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Pubbl. Gio, 29 Gen 2015

Il nuovo diritto al giudice: l´affaire Al-Dulimi

Antonio Coppola


La Corte di Strasburgo, con la pronuncia Al-Dulimi, precisa ed estende la nozione di diritto di accesso al giudice - anche in rapporto a Risoluzioni ONU.


La Corte di Strasburgo, sulla scia delle posizioni espresse dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea (v. decisioni Kadi e Kadi II), sembra essere approdata ad una nuova, e più avanzata, configurazione del diritto di accesso alla tutela giurisdizionale. È questo, infatti, l'obiettivo che i Giudicanti si sono posti con la sentenza 26 novembre 2013, Al-Dulimi e Montana Management Inc. c. Svizzera.

La Corte di Strasburgo, sulla scia delle posizioni espresse dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea (v. decisioni Kadi e Kadi II), sembra essere approdata ad una nuova, e più avanzata, configurazione del diritto di accesso alla tutela giurisdizionale. È questo, infatti, l'obiettivo che i Giudicanti si sono posti con la sentenza 26 novembre 2013, Al-Dulimi e Montana Management Inc. c. Svizzera.

Il fatto è presto detto: Al-Dulimi è un soggetto il cui nominativo è stato inserito, nel 2003, in una black-list predisposta dal Comitato delle sanzioni delle Nazioni Unite. L'accusa è quella di aver contribuito finanziariamente, anche attraverso il controllo di una società (la Montana Management Inc.), ad attività di organizzazioni terroristiche. In esecuzione delle relative Risoluzioni del Consiglio di sicurezza, il Governo svizzero ha proceduto ad attuare misure di confisca dei beni di Al-Dulimi (già precedentemente sequestrati).

Dopo aver invano adito le autorità giurisdizionali svizzere, Al-Dulimi si è rivolto alla Corte europea, organo deputato a garantire la tutela dei diritti umani, lamentando la violazione, da parte della Svizzera, dell'art. 6 CEDU (Diritto a un equo processo).

La Sez. II della Corte, nella sentenza in commento, ha riconosciuto le ragioni del ricorrente: le garanzie offerte dall'ordinamento internazionale, al fine di ottenere la cancellazione del nominativo dalle liste in questione, non sono sufficienti per gli standard europei (manca addirittura una vera e propria istanza giurisdizionale alla quale rivolgersi). Del resto, neppure i tribunali della Stato nazionale avevano offerto al ricorrente la possibilità di ottenere una tutela giurisdizionale realmente effettiva. Per questi motivi - e considerando sproporzionato l'integrale sacrificio del diritto fondamentale di accesso al giudice al fine del raggiungimento degli obiettivi delle Risoluzioni ONU - la Corte di Strasburgo, seppur con una stretta maggioranza, ha condannato lo Stato convenuto.

La vicenda processuale, però, non ha ancora avuto termine. Il Governo svizzero, infatti, ha chiesto ed ottenuto (ex art. 43, comma 1, CEDU) che la controversia sia rinviata alla Grande Camera. Essa rappresenta, nel caso di specie, e se ricorrono circostanze eccezionali, una sorta di organo giurisdizionale di "appello", la quale sarà ora investita del compito di confermare o meno la coraggiosa - ma, forse, anche opportuna - scelta compiuta dalla Sez. II.