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Pubbl. Lun, 3 Lug 2017
Sottoposto a PEER REVIEW

L´incidenza dello ius superveniens europeo sul giudizio di ottemperanza.

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Fiorella Floridia


Il giudicato amministrativo, l´incidenza delle sopravvenienze sul giudicato e le esigenze di stabilità del rapporto giuridico instauratosi, giudizio di ottemperanza, giudicato a formazione progressiva e effettività del diritto dell´unione europea sopravvenuto.


Sommario: 1. Breve premessa introduttiva. 2. Il giudizio di ottemperanza e la sua natura giuridica. 3. Il giudicato a formazione progressiva ed il rapporto con la sopravvenuta disciplina europea. 4. La posizione dei Giudici di Palazzo Spada: l’Adunanza Plenaria N. 11 del 2016. 5. Conclusioni.

1. Breve premessa introduttiva

Con la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 11 del 2016, i Giudici di Palazzo Spada hanno condotto un’attenta analisi e chiarito il rapporto tra giudicato a formazione progressiva e lo ius superveniens di matrice comunitaria. In base alla teoria del giudicato a formazione progressiva, elaborata da dottrina e giurisprudenza, le statuizioni scaturenti da un giudizio di ottemperanza, sono idonee al giudicato, integrando quello della sentenza di cognizione. La teoria del giudicato a formazione progressiva è stata recentemente messa in discussione dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato, che ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione riguardante la concezione di un giudicato elastico, suscettibile di completamento in sede di ottemperanza, soprattutto alla luce della nuova regolamentazione del giudizio di ottemperanza, che in seguito all’emanazione del codice del processo amministrativo, ha trovato una puntuale e completa  disciplina giuridica.

2. Il giudizio di ottemperanza e la sua natura giuridica

Con l’entrata in vigore del processo amministrativo, il giudizio di ottemperanza è stato compiutamente regolato dagli artt. 112 a 115 del c.p.a., nel libro IV dedicato appunto all’ottemperanza ed ai riti speciali. Prima dell’emanazione del c.p.a., il giudizio di ottemperanza aveva trovato scarsi riferimenti normativi, precisamente gli artt. 90 e 91 del r.d. 17 agosto 1907 n. 642 (1) , riguardanti il “Regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato”, ed infine anche l’articolo 37 della Legge T.A.R. (2). Si trattava di una normativa molto scarna ed esigua e  portatrice di diversi problemi interpretativi, risolti nel corso del tempo dalla giurisprudenza. Grazie al codice del processo amministrativo, il giudizio di ottemperanza ha trovato una compiuta disciplina e la propria sedes materiae. Innanzittutto bisogna sottolineare che  le disposizioni di cui agli artt. 112-115 c.p.a., confermano la natura mista di cognizione ed esecuzione del giudizio di ottemperanza, con giurisdizione estesa al merito, già affermata dalla giurisprudenza sulla base della scarna disciplina previgente. L’art. 112 del c.p.a., comma I, stabilisce che i provvedimenti del G.A. sono eseguiti dalla Pubblica amministrazione e dalle altre parti. Il secondo comma indica, invece, quale sono le ipotesi in presenza delle quali può essere proposta l’azione di ottemperanza:

a) delle sentenze del giudice amministrativo passate in giudicato;

b) delle sentenze esecutive e degli altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo;

c) delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario, al fine di ottenere l'adempimento dell'obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato;

d) delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati per i quali non sia previsto il rimedio dell'ottemperanza, al fine di ottenere l'adempimento dell'obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi alla decisione;

e) dei lodi arbitrali esecutivi divenuti inoppugnabili al fine di ottenere l'adempimento dell'obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato.

