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Pubbl. Mer, 21 Mar 2018

Valutazione e risultato di servizio della Pubblica Amministrazione

Pietro Cucumile


Il riempimento degli spazi operativi della dirigenza ed il ruolo degli organismi interni di valutazione. Gli ultimi interventi normativi dalla legge 7 agosto 2015 n. 124 al d.lgs. n. 74 del 25 maggio 2017.


L’organizzazione delle pubbliche amministrazioni ha avuto impressa una nuova traiettoria di percorso, con l’individuazione di “altri vincoli di scopo” tendenti a garantire la qualità della performance, l’etica dei comportamenti, la necessità di dare conto ai cittadini; non si tratta di assicurare solo l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa ma di integrare, ad esempio, anche nuovi attori nella valutazione, ovvero i cittadini, conferendo il giusto peso alla loro voce. 

L’organizzazione delle pubbliche amministrazioni ha avuto impressa una nuova traiettoria di percorso, con l’individuazione di “altri vincoli di scopo” tendenti a garantire la qualità della performance, l’etica dei comportamenti, la necessità di dare conto ai cittadini; non si tratta di assicurare solo l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa ma di integrare, ad esempio, anche nuovi attori nella valutazione, ovvero i cittadini, conferendo il giusto peso alla loro voce. 

Ripercorrendo la normativa vigente, l’attuale assetto della disciplina in materia di valutazione del personale, così come inciso dal Decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 74 recante “Modifiche al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, in attuazione dell'articolo 17, comma 1, lettera r), della legge 7 agosto 2015, n. 124” (pubblicato sulla G.U. Serie generale n.130 del 07-06-2015 con entrata in vigore il 22/06/2017), prefigura la performance organizzativa come attinente all'attuazione di politiche e al conseguimento di obiettivi collegati ai bisogni ed alle esigenze della collettività nonché all'attuazione di piani e programmi, ovvero alla misurazione dell'effettivo grado di attuazione dei medesimi, nel rispetto delle fasi e dei tempi previsti, degli standard qualitativi e quantitativi definiti, del livello previsto di assorbimento delle risorse; inoltre, la performance attiene alla rilevazione del grado di soddisfazione dei destinatari delle attività e dei servizi anche attraverso modalità interattive e alla modernizzazione e al miglioramento qualitativo dell'organizzazione e delle competenze professionali e la capacità di attuazione di piani e programmi.

Inoltre, schematizzando, la performance organizzativa coinvolge anche i seguenti profili:

  • lo sviluppo qualitativo e quantitativo delle relazioni con i cittadini, i soggetti interessati, gli utenti e i destinatari dei servizi, anche attraverso lo sviluppo di forme di partecipazione e collaborazione;
  • l'efficienza nell'impiego delle risorse, con particolare riferimento al contenimento ed alla riduzione dei costi, nonché all'ottimizzazione dei tempi dei procedimenti amministrativi;
  • la qualità e la quantità delle prestazioni e dei servizi erogati;
  • il raggiungimento degli obiettivi di promozione delle pari opportunità.

Inoltre, l’art. 9, comma 1, d.lgs. n. 150/09 (Ambiti di misurazione e valutazione della performance individuale), nella versione modificata dal d.lgs. n. 74 del 2017, specifica che la valutazione dei dirigenti e del personale responsabile di una unità organizzativa in posizione di autonomia e responsabilità avviene con riferimento a:

  • agli indicatori di performance relativi all’ambito organizzativo di diretta responsabilità, ai quali è attribuito un peso prevalente nella valutazione complessiva;
  • al raggiungimento di specifici obiettivi individuali;
  • alla qualità del contributo assicurato alla performance generale della struttura;
  • a competenze professionali e manageriali dimostrate, nonché ai comportamenti organizzativi richiesti per il più efficace svolgimento delle funzioni assegnate;
  • alla capacità di valutazione dei propri collaboratori, dimostrata tramite una significativa differenziazione dei giudizi.

Inoltre, secondo l’art. 9, comma 1 bis, d.lgs. n. 150 del 2009, così come inciso dal d.lgs. n. 74 del 2017 1-bis: “La misurazione e valutazione della performance individuale dei dirigenti titolari degli incarichi di cui all'articolo 19, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è collegata altresì al raggiungimento degli obiettivi individuati nella direttiva generale per l'azione amministrativa e la gestione e nel Piano della performance, nonché di quelli specifici definiti nel contratto individuale”.

