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Pubbl. Mar, 25 Lug 2023
Sottoposto a PEER REVIEW

Armonizzazione contabile e istituto del debito autorizzato e non contratto (DANC)

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Michela Casarsa
Funzionario della P.A.Università telematica UNITELMA Sapienza



L’articolo affronta l’analisi del ricorso all’istituto del debito autorizzato e non contratto nelle regioni secondo le disposizioni del D.Lgs. 118/2011 fino all’approvazione della legge di bilancio 2019 e al DM 02/08/2022, con particolare riferimento alle regioni Veneto, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia.


ENG

Accounting harmonization and authorized and non-contracted debt institution (ANCD)

The article deals with the analysis of the use of the authorized and non-contracted debt institution in the regions according to the provisions of Legislative Decree 118/2011 until the approval of the 2019 budget law and Ministerial Decree 08/02/2022, with particular reference to the regions of Veneto, Lombardy and Friuli-Venezia Giulia.

Sommario: 1. Decreto Legislativo 23 giugno 2011, n. 118 - Principi contabili applicati – 2. Legge 30 dicembre 2018, n. 145 – 2.1. Art. 1 cc. 937 e 938 Legge 30 dicembre 2018, n. 145 – 2.2. Il DANC nella regione Lombardia – 2.3. Il DANC nella regione Veneto – 3. Regione Friuli-Venezia Giulia: analisi sul ricorso all’istituto del debito autorizzato e non contratto – 4. Conclusioni

1. Decreto Legislativo 23 giugno 2011, n. 118 - Principi contabili applicati

L’Unione Europea, con la Direttiva del Consiglio 2011/85/UE dell’8 novembre 2011, ha «specificamente fissato regole minime comuni per i quadri di bilancio nazionali finalizzate a renderli più trasparenti, confrontabili e il più possibile completi e veritieri, nonché con un medesimo orizzonte temporale pluriennale di programmazione (minimo tre anni)»[1]. «Tali regole sono necessarie perché sia garantita l’osservanza da parte degli Stati membri dell’obbligo, derivante dal TFUE, di evitare disavanzi pubblici eccessivi»[2].

Nel nostro paese l’esigenza di rendere i bilanci degli enti omogenei, confrontabili ed aggregabili tra loro era percepita ormai da lungo tempo, infatti già all’art. 25 della legge 5 agosto 1978, n. 468 rubricato “Normalizzazione dei conti degli enti pubblici”, si disponeva che: “Ai comuni, alle  province e relative aziende, […] è fatto  obbligo,  entro un anno dalla entrata in vigore della presente legge, di  adeguare  il  sistema  della  contabilità  ed i relativi bilanci  a  quello  annuale  di  competenza  e  di cassa dello Stato, […] al fine di consentire il consolidamento delle operazioni interessanti il settore pubblico.”[3]

  Il perseguimento di questo obiettivo ha registrato per più di un ventennio scarsi risultati, ma, agli inizi degli anni 2000, si era reso necessario un progressivo avvio verso l’armonizzazione dei sistemi contabili, per l’introduzione del Patto di Stabilità interno e considerato l’impegno dell’Italia al rispetto degli stringenti vincoli di bilancio imposti dal Trattato di Maastricht. Il conseguente onere derivato dalla sottoscrizione del Trattato di Maastricht consisteva nel contenere il deficit pubblico entro dati parametri nonché consolidare i conti dello Stato.

In particolare, con la Legge costituzionale n. 3 del 2001 di modifica del titolo V della Costituzione, «che prevede una evoluzione dell’assetto istituzionale del nostro Paese, introducendo un accentuato decentramento delle funzioni di Governo a favore delle Regioni e delle autonomie locali. Tale riforma – peraltro ancora in corso di attuazione – prevede una forte autonomia fiscale dei livelli decentrati di Governo, fornendo quindi un rilievo del tutto nuovo alla questione dell’armonizzazione dei bilanci»[4]. Infatti, all’art. 117 lettera e) si cita “[...] armonizzazione dei bilanci pubblici […]”, ad evidenziare l’esigenza di assicurare il coordinamento tra le linee di indirizzo politico ed i fini perseguiti dai diversi livelli di governo.

Un primo passo in questo senso viene fatto con la Legge 5 maggio 2009 , n. 42, “Delega al governo in materia di federalismo fiscale in attuazione dell’art. 119 della Costituzione”, che introduce l’armonizzazione contabile e il bilancio consolidato per le aziende pubbliche delle Regioni, Province autonome ed Enti locali e con cui vengono stabiliti parametri  “innovativi” come per esempio il passaggio dalla spesa storica alla spesa “standard” nonché l’inserimento di un sistema premiante nei confronti di quegli Enti che assicurino una elevata qualità dei servizi in presenza altresì di una  inferiore pressione fiscale rispetto la media di altri Enti equiparabili.

Un impulso fondamentale di questa riforma federale avviene con il passaggio da un sistema che prevedeva trasferimenti “a piè di lista”, dallo Stato agli enti territoriali, basandosi su dati storicizzati che non tenevano conto delle effettive situazioni contabili degli enti, ad un sistema di trasferimenti basati sulla reale gestione delle risorse in entrata e sui conseguenti risultati raggiunti, sistema che ha incentivato una maggiore responsabilizzazione degli amministratori locali.

In ottemperanza all’art. 2 della citata norma, il 1° gennaio 2010 entra in vigore la riforma della contabilità e della finanza pubblica[5], con la quale viene revisionato il sistema di elaborazione del bilancio dello Stato e viene introdotta l’armonizzazione contabile e il bilancio consolidato per le aziende pubbliche che rientrano nell’accezione di Amministrazioni Pubbliche di cui agli elenchi pubblicati annualmente dall’Istat.

A seguito delle due leggi appena nominate, giunte dopo un faticoso percorso normativo evolutosi nel tempo con non poche difficoltà, il Governo viene incaricato di adottare uno o più decreti attuativi, riferiti ai medesimi principi e criteri direttivi, con conseguente emanazione[6] del D.lgs. n. 91/2011 in attuazione dell’armonizzazione contabile e del bilancio consolidato delle Pubbliche Amministrazioni e del D.lgs. n. 118/2011 per l’armonizzazione contabile e del bilancio consolidato delle Autonomie locali.

Con l’approvazione di questi decreti attuativi ha preso l’avvio un processo di armonizzazione contabile dei bilanci pubblici che, «con l'introduzione di criteri omogenei volti a migliorare la trasparenza, l'attendibilità e la confrontabilità delle scritture contabili di tutte le amministrazioni pubbliche, costituisce uno strumento essenziale per la definizione di un quadro normativo contabile che concorra alla sostenibilità delle finanze pubbliche»[7] ed ha portato ad una crescente omogeneità degli strumenti contabili tramite un sistema comune di classificazione e registrazione dei dati in bilancio.

Il periodo di sperimentazione intercorso tra l’emanazione dei decreti e l’effettiva entrata in vigore dell’armonizzazione contabile, con l’apporto di modifiche a principi e schemi contabili, la necessità di formare adeguatamente le risorse umane, l’aggiornamento delle procedure informatiche, le varie criticità presentatesi nel riaccertamento straordinario dei residui e nella creazione del Fondo crediti di dubbia esigibilità, ha consentito la creazione di manuali tecnici a disposizione degli enti, utili all’operatività e pubblicati su ARCONET[8].

Infine, con l’emanazione del decreto legislativo 10 agosto 2014 n. 126 rubricato “Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42”, il D.lgs. 118/2011 viene integrato con la disciplina che fino a quel momento era riservata ai soli enti sperimentatori[9].

Il D. Lgs. 126/2014, «anzitutto, va a inserire i principi contabili generali ed applicati, con la finalità̀ di far convergere verso buone prassi di gestione finanziaria i comportamenti di tutti gli enti pubblici, ed inoltre ridefinisce l’ordinamento contabile delle regioni»[10]. I principi citati sono contenuti nel primo documento allegato al D.lgs. n. 118/2011 (integrato e modificato dal D.lgs. n. 126/2014) e tutte le pubbliche amministrazioni devono conformare ad essi la propria gestione. «Questo documento, riprendendo i principi contabili previsti nel TUEL, puntualizza alcuni aspetti di particolare rilievo, come la comparabilità dei sistemi di bilancio, la prevalenza della sostanza sulla forma nelle rilevazioni contabili e il raggiungimento e mantenimento degli equilibri di bilancio. Il citato art. 3 enuncia, poi, i principi contabili applicati che costituiscono parte integrante e sostanziale del decreto e, pertanto, assumono carattere di obbligatorietà per tutti gli attori del comparto finanziario locale».[11]

I principi contabili applicati previsti nell’originale decreto legislativo del 2011 vengono quindi confermati e approvati in via definitiva a formare i 4 allegati alla normativa integrativa del 2014 insieme agli schemi contabili.

Nello specifico i principi contabili previsti all’interno della norma sono:

  • Allegato n. 4/1 Principio contabile applicato concernente la programmazione di bilancio;
  • Allegato n. 4/2 Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria;
  • Allegato n. 4/3 Principio   contabile   applicato   concernente    la    contabilità economico-patrimoniale degli enti in contabilità finanziaria;
  • Allegato n. 4/4 Principio contabile applicato concernente il bilancio consolidato.