Ai sensi dell’articolo 114 c.p.a.  l’azione si propone, anche senza previa diffida, con ricorso che deve essere notificato alla p.a. ed a tutte le altre parti del relativo giudizio definito dalla sentenza o dal lodo della cui ottemperanza si tratta. Interessante è il relativo termine prescrizionale di 10 anni, trascorso il quale l’azione non può essere ultimente proposta.Da questo punto di vista il legislatore del codice ha tenuto in considerazione la granitica giurisprudenza sul punto in esame. Dalla lettura dell’articolo 114, comma I c.p.a., ragioni sistematiche inducono a qualificare il relativo termine come prescrizionale. Una volta proposto il ricorso, il giudice con sentenza in forma semplificata ed in caso di accoglimento:

a) ordina l'ottemperanza, prescrivendo le relative modalità, anche mediante la determinazione del contenuto del provvedimento amministrativo o l'emanazione dello stesso in luogo dell'amministrazione;

b) dichiara nulli gli eventuali atti in violazione o elusione del giudicato;

c) nel caso di ottemperanza di sentenze non passate in giudicato o di altri provvedimenti, determina le modalità esecutive, considerando inefficaci gli atti emessi in violazione o elusione e provvede di conseguenza, tenendo conto degli effetti che ne derivano;

d) nomina, ove occorra, un commissario ad acta;

e) salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato; tale statuizione costituisce titolo esecutivo.

La sentenza è il provvedimento che conclude il giudizio, tranne che nel caso in cui venga chiesta l’esecuzione di un’ordinanza, in questa ipotesi il giudice provvede con ordinanza. Le novità introdotte dal nuovo codice nel 2010, all’istituto in esame sono parecchie. In primis è stato rimosso l’obbligo di diffidare preventivamente la pubblica amministrazione, è stato introdotto il termine decennale prescrizionale per la relativa azione, infine sono stati individuati con puntualità gli atti suscettibili di ottemperanza ed i relativi poteri del giudice dell’ottemperanza.  Per quanto concerne la natura giuridica del giudizio in esame, il vincolo funzionale che connota l’ottemperanza è quella di adeguare la realtà giuridica e materiale ad un ben preciso giudicato (3). Il giudizio di ottemperanza, come sottolineato anche dalla giurisprudenza (4) ha natura mista sia di cognizione e di esecuzione, in quanto il giudice amministrativo, in sede di giudizio di ottemperanza, può esercitare cumulativamente, sia poteri sostitutivi che poteri ordinatori, e può integrare l’originario disposto della sentenza. Anche la Corte costituzionale (5) ha avuto occasione di affermare che il “il giudizio di ottemperanza, secondo l'attuale elaborazione giurisprudenziale, ricomprende una pluralità di configurazioni (in relazione alla situazione concreta, alla statuizione del giudice e alla natura dell'atto impugnato), assumendo talora (quando si tratta di sentenza di condanna al pagamento di somma di denaro esattamente quantificata e determinata nell'importo, senza che vi sia esigenza ulteriore di sostanziale contenuto cognitorio) natura di semplice giudizio esecutivo […] e quindi qualificabile come rimedio complementare che si aggiunge al procedimento espropriativo del codice di procedura civile, rimesso alla scelta del creditore. In altri casi il giudizio di ottemperanza può essere diretto a porre in essere operazioni materiali o atti giuridici di più stretta esecuzione della sentenza; in altri ancora ha l'obiettivo di conseguire una attività provvedimentale dell'amministrazione ed anche effetti ulteriori e diversi rispetto al provvedimento originario oggetto della impugnazione; inoltre può essere utilizzato, in caso di materia attribuita alla giurisdizione amministrativa, anche in mancanza di completa individuazione del contenuto della prestazione o attività cui è tenuta l'amministrazione, laddove invece l'esecuzione forzata attribuita al giudice ordinario presuppone un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile” .

La natura mista in esame,grazie alle novità introdotte dal c.p.a.,  ha permesso di introdurre nell’ambito del giudizio di ottemperanza di azioni cognitorie connesse alla questione principale dell’attuazione del decisum. Infatti, in considerazione dell’articolo 7 del c.p.a., il quale stabilisce: “il principio di effettività è realizzato attraverso la concentrazione davanti al giudice amministrativo di ogni forma di tutela degli interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, dei diritti soggettivi”. In questo modo, il giudice dell’ottemperanza conosce di tutte le ipotesi di in esecuzione, violazione del giudicato, oltre che di tutte le questioni relative all’ottemperanza. Il rito (tranne il dimezzamento dei termini ex articolo 87 c.p.a.) ricalca il processo ordinario di cognizione, mentre la piena attuazione del contraddittorio e la conclusione con sentenza ne denota il carattere decisorio.

