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Pubbl. Mar, 17 Feb 2015

L´EUR quartiere a luci rosse? I limiti giuridici della proposta.

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Anna Zeviani


Il progetto di applicare lo zoning alla prostituzione apre dubbi a livello giuridico, ma fa emergere anche garanzie costituzionali per gli ”operatori del settore”.


Avete sentito parlare della recente proposta di applicare lo zoning alla prostituzione romana? Uno strumento che permetterebbe di dedicare un quartiere (in tal caso l’EUR) alla controllata attività a luci rosse. Ciò consentirebbe - oltre che di raccogliere le prostitute in un’unica area invece che di vederle dislocate in quasi una ventina di strade - di sottoporre a regolare e periodico censimento le presenze “allegre” e di combattere il racket.
D’altronde si sa che “il lavoro più vecchio del mondo” è ben lontano dalla crisi - illegale o tollerato che sia - e che da sempre costituisce un enorme magnete in grado di attirare spaccio di droga, violenza e limitazioni di diritti fondamentali della persona.
Le ragazze che si prostituiscono infatti non sempre lo fanno volontariamente, ma note sono le storie dei soprusi e della coartazione della volontà ai quali molte di loro vengono sottoposte.  Mettiamo il caso però, al contrario, che alcune lo facciano perché lo preferiscano all’andare a sgobbare in un pub o in una fabbrica, che siano arrivate a non vedere i risvolti pericolosi di questa attività o che semplicemente abbiano convinzioni tali da non curarsi dell’evidente degrado che comporta.
Non ci interessa entrare nel merito della possibilità che questo progetto veda la luce, ma piuttosto esaminare le contraddizioni che potrebbe creare in relazione alla normativa vigente e agli attuali valori morali.

Sappiamo che i “luoghi di meretricio” (o più comunemente case di tolleranza) vennero chiusi con la Legge Merlin (20 Febbraio 1958, n. 75): si prevedeva che nei successivi sei mesi dall´entrata in vigore della legge, la prostituzione in questi luoghi non potesse essere più considerata attività lecita.
La legge importò la sostituzione di alcune norme del Codice Penale (dall’art. 531 al 536) e comprendeva, tra l´altro:

  • l´abolizione delle case esistenti;
  • il divieto di nuova apertura;
  • la non punibilità della prostituta in quanto tale;
  • il divieto di qualsiasi attività tesa a consentire, favorire o agevolare la prostituzione.

La Cassazione con pronuncia del 12-2-1970 ha precisato la definizione di prostituzione: essa è “l’attività abituale di un uomo o di una donna che consente a reiterate prestazioni sessuali, previo compenso”. Le prestazioni sessuali dunque (senza entrare nel merito delle precise caratteristiche che le fa rientrare nel gruppo) devono essere abituali e corredate dal fine di lucro.
L’oggetto giuridico risulta essere senza dubbio la tutela della moralità pubblica e del buon costume, interessi con bacino interpretativo legato alla libertà, al pudore e all’onore sessuale.

L’idea, ancora priva di concretezza (che ad oggi risultata definitivamente bocciata, ndr), di adibire questi quartieri all’attività a luci rosse incanala le argomentazioni all’interno della futura possibilità di depenalizzare alcuni reati legati alla prostituzione.
Discussione questa che coinvolge svariati valori costituzionali: primo fra tutti la tutela della salute.
La salute, diritto primario dell’individuo, è anche interesse preminente della collettività: i sostenitori della depenalizzazione teorizzano infatti l´emanazione, se le case di prostituzione riaprissero, di leggi ad hoc recanti la previsione di visite sanitarie di routine per le ragazze, volte ad evitare la proliferazione di malattie veneree.
Argomento che viene in essere è anche la sicurezza: sia per le prostitute che per il cittadino, con forze dell’ordine a presidio di tali aree. La prostituzione inoltre non sarebbe solo mal’affare ma anche lavoro: con tanto di sindacato, tutela del lavoro e retribuzione non esentasse.

È chiaro che un tal quadro non prende in considerazione i risvolti negativi della medaglia, ovvero il modello diseducativo sulle future generazioni. Non sarebbe facile impartire lezioni di rispetto di se stessi ai giovani in un contesto in cui vendere il proprio corpo è normalità non solo tollerata ma anche garantita dall’ordinamento giuridico, oltre al forte dissenso proveniente dalla Chiesa. La laicità del nostro Stato, a baluardo di tante posizioni, infatti, deve comunque fare i conti con l’essere la culla del Vaticano, il quale influenza abbondantemente l’opinione pubblica.
Buona parte dell’Unione Europea inoltre si conforma al modello anche italiano di tollerare il fenomeno ma di punire attività collaterali ad esso.

Il quadro appena descritto amplia di molto il discorso: lo zoning invece servirebbe soltanto a creare un bacino di utenza per tale “servizio” e non tutelerebbe le questioni viste sin qui.  Difficile quindi, anche se di immaginabile esito, il bilanciamento tra gli interessi contrapposti.