Continuando, poi, dal punto di vista dell’esegesi normativa, secondo l’art. 8, comma 1-bis, d.lgs. n. 150 del 2009, le valutazioni della performance organizzativa sono predisposte sulla base di appositi modelli definiti dal Dipartimento della funzione pubblica, tenendo conto anche delle esperienze di valutazione svolte da agenzie esterne di valutazione, ove previste, e degli esiti del confronto tra i soggetti appartenenti alla rete nazionale per la valutazione delle amministrazioni pubbliche, di cui al decreto emanato in attuazione dell'articolo 19 del decreto-legge n. 90 del 2014.

L’ANAC, non molto tempo addietro, segnalava, poi, che: “A seguito all’entrata in vigore del d.l. 90/2014 e al trasferimento al DFP del parere sulla nomina degli OIV, non risultano modificati i compiti degli OIV già previsti in materia di prevenzione della corruzione e della trasparenza, indicati nel PNA e nell’art. 14, co. 4 lett. g) del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 sull’attestazione dell’assolvimento degli obblighi di trasparenza. Occorre dare, nei PTPC, adeguato riconoscimento agli OIV, o organismi con funzioni analoghe, considerando che il loro ruolo è di rilievo anche per la verifica della coerenza tra gli obiettivi di performance organizzativa e individuale e l’attuazione delle misure di prevenzione della corruzione”.

Ciò detto, a seguito della modifica introdotta con il  d.lgs. n. 126 del 2014, dal punto di vista degli enti territoriali, il piano esecutivo di gestione è deliberato in coerenza con il bilancio di previsione e con il documento unico di programmazione; inoltre, il P.E.G. è allegato il prospetto concernente la ripartizione delle tipologie in categorie e dei programmi in macroaggregati, secondo lo schema di cui all'allegato n. 8 al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni; il piano dettagliato degli obiettivi di cui all'art. 108, comma 1, del testo unico e il piano della performance di cui all'art. 10 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, sono, quindi, unificati organicamente nel P.E.G. Infatti, la disciplina normativa aggiunge, poi, che, secondo l’art. 169, comma 3 bis, T.U.O.EE.LL., il piano dettagliato degli obiettivi, ex art. 197, comma 2, lett. a) ed il piano della performance di cui all’art. 10, d.lgs. n. 150/09 sono unificati organicamente nel piano esecutivo di gestione, P.E.G.  Non è superfluo ricordare che già nelle linee guida A.N.C.I. per l’attuazione del d.lgs. n. 150/09 si disponeva che il collegamento profondo tra P.E.G. e P.D.O. faceva sì che fosse opportuno predisporre un documento unico suddiviso in più sezioni, articolate in livelli.

Per i comuni che non abbiano l’obbligo di predisporre il P.E.G., il modello può essere ugualmente adottato utilizzando come “contenitore” il Documento Unico di Programmazione, D.U.P. (anche in riferimento alla versione semplificata per i comuni con meno di 5000 abitanti).

Il tema è particolarmente delicato in quanto si tratta di spazi in cui diventa possibile esprimere uno stile e una logica decisionali inediti nell’amministrazione perché legati alla “managerialità” intesa come flessibilità nelle scelte alla luce dell’esigenza di garantire efficaci risultati operativi, anche attraverso un governo efficiente ed economico delle risorse a disposizione. Le leve su cui agire sono l’azione pubblica, l’organizzazione e la gestione del personale.

Appare utile evidenziare che valutare è un’attività necessaria per:

  • assicurare alla politica che la dirigenza impiegherà gli spazi operativi ad essa riservati per il raggiungimento degli obiettivi;
  • garantire al dirigente il legame fra capacità e carriera;
  • spingere il dirigente ad impiegare risorse e capacità non solo per realizzare adempimenti puntuali (legalità) ma anche per imprimere al funzionamento dell’amministrazione una “spinta” operativa che massimizzi il risultato di servizio.

Perché il dirigente si concepisca non come garante della prassi burocratica, ma come l’attore di un’amministrazione che scommette su una legalità efficiente e sostanziale, occorre che la valutazione eserciti una effettiva pressione a che ciascuno metta in campo le proprie risorse e capacità personali, la sua sensibilità e persino la sua creatività, tutti aspetti che, altrimenti, resterebbero fuori dall’amministrazione.

