzazione è stata fortemente apprezzata come forza positiva, nel corso dell’ultimo decennio è stata avversata come una piaga da combattere attraverso un crescente protezionismo e unilateralismo da parte di numerosi leader mondiali. Sono moltissimi gli organismi sovranazionali a competenza generale (UN) o settoriale (WTO) che tendono a bilanciare interessi complessi (e spesso contrapposti) che coinvolgono gli Stati avanzati,[5] quelli emergenti e quelli arretrati. Il fenomeno opera in ambito sopranazionale (o mondiale) e prevede che amministrazioni nazionali siano assoggettate a regole emanate da organismi internazionali: è il caso degli organismi di controllo della borsa e dei mercati finanziari, associati nell’International Organization of Security Commissioners Iosco. In un certo senso gli Stati possono essere considerati i vecchi soggetti della Comunità internazionale rispetto ai nuovi attori che animano l’odierna dimensione globale. In una cornice fatta di interrelazioni a rete il diritto costituzionale conosce una certa “sofferenza” nella solida cornice dello Stato e della sua comunità politica di riferimento ove trovano legittimazione le fonti normative.[6]

Il diritto amministrativo,[7] invece, reagisce meglio tanto da diventare GAL (Global Administrative Law): se analizziamo ciò di cui esso è intessuto, non possiamo non rilevare che la materia prima di cui è composto è prioritariamente costituzionale. Non a caso i principi dell’azione amministrativa, quando non sono esplicitamente entrati nelle Costituzioni del nostro tempo, li si fa comunque derivare da norme costituzionali, di fronte ad atti che portano alla loro violazione. Attraverso una miriade di organismi internazionali di varia forma e natura trova nuova linfa un diritto comune applicabile a tutto il mondo civilizzato.[8] Emerge in maniera prepotente l’esigenza di una tutela trasversale che identifichi valori diversi a volte anche contrapposti: se, per esempio, pensiamo alla finanza internazionale, ci rendiamo conto che accanto agli scambi legali, il mercato internazionale dei capitali è fortemente alimentato dai proventi illeciti della criminalità organizzata che derivano da reati fiscali, corruzione o da attività criminali quali il traffico di droga, di minori, di organi.

3. Gal - Global Administrative Law (diritto amministrativo globale)

Nel significato specificatamente giuridico la globalizzazione richiama la convergenza degli ordinamenti nazionali verso valori e principi condivisi, allo stesso tempo, l’istanza dei popoli di conciliazione di diversità che necessitano di essere bilanciate e rispettate.In un contesto economico e sociale globalizzato emergono norme (consuetudinarie e pattizie) caratterizzate da un’azione congiunta degli Stati che riescono ad operare anche in ambiti che erano a loro prima sconosciuti. La società internazionale è maggiormente interconnessa grazie ai mezzi di comunicazione di massa, così stanno sorgendo regole e procedure per la salvaguardia di interessi e valori che riguardano l’intera umanità. In questa maniera si sta determinando una verticalizzazione del potere che spinge ad uniformare ed armonizzare le regolazioni amministrative domestiche: è questa forse la caratteristica principale che maggiormente colpisce. L’esigenza di un diritto globale[9] è pressante e riguarda diversi ambiti: il principale è certamente quello del business law,[10] senza sottovalutare la tutela dell’ambiente, il mercato dell’energia e del lavoro.

Incombe la necessità di controllare la crescente diseguaglianza delle condizioni sociali, da cui sorgono nuove istanze che comportano il riconoscimento ed il rispetto del concetto di cittadinanza, inteso in chiave moderna, basato essenzialmente sulla salvaguardia dei diritti umani e sul ruolo dello sviluppo sostenibile. Stiamo così assistendo ad una progressiva erosione del ruolo primario della nazionalità nella definizione dei rapporti tra Stato e individuo. La comunità internazionale determina un nuovo diritto (globale) che si distingue dal diritto internazionale comunemente inteso, poiché quest’ultimo è sempre stato essenzialmente un diritto inter-statale. Si avverte l’esigenza di principi comuni, che solitamente derivano dalle Costituzioni e dai principi generali del diritto amministrativo, in modo tale da superare la frammentazione funzionale e la parcellizzazione organizzativa.