L’allegato 4/2, che qui più ci interessa, riguarda la contabilità finanziaria quale «sistema contabile principale e fondamentale per fini autorizzatori e di rendicontazione della gestione. La contabilità finanziaria rileva le obbligazioni, attive e passive, gli incassi ed i pagamenti riguardanti tutte le transazioni poste in essere da una amministrazione pubblica, anche se non determinano flussi di cassa effettivi».

Riguardo al nuovo decreto, di aggiornamento del D.lgs. 118/2011, in esso si prevede che, «per l’esercizio 2015, gli enti, comprese le istituzioni che da essi dipendono, saranno obbligati ad adottare i nuovi schemi contabili con funzione conoscitiva, mentre gli schemi di bilancio e di rendiconto ex d.p.r. n. 194/1996 manterranno la propria funzione autorizzatoria (art. 11, c. 12). A decorrere dallo stesso esercizio, dovrà essere applicato il criterio della competenza finanziaria potenziata, sia alla gestione di competenza (art. 3, c. 11) che alla gestione dei residui. Per quanto riguarda quest’ultima, le amministrazioni dovranno porre in essere il riaccertamento straordinario di tutte le poste attive e passive già all’1 gennaio 2015 (art. 3, c. 7). Tutti gli altri interventi assumono carattere di obbligatorietà a partire dal 2016, il che lascia più tempo agli enti per adeguarsi alle nuove regole»[12].

Inoltre, con il D.lgs. 126/2014 viene inserita un’innovazione che riguarda l’indebitamento degli enti territoriali ai sensi dell’art. 3 comma 17, della Legge 24 dicembre 2003, n. 350, con l’aggiunta del leasing finanziario[13] come strumento di pagamento e il residuo debito garantito a seguito dell’escussione delle garanzie, attraverso l’utilizzo delle fidejussioni. Tali strumenti fino ad allora erano utilizzati solo nel privato.

2. Legge 30 dicembre 2018, n. 145

Il primo gennaio 2015, nelle regioni a statuto ordinario[14], è stato adottato a regime il D.lgs. 118/2011 con tutte le modifiche e integrazioni apportate in seguito al periodo di sperimentazione.

«L’entrata in vigore del d.lgs. 118/2011 garantisce:

  • la qualità della composizione della spesa attraverso la definizione di equilibri di bilancio per tutte le amministrazioni territoriali (e superare il vincolo costituzionale di parte corrente);
  • una corretta rilevazione degli investimenti attraverso la competenza finanziaria potenziata, evitando il ricorso alle rilevazioni di cassa per le analisi di finanza pubblica (e i conseguenti effetti «distorsivi»)»[15];

Dopo quasi tre anni di applicazione della riforma contabile, nell’anno 2018 viene redatta ed approvata la legge di bilancio 2019[16], che aggiorna significativamente ancora una volta il D.lgs. n. 118/2011 e la relativa applicazione pratica.

Ai sensi di quest’ultima normativa, dal 2019 è praticamente superato il concetto di “pareggio di bilancio”, attribuendo alle singole amministrazioni locali[17] il compito di rispettare più in generale il concetto di “equilibrio di bilancio”[18], così come declinato nel principio generale (o postulato) n. 15[19] del D.lgs. 118/2011.

«Secondo la Corte costituzionale gli avanzi di amministrazione devono essere pienamente utilizzabili e non possono essere assoggettati ai vincoli di finanza pubblica»[20]. Infatti, le recenti sentenze della Corte costituzionale n. 247/2017 e n. 101/2018 stabiliscono che:

  •  «l'avanzo di amministrazione, una volta accertato nelle forme di legge, deve rimanere nella disponibilità dell'ente che lo realizza e non risulta incluso fra le entrate finali solo perché la legge n. 243/2012 guarda al bilancio di previsione, mentre l'avanzo è accertato in sede di rendiconto, il cui utilizzo è fortemente ostacolato dalle regole del pareggio;
  • per il fondo pluriennale vincolato, gli enti hanno la piena facoltà di gestirlo indipendentemente dalla sua collocazione in bilancio, mentre la sua esclusione dal saldo comporta il rischio di ostacolare l'adempimento di obbligazioni “legittimamente assunte e in origine dotate di piena copertura finanziaria”»[21].

Ulteriori modifiche e integrazioni apportate al D.lgs. 118/2011 dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145, tra le altre riguardano l’art. 11 “Schemi di bilancio”, comma 6 e l’art. 40 “Equilibrio di bilanci” relativi alle spese di investimento delle sole Regioni e relative coperture con debito da contrarre unicamente per far fronte ad effettive esigenze di cassa.

In particolare, l’integrazione introdotta all’art. 11 comma 6

«Al fine di garantire la correlazione tra gli investimenti e il debito autorizzato e non contratto» dispone che dopo la lettera d) siano inserite le seguenti:
«d-bis) solo con riferimento alle regioni, l'elenco degli impegni per spese di investimento di competenza dell'esercizio finanziati con il ricorso al debito non contratto;
d-ter) solo con riferimento alle regioni, l'elenco degli impegni per spese di investimento che hanno determinato il disavanzo da debito autorizzato e non contratto alla fine dell'anno, distintamente per esercizio di formazione.»[22]

Il nuovo articolo 40 del citato D.lgs. risulta invece integrato con l’inserimento del comma 2.bis:

«Fermo restando quanto previsto dal comma 2, a decorrere dall'esercizio 2018, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano che nell'ultimo anno hanno registrato valori degli indicatori annuali di tempestività dei pagamenti, calcolati e pubblicati secondo le modalità stabilite dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 settembre 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 14 novembre 2014, rispettosi dei termini di pagamento di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, possono autorizzare spese di investimento la cui copertura sia costituita da debito da contrarre solo per far fronte a esigenze effettive di cassa. L'eventuale disavanzo di amministrazione per la mancata contrazione del debito può essere   coperto nell'esercizio successivo con il ricorso al debito, da contrarre solo per far fronte a effettive esigenze di cassa».[23]

La legge di bilancio in parola è composta nella parte I dall’articolo 1 suddiviso in 1143 commi ed al suo interno sono reperibili le modifiche e integrazioni al D.lgs. 118/2011 poc’anzi citate, specificamente ai commi 937 e 938.

2.1. Art. 1 cc. 937 e 938 Legge 30 dicembre 2018, n. 145

Il D.lgs. 23 giugno 2011, n. 118 nella sua prima stesura, entrata in vigore in data 10 agosto 2011, all’articolo 11 prevedeva 3 commi, mentre con le successive modifiche ed integrazioni introdotte dal D.lgs. 126/2014 i commi dell’articolo in parola, per effetto dell’aggiornamento di tutte le caratteristiche dei comuni schemi di bilancio finanziari, economici e patrimoniali, sono diventati 17. Nell’articolato il comma 6 riportava un elenco alfabetico dalla lettera a) alla lettera o) inerente al documento illustrativo della gestione dell'ente, ovvero la relazione sulla gestione allegata al rendiconto. Da ultimo, la legge n. 145 del 30 dicembre 2018, attraverso l’approvazione dell’art. 1 comma 938, ha ulteriormente integrato il comma 6 come dettagliato nel paragrafo precedente.

Riepilogando, pertanto, l’argomento di interesse del presente testo, il debito autorizzato e non contratto è stato inizialmente introdotto nel 2000 dal legislatore nazionale con il D.lgs. 28 marzo 2000, n. 76, art. 5.[24] Detto articolo è stato successivamente abrogato ad opera del D.lgs. 118/2011 e successive modifiche apportate dal D.lgs. 126/2014; ne consegue la disposizione che con decorrenza dal 2016 il disavanzo di amministrazione derivante dal debito autorizzato e non contratto per finanziare spesa di investimento, risultante dal rendiconto 2015, può essere coperto con il ricorso al debito che può essere contratto solo per far fronte ad effettive esigenze di cassa[25].

«La norma, in sostanza, disciplina la facoltà, per la Regione, di conseguire l’equilibrio tra le entrate che si prevede di accertare e le spese che si prevede di impegnare ovvero lo sbilanciamento (presunto) della gestione di competenza, mediante l’autorizzazione a contrarre mutui o prestiti obbligazionari finalizzati a coprire la prevista insufficienza delle entrate “ordinarie”, con esclusione, dunque, del disavanzo generato dalla gestione dei residui»[26].

Riguardo alle disposizioni degli esercizi finanziari in cui ricorrere all’istituto del DANC vi sono pareri discordanti.

Dal punto di vista della Corte dei Conti, sezione autonomie, nella Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni 2015 si riporta: «l’art. 1, comma 688-bis della l. 28 dicembre 2015 n. 208, aggiunto dal d.l. n. 113/2016, autorizza le sole Regioni che, nell’anno 2015, hanno rispettato i tempi di pagamento nelle transazioni commerciali (così come previsti dall’art.4, comma 4, decreto legge n. 78 del 2015) ad avvalersi, per l’anno 2016, delle disposizioni in materia di contabilizzazione degli investimenti finanziati da debito autorizzato e non contratto di cui al su richiamato articolo 40, comma 2, del d. lgs. n. 118/2011. L’entrata in vigore, a decorrere dal 1° gennaio 2016, delle disposizioni dettate dal capo IV della l. n. 243/2012, come successivamente modificate dalla l. n. 164/2016, ha definitivamente determinato il superamento del ricorso al sistema dei “mutui a pareggio”»[27].