La valutazione, quindi, rompe lo schema tradizionale dell’organizzazione amministrativa come “macchina burocratica” e serve a rilevare le differenze, a valorizzare le diverse capacità, riconoscendo all’individuo ed al contributo personale, specifico e infungibile che esso può dare all’amministrazione, una definitiva cittadinanza nel panorama giuridico dell’amministrazione La valutazione serve anche a retribuire in modo differente, come segno tangibile del fatto che non tutti i dirigenti sono “uguali”.

La disciplina della valutazione passa per l’iniziale investimento su un ruolo chiave della contrattazione e sulla rilegificazione della riforma “Brunetta”, transitando dalla valorizzazione dell’autonomia (contrattuale e territoriale) all’accentramento, dalla flessibilità all’irrigidimento dei modelli.

Nell’ambito di questo quadro, si è riscontrato il “tradimento” della funzione della valutazione e l’effetto diretto sulla retribuzione di risultato, prefigurando:

  • la “colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato ai propri uffici, degli standard quantitativi e qualitativi fissati dall’amministrazione” (art. 41 c. 1 lett. a), d.lgs. n. 150/2009);
  • l’omissione dell’obbligo di pubblicare informazioni in materia di procedimenti amministrativi (art. 1, c. 33, l. n° 190/2012);
  • l’adozione tardiva del provvedimento amministrativo (art. 2, c. 9 l. n. 241/1990);
  • l’omissione di pubblicazione di moduli e formulari per l’avvio di procedimenti (art. 57, comma 2, d. lgs. n. 82/2005);
  • la trasmissione di documenti senza impiego della posta elettronica tra amministrazioni pubbliche (art. 47, c. 1-bis, d.lgs. n. 82/2005);
  • la mancata comunicazione degli elementi necessari al completamento ed all’aggiornamento dell’indice degli indirizzi delle pubbliche amministrazioni (art. 57 bis, c. 3, C.A.D.).

Una nuova riforma per la valutazione è passata per la delega di cui alla legge n° 124/2015, art. 17, c. 1, lett.r) nella ricerca di una:

  • semplificazione delle norme in materia di valutazione dei dipendenti pubblici, di riconoscimento del merito e di premialità;
  • razionalizzazione e integrazione dei sistemi di valutazione, anche al fine della migliore valutazione delle politiche;
  • sviluppo di sistemi distinti per la misurazione dei risultati raggiunti dall'organizzazione e dei risultati raggiunti dai singoli dipendenti;
  • potenziamento dei processi di valutazione indipendente del livello di efficienza e qualità dei servizi e delle attività delle amministrazioni pubbliche e degli impatti da queste prodotti, anche mediante il ricorso a standard di riferimento e confronti;
  • riduzione degli adempimenti in materia di programmazione anche attraverso una maggiore integrazione con il ciclo di bilancio;
  • coordinamento della disciplina in materia di valutazione e controlli interni;
  • previsione di forme di semplificazione specifiche per i diversi settori della pubblica amministrazione.

Il punto critico di tale asseto normativo è che si individuano rimedi alla debolezza del sistema di valutazione dovuta alla difficoltà della politica nella definizione di risultati attesi e di indicatori efficaci, non si investe sulla effettiva garanzia di un margine di gestione funzionale ad incidere sul funzionamento dell’amministrazione e contribuire al raggiungimento del risultato; inoltre, non si inverte la tendenza a spostare sulla responsabilità da risultato l’effetto del mancato adempimento di precetti puntuali (la valutazione e il licenziamento disciplinare) e non si inverte la tendenza all’irrigidimento del processo valutativo.

Nei confronti delle autonomie territoriali si percepisce, poi, una sfiducia mal celata, fatti salvati alcuni segnali quali il solo apparente recupero di un ruolo della contrattazione ex art. 19 (la quota delle risorse destinate a remunerare la performance organizzativa e individuale e i criteri idonei a garantire che alla differenziazione dei giudizi corrisponda la diversificazione dei trattamenti economici correlati)

Inoltre, forti sono i richiami alla “nuova” limitazione dell’autonomia politica (art. 5):

  • gli obiettivi generali (in coerenza con le politiche pubbliche nazionali nel quadro del programma di Governo) determinati con apposite linee guida adottate su base triennale con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri; per gli enti territoriali previa intesa in sede di Conferenza unificata;
  • gli obiettivi specifici definiti in coerenza con la normativa economica e finanziaria applicabile a regioni ed enti locali.