Sul piano giurisdizionale si segnala l’aumento dei giudici amministrativi globali: il “Dispute Settlement Body” del WTO, l’“International Tribunal for the Law of the Sea”, i NAFTA “Dispute Settlement Panels”, l’“International Centre for the Settlement of Investment Disputes - ICSID”, il “WIPO’s Arbitration and Mediation Center”, con conseguenti problemi relativi al sovrapporsi di decisioni di natura arbitrale e giudiziaria.

In questo panorama così complesso diventa fondamentale il ruolo del giudice[11] nel contribuire a uno sviluppo armonioso del diritto internazionale evitando possibili antinomie tra norme internazionali provenienti da fonti diverse nonché tra norme internazionali e norme nazionali. Ulteriori difficoltà si verificano nell’analisi della possibile estensione dei diritti costituzionali in situazioni extraterritoriali, alla teorizzazione di un diritto transnazionale, all’applicazione del diritto comparato nella decisone specifica. Pensiamo alla problematicità per il giudice europeo di stabilire quale diritto sia applicabile tra quello globale dell’ONU, quello europeo della UE o quello nazionale.[12] L’attività giurisdizionale deve tendere al bilanciamento dei valori portanti dell’ordinamento quali la legittimazione democratica, la garanzia dei diritti e l’effettività della tutela.

Il diritto amministrativo globale[13] si può definire come l’insieme delle norme legali e dei principi che disciplinano il diritto amministrativo, indipendentemente dalle norme pattizie che regolano i rapporti tra gli Stati: così da riconoscersi nei singoli procedimenti, nelle singole decisioni, nei relativi contenziosi, declinando il contraddittorio, la partecipazione, la motivazione, l’impugnabilità. Tale concetto è ambivalente: infatti, può indicare sia le regole imposte dalle organizzazioni internazionali agli Stati,[14] sia le regole che gli stessi poteri ultra-statali devono rispettare. L’applicazione extraterritoriale del diritto interno dello Stato è sempre più frequente, soprattutto se si pensa alla domestic administrative regulation; difatti, le regole imposte dagli Stati hanno sempre avuto un impatto anche esterno alla giurisdizione domestica. Negli ordinamenti giuridici più moderni ed avanzati la regolazione amministrativa statale ha assunto una dimensione massima e, nello stesso tempo, impatta su un mondo economico profondamente complesso e ricco di scambi commerciali a livello mondiale. Sugli operatori economici multinazionali viene così a gravare una foreign administrative regulation adottata ed eseguita da autorità amministrative nazionali, ma incidente su diritti privati di soggetti stranieri all’ordinamento giuridico interno. In questa circostanza le imprese estere si trovano a dover fronteggiare una pluralità di diritti amministrativi diversi; tale circostanza potrebbe costituire un limite al processo di sviluppo e di integrazione economica. Generalmente il diritto amministrativo interno salvaguarda la libertà d’impresa nei confronti della regolazione stessa. Da questi problemi specifici scaturisce l’esigenza dell’impresa straniera di essere tutelata attraverso valori e principi di diritto amministrativo comuni a più ordinamenti, soprattutto quando la funzione protettiva viene attivata dinanzi ad un tribunale (o un arbitro) internazionale.