La Corte costituzionale, riprendendo tale relazione, nella sentenza n. 274/2017 di impugnazione della legge della Regione Liguria 02/11/2016, n. 26 art. 6, «non riconosce la finalità di proroga del comma 688 bis citato, fornendo al contrario un’interpretazione restrittiva di tale norma. Secondo la Corte il comma 688 bis andrebbe a ridurre la portata autorizzatoria del comma 2 dell’art. 40 del d.lgs. n. 118/2011, limitandola al 2016 e alle sole regioni che rispettano i tempi di pagamento»[28].

Nel novembre 2018 la Commissione ARCONET (ARmonizzazione CONtabile Enti Territoriali) prevista dall’articolo 3-bis del decreto legislativo n. 118 del 2011 corretto e integrato dal decreto legislativo n. 126 del 2014 affronta, nel corso della riunione mensile, la proposta di aggiornamento dei principi contabili delle Regioni e degli schemi di bilancio e di rendiconto alla nuova disciplina del disavanzo da debito autorizzato e non contratto (DANC) di cui all'articolo 70 del disegno di legge di bilancio 2019. Nello svolgimento dell’incontro si fa riferimento all’audizione della Corte dei conti in merito al disegno della legge di bilancio citata che evidenzia che «tra le misure volte a favorire gli investimenti territoriali va menzionato anche l’art. 70 che reintroduce per le regioni la possibilità di coprire spesa di investimenti mediante mutui autorizzati e non contratti, consentendo il rinvio del perfezionamento del contratto di mutuo al momento, eventuale, in cui dovessero manifestarsi esigenze di cassa»[29]. Con l’occasione il «rappresentante dell’ANCI segnala la necessità di estendere tale Istituto contabile anche agli enti locali», «in considerazione degli effetti positivi sugli investimenti riconosciuti all’Istituto del disavanzo da debito autorizzato e non contratto nell’Audizione».[30]

Al successivo incontro della Commissione si evidenzia la necessità di aggiornare il principio contabile in virtù del fatto che la legge di bilancio che «reintroduce per le Regioni e le Province Autonome la possibilità di autorizzare, con legge, debito per spese di investimenti da contrarre solo in caso di effettiva necessità di cassa»[31], è in corso di approvazione. A seguito dell’analisi delle varie proposte i «rappresentanti delle Regioni segnalano la necessità di dare separata evidenza alla reimputazione agli esercizi successivi degli impegni finanziati dal DANC rispetto agli altri impegni riguardanti gli investimenti e si impegnano a verificare il funzionamento delle nuove tabelle riguardanti il DANC da inserire nella Relazione sulla gestione»[32].

In data 30 dicembre 2018 viene approvata la legge di bilancio 2019, n. 145 che prevede, ma unicamente per le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, il reinserimento dell’istituto del disavanzo da debito autorizzato e non contratto contemplato ai commi 937-938 dell’art. 1.

«Per garantire la correlazione tra investimenti e debito autorizzato e non contratto, le Regioni debbono redigere l'elenco degli impegni per spese di investimento di competenza dell'esercizio finanziati con il mutuo a pareggio e quello degli impegni per spese di investimento che hanno determinato il disavanzo, sempre da debito autorizzato e non contratto alla fine dell'anno, distintamente per esercizio di formazione»[33].

A partire dalle successive riunioni indette dal 2019 la Commissione ARCONET affronta il tema del DANC per definire con accuratezza gli aggiornamenti del principio contabile 4.2 del D.lgs. 118/2011 e concordare le modalità di compilazione degli schemi di bilancio, tanto che nel febbraio 2019 «considerata la complessità e le implicazioni dell’argomento in esame e delle diverse posizioni assunte dai componenti della Commissione intervenuti il Presidente della Commissione propone la costituzione di un gruppo ristretto di lavoro per approfondire gli aspetti emersi e portare in Commissione una versione del prospetto preventivamente condivisa dal gruppo ristretto»[34].

Nei mesi a seguire il gruppo ristretto nominato all’interno della Commissione ARCONET ha analizzato le proposte di volta in volta segnalate per giungere alla stesura definitiva e completa dello schema di decreto di aggiornamento degli allegati al decreto legislativo n. 118 del 2011. La proposta della Commissione per l'armonizzazione degli enti territoriali è stata quindi approvata nella riunione del 20 luglio 2022 ed ha concluso il percorso di emanazione con il Decreto Ministeriale del 2 agosto 2022.

Gli aggiornamenti apportati alla materia d’interesse rilevano in particolare in quanto «la sigla DANC, fino ad ora riferita al disavanzo di amministrazione da debito autorizzato e non contratto potrebbe generare confusione, in quanto a seguito di impegni per investimenti a fronte del debito autorizzato e non contratto sono possibili le seguenti alternative:

  • formazione di saldi positivi di competenza che non peggiorano il risultato di amministrazione;
  • formazione sia di saldi negativi di competenza da debito autorizzato e non contratto, sia del disavanzo di amministrazione da debito autorizzato e non contratto;
  • formazione di saldi negativi di competenza da debito autorizzato e non contratto che non peggiorano il risultato di amministrazione»[35].

E ancora i lavori della Commissione hanno evidenziato:

«1) il Disavanzo da debito autorizzato e non contratto (DANC) impatta anche sul disavanzo di competenza e non solamente sul risultato di amministrazione, concordando sulla necessità di distinguere, anche terminologicamente, il disavanzo di competenza determinato dal DANC e il disavanzo di amministrazione determinato dal DANC;

2) l’impatto del DANC su ciascuno dei tre saldi di competenza rilevanti ai fini dell'equilibrio di bilancio di cui all’articolo 1, comma 821 della legge n. 145 del 2018 (avanzo di competenza, equilibrio di bilancio e equilibrio complessivo) può essere diverso».[36]

Il decreto ministeriale 02.08.2022 all’art. 2 ha sostituito anche il paragrafo 5.3.4-bis del principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria di cui all’allegato 4/2 al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, rubricato “La copertura degli investimenti costituita da debito autorizzato e non contratto (DANC) (solo per le regioni)”. «La possibilità di effettuare investimenti con copertura costituita da debito non contratto è autorizzata con legge regionale, anche con riferimento agli esercizi successivi, ed è soggetta alla disciplina ed ai limiti previsti dall’ordinamento per il debito. La copertura da debito autorizzato e non contratto si forma con riferimento a ciascuno degli esercizi di imputazione degli impegni per investimento, senza che sia necessaria la costituzione del fondo pluriennale vincolato»[37].

Allegati al decreto ministeriale, inoltre, sono stati inseriti gli schemi di bilancio validi per gli esercizi 2022 e 2023.

2.2. Il DANC nella regione Lombardia

La Lombardia è una delle regioni che hanno messo in pratica quanto previsto dal D.lgs. 118/2011 in merito al DANC sin dagli esordi dell’istituto.

Infatti, già nella “Relazione sul rendiconto generale della Regione Lombardia per l'esercizio finanziario 2015” il Procuratore Regionale della Corte dei conti Antonio Caruso riferisce che «La Regione Lombardia, nel corso dell'esercizio 2015, ha sfruttato la possibilità concessa dal D.L. n. 78/2015 il quale all'art. 1- quater consente alle Regioni, per l'anno 2015, la possibilità di impegnare spese per investimenti la cui copertura è costituita da debiti autorizzati e non contratti imputando gli stessi all'esercizio 2015»[38].