3. Il giudicato a formazione progressiva ed il rapporto con la sopravvenuta disciplina europea

Nel rito civile i concetti di giudicato in senso formazione e sostanziale sono rispettivamente stabiliti dagli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c.. Come ben sappiamo, la sentenza del giudice amministrativo si inserisce nel rapporto tra pubblica amministrazione e privato, e spesso nel giudizio di ottemperanza avverso le decisioni del giudice amministrativo (e non di altri giudici) si parla di giudicato a formazione progressiva. Innanzitutto, bisogna ricordare che nel giudizio impugnatorio classico la sentenza, annullando l’atto amministrativo, ha effetti costitutivi rimuovendo l’atto impugnato ex tunc (6). Grazie alla sentenza del giudice amministrativo, scaturisce anche, il c.d. “effetto ripristinatorio”, nel senso che in seguito all’annullamento dell’atto si aggiunge la possibilità di compiere tutte quelle attività necessarie volte a rimuovere i pregiudizi e gli effetti prodotti dall’atto illegittimo. La teoria del giudicato a formazione progressiva nasce all’interno del diritto amministrativo ed è una nozione di giudicato più flessibile rispetto a quella di cui all’articolo 324 c.p.c. . Per la giurisprudenza, in sede di ottemperanza, solo quando le ottemperane decisioni siano state rese dallo stesso presso giurisdizionale amministrativo e non da giudice di altro plesso, il giudice può integrare o specificare il giudicato, senza mai stravolgere il contenuto del decisum (7). In questo caso, l’effetto di formazione del giudicato non si ricollega alla pronuncia del g.a., quanto alle successive statuizioni del giudice dell’ottemperanza, che indicando le modalità esecutive del provvedimento giudiziale, lo arricchisce di contenuto, ampliandone l’oggetto. La teoria del giudicato a formazione progressiva non ha trovato nessun risconto normativo neanche con l’introduzione del nuovo codice del processo amministrativo e trova la sua ratio giustificatrice alla luce del periodo storico della sua genesi. Bisogna premettere che accogliere la teoria del giudicato a formazione progressiva ha sempre comportato, che di formazione del giudicato dovesse parlarsi solo con riferimento al giudice dell’ottemperanza, visto la posizione prodromica della pronuncia del g.a., in quanto veniva considerata come una statuizione generica e preliminare all’individuazione della regola del caso concreto, che veniva operata soltanto in sede di ottemperanza. Ma la conseguenza più importante era l’impatto sul principio di intangibilità del giudicato vigente nel nostro ordinamento e l’ulteriore impatto circa l’incidenza o meno dello ius superveniens. Per la questione in esame è di fondamentale importanza valutare, se la teoria del giudicato a formazione progressiva sia ancora valida, tenendo conto delle importanti novità introdotte dal codice del processo amministrativo ed anche alla luce dei successivi correttivi. E’ di fondamentale importanza ricordare che il processo amministrativo nato come processo sull’atto e volto al suo annullamento si è trasformato in un processo sul rapporto. Tutto questo non solo trova conferma nel meccanismo dei motivi aggiunti che permette al giudice di approfondire il thema decidendum, ma anche all’introduzione della tutela cautelare ante causam ed anche della possibilità di valutare la fondatezza dell’istanza nel rito avverso il silenzio, in caso di attività vincolata o comunque dove non vi siano margini di discrezionalità amministrativa; infine si aggiunga l’azione di accertamento, che oltre ad involgere il silenzio dell’amministrazione, viene generalizzata in base al combinato disposto di cui agli articoli 31 e 34, comma 3, c.p.a., confermando nel diritto amministrativo il principio di aticipità delle azioni processuali. Il giudicato a formazione progressiva nell’ultimo periodo storico, è stato messo in crisi, nel   caso di ius superveniens di matrice europea. Da questo angolo visuale, in relazione alla dinamica sottesa, occorre capire quale delle decisioni giudiziali possa aver acquisito il carattere di giudicato, se quella del giudice amministrativo, oppure accogliendo la teoria del giudicato a formazione progressiva, quella del giudice dell’ottemperanza e da ultimo quale sia il rapporto tra questo ed una successiva disciplina europea oppure una sopravvenuta operata dalla Corte di Giustizia. Per concludere, l’intervenuta sopravvenienza (in particolare, una sentenza della Corte di Giustizia, equiparabile ad una sopravvenienza normativa), incidendo su un procedimento ancora in corso e quindi non coperto dal giudicato, può determinare non un conflitto ma una successione di regole che disciplinano la medesima situazione giuridica. Alla luce di tutto ciò, la stessa giurisprudenza dubita circa la piena condivisibilità della teoria del giudicato a formazione progressiva, in quanto il rimedio dell’ottemperanza non si pone più in chiave di completamento del dictum del giudice amministrativo, essendo più che altro finalizzato a garantire l’esecuzione della sentenza da parte della pubblica amministrazione.