Così il GAL incide sul diritto amministrativo nazionale (domestic administrative regulation) andando a costituire un nocciolo duro in grado di tutelare la libertà d’impresa e lo sviluppo economico. Negli ultimi anni il GAL ha conosciuto una significativa espansione, attualmente riguarda moltissimi settori; data l’ampia gamma delle fonti del GAL è necessario individuare alcuni elementi di base. In alcuni casi si tratta di elementi che costituiscono parte del diritto pubblico internazionale; in altri, si stratta di situazioni che hanno effetti normativi sugli attori interni al sistema e che devono seguire norme procedimentali. I rapporti tra diverse istituzioni amministrative e l’esercizio delle attività di governance delle stesse incentiva l’applicazione di molteplici standards del GAL. Innanzitutto si è affermato per la diffusione di principi e norme riguardanti la procedura in via generale, a tutela dei valori che sovraintendono il procedimento amministrativo, senza tralasciare, chiaramente, valori che riguardano il diritto sostanziale come i diritti umani, lo sviluppo sostenibile, la giustizia sociale e così via. Secondo parte della dottrina l’attenzione del GAL al procedimento limita lo spirito di revisione radicale e rafforza le strutture di potere esistenti e le ineguaglianze.[15] Il procedimento che determina il provvedimento in qualsiasi istituzione si caratterizza per le regole relative alla partecipazione. In molti casi le regole esterne possono influenzare le stesse regole interne relativamente alla tipologia e alla profondità della partecipazione stessa. Regole interne ed esterne possono riguardare anche la partecipazione ad aspetti correlati alla decisone come ad esempio i pareri propedeutici (vincolanti e non vincolanti) o i procedimenti prodromici alla decisione definitiva. Un’ampia partecipazione al procedimento potrebbe richiedere un’apertura all’esterno di informazioni su larga scala accessibili al pubblico, una sorta di accesso civico diffuso. Ci sono numerosi esempi di norme pattizie che tutelano espressamente i principi di partecipazione e trasparenza ma si riscontrano prassi e meccanismi non convenzionali che riguardano le autorità globali. Vi sono sicuramente modelli e livelli molto differenziati nelle pratiche applicative. La WTO nella realizzazione degli accordi impone alcune formalità procedurali per una vasta gamma di settori commerciali. Il GAL dimostra di essere largamente influenzato dai poteri economici e finanziari ma è fortemente impregnato di democrazia e legalità. Il diritto amministrativo dell'economia si occupa di regolamentare i mercati finanziari incidendo fortemente sulla realtà economica con misure di vigilanza e di controllo e pone argini all'esercizio dei poteri privati nel mercato, stabilire norme per le funzioni attribuite alle autorità per la supervisione delle banche, delle assicurazioni e dei prodotti finanziari o dell'applicazione delle regole antitrust.

4. Conclusioni

Il tema della globalizzazione offre spunti di riflessione alla ricerca dei fattori che hanno determinato uno squilibrio nella bilancia della giustizia sociale. Poiché il mercato si caratterizza per l’assenza di uno spazio complessivo delimitato, nell’attuale società globale, si avverte la carenza di una qualsiasi forma di governo politico in senso democratico, mentre si tende a ricercare una legittimazione economica delle regole. Accanto alla crisi della rappresentanza politica nelle più grandi democrazie occidentali[16] si avverte la clamorosa avanzata dei populismi[17], essa deriva principalmente dal disagio di una classe media, che da un lato percepisce l’incremento della ricchezza della classe benestante, dall’altro vive i ceti emergenti provenienti dai paesi più poveri come “invasori” alla disperata ricerca di fortuna.

In risposta a queste dinamiche pervasive della sfera nazionale (in)sorge un nuovo modello di nazionalismo definito in chiave moderna “sovranismo”; non è certo un gioco di parole che modifica i concetti.[18] La campagna elettorale del candidato alla Presidenza degli Stati Uniti d’America è stata improntata al grido America first; certi proclami lasciano temere la rincorsa ad una sorta di neo-feudalesimo. Il successo politico che sta riscuotendo il nazionalismo economico giunge all’apice di una crescente insoddisfazione nei confronti dei mercati globali.[19] Un ruolo primario è svolto dal dialogo tra autorità antitrust a livello globale con l’intento di coordinare i rispettivi interventi riguardo a illeciti concorrenziali che hanno una dimensione transnazionale, ma anche di promuovere in paesi extraeuropei il rispetto delle regole di garanzia della concorrenza.[20] Un problema pressante in ambito domestico consiste nella frammentazione dell’interesse nazionale: ad esempio il Presidente degli Stati Uniti d’America, alzando barriere doganali all’importazione di acciaio dall’estero ha sicuramente privilegiato i produttori di acciaio degli Stati Uniti ma ha contemporaneamente svantaggiato altre imprese nazionali che si approvvigionavano di quella stessa materia prima ad un prezzo inferiore.[21] In realtà il concetto di Stato non è mai stato recessivo nell’era della globalizzazione, anzi, si è arricchito. Sul tema della ingovernabilità mondiale si assiste al crescente squilibrio tra la potenza economica concentrata nelle grandi imprese di pochi paesi e il potere politico frammentato tra circa duecento Stati. La globalizzazione ha indebolito l’azione riequilibratrice degli Stati, si avverte, pertanto, il bisogno di una autorità politica globalizzata.