Lo stesso anno, nella legge regionale 30 dicembre 2015, n. 44 (Bilancio di previsione 2016-2018) all’art. 1 comma 5 si trova già la seguente disposizione: «In applicazione dell'articolo 40, comma 2, del d.lgs. 118/2011 è autorizzato per l'anno 2016 il ricorso al debito, per far fronte ad effettive esigenze di cassa, a copertura del disavanzo di amministrazione derivante dal debito autorizzato e non contratto per finanziare spesa di investimento, sulla base del risultato presunto di amministrazione 2015».[39]

Nel corso del 2017 la Corte dei conti lombarda nell’emettere il giudizio di parificazione sottolinea che il «risultato di amministrazione dell’esercizio 2016, che riassume in maniera sintetica l’esito dell’intera gestione, registra un disavanzo contabile di 538,87 milioni di euro e, per effetto delle quote accantonate e vincolate da ripristinare, un disavanzo sostanziale di 1.630,01 milioni di euro. Tale disavanzo, come verificato, risulta interamente imputabile al debito autorizzato e non contratto per finanziare spese di investimento e, come consentito dall’art. 40, comma 2, del decreto legislativo n. 118/2011 può essere coperto con il ricorso al debito da contrarre solo per far fronte ad effettive esigenze di cassa. […] Risulta peraltro rispettato, come accertato a seguito di specifica istruttoria, il limite di indebitamento previsto dalla legislazione vigente».[40]

Per l’esercizio 2017 nuovamente la regione Lombardia aveva previsto nella legge di bilancio[41] il ricorso all’istituto del debito autorizzato e non contratto, trovando però in contrasto il parere della Corte dei conti che nella relazione del giudizio di parifica rileva «Regione Lombardia, che già nel 2015 aveva sfruttato la possibilità offerta dall’art. 1-quater del decreto-legge n. 78/2015 per finanziare spese di investimento […] e che nel 2016 si era avvalsa dell’autorizzazione legislativa del citato art. 1, comma 688-bis della legge n. 208/2015 per autorizzare un mutuo per 90,57 milioni di euro anch’esso non contratto ed interamente sostituito da risorse proprie, ha riproposto lo stesso sistema di finanziamento delle spese di investimento basato sul “debito autorizzato e non contratto” anche nel 2017, pur in difetto di una specifica disposizione di legge in tal senso. La Sezione, pur dando atto che tale pratica non ha inciso negativamente sugli equilibri di bilancio della Regione risultanti dal progetto di rendiconto il quale al contrario registra un miglioramento del disavanzo di amministrazione dei precedenti esercizi, ritiene di doversi pronunciare sulla legittimità e sulla regolarità contabile della stessa in particolare sotto il profilo della compatibilità con i principi contabili del nuovo sistema armonizzato introdotto dal decreto legislativo n. 118/2011.»[42]

La Regione ha prodotto le proprie controdeduzioni a conforto del proprio operato, non considerate però esaustive dalla Corte dei conti che ha comunque censurato la irregolarità dell’operato dell’ente sottolineando che «non significa peraltro che la Regione avrebbe dovuto (o debba per il futuro) necessariamente attivare il mutuo autorizzato, assumendo maggiori oneri quando disponga di risorse proprie, ma richiede che tali risorse trovino un’adeguata rappresentazione nei documenti contabili dell’ente in corso di esercizio per fornire copertura alle spese in accordo con i principi del sistema armonizzato. Rimane sempre consentito infatti, laddove i monitoraggi effettuati in corso di gestione rivelino maggiori entrate o minori spese, apportare le conseguenti variazioni al bilancio di previsione in modo da ridurre o cancellare l’autorizzazione al mutuo a fronte di una nuova entrata accertata o del miglioramento del saldo corrente, che si prestano a fungere da idonea copertura agli impegni per spese di investimento»[43].

L’organo di controllo ha infine deliberato il giudizio di parifica affermando «che, tuttavia, ai fini del presente giudizio, l’evidenziata irregolarità non preclude la parificazione dei capitoli di spesa originariamente coperti con il predetto mutuo autorizzato e non contratto, considerato che tale copertura risulta essere stata, comunque, accertata a rendiconto».[44]

Di seguito, dall’esercizio finanziario 2018 e seguenti, la regione Lombardia ha riproposto il ricorso al DANC nelle proprie leggi di bilancio di previsione e la Corte dei conti, riprendendo i precedenti giudizi, ha ritenuto possibile il ricorso al debito autorizzato e non contratto, considerato che «la legge di bilancio dello Stato per l’anno finanziario 2019 (L. 145/2018, cc. 937 e 938) ha reintrodotto la possibilità di ricorrere a questo istituto»[45].

Per finire, nel giudizio di parificazione della Corte dei conti rilasciato all’udienza del 20 luglio 2022, si è evidenziato che «Anche nell'esercizio 2021, la Regione ha fatto ricorso al meccanismo del debito autorizzato e non contratto (c.d. DANC) per finanziare una parte delle spese di investimento, generando, a differenza di quanto avvenuto negli esercizi 2019 e 2020, nuovo disavanzo in quanto l’ammontare complessivo degli impegni finanziati da DANC imputati all’esercizio 2021, pari a 704 milioni, non ha trovato integrale copertura nella gestione di competenza, generando di conseguenza un disavanzo». Per raggiungere tale risultato di gestione del bilancio la regione Lombardia non ha adottato variazioni di bilancio, ma ha utilizzato maggiori entrate, economie derivanti da minori spese e altre risorse positive verificatesi disponibili nel corso dell’esercizio. Tale operato a giudizio della Corte dei conti «produce l’effetto di rinviare alla redazione del progetto di rendiconto la registrazione contabile delle forme di copertura rinvenute dalla Regione, con ciò minando i principi di trasparenza ed effettiva rappresentatività dei documenti contabili, che, fino alla redazione del progetto di legge, non rilevano in alcun modo le modalità di copertura, anche parziale, degli impegni finanziati da debito autorizzato e non contratto»[46].

2.3. Il DANC nella regione Veneto

La regione Veneto fino al 2015 ha utilizzato per finanziare le spese d’investimento l’istituto del debito autorizzato e non contratto, il cosiddetto “mutuo a pareggio”, ai sensi dapprima dell’art. 4 comma 2 della legge quadro di contabilità n. 335/1976 e poi, con la nuova stesura dei principi contabili per le regioni, ai sensi dell’art. 5 comma 2 del D.lgs. 76/2000. Tali norme nazionali sono state recepite dalla regione Veneto in prima battuta con l’art. 22 comma 2 della L.R. 72/1977 e poi con l’art. 25 comma 2 della L.R. 39/2001 (Ordinamento del bilancio e della contabilità della Regione). Dall’applicazione delle citate norme e, fino al 2015, anche in base all’art. 40 del D.lgs. 118/2011 era permesso assumere contabilmente impegni di spesa in conto capitale anche se il relativo mutuo posto a copertura non fosse stato contratto.

Con la legge regionale 24 febbraio 2016, n. 8 (Bilancio di previsione 2016-2018) la regione Veneto all’art. 4 comma 3 ha disposto che «Dell'importo complessivo delle autorizzazioni alla contrazione di mutui o prestiti obbligazionari o di altre forme di indebitamento consentite dalla legislazione vigente, di cui ai precedenti commi 1 e 2, pari ad Euro 2.139.177.464,92 è dato riscontro nell'allegato 14 "Riscontro degli impegni complessivamente assunti negli esercizi precedenti al 2016 per spese d'investimento da finanziarsi mediante ricorso ad indebitamento, a fronte dei quali non si è proceduto alla contrazione dei relativi prestiti autorizzati"».[47]

Nell’allegato citato vengono quindi evidenziati i movimenti contabili che hanno portato all’importo di cui all’autorizzazione inserita nel bilancio di previsione 2016, così come previsto dagli aggiornamenti normativi introdotti dal D.lgs. 118/2011. Anche la Corte dei conti nella relazione del giudizio di parificazione emesso a seguito dell’udienza del 13 luglio 2017 ha rilevato che «Il disavanzo pregresso è costituito dalle spese, impegnate e non coperte negli esercizi precedenti mediante i mutui autorizzati (ed ovviamente non pagate) che hanno prodotto, nel tempo, una massa di residui passivi, reiscritti nel Fondo pluriennale vincolato, in parte spesa: ciò ha determinato, contestualmente, l’iscrizione, in parte entrata e per un importo corrispondente, della quota di mutui (non contratti) necessaria a coprire detti residui»[48].

Di fatto, si evince dalla suddetta relazione che nella successiva legge regionale 13 dicembre 2016, n. 29, recante “Assestamento del bilancio di previsione 2016-2018” l’indebitamento autorizzato per il 2016 è finalizzato alla copertura di «spese già impegnate negli esercizi precedenti al 2016 per le quali non si è proceduto alla stipulazione di mutui e prestiti entro la chiusura del 2015 (quindi “disavanzo degli esercizi precedenti”)»[49].

Con la legge regionale 30 dicembre 2016, n. 32 “Bilancio di previsione 2017-2019” la regione Veneto dispone la modifica dell’ordinamento del bilancio e della contabilità della Regione di cui alla L.R. 29 novembre 2001, n. 39 per mezzo dell’inserimento all’articolo 12 del comma 3.bis che prevede che «Il saldo positivo annuo determinato in sede di rendiconto generale è destinato in via prioritaria alla riduzione del disavanzo determinato dal debito autorizzato e non contratto»[50].

Anche nei confronti della regione Veneto la Corte dei conti nel giudizio di parifica per l’esercizio 2017 ribadisce la considerazione in relazione al fatto che la «componente del disavanzo è riconducibile al cosiddetto debito autorizzato e non contratto, modalità di finanziamento che la Regione ha adottato in passato e che non è più permessa ex lege a decorrere dal 2016»[51], seppure venga considerato che per ripianare il debito deve essere perseguito l’obiettivo del novellato articolo 12 della legge regionale di contabilità e pertanto «la volontà di riassorbire progressivamente quella parte di disavanzo generata dai mutui autorizzati e non contratti dovrà concretizzarsi necessariamente in un sistematico conseguimento di risultati positivi della gestione di competenza»[52].

Anche nella delibera del giudizio di parifica la Corte dei conti non manca di evidenziare che «L’esame dell’istituto dei mutui a pareggio porta a ritenere la indubbia specificità del disavanzo derivante dal debito autorizzato e non contratto delle Regioni; la sua peculiare disciplina dimostra l’atipicità di detto disavanzo rispetto al disavanzo c.d. ordinario e quindi, con regole speciali quanto al riassorbimento pluriennale»[53].