4. La posizione dei Giudici di Palazzo Spada: l’Adunanza Plenaria N. 11 del 2016

Con la pronuncia N. 11 del 2016 i Giudici di Palazzo Spada si sono occupati dei rapporti tra giudicato amministrativo e ius superveniens di matrice europea. La vicenda processuale aveva ad oggetto la realizzazione della Cittadella della Giustizia presso il Comune di Bari da parte dell’impresa Pizzarotti, in particolare, a causa della lunga vicenda processuale, l’Adunanza Plenaria ha dovuto delimitare esattamente il contenuto e la portata conformativa delle sentenze di cui si richiede l’ottemperanza ma soprattutto il rapporto tra giudicato a formazione progressiva e sopravvenuta normativa europea, alla luce dell’attuale visione dei rapporti di integrazione fra l’ordinamento europeo e quello nazionale. In passato il Consiglio di Stato in numerose pronunce, ha riconosciuto al giudice dell’ottemperanza la possibilità di riempire gli spazi vuoti lasciati dal precedente giudicato formatosi in sede di cognizione (8). Ma in questo caso, la Sezione rimettente criticando la tesi del giudicato a formazione progressiva, ha chiesto all’Adunanza Plenaria di stabilire in astratto uno o più criteri, certi e ripetibili, per definire il discrimine tra statuizioni della sentenza di ottemperanza suscettibili di passare in giudicato e mere misure esecutive; infine anche alla luce del principio di diritto enunciato dalla Corte di Giustizia (9), se il diritto nazionale conosca dei rimedi per ritornare sul giudicato che ha condotto ad una situazione contrastante con la normativa europea. L’Adunanza Plenaria, modificando l’ordine delle questione sottoposte dalla V Sezione, pronuncia i seguenti principi di diritto:

1) gli effetti del giudicato sono limitati alle parti dell’originario giudizio di cognizione, sicché è inammissibile la proposizione del ricorso di ottemperanza (o, nel suo ambito, di un incidente di esecuzione), per dedurre la nullità di un provvedimento emanato da una amministrazione che non è stata parte del rapporto processuale definito con la sentenza irrevocabile di cui si chiede l’esecuzione;

2) pur ammettendosi la figura del giudicato a formazione progressiva, nell’individuazione delle prescrizioni via via stabilite dalle sentenze che si succedono sulla res controversa, occorre considerare che il giudice amministrativo non può mai sostituirsi all’amministrazione nell’esercizio di valutazioni discrezionali, al di fuori dei tassativi casi di giurisdizione di merito stabiliti dalla legge; conseguentemente, da un giudicato che abbia accertato la lesione di interessi procedimentali – come nel caso di azione esercitata ex artt. 30 e 117 c.p.a. per l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere al di fuori dei casi di esercizio vincolato del potere – deriva l’obbligo strumentale di portare a conclusione il procedimento e  giammai quello finale di attribuzione del bene della vita sostanziale, posto che il giudicato non può incidere sui tratti liberi dell’azione amministrativa lasciati impregiudicati e, in primo luogo, sui poteri non esercitati e fondati su presupposti fattuali e normativi diversi e successivi;