L’UE[22] non sembra pronta a sfruttare il vantaggio competitivo derivante dal conclamato soft power[23] per diventare elemento trainante della riforma degli assetti vigenti; d’altra parte il progetto politico euro-unitario non è mai decollato. La nuova amministrazione americana, invece, interviene adottando regole global, guadagnando così nuova centralità nello scacchiere internazionale.

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] R.B. STEWART: “In liberal democratic societies, administrative regulation is itself regulated by administrative law”, U.S. Administrative Law: A Resource for Global Administrative  Law?, New York University, Discussion Draft (link).
[2] N. BOBBIO, Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze. Di certezze - rivestite della fastosità del mito o edificate con la pietra dura del dogma - sono piene, rigurgitanti, le cronache della pseudo-cultura degli improvvisatori, dei dilettanti, dei propagandisti interessati. Cultura significa misura, ponderatezza, circospezione: valutare tutti gli argomenti prima di pronunciarsi, controllare tutte le testimonianze prima di decidere, e non pronunciarsi e non decidere mai a guisa di oracolo dal quale dipenda, in modo irrevocabile, una scelta perentoria e definitiva.”, Politica e cultura, Biblioteca Einaudi, 2005.
[3] E.H. KANTOROWICZ, Selected Studies, Augustin, 1965.
[4] Il termine va distinto da quello di mondializzazione che rappresenta la nascita nel sistema delle Nazioni Unite delle organizzazioni internazionali, destinato a realizzare un sistema organizzativo di servizi pubblici internazionali realizzando gli interessi dell’umanità suscettibili di tutela nell’ipotesi di grandi violazioni in materia di “crimes” e “gross-violations”, l’estensione dello spazio della giurisdizione penale internazionale, l’attivazione del “world order”.
[5] Per paesi industrializzati più avanzati si intendono gli Stati classificati ad “economia avanzata” dal Fondo monetario internazionale (cfr. World Economic Outlook Database, dati settembre 2011 on line su http://www.imf.org). L’uso del termine non implica, dunque, alcun giudizio di valore.
[6] Si può evidenziare l’opposto fenomeno del “costituzionalismo globale”. Con tale espressione si intende sia un processo costituzionale fondato su testi costituzionali nazionali, convergenti e comparati intorno a valori democratici sia una “potestas decidendi” internazionale organizzata intorno a “gruppi di Stati dirigenti” (cd. leadership). Il costituzionalismo contemporaneo sembra occuparsi principalmente dei fattori economici come capitali, merci, servizi, mentre sottovaluta tutte le teorie dei diritti umani. Questa discrasia provoca inevitabilmente uno scompenso in favore del diritto dell’economia rispetto ai diritti fondamentali dell’individuo.
[7] La dottrina ha realizzato studi approfonditi sul concetto di diritto amministrativo europeo e sulla comparazione di quest’ultimo con i sistemi regolatori globali. Sull’argomento si veda La formazione del sistema amministrativo europeo, in Diritto amministrativo europeo, a cura di M.P. Chiti, Milano, Giuffrè, 2014, p. 45 ss.
[8] Nello scenario globale vi sono le transnational non-governmental organizations (Ngos): organizzazioni private che perseguono un pubblico interesse: la tutela ambientale, dei consumatori, la garanzia dei diritti fondamentali, la lotta contro il traffico di armi e altri obiettivi d’interesse transnazionale. Queste organizzazioni sono capaci di concorrere alla produzione normativa perché dispongono di una qualità organizzativa fondamentale: la trans-nazionalità, ossia la capacità di essere trasversali agli Stati.
[9] Lo spazio giuridico è de-territorializzato e de-politicizzato soprattutto in relazione ad alcuni settori del diritto: lex mercatoria, lex digitalis, lex sportiva.