Una nuova riforma per la valutazione passa che per una diversa e rafforzata disciplina degli O.I.V. i quali dovrebbero assicurare, nonostante l’incertezza nel ruolo ed il rischio di una sovraesposizione:

  • la funzione di garanzia della correttezza del processo valutativo;
  • la funzione di verifica degli adempimenti in materia di anticorruzione e trasparenza;
  • la funzione di supporto all’indirizzo politico, soprattutto in ordine al controllo strategico;
  • la funzione di interlocuzione con i cittadini e gli utenti; non si dimentichi che i cittadini, anche in forma associata, partecipano al processo di misurazione delle performance organizzative, anche comunicando direttamente all’Organismo indipendente di valutazione il proprio grado di soddisfazione per le attività e per i servizi erogati.

Alcuni tasselli mancanti del sistema di valutazione dovrebbero comunque passare per un investimento sullo spazio gestionale riservato al dirigente, un rafforzamento della dirigenza come “corpo”, un sostegno “tecnico” alla politica, una effettiva relazione fra valutazione e carriera, un serio ripensamento delle politiche sul personale.

Non può non accennarsi, poi, al contenuto dell’art. 2 del  Decreto del presidente della repubblica 9 maggio 2016, n. 105, secondo cui:

Art. 2. Promozione e coordinamento delle attività di misurazione e valutazione della performance

1. Il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri (di seguito «Dipartimento») promuove e coordina le attività di valutazione e misurazione della performance delle amministrazioni pubbliche in conformità con i seguenti criteri:

a) ridurre gli oneri informativi a carico delle amministrazioni pubbliche;

b) promuovere la progressiva integrazione del ciclo della performance e del ciclo di programmazione economico finanziaria;

c) supportare l'uso di indicatori nei processi di misurazione e valutazione;

d) garantire l'accessibilità e la comparabilità dei sistemi di misurazione;

e) introdurre progressivamente elementi di valutazione anche su un orizzonte temporale pluriennale e promuovere il progressivo avvicinamento dei sistemi di misurazione per amministrazioni operanti nei medesimi settori;

f) differenziare i requisiti relativi al ciclo della performance in ragione della dimensione, del tipo di amministrazione e della natura delle attività delle diverse amministrazioni ed introdurre regimi semplificati;

g) migliorare il raccordo tra ciclo della performance e il sistema dei controlli interni, incluso il controllo di gestione, e gli indirizzi espressi dall'Autorità nazionale anticorruzione in materia di trasparenza e prevenzione della corruzione;

h) accrescere l'indipendenza della valutazione della performance.

Infine, le linee di indirizzo del nuovo sistema di valutazione appaiono ben definite dal nuovo comma 3 bis dell’art. 40 del d.lgs. n° 165/2001 che si esprime sulla funzione della contrattazione integrativa e sulla valorizzazione della performance:

La contrattazione collettiva integrativa assicura adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici, incentivando l'impegno e la qualità della performance, destinandovi, per l'ottimale perseguimento degli obiettivi organizzativi ed individuali, una quota prevalente delle risorse finalizzate ai trattamenti economici accessori comunque denominati ai sensi dell'articolo 45, comma 3. La predetta quota è collegata alle risorse variabili determinate per l'anno di riferimento”.

Non sembri, inoltre, scontato come ogni approfondimento sulla performance appare mero esercizio accademico qualora non sia chiaro a cosa sia diretta la valutazione:

  • è precondizione giuridica per l’erogazione di premi e poste retributive correlate ai risultati e alla progressione economica (nuovo art. 23 del d.lgs.n° 150/2009);
  • è precondizione giuridica per il conferimento di nuovi incarichi;
  • è precondizione giuridica per l’addebito della responsabilità dirigenziale;
  • è precondizione giuridica per la revoca delle pp.OO.;
  • è fattore di responsabilizzazione fisiologica di dirigenza e personale.

Infine, si è accennato che l’art. 3, comma 4, del d.lgs. n° 150/2009 così recita: “Le amministrazioni pubbliche adottano metodi e strumenti idonei a misurare, valutare e premiare la performance individuale e quella organizzativa, secondo criteri strettamente connessi al soddisfacimento dell’interesse del destinatario dei servizi e degli interventi”; personalmente, chi scrive crede che il futuro della valutazione stia proprio nell’aspetto bottom up.