3) premesso che, in linea generale, l’esecuzione del giudicato amministrativo di legittimità deve avvenire da parte dell’amministrazione secondo buona fede e senza che sia frustrata la legittima aspettativa delle parti alla stabile definizione del contesto procedimentale, ovvero mediante il ripristino retroattivo  della situazione controversa per evitare che la durata del processo vada a scapito del vincitore, gli effetti del tempo e delle sopravvenienze (giuridiche e fattuali) sul giudicato amministrativo, pur esprimendo la ineluttabile contrapposizione fra naturale dinamicità dell’azione amministrativa ed effettività della tutela, trovano un punto di equilibrio nei seguenti principi:  

a)    la retroattività del giudicato non è assoluta, dovendo correlarsi alle circostanze del caso concreto ed alla consistenza dell’interesse legittimo coinvolto (pretensivo, oppositivo e procedimentale);  

 b)    l’esecuzione del giudicato può trovare limiti solo nelle sopravvenienze di fatto e diritto antecedenti alla notificazione della sentenza divenuta irrevocabile; sicché la sopravvenienza è strutturalmente irrilevante sulle situazioni giuridiche istantanee, mentre incide su quelle durevoli nel solo tratto dell’interesse che si svolge successivamente al giudicato, determinando non un conflitto ma una successione cronologica di regole che disciplinano la situazione giuridica medesima;

c)    anche per le situazioni istantanee, la retroattività dell’esecuzione del giudicato trova un limite intrinseco e ineliminabile (che è logico e pratico, ancor prima che giuridico), nel sopravvenuto mutamento della realtà - fattuale o giuridica - tale da non consentire l’integrale ripristino dello status quo ante che semmai, ove ne ricorrano le condizioni, può integrare il presupposto esplicito della previsione del risarcimento del danno, per impossibile esecuzione del giudicato, sancita dall’art. 112, comma 3, c.p.a.;

4) le sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea, rese in sede di rinvio pregiudiziale interpretativo, hanno la medesima efficacia delle disposizioni interpretate e pertanto vincolano non solo il giudice che ha sollevato la questione ma ogni altro organo (amministrativo o giurisdizionale) chiamato ad applicare le medesime disposizioni o i medesimi principi elaborati dalla Corte di giustizia;

5) costituisce decisione abnorme – come tale ricorribile in Cassazione ai sensi dell’art. 111, ultimo comma, Cost. per superamento del limite esterno della giurisdizione – la sentenza del giudice amministrativo che non abbia  evitato la formazione, anche progressiva, di un giudicato in contrasto con il diritto dell’Unione europea (o con altre norme di rango sovranazionale cui lo Stato è tenuto a dare applicazione), quale risulti da una successiva pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea.

5. Conclusioni

La tesi del giudicato a formazione progressiva per molto tempo ha permesso di risolvere questioni di complessa particolarità, tenendo in considerazione le peculiarità del giudizio di ottemperanza e della sua natura mista. A questo bisogna aggiungersi che spesso un procedimento, vuoi per la lentezza della giustizia, vuoi per i ritardi del legislatore, vuoi per i ritardi fisiologici del nostro sistema giudiziario, ha sempre portato  a lunghissime vicende giudiziarie, come quella presa in considerazione dalla pronuncia in esame. Da ultimo, è di rilevante importanza il diritto europeo, che nell’ultimo periodo storico ha inciso notevolmente sul nostro ordinamento giuridico, non solo per le diverse materie oggetto di interventi normativi ma soprattutto per il principio di primazia della normativa europea. Alla luce di quanto esposto e riassunto, sarebbe auspicabile, in considerazione delle statuizioni dei Giudici di Palazzo Spada, che il nostro legislatore potesse non solo intervenire ma anche fornire un quadro normativo il più possibile completo, in quanto la teoria del giudicato a formazione progressiva, nel nostro ordinamento giuridico non ha mai trovato alcun riscontro normativo  e stante la situazione potrebbero ancora sorgere delle questioni da chiarire, tenendo conto del fatto che la normativa europea porterà sempre a delle novità normative e giurisprudenziali in numerose materie, e molti istituti giuridici dovranno essere sempre rivisti e messi in discussione.