Nell’analisi dei risultati derivanti dall’esercizio 2018 la Corte dei conti sottolinea che le quote accantonate e vincolate non hanno trovato la necessaria capienza nel risultato di amministrazione che «sarebbe stata invece disponibile se la Regione non avesse fatto ricorso reiteratamente (ancorché legittimata dal legislatore) al meccanismo di finanziamento degli investimenti tramite debito autorizzato e non contratto. Tale modalità, infatti, ha negato al bilancio regionale gli accertamenti d’entrata necessari a finanziarie gli impegni per spese di investimento imputati al bilancio stesso, tra il 2002 e il 2015».[54]

Anche per gli esercizi successivi le considerazioni dell’organo di controllo mantengono il punto sul piano di copertura del disavanzo, ribadendo che il ricorso reiterato al DANC «se, da un lato (come era nelle intenzioni del legislatore di allora), ha permesso di non espandere l’indebitamento, dall'altro ha ridotto la cassa regionale e, di conseguenza, il risultato di amministrazione degli esercizi interessati»[55] (2002-2015). In particolare nella relazione di accompagnamento al giudizio di parifica per l’esercizio finanziario 2019 si osserva «Con le leggi regionali relative al Bilancio di previsione 2019-2021 e al suo assestamento, la Regione Veneto autorizzava pertanto nell'anno 2019 la contrazione di mutui, prestiti obbligazionari o altre forme di indebitamento a copertura del disavanzo di amministrazione derivante dal debito autorizzato e non contratto, ma condizionandola al solo caso in cui fosse necessario “far fronte ad effettive esigenze di cassa”. Non presentando difficoltà di cassa, la Regione Veneto non ha poi acceso alcun mutuo per tale scopo»[56].

Arrivando ai giorni nostri, nell’ultimo giudizio di parifica i magistrati contabili, accanto alle osservazioni riportate nel tempo sull’argomento, rilevano che in Veneto «con riferimento, infine, all’obbligo di garantire la trasparenza e la tracciabilità delle somme che hanno generato l'attuale disavanzo da DANC di € 185.255.717,84, la Regione ha provveduto ad inserire nel DDL un elenco di impegni, distinti per esercizio di formazione, la cui sommatoria giustifichi l’importo residuante, nonché l’elenco completo di tutti gli impegni per finanziare i quali, nel corso degli anni tra il 2002 e il 2015, ha fatto ricorso al DANC»[57].

Il giudizio di parifica per l'esercizio 2021 nella regione Veneto riporta le conclusioni della Corte dei conti secondo la quale nell’esercizio «permane una situazione complessiva di disavanzo del bilancio regionale […]. Tuttavia, il tasso di crescita del risultato di amministrazione, conseguito negli ultimi esercizi, lascia intravedere la possibilità di un pieno recupero del disavanzo da DANC entro un paio d'anni»[58].

2.4. Le altre regioni e il ricorso al DANC

Fin qui si è analizzato l’utilizzo del debito autorizzato e non contratto di due regioni del nord Italia geograficamente più vicine alla regione autonoma Friuli Venezia Giulia. Qui di seguito è possibile osservare quali altre regioni si sono avvalse dell’utilizzo dell’istituto in parola.

Figura 1 Schema disavanzo da DANC

Il dato che risulta da subito evidente è che le regioni che hanno fatto ricorso al DANC ne stanno riducendo l’utilizzo progressivamente, probabilmente in virtù dei criteri stringenti che sono stati introdotti nel tempo alla normativa.

Innanzitutto, con la legge di bilancio 2019 si è previsto che l’eventuale disavanzo di amministrazione, derivante dalla mancata contrazione di mutui, può essere coperto nell’esercizio successivo con il ricorso al debito, che è possibile contrarre solo per far fronte a effettive esigenze di cassa.

Inoltre, ai sensi dell’attuale art. 40 del d.lgs. n. 118/2011, comma 2-bis, è possibile fare ricorso al debito nel rispetto dei termini di pagamento prescritti dall’art. 4 del d.lgs. n. 231/2002[59]. In virtù di tale disposizione le Regioni non possono più rinviare i dovuti pagamenti per regolarizzare le spese finanziate con il debito autorizzato e non contratto.

Ad ogni modo il debito finalizzato a coprire il disavanzo derivante dalla mancata stipula dei mutui autorizzati e non contratti, al pari degli altri debiti, può essere fruito nel rispetto dei limiti dell’indebitamento previsti dall’art. 62 comma 6 del D.lgs. n. 118/2011.

Nella relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni e Province autonome la Corte dei conti osserva che «viene in evidenza l’istituto del debito autorizzato e non contratto, che ha consentito alle Regioni di finanziare la spesa di investimento mediante la mera autorizzazione, in sede di bilancio di previsione, alla contrazione di forme di indebitamento senza che segua necessariamente, nel corso dell’esercizio, il perfezionamento dell’operazione. Tale procedura, stigmatizzata dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 274/2017, ha determinato nel corso del tempo uno stratificarsi di disavanzi finanziari “coperti” rinnovando ogni anno, con legge di bilancio, le autorizzazioni a contrarre mutui per finanziare le spese riportate in specifici allegati»[60].

La Corte costituzionale, nella citata sentenza del 2017, ha sostenuto che il ricorso ai cd. mutui a pareggio «è una peculiarità originata da un’eccentrica prassi della gestione finanziaria delle Regioni, […]: detta prassi consisteva nell’autorizzare spese d’investimento determinandone la copertura con prestiti inseriti nella legge di bilancio regionale, senza vincoli di previo perfezionamento degli stessi»[61].

Tuttavia, dall’analisi ad opera della Corte dei conti sulla gestione finanziaria delle Regioni emerge che «nella sostanza l’istituto, seppur eccentrico, può avere sortito effetti utili, limitando la spesa per interessi e per tale ragione, superando la previsione originaria dell’art. 40 co. 2, ne ha consentito un pur ridotto margine di operatività»[62].

Con la legge 30 dicembre 2018, n. 145, legge di bilancio 2019, con il preciso obiettivo di favorire gli investimenti, è stata reinserita la possibilità per le Regioni, di coprire spese di investimento attraverso la semplice autorizzazione alla contrazione di mutui (art. 1, co. 937) e l’innovazione apportata dal DM 02/08/2022 ha disposto le future applicazioni contabili sull’istituto in particolar modo negli schemi di bilancio dove è specificatamente prevista la contabilizzazione del disavanzo in modo distinto al variare della tipologia. Difatti, «il Disavanzo da debito autorizzato e non contratto (DANC) impatta anche sul disavanzo di competenza e non solamente sul risultato di amministrazione, concordando sulla necessità di distinguere, anche terminologicamente, il disavanzo di competenza determinato dal DANC e il disavanzo di amministrazione determinato dal DANC»[63].

3. Regione Friuli-Venezia Giulia: analisi sul ricorso all’istituto del debito autorizzato e non contratto

Il Friuli Venezia Giulia è una regione autonoma che è stata istituita con legge Costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1. In virtù dell’art. 116 Cost. che garantisce al Friuli Venezia Giulia “forme e condizioni particolari di autonomia”, la regione è regolata secondo uno statuto speciale[64].

L’autonomia della regione a statuto speciale «si fonda su almeno tre diversi elementi: una finanza più favorevole, garantita dallo statuto e individualmente contrattata con lo Stato; una maggiore ampiezza di competenze e di funzioni; una maggiore padronanza dell’ordinamento locale interno»[65]. Infatti, al contrario di quanto previsto per le regioni a statuto ordinario, «per gli enti dotati di autonomia differenziata, lo Statuto speciale e le norme di attuazione sono le uniche fonti competenti a dettare modifiche e integrazioni riguardanti la misura dell’autonomia finanziaria»[66]. A partire dagli anni ’90, con il processo devolutivo in materia fiscale in favore delle regioni, esse possono contare sulla finanza propria. «La finanza “propria” della Regione FVG è già riconosciuta dall’art. 5 dello statuto, […] l’art. 48 stabilisce che “la Regione ha una propria finanza, coordinata con quella dello Stato»[67]. Anche in seguito alla riforma del Titolo V della Costituzione, «le Regioni speciali hanno conservato il regime finanziario differenziato, […] La Corte costituzionale, nella sent. n. 102/2008, […] ha chiarito inequivocabilmente che le forme di autonomia speciale, ove più vantaggiose, debbono essere fatte salve e applicate»[68].

Per quanto attiene la gestione contabile e finanziaria, la regione in parola non è sottoposta al controllo del Collegio dei revisori dei conti, ma, con le modifiche apportate allo statuto regionale con D.lgs. 125/2003[69] art. 3 comma 3, è disposto che la sezione regionale della Corte dei conti presenti al consiglio regionale una dichiarazione (DAS - Déclaration d’Assurance) in cui attesta l’affidabilità dei dati contabili e la legittimità e la regolarità delle relative operazioni, esplicitando le modalità di verifica.