[10] L’idea di una protezione globale di alcuni valori non è nuova, per esempio è prassi diffusa introdurre nei trattati sul commercio mondiale le cosiddette clausole sociali, condizionando l’apertura dei mercati al rispetto di standards in materia di lavoro. Gli Stati Uniti nel caso “gamberetti e tartarughe” si rifiutarono di importare gamberetti da paesi che li catturavano con reti che causavano la morte di tartarughe marine, specie in pericolo di estinzione. In quel caso si affermò il principio che la tutela degli interessi ambientali globali deve prevalere sugli interessi commerciali. Così, stabilendo un legame tra ambiente e commercio gli Stati si trasformano in soggetti agenti per la cura dell’interesse ultra-statale.
[11] Il giudice di common law sembra rispondere meglio alle nuove prospettive proprio per l’abitudine ad essere già fonte del diritto, invece, il giudice di civil law considerato “bouche de la loi” si trova maggiormente in crisi difronte alle responsabilità di law maker. Il principio dello stare decisis e la partecipazione della giuria permettono al giudice statunitense di esercitare correttamente una funzione di interpretazione ed adeguamento del diritto alla realtà pratica della società senza venir meno al rispetto del primato del principio di legalità. Sul tema D. BIFULCO, Giurisdizione, potere legislativo e potere esecutivo, in O. ABBAMONTE (a cura di), Il potere dei conflitti. Testimonianze sulla storia della Magistratura italiana, Giappichelli, Torino, 2015, pag. 84: “la chiave di volta del suo pensiero va individuata laddove egli nota che non v'è libertà se il potere giudiziario non è separato dal potere legislativo e da quello esecutivo”.
[12] L’interazione tra i sistemi di tutela e il rapporto tra le Corti richiederebbe uno sviluppo maggiore che per ragioni di economicità della trattazione viene volutamente rinviato. Tuttavia il tema del ricorso al diritto straniero e al diritto internazionale è stato trattato in maniera esaustiva da H.H. KOH, The United States Constitution and International Law, in American Journal of International Law, 2004. Il compito del giudice si fa sempre più difficile poiché emerge in modo significativo la complessità nel conciliare valori e interessi che oltrepassano i tradizionali confini degli ordinamenti nazionali.
[13] Per M.S. GIANNINI la scienza del diritto amministrativo altro non è che la riflessione scientifica sul proprio oggetto e cioè sul diritto amministrativo, il diritto amministrativo globale e il diritto amministrativo europeo non esistono in senso specifico, in quanto non vi è una globalizzazione politica magari sotto l’egida dell’ONU o della UE.
[14] L’Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization, WTO), a cui aderiscono, alla data del 26 giugno 2014, 160 Paesi, è nata nel 1995 per sostituirsi al GATT (General Agreement on Tariffs and Trade) che dal 1948 al 1994 è stato lo strumento per facilitare e regolamentare il commercio internazionale. L’obiettivo dell’Organizzazione è la progressiva liberalizzazione del commercio mondiale, da perseguire con lo strumento della negoziazione di accordi commerciali tra i governi dei Paesi membri. I principi generali cui si ispira l’Organizzazione riguardano la non discriminazione nel trattamento concesso ai beni provenienti dai diversi Paesi membri; uguale trattamento riservato ai beni importati rispetto ai beni nazionali; determinazione di regole commerciali prevedibili e stabili. Le regole, che sono a fondamento dell’attuale sistema OMC, sono prevalentemente il risultato del ciclo negoziale.
[15] B.S. CHIMNI, International Law and World Order, A Critique of Contemporary Approaches, Cambridge University Press, April 2017.
[16] Sul rapporto tra globalizzazione, comparazione e crisi della rappresentanza si veda T.E. FROSINI, Rappresentanza e legislazione nell’età della globalizzazione, in Osservatorio sulle fonti, n. 3/2017, disponibile in http://www.osservatoriosullefonti.it.
