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Pubbl. Ven, 26 Giu 2015

Incostituzionale il blocco degli stipendi ai pubblici dipendenti, ma la sentenza non ha effetti retroattivi.

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Eva Aurilia


Il blocco degli stipendi operava dal 2010. Per la Corte Costituzionale è illegittimo ma la sentenza non può avere efficacia retroattiva.


Con il D.L. 78/2010, convertito in L.122/2010, il Governo Berlusconi dettava "misure urgenti in materi di stabilizzazione finanziari e competitività economica", prevedendo, all'art. 9 del Titolo III, il "contenimento delle spese in materia di pubbligo impiego".

Il provvedimento veniva adottato alla luce della eccezionalità della situazione economica internazionale e al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi assunti in sede europea.
Così fu disposto che per gli anni 2011, 2012 e 2013, il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale e ivi compreso il trattamento accessorio, non potesse in ogni caso superare il trattamento ordinariamente previsto per l'anno 2010.

Nel nostro Paese ogni provvedimento di natura eccezionale presta in breve tempo il fianco a farsi regola, in particolare se ciò è in grado di donare ossigeno alle casse dello Stato. E così, i Governi successivi non disattendono le previsioni pregresse e riconfermano il blocco anche per gli anni successivi.

"Valutata la necessita' di adottare le ulteriori misure di razionalizzazione e contenimento della spesa in materia di pubblico impiego", il D.p.R. 122/2013 accorda una proroga, con scadenza al 31 dicembre 2014, alle previsioni di cui all'art. 9 del testo di Legge previgente.

Dal canto suo il Governo Renzi avrebbe disposto una nuova proroga fino al 31 dicembre 2015.

Tuttavia il 24 giugno è arrivata una sentenza attesa e da alcuni anche sperata.
Dispositivo quasi scontato, tuttavia, quello con il quale la Corte Costituzionale (motivazioni ancora non depositate) dichiara la illegittimtà costituzionale del blocco del trattamento economico dei dipendenti pubblici, mettendo al riparo il Governo dal dover riempire un vuoto che segna gli ultimi cinque anni.
La sentenza, infatti, non ha efficacia retroattiva, ma produrrà effetti solo a far data dalla sentenza stessa. Lascia quindi immutata la situazione pregressa.

Se la sentenza lascia contenti molti, resta il dato per cui ogni decisione del giudice delle Leggi è figlia di un compromesso senza fine tra ciò che è necessario salvaguardare e ciò che può essere salvato.
 

(in allegato il comunicato stampa della Corte Costituzionale)