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Pubbl. Mer, 7 Ott 2015

Responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione

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Gemma Occhipinti


Analisi delle posizioni storiche e dei recenti orientamenti assunti dalla giurisprudenza civile ed amministrativa.


La responsabilità precontrattuale sorge qualora un soggetto ponga in essere comportamenti “scorretti” nella fase che precede la stipula di un accordo negoziale. Il codice civile, agli artt. 1337 e 1338, disciplina chiaramente tale forma di responsabilità ancorandola: sia alle ipotesi in cui vengano violati gli obblighi generici di buona fede e correttezza - nella fase delle trattative precontrattuali - che a quei casi in cui venga provata la pre-conoscenza di motivi di nullità dell’accordo che siano stati dolosamente taciuti alla controparte (incolpevolmente ignara). La giurisprudenza amministrativistica si è a lungo soffermata sulla possibilità di estendere la suddetta forma di responsabilità ai comportamenti posti in essere dalla Pubblica Amministrazione. Il problema si pone in seguito alla natura dell’operato della P.A. che viene regolamentato, principalmente, da norme di diritto pubblico, in ossequio al principio fondamentale per cui, tutta la sua attività (anche contrattuale), deve essere preordinata al raggiungimento di uno scopo di interesse pubblico.

Tale considerazione ha supportato la tesi negativa, sviluppatasi nella giurisprudenza amministrativa negli anni ’60 del secolo scorso. In primo luogo, si  sosteneva come la P.A. potesse decidere di interrompere, in qualsiasi momento, le trattative precontrattuali intraprese durante la procedura di evidenza pubblica. Ciò, qualora lo avesse ritenuto maggiormente conforme al perseguimento dell’interesse pubblico sottostante. Inoltre, la fase di stipulazione del contratto tra privato e P.A. era considerata in tutto e per tutto conoscibile usando l’ordinaria diligenza, in quanto regolamentata dalle norme sull’evidenza pubblica. Ne conseguiva che nessun legittimo ed incolpevole affidamento, potesse ritenersi ingenerato in capo al privato.

Le prime aperture giurisprudenziali, si sono registrate a partire dagli anni ’80-’90 - anche in seguito alle critiche mosse da gran parte della dottrina. In tale contesto si iniziò, infatti, ad ammettere la responsabilità precontrattuale della P.A. nel caso in cui essa avesse agito con moduli prettamente PRIVATISTICI e senza avvalersi, quindi, di procedure di evidenza pubblica.

Ulteriore passo avanti si fece con la celebre sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 500/1999. La portata storica di questa pronuncia risiede nell’aver riconosciuto la risarcibilità del danno da lesione di interessi legittimi “pretensivi”: si tratta di interessi in forza dei quali, il privato, aspira ad un’attività positiva della P.A., che risulti ampliativa della propria sfera giuridica. Pertanto, in caso di inosservanza delle disposizioni normative, consegue una procedura amministrativa illegittima che non solo porterà all’annullamento dei relativi atti, ma anche all’eventuale risarcimento del danno; in tal modo si garantirà un ristoro pecuniario al privato che, impegnato in una proceduta di evidenza pubblica (e quindi in una peculiare forma di trattativa precontrattuale), aveva subito un danno in virtù dell’adozione di un atto illegittimo.

Una vera e propria rivoluzione copernicana si è però avuta con la sentenza dell’Adunanza Plenaria 6/2005, la quale ha distinto tra serie privatistica e serie pubblicistica degli atti posti in essere dalla P.A. all’interno del procedimento amministrativo. La serie pubblicistica è rappresentata da quel complesso di atti e provvedimenti che precedono la stipulazione del contratto e in relazioni ai quali, certamente, è risarcibile l’eventuale danno da lesione di interessi legittimi pretensivi. La serie privatistica è, invece, quel complesso di azioni e comportamenti tenuti dal contraente nella fase precedente, contemporanea e successiva, al contratto. E’ possibile, pertanto, che gli atti adottati dalla P.A. siano in tutto e per tutto legittimi sotto il profilo pubblicistico - e dunque non possano dar adito a responsabilità per lesione di interessi legittimi - ma che vi difettino sotto il profilo privatistico.

A ben vedere, si tratta di due forme di responsabilità del tutto diverse:

- La responsabilità da atto illegittimo lesivo di interessi legittimi pretensivi, è prevista dagli artt. 7 e 30 c.p.a. Essa attiene alla violazione delle regole dell’azione amministrativa e comporta una responsabilità che riguarda soggetti posti in posizioni “asimmetriche”; il ristoro pecuniario che ne deriva, è una tecnica di tutela delle lesioni di interessi legittimi e, il relativo risarcimento, segue le regole dell’interesse positivo.

- Fonte della responsabilità da comportamento scorretto nelle trattative, invece, sono gli artt. 1337 e 1338 c.c., ove si ha riguardo alla violazione dei doveri di correttezza e buona fede. I soggetti vengono qui valutati in un’ottica di “equiordinazione” e, il ristoro pecuniario, segue la tecnica risarcitoria legata all’interesse negativo. In relazione a tale forma di responsabilità, è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione con la pronuncia n. 9636/2015: in tale contesto, è stato chiarito come l’attività di accertamento dell’eventuale (ed incolpevole) affidamento del contraente - sulla validità ed efficacia del contratto con la P.A. - sia attività propria del giudice di merito. La P.A. è tenuta ad informare il privato delle circostanze che potrebbero determinare l’invalidità o inefficacia del contratto, pena la propria responsabilità ai sensi del 1338 c.c.; ma è comunque fatta salva la possibilità di dimostrare l’irragionevolezza, in concreto, dell’affidamento del privato.

Le differenze fra le due forme di responsabilità si apprezzano, altresì, sotto il profilo della giurisdizione. Da questo punto di vista, si sono registrate posizioni divergenti tra Adunanza Plenaria e Corte di Cassazione. La prima ha ritenuto, sin dall’inizio, che la responsabilità ex artt. 1337-1338 c.c. (pur concernendo diritti soggettivi) si potesse far valere davanti al giudice amministrativo, stante la sua giurisdizione esclusiva nelle procedure volte all’affidamento di contratti pubblici - ai sensi dell’art. 133 c.p.a. La Suprema Corte, al contrario, ha ritenuto attratta la lesione del diritto soggettivo nella giurisdizione del giudice ordinario. Tale orientamento è stato peraltro confermato da due sentenze della Cassazione del 2011 che, ritenendo di dover conferire alla responsabilità ex 1337 e 1338 c.c. natura di responsabilità contrattuale da contatto sociale qualificato, hanno individuato come giudice competente, alla definizione delle relative cause, il giudice ordinario.