[17] “Populism is a loose label that encompasses a diverse set of movements. Today populism spans a wide gamut of political movements, including anti-euro and anti-immigrant parties in Europe, and Syriza and Podemos in Greece and Spain, respectively, Trump’s antitrade nativism in the US, the economic populism of Chavez in Latin America, and many others in between” (D. RODRIK, Populism and the economics of Globalization, Journal of International Business Policy, 2018).
[18] Il Cambridge Dictionary lo definì la parola dell’anno per il 2017. Il populismo ha dato voce all’ansia economica prodotta dal processo di globalizzazione nelle classi sociali penalizzate da quest’ultima; al contempo, rappresenta la reazione alla messa in discussione delle identità culturali tradizionali da parte delle innovazioni indotte dal processo di globalizzazione. Il populismo è un movimento contro l’élite (la casta) che si ritiene abbia approfittato della propria posizione di dominio.
[19] In ambito domestico non mancano le reazioni contro l’apertura dei mercati. Sono emblematiche le reazioni protezionistiche della categoria di tassisti e noleggiatori di fronte alla spinta competitiva proveniente da piattaforme web come Uber, ai tentativi di introdurre freni all’espansione della sharing economy, all’opposizione nei confronti dell’implementazione della “direttiva Bolkestein” sulla liberalizzazione dei servizi.
[20] Leaving the adjustment to market forces alone is not a sensible option. Deliberate policies are needed. The key issue is finding the right balance between protecting people on the one hand and, on the other, ensuring that various actors have the capacity and incentives to change. It seems to us that, particularly in the UK and the US, too little attention has been given to sharing risks while in some other countries, such as Finland, stronger incentives to adjust would be needed” (Globalization may soon accelerate again - time to get domestic policies right, R. BALDWIN, V. VIHRIÄLÄ, 19 December 2017, http://voxeu.org/).
[21] L’atteggiamento “duro” dell’Amministrazione USA si ricollega ad una strategia volta ad ottenere un vantaggio nella rinegoziazione degli accordi bilaterali in essere (c.d. brinkmanship).
[22] “There has been a backlash against globalisation and international cooperation in recent years. In Europe, Brexit and Euroscepticism have challenged the notion of the European Union (EU) as a political construct based on shared sovereignty, freedom of movement across borders and economic integration under a common legislative framework. In the United States, meanwhile, the benefits of free trade have been openly called into question. Europe was generally believed to be under the greatest threat from this trend. Even if the United States were to retreat from globalisation, that would not undermine the integrity of the country itself. In the case of Europe, however, the EU and the commitment to shared values and an open society are in many ways inseparable” (B. COEURÉ, Taking back control of globalisation: Sovereignty through European integration, Schuman Report on Europe, 28 March 2018).
[23] Il “diritto mite”, che non solo spoglia il diritto dell'antico e implacabile attributo della durezza, ma gli nega aggressività, non forza, e lo proietta appunto verso soluzioni miti, comprensive di tutte le ragioni che possono rivendicare buoni principi a loro favore. Il diritto incontra così una realtà nella quale il pluralismo non è solo un fatto, ma un valore al quale dev'essere offerto un quadro istituzionale adeguato. Qui la riflessione sul diritto s'intreccia, inevitabilmente, con quella sullo stato e sull'organizzazione sociale. Lo stato non è più quello “monoclasse” del secolo passato, sulla cui logica si è venuta modellando la struttura dell'intero ordinamento giuridico: è quello stato “pluriclasse” (S. RODOTÀ - N. BOBBIO, Il diritto mite. Leggi, diritti, giustizia, 1992, recensione al saggio di G. ZAGREBELSKY, Il diritto mite. Leggi, diritti, giustizia, Einaudi, Torino, 1992).