La RAFVG, nell’ambito della propria autonomia finanziaria, ha approvato la legge regionale 08 agosto 2007, n. 21 recante “Norme in materia di programmazione finanziaria e di contabilità regionale”. Per quanto attiene, altresì, il recepimento delle disposizioni del D.lgs. 118/2011 è stata approvata la legge regionale 10 novembre 2015, n. 26 “Disposizioni in materia di programmazione e contabilità e altre disposizioni finanziarie urgenti.” con cui la regione si è adeguata, a decorrere dall'esercizio finanziario 2016, al disposto di cui al citato decreto legislativo e di cui costituisce specificazione e integrazione.

Riguardo all’argomento che qui ci interessa, il debito autorizzato e non contratto, c’è da rilevare che la regione Friuli Venezia Giulia fino all’esercizio finanziario 2015 ha utilizzato il cd. “debito potenziale”, riconducibile alla somma delle autorizzazioni al ricorso al mercato, rilasciate con le leggi finanziarie susseguitesi negli anni, ma alle quali non veniva dato seguito con l’emissione del debito, sostanzialmente perché vi era una ampia disponibilità di cassa.

Con la crisi economica affacciatisi sul territorio italiano nel 2008, la Regione FVG ha avviato un percorso teso ad una graduale convergenza verso un equilibrato rapporto fra debito pubblico e PIL. «Dopo la manovra di assestamento del bilancio 2008, nella quale si è proceduto ad una prima riduzione del nuovo debito da contrarre, per avviare una sorta di inversione di tendenza rispetto all’andamento degli ultimi anni, si prosegue coerentemente ora con la stabilizzazione del medesimo debito, contenendone al massimo gli aumenti. Infatti la nuova autorizzazione al ricorso al mercato finanziario evidenzia una diminuzione rispetto al corrispondente importo del bilancio di previsione 2008 […]»[70].

La criticità ingenerata dal ricorso al debito potenziale risulta dal fatto che le autorizzazioni a contrarre debito, anche se nel breve periodo non comportano l’effettivo ricorso al mercato, sul lungo periodo possono contribuire all’aumento dello stock di debito. Infatti, l’approvazione della legge regionale di autorizzazione implica una precisa fonte di entrata nel bilancio regionale che, nelle dinamiche della contabilità, deve corrispondere ad uno speculare atto di riscossione.

Negli esercizi finanziari che hanno portato all’entrata in vigore delle norme disposte dal D.lgs. 118/2011, la regione ha perseguito sistematicamente l’obiettivo di riduzione del proprio debito potenziale.

Di un tanto si ha evidenza nei documenti che riportano che «nelle operazioni di chiusura del 2014 l’amministrazione regionale ha provveduto a espungere dal bilancio i residui attivi corrispondenti al debito potenziale di cui all’art. 1 c.4 della l.r. 12/2009, con ciò accogliendo anche le osservazioni della Corte dei Conti, Sezione di controllo della regione Friuli Venezia Giulia, nella deliberazione n. FVG/ 83 /2012/FRG del 2 luglio 2012 (giudizio di parificazione del rendiconto 2011) e nella deliberazione n. FVG/ 78 /2013/PARI del 12 luglio 2013 (giudizio di parificazione del rendiconto 2012)»[71].

Alla fine dell’esercizio 2015, quello immediatamente precedente l’introduzione dell’armonizzazione contabile, la regione Friuli Venezia Giulia ha raggiunto l’azzeramento del debito potenziale, anche in considerazione del fatto che i relativi «residui attivi, con l’applicazione della nuova normativa, non avrebbero più i presupposti per essere mantenuti nel bilancio»[72].

«Sulla quantificazione dei risultati di amministrazione del triennio 2013-2015 […] risultano aver influito in modo predominante le applicazioni contabili (soppressione della competenza derivata dall’esercizio 2014, applicazione al rendiconto 2014 di residui attivi corrispondenti al debito potenziale[73], riallineamento delle imputazioni contabili dei ruoli di spesa fissa rispetto alla scadenza, in armonia con il principio della competenza potenziata, reiscrizione a bilancio dei residui perenti annotati nel conto del patrimonio alla data del 1.1.2015, mediante utilizzo dei fondi per la reiscrizione dei residui perenti) derivanti dalla decisione della Regione di avviare un progressivo allineamento della contabilità regionale ai principi del dlgs n. 118 del 2011 sull’armonizzazione dei bilanci pubblici, oltre che da economie di spesa e da maggiori/minori entrate da gestione ordinaria»[74].

Nel 2016 entrano in vigore le regole stabilite dal D.lgs. 118/2011 e nel giudizio di parificazione della Corte dei conti per tale esercizio si legge: «L’ampia disponibilità di cassa della Regione le ha consentito di non contrarre nuovo debito dal 2008 e di rimborsare gradualmente la quota capitale delle rate di ammortamento dei mutui e prestiti in essere. […] al 31.12.2016 residua l’importo mutuabile di 48,0 milioni, che non si qualifica come debito per la Regione, non essendo stata richiesta alcuna somministrazione e in virtù di apposita clausola contrattuale in tal senso»[75].

Nel corso dell’esercizio 2017, in attuazione del piano di riordino del sistema delle autonomie locali, avviato con Legge regionale 9 dicembre 2016, n.20[76], il 30 settembre 2017 sono state soppresse le province di Trieste, Gorizia e Pordenone. Per la provincia di Udine la decorrenza del procedimento di soppressione è stata differita al 22 aprile 2018, giorno successivo alla scadenza del mandato degli organi ordinari.

Per effetto della soppressione delle Province, l’ente regionale ha acquisito il debito derivante dagli enti intermedi, rilevato dall’organo di controllo che sottolinea che «nel periodo 2015-2017 si registra una tendenziale diminuzione del debito (mutui e prestiti) effettivo (emesso), anche se nel 2017 il debito è aumentato in relazione al subentro dei mutui delle Province (Gorizia, Pordenone, Trieste) e all’assunzione del mutuo per il finanziamento della sanità»[77].

Negli esercizi successivi l’andamento dell’indebitamento regionale ha subito variazioni regolari le cui «risultanze tengono conto, con riferimento ai tre contratti di prestito attivati nel 2019, della sola quota per la quale al 31.12.2019 è stata chiesta l’erogazione, pari a 57,4 milioni, mentre la parte residua, per complessivi 261,3 milioni, rappresenta “debito potenziale”»[78].

Il “debito potenziale”, citato nei giudizi di parificazione della Corte dei conti ai rendiconti degli esercizi 2019-2020-2021, ha una accezione diversa rispetto a quanto veniva riscontrato nei rendiconti della fine del primo decennio 2000. In questo caso, infatti, il debito è definito potenziale per effetto degli accordi contrattuali con gli istituti finanziari che prevedono di procedere ai “tiraggi” delle quote necessarie in base all’avanzamento delle opere oggetto di investimento.

L’amministrazione regionale, inoltre, come già anticipato nel capitolo 2, con la legge di assestamento approvata il 5 agosto 2022, sta attuando le procedure di rimborso anticipato di mutui contratti e non ancora completamente erogati.

La Corte dei conti ha rilevato in tutti i giudizi di parifica «il rispetto del limite all’indebitamento previsto dall’art.62, comma 6, del D.Lgs. n.118/2011[79][…] La valutazione della solvibilità del debito regionale risulta verificata positivamente dall’agenzia di rating Moody’s» e le sempre «stabili e assai positive risultanze della gestione della cassa[80]».

4. Conclusioni

L’analisi alla base di questo articolo è stata fatta con lo scopo di stabilire se in Friuli Venezia Giulia l’istituto del debito autorizzato e non contratto può essere utilizzato per la gestione del debito dell’ente regionale, come strumento flessibile nella gestione contabile.

Allo scopo di realizzare un confronto con regioni dall’equiparabile buon tessuto socioeconomico si è effettuata l’osservazione dei documenti degli enti regionali di Lombardia e Veneto da cui si è evidenziato che entrambe le amministrazioni hanno fatto ricorso al debito autorizzato e non contratto, creando di esercizio in esercizio disavanzo a copertura di disavanzo. La criticità maggiormente sottolineata dall’organo di controllo ha riguardato la rappresentazione contabile del debito nei documenti, in quanto l’evidenza reale del debito si palesa solo in fase di rendiconto, compromettendo la trasparenza e chiarezza dei documenti contabili riguardo le coperture degli impegni finanziati con il DANC.

La regione Veneto per proseguire con il ricorso al DANC, nel 2016 ha dovuto apportare modifiche al proprio ordinamento contabile vincolando il saldo positivo in sede di rendiconto alla copertura del disavanzo da debito autorizzato e non contratto e l’organo di controllo si è particolarmente focalizzato sull’obiettivo della regione Veneto alla riduzione del disavanzo causato da DANC  Da tenere in debito conto che il Veneto in contemporanea stava perseguendo l’obiettivo del piano di rientro per indebitamento tramite anticipazione di liquidità.

Una rapida osservazione del prospetto[81] che illustra il ricorso al debito autorizzato e non contratto nelle regioni italiane replica le medesime considerazioni avendo fatto tutte pressoché lo stesso percorso.

