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Pubbl. Ven, 24 Dic 2021

Per l´Adunanza Plenaria per impugnare i titoli edilizi non è sufficiente la vicinitas, ma serve anche allegare un pregiudizio specifico

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Editoriale a cura di Ilaria Taccola



L´Adunanza Plenaria ha stabilito che ”nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato”. Cons. St., A.P., 9 dicembre 2021, n. 22 – Pres. Patroni Griffi, Est. Simonetti.


La questione concerne il criterio della vicinitas, ossia l’ipotesi per cui il ricorrente viva abitualmente in prossimità del sito prescelto per la realizzazione dell'intervento o abbia uno stabile e significativo collegamento con esso e se tale motivo sia idoneo o meno a legittimare l’impugnazione di singoli titoli edilizi, assorbendo anche il profilo dell’interesse all’impugnazione.

Più precisamente, ci si domanda se l'esistenza di uno stabile collegamento con il terreno interessato dall'intervento edilizio sia “circostanza sufficiente a comprovare la sussistenza sia della legittimazione che dell'interesse a ricorrere, senza che sia necessario al ricorrente anche allegare e provare di subire uno specifico pregiudizio per effetto dell'attività edificatoria intrapresa sul suolo limitrofo”.

Essendo una questione oggetto di dibattito, il Consiglio di Giustizia amministrativa per la regione siciliana aveva rimesso con sentenza del 27 luglio n. 759 le seguenti questioni:

“Sono rimesse all’Adunanza plenaria le questioni: a) se la vicinitas è di per sé idonea non solo a legittimare l’impugnazione di singoli titoli edilizi, ma a evidenziare il profilo dell’interesse all’impugnazione; b) se, viceversa, la vicinitas è idonea a dimostrare la sola condizione della legittimazione a ricorrere, e per l’effetto è necessario che il ricorrente dimostri lo specifico pregiudizio che l’iniziativa edilizia (posta in essere in violazione delle regole di settore) gli provoca;  c) in questo secondo caso (ai fini di un completo discernimento della questione), se tale dimostrazione deve essere sempre resa o solo nell’evenienza che la vicinitas non renda evidente lo specifico vulnus patito dal ricorrente; d) nel caso in cui l’Adunanza plenaria aderisca all’impostazione di cui ai punti b) o c) come si debba apprezzare l’interesse ad agire nelle cause in cui si lamenta una violazione delle distanze (fra costruzioni) imposte dalla legge urbanistica: d1) se il solo interesse deducibile sia la lesione della distanza tra l’immobile del ricorrente e quello confinante, o anche la lesione della distanza tra l’immobile confinante e una terza costruzione, non confinate con quella del ricorrente, o, in termini più generali, se rilevino anche le distanze fra due immobili di cui nessuno confinante ma comunque nel raggio visivo del ricorrente legittimato ad agire sulla base del requisito della vicinitas; d2) se, a tal fine, rilevi la conseguenza evincibile di detta violazione, in termini di demolizione dell’intera opera del vicino, indipendentemente dal luogo interessato dalla violazione dedotta”.

L’Adunanza Plenaria con sentenza del 9 dicembre 2021, n. 22 ha stabilito che:

“Nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato”. 

 L’interesse al ricorso correlato allo specifico pregiudizio derivante dall’intervento previsto dal titolo autorizzatorio edilizio che si assume illegittimo può comunque ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso; l’interesse al ricorso è suscettibile di essere precisato e comprovato dal ricorrente nel corso del processo, laddove il pregiudizio fosse posto in dubbio dalle controparti o la questione rilevata d’ufficio dal giudicante, nel rispetto dell’art. 73, comma 3, c.p.a. (2).  

 Nelle cause in cui si lamenti l’illegittimità del titolo autorizzatorio edilizio per contrasto con le norme sulle distanze tra le costruzioni imposte da leggi, regolamenti o strumenti urbanistici, non solo la violazione della distanza legale con l’immobile confinante con quello del ricorrente, ma anche quella tra detto immobile e una terza costruzione può essere rilevante ai fini dell’accertamento dell’interesse al ricorso, tutte le volte in cui da tale violazione possa discendere con l’annullamento del titolo edilizio un effetto di ripristino concretamente utile, per il ricorrente, e non meramente emulativo (3). 

Pertanto, l’Adunanza Plenaria ha stabilito che, ribadita la distinzione e l’autonomia tra legittimazione e interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario in via di principio che ricorrano entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di differenziazione, valga da solo ed in automatico a soddisfare anche l’interesse al ricorso. 


Note e riferimenti bibliografici