Note e riferimenti bibliografici

  1. http://www.giurcost.org/fonti/rd642-07.htm
  2. http://presidenza.governo.it/USRI/magistrature/norme/L1034_1971.pdf
  3. Cons. St., a. p., 26 luglio 2001 n. 6
  4.  Ex multis, Cons. St., sez. VI, 16 ottobre 2007, n. 5409,
  5. Corte cost., 12 dicembre 1998, n. 406
  6. Per la possibilità di pronunciare sentenza che annullano l’atto illegittimo solo con effetti ex nunc o che si limitano ad accertare l’illegittimità dell’atto senza annullarlo imponendo all’amministrazione di provvedere nuovamente in modo legittimo, si veda Cons. St., VI, 10 maggio 2011 n. 2755
  7. Cons. St., IV, 9 dicembre 2015 n. 5589. Si veda anche Cons. St., a.p., 5 gennaio 2013, n. 2:Il giudice dell’ottemperanza è il giudice naturale della conformazione dell’attività amministrativa successiva al giudicato e delle obbligazioni che da quel giudicato discendono o che in esso trovano il proprio presupposto. Qualora in sede di esecuzione sia stato emesso un ulteriore provvedimento sfavorevole per chi sia vincitore in un precedente giudizio di annullamento, l’interessato può contestare l’atto sopravvenuto con un unico ricorso, proposto entro il termine di decadenza previsto dall’art. 41 del codice del processo amministrativo, e può formulare sia censure di legittimità che censure che ne lamentano la nullità per elusione del giudicato, spettando al giudice amministrativo la qualificazione dell’attività amministrativa in rapporto al precedente giudicato. La commissione esaminatrice di una valutazione comparativa per la copertura di un posto di professore universitario, qualora il giudice amministrativo abbia annullato le sue valutazioni conclusive perché viziate rispetto ai criteri da essa previamente predisposti, incorre nella violazione del giudicato se rinnova gli atti del procedimento modificando senza specifiche ragioni i medesimi criteri, perché solo nel caso in cui essi risultino illegittimi possono essere modificati.
  8. Consiglio di Stato, Sezione IV, 25 Giugno 2010, n. 4131; in termini, Sezione V,, 17 Maggio 2013, n. 2680 e 26 Giugno 2013, n. 3517.
  9. Corte di Giustizia dell’Unione Europea 10 luglio 2014, C-213/13. “L’articolo 1, lettera a), della direttiva 93/37/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, deve essere interpretato nel senso che un contratto che abbia per oggetto principale la realizzazione di un’opera che risponda alle esigenze formulate dall’amministrazione aggiudicatrice costituisce un appalto pubblico di lavori e non rientra, pertanto, nell’esclusione di cui all’articolo 1, lettera a), iii), della direttiva 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, anche quando comporti un impegno a locare l’opera di cui trattasi. Se le norme procedurali interne applicabili glielo consentono, un organo giurisdizionale nazionale, come il giudice del rinvio, che abbia statuito in ultima istanza senza che prima fosse adita in via pregiudiziale la Corte di giustizia ai sensi dell’articolo 267 TFUE, deve o completare la cosa giudicata costituita dalla decisione che ha condotto a una situazione contrastante con la normativa dell’Unione in materia di appalti pubblici di lavori o ritornare su tale decisione, per tener conto dell’interpretazione di tale normativa offerta successivamente dalla Corte medesima”