La particolarità che spicca nello schema con l’elenco delle regioni è la regione Sardegna, unica regione autonoma che risulta avere rendicontato disavanzo da debito autorizzato e non contratto.

In tutti i casi il ricorso all’istituto del debito autorizzato e non contratto ha trovato la forte perplessità nei giudici della Corte dei conti che hanno manifestato dubbi sulla costituzionalità dello strumento e richiamato ad ogni occasione i riferimenti della sentenza della Corte costituzionale n. 274/2017, in particolare ritenendo l’istituto in contrasto con quanto stabilito dall’art. 81 della Costituzione[82].

Da evidenziare comunque che con la novella introdotta dalla legge di bilancio 2019 e le nuove disposizioni di cui al DM 2 agosto 2022, i requisiti cui il ricorso al debito autorizzato e non contratto deve corrispondere sono più rigorosi e gli enti, in luogo del pareggio di bilancio, devono garantire un risultato di competenza non negativo.

Dall’analisi sull’indebitamento della regione Friuli Venezia Giulia appare una situazione virtuosa certificata anche dalle agenzie di rating Fitch e Moody’s. Entrambe hanno dato valutazioni lusinghiere alla regione attribuendo rispettivamente giudizio di rating “BBB+“ nel 2020 e “Baa2 outlook stabile” nel 2021. Questi giudizi evidenziano «la buona capacità della nostra Regione nell'utilizzo delle prerogative offerte dal suo statuto speciale al fine di ottenere ottimi risultati di amministrazione, un livello di indebitamento molto contenuto e un'abbondante liquidità».[83]

La situazione sin qui analizzata sulla condizione finanziaria della Regione FVG denota che l’utilizzo dell’istituto del debito autorizzato e non contratto sia di difficile applicazione in quanto la norma prevede, premesso il rispetto della tempestività nei pagamenti, che le regioni «possono autorizzare spese di investimento la cui copertura sia costituita da debito da contrarre solo per far fronte a esigenze effettive di cassa. L'eventuale disavanzo di amministrazione per la mancata contrazione del debito può essere coperto nell'esercizio successivo con il ricorso al debito, da contrarre solo per far fronte a effettive esigenze di cassa»[84]. Tenuto conto che a giudizio della Corte dei conti «la Regione dispone di una rilevante, strutturale, giacenza di cassa presso il Tesoriere regionale […] ascrivibile soprattutto all’elevato grado di liquidità derivante dal sistema di riscossione delle entrate correnti di natura tributaria, contributiva e perequativa»[85], appare evidente che non sussistono le condizioni che denotino la necessità di “far fronte a effettive esigenze di cassa”. Chiaramente il contesto potrebbe essere rivalutato in caso di minori liquidità in cassa, al momento non ipotizzabile.


Note e riferimenti bibliografici

[1] BOCCIA F., “L’armonizzazione dei bilanci delle pubbliche amministrazioni nell’UE”, relazione del Presidente, Commissione Bilancio – Tesoro e Programmazione, 2018, pag. 1;

[2] Relazione illustrativa al Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n. 54 “Attuazione della direttiva 2011/85/UE relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri”, in http://documenti.camera.it/

[3] Legge 5 agosto 1978, n. 468 “Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio”, norma abrogata dall’art. 51 lett. c) Legge 31 dicembre 2009, n. 196 “Legge di contabilità e finanza pubblica”;

[4] De Joanna P., Rizzuto L., “Armonizzazione dei bilanci pubblici e autonomia contabile delle aree regionali con divari di sviluppo economico”, Rivista giuridica del Mezzogiorno, n. 4/2006, pag. 665;

[5] Legge 31 dicembre 2009, n. 196 “Legge di contabilità e finanza pubblica”;

[6] L’approvazione dei decreti legislativi ha dato avvio ad una fase di sperimentazione che per le Autonomie locali è iniziata dal 2012 mentre per le Pubbliche Amministrazioni dal 2013. In seguito, è stata disposta una proroga ai sensi dell’art. 9 del D.L. 102/2013 e quindi la decorrenza della nuova legislazione si è avuta dal 1°gennaio 2015. La fase di sperimentazione è stata portata avanti da tre Regioni, 23 province, 372 Comuni e cinque Unioni di Comuni;

[7] BOCCIA F., “L’armonizzazione dei bilanci delle pubbliche amministrazioni nell’UE”, relazione del Presidente, Commissione Bilancio – Tesoro e Programmazione, 2018, pag. 1;

[8] Acronimo di armonizzazione contabile degli enti territoriali, è il processo di riforma degli ordinamenti contabili pubblici diretto a rendere i bilanci delle amministrazioni pubbliche omogenei, confrontabili e aggregabili. Afferente al Ministero Economia e Finanze, Ragioneria Generale dello Stato.

[9] D.P.C.M. 28 dicembre 2011: ”Sperimentazione della disciplina concernente i sistemi contabili e gli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro enti ed organismi, di cui all'articolo 36 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118”;

[10] N., “La contabilità armonizzata”, Osservatorio Politiche pubbliche per le Autonomie Locali, 2 maggio 2020, in http://osservatorioentilocali.unirc.it

[11] Brilli F., “L’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle amministrazioni pubbliche, con particolare riferimento agli enti locali”, Rivista Corte dei conti n.5-6/2014, Parte IV, Dottrina, pag. 418;

[12] D.lgs. 23 giugno 2011, n. 118, Allegato 4/2, pag. 417;

[13] Legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3 comma 17 così sostituito dall'art. 75 del d.lgs. n. 118 del 2011, introdotto dal d.lgs. n. 126 del 2014;

[14] Nelle regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano l’adozione è stata differita al 1° gennaio 2016;

[15] Simeone C., Atti dal convegno “L'armonizzazione contabile della pubblica amministrazione nel contesto istituzionale ed economico-finanziario”, Sansepolcro (AR) 19-20 maggio 2017;

[16] Legge 30 dicembre 2018 n. 145 “Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021”;

[17] Ibidem, Comma 819: […] le regioni a statuto speciale, le province autonome di Trento e di Bolzano, le città metropolitane, le province e i comuni […];

[18] Ibidem, Comma 821: Gli enti di cui al comma 819 si considerano in equilibrio in presenza di un risultato di competenza dell'esercizio non negativo. […];

[19] D.lgs. 118/2011 Allegato 1 “Principi generali o postulati”

[20] Masini E., “Le novità della legge di bilancio 2019”, Webinar Ideapubblica, 24 gennaio 2019, in https://it.readkong.com, slide n. 2;

[21] Ibidem;

[22] D.lgs. 23 giugno 2011, n. 118 e s.m.i.: art. 11 comma 6 lett. d_bis e d_ter;

[23] D.lgs. 23 giugno 2011, n. 118 e s.m.i.: art. 40 comma 2_bis

[24] D.lgs. 28 marzo 2000, n. 76, art. 5 (Equilibri di bilancio): 1. In ciascun bilancio annuale il totale dei pagamenti autorizzati non può essere superiore al totale delle entrate di cui si prevede la riscossione sommato alla presunta giacenza iniziale di cassa. 2. Il totale delle spese di cui si autorizza l'impegno può essere superiore al totale delle entrate che si prevede di accertare nel medesimo esercizio, purché il relativo disavanzo sia coperto da mutui e altre forme di indebitamento autorizzati con la legge di approvazione del bilancio nei limiti di cui all'articolo 23;

[25] D.lgs. 23 giugno 2011, n. 118, art. 40 comma 2;

[26] Atti da seminario Conferenza delle Regioni Commissione affari finanziari: “Gli obiettivi di finanza pubblica delle Regioni nelle sentenze della Corte costituzionale”, 7 marzo 2018, Roma;

[27] Corte dei conti, Sezione autonomie, “Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni – Esercizio 2015”, Deliberazione n. 17/SEZAUT/2017/FRG, pp. 160-161;

[28] Atti da seminario Conferenza delle Regioni Commissione affari finanziari: “Gli obiettivi di finanza pubblica delle Regioni nelle sentenze della Corte costituzionale”, 7 marzo 2018, Roma;

[29] Resoconto riunione commissione ARCONET del 14 novembre 2018, pag. 4, in https://www.rgs.mef.gov.it;

[30] Ibidem;

[31] Resoconto riunione commissione ARCONET del 12 dicembre 2018, pp. 3-4,in https://www.rgs.mef.gov.it;

[32] Ibidem;

[33] Cimbolini L., “Regioni, la manovra «manda» le maggiori entrate a ridurre il debito programmato ed autorizzato”, Il Sole 24ore, 22 gennaio 2019, in https://app.upel.va.it;

[34] Resoconto riunione commissione ARCONET del 20 febbraio 2019, pag. 9, in https://www.rgs.mef.gov.it;

[35] Resoconto riunione commissione ARCONET del 19 gennaio 2022, pag. 16, in https://www.rgs.mef.gov.it;

[36] Resoconto riunione commissione ARCONET del 16 marzo 2022, pag. 7, in https://www.rgs.mef.gov.it;

[37] DM 2 agosto 2022, art. 2 (Allegato 4/2 – Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria) comma 1, sostituzione paragrafo 5.3.4-bis del Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria;

[38] Corte dei conti, procura regionale per la Lombardia, Relazione sul rendiconto generale della regione Lombardia 2015, udienza del 30 giugno 2016, requisitoria del procuratore Antonio Caruso, pag. 7;

[39] Regione Lombardia, L.R. 30 dicembre 2015, n. 44, art. 1 comma 5;

[40] Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, Relazione sul rendiconto generale della regione Lombardia 2016, udienza del 10 luglio 2017, pag. 9;

[41] Legge Regionale 29 dicembre 2016, n. 36 “Bilancio di previsione 2017–2019” art.1 comma 5;

[42] Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, Parificazione del rendiconto generale della regione Lombardia esercizio 2017, relazione allegata volume I ”La gestione finanziaria del bilancio”, Presidente Angelo Buscema, Udienza del 9 luglio 2018, pag. 111;

[43] Ivi, pag. 116;

[44] Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, Delibera n. 211/2018/PARI;

[45] Corte dei conti - Sezione regionale di controllo per la Lombardia, Relazione allegata alla Parifica del rendiconto 2018 – La gestione del bilancio, nota a piè di pagina n. 38, pag. 116;

[46] Corte dei conti-Sezione regionale di controllo per la Lombardia, Giudizio di Parifica del Rendiconto Generale Regione Lombardia Esercizio 2021, Udienza del 20 luglio 2022, pp. 15-16;

[47] Legge regionale 24 febbraio 2016, n. 8 (Bilancio di previsione 2016-2018), art. 4 comma 3;

[48] Corte dei conti, Sezione Regionale di Controllo per il Veneto, Relazione di Accompagnamento alla decisione di Parifica sul Rendiconto Generale della Regione Veneto per l’esercizio finanziario 2016, pag. 140;

[49] Ivi, pag. 141;

[50] Legge regionale 30 dicembre 2016, n. 32 “Bilancio di previsione 2017-2019” art. 8 comma 1;

[51] Corte dei conti, Sezione Regionale di Controllo per il Veneto, Giudizio di Parificazione sul Rendiconto Generale della Regione Veneto per l’esercizio finanziario 2017, Sintesi della relazione di accompagnamento, 6 luglio 2018, pag. 8;

[52] Ivi, pag. 12;

[53] Corte dei conti, Sezione Regionale di Controllo per il Veneto, udienza pubblica del 6 luglio 2018, Deliberazione n. 266/2018/PARI, pag. 21;

[54] Corte dei conti, Sezione Regionale di Controllo per il Veneto, Relazione di accompagnamento alla decisione di parifica sul rendiconto generale della regione del Veneto per l’esercizio finanziario 2018, 12 luglio 2019, pag. 23;

[55] Corte dei conti, Sezione Regionale di Controllo per il Veneto, Giudizio di parificazione sul rendiconto generale della regione Veneto per l’esercizio finanziario 2020, 25 giugno 2021, pag. 12;

[56] Corte dei conti, Sezione Regionale di Controllo per il Veneto, Relazione di accompagnamento alla decisione di parifica sul rendiconto generale della regione del Veneto per l’esercizio finanziario 2019, 10 luglio 2020, pag. 43;

[57] Corte dei conti, Sezione Regionale di Controllo per il Veneto, Decisione di parifica sul Rendiconto generale della Regione del Veneto per l’esercizio 2021, 5 luglio 2022, pag. 62;

[58] Corte dei conti, Sezione Regionale di Controllo per il Veneto, Decisione di parifica sul Rendiconto generale della Regione del Veneto per l’esercizio 2021, 5 luglio 2022

[59] D.lgs. 23 giugno 2011, n. 118, allegato 4/2, punto 5.3.4-bis rafforza quanto previsto all’art. 40 comma 2-bis;

[60] Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni/Province autonome, Esercizi 2018-2020, Deliberazione n. 6/SEZAUT/2022/FRG;

[61] Corte costituzionale, Sentenza n. 274/2017, Giudizio di legittimità costituzionale in via principale

[62] Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni/Province autonome, Esercizi 2018-2020, Deliberazione n. 6/SEZAUT/2022/FRG;

[63] Resoconto riunione commissione ARCONET del 16 marzo 2022, pag. 7, in https://www.rgs.mef.gov.it/

[64] Lo Statuto speciale della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia costituisce la carta fondamentale della Regione che individua i principi, le competenze legislative e amministrative, le norme fondamentali di organizzazione nonché i rapporti con gli Enti locali e lo Stato.

[65] Falcon G., “Le Regioni a statuto speciale nell’opera di Livio Paladin e nelle prospettive attuali”, Le Regioni Fascicolo 3, maggio-giugno 2016, pag. 455;

[66] Carboni G. G., “La Corte indica le fonti dell’autonomia finanziaria delle Regioni speciali e anticipa le scelte della legge delega sul ”federalismo fiscale””, Rivista giuridica del Mezzogiorno, Fascicolo 3, settembre 2009, pp. 803-804;

[67] Ieraci G., “Il Friuli-Venezia Giulia. Autonomia finanziaria senza tassazione, un’occasione persa?”, Istituzioni del federalismo, Rivista di studi giuridici e politici n. 1, 2012, pag. 153;

[68] Ivi, pag. 809;

[69] D.lgs. 15 maggio 2003, n. 125 “Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione recanti modifiche in materia di funzioni di controllo della sezione regionale della Corte dei conti”;

[70] Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Relazione politico-programmatica 2009-2011, pag. 48;

[71] Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Relazione di verifica allegata al rendiconto generale dell’esercizio 2014, 27 ottobre 2015, pag. 12

[72] Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Relazione di verifica allegata al rendiconto generale dell’esercizio 2015, 26 luglio 2016, pag. 11;

[73] Legge Regionale 23 luglio 2009, n. 12 (Assestamento del bilancio 2009 e del bilancio pluriennale per gli anni 2009-2011 ai sensi dell'articolo 34 della legge regionale 21/2007) art. 1, comma 4;

[74] Corte dei conti, Procura Regionale presso la Sezione Giurisdizionale per il Friuli Venezia Giulia, Giudizio di parificazione del rendiconto generale della regione Friuli Venezia Giulia per l’esercizio finanziario 2015, Requisitoria del procuratore regionale Tiziana Spedicato, pag. 8;

[75] Corte dei conti, Procura Regionale presso la Sezione Giurisdizionale per il Friuli Venezia Giulia, Giudizio di parificazione del rendiconto generale della regione Friuli Venezia Giulia per l’esercizio finanziario 2016, Requisitoria del procuratore regionale Tiziana Spedicato, pag. 22;

[76] Legge Regionale 9 dicembre 2016, “Soppressione delle Province del Friuli Venezia Giulia e modifiche alle leggi regionali 11/1988, 18/2005, 7/2008, 9/2009, 5/2012, 26/2014, 13/2015, 18/2015e 10/2016”;

[77] Corte dei conti, Procura Regionale presso la Sezione Giurisdizionale per il Friuli Venezia Giulia, Giudizio di parificazione del rendiconto generale della regione Friuli Venezia Giulia per l’esercizio finanziario 2017, Memoria del Procuratore regionale Tiziana Spedicato, pag. 16;

[78] Corte dei conti, Sezione di Controllo per la Regione Friuli Venezia Giulia, Giudizio di parificazione del rendiconto generale della regione Friuli Venezia Giulia per l’esercizio 2019, intervento del Magistrato Relatore Fabrizio Picotti, pag. 9;

[79] Art. 62, comma 6 del D. Lgs. n. 118 del 23 giugno 2011: le Regioni possono autorizzare nuovo debito solo se l’importo complessivo delle annualità di ammortamento per capitale e interesse dei mutui e delle altre forme di debito in estinzione nell’esercizio considerato, al netto dei contributi erariali sulle rate di ammortamento dei mutui in essere al momento della sottoscrizione del finanziamento e delle rate riguardanti debiti espressamente esclusi dalla legge, non supera il 20 per cento dell’ammontare complessivo delle entrate del titolo “Entrate correnti di natura tributaria, contributiva e perequativa” al netto di quelle della tipologia “Tributi destinati al finanziamento della sanità” e a condizione che gli oneri futuri di ammortamento trovino copertura nell’ambito del bilancio di previsione della Regione stessa;

[80] Corte dei conti, Procura Regionale presso la Sezione Giurisdizionale per il Friuli Venezia Giulia, Giudizio di parificazione del rendiconto generale della regione Friuli Venezia Giulia, esercizi diversi;

[81] Cfr. figura 1 riportata nel testo;

[82] Corte costituzionale, Sentenza n. 274/2017, Giudizio di legittimità costituzionale in via principale: «un simile meccanismo giuridico fosse in problematico rapporto con il principio dell’equilibrio di bilancio di cui all’art. 81 Cost. e con lo stesso art. 119, sesto comma, Cost., il quale contempla la “regola aurea” secondo cui l’indebitamento può servire solo alla promozione di investimenti e non alla sanatoria di spese per investimenti non coperti»;

[83] Regione Friuli Venezia Giulia, Notizie dalla Giunta, comunicati, in https://www.regione.fvg.it;

[84] Legge 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1 c. 937;

[85] Corte dei conti, Relazione in udienza sull’esercizio 2018.