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Pubbl. Ven, 29 Mar 2019

I presupposti della domanda di risarcimento del danno da ritardo della Pubblica Amministrazione

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Valeria Lucia


Recentemente la Sezione V del Consiglio di Stato, con sentenza del 10 ottobre 2018, n. 5834, ha chiarito i presupposti e gli indirizzi della prevalente giurisprudenza in materia di azione per il risarcimento del danno da ritardo della Pubblica Amministrazione


Sommario: 1. Il caso oggetto della pronuncia in esame. 2. Il ricorso innanzi al T.A.R. Lazio avverso il silenzio dell’Amministrazione con contestuale richiesta di risarcimento del danno da ritardo. 2.1. I motivi di ricorso e le difese dell’Amministrazione. 2.2. La decisione del T.A.R. Lazio in merito al silenzio dell’Amministrazione. 2.3. Il provvedimento adottato dall’Amministrazione. 2.4. I motivi aggiunti proposti dal ricorrente. 2.5. La decisione del T.A.R. Lazio in merito alla domanda di risarcimento del danno da ritardo. 3. Il giudizio di impugnazione innanzi al Consiglio di Stato. 3.1. I motivi della decisione. 3.2. Il principio di diritto.

1. Il caso oggetto della pronuncia in esame.

Un Raggruppamento Temporaneo di Imprese ha partecipato ad una procedura aperta di gara iniziata nell’aprile del 2013, per l’affidamento in concessione di un’area verde pubblica.

Con diffide intervenute tra gennaio e maggio del 2014, il Raggruppamento, dando per scontato di essere aggiudicatario definitivo della predetta procedura di affidamento, ha chiesto all’Amministrazione competente di concludere la procedura di gara, per procedere alla stipula del relativo contratto.

2. Il ricorso innanzi al T.A.R. Lazio avverso il silenzio dell’Amministrazione con contestuale richiesta di risarcimento del danno da ritardo.

2.1. I motivi di ricorso e le difese dell’Amministrazione.

In mancanza di riscontro alle predette diffide da parte dell’Amministrazione competente, nel 2015 il Raggruppamento ha proposto ricorso innanzi al T.A.R. Lazio per l’accertamento: dell’illegittimità del silenzio rifiuto e dell’inerzia in ogni caso serbata dall’Amministrazione; dell’intervenuta aggiudicazione definitiva in proprio favore; e per la condanna dell’Amministrazione alla stipula del conseguente contratto o, in ogni caso, a concludere la procedura di gara, con condanna al risarcimento del danno per effetto dell’inosservanza dei termini di conclusione del procedimento, da quantificarsi in corso di causa ovvero nella diversa misura liquidata in via equitativa ex art. 1226 c.c..

A sua volta, l’Amministrazione ha precisato di essersi determinata per la sola aggiudicazione provvisoria in favore del ricorrente, per cui quest’ultimo non può ritenersi aggiudicatario definitivo della gara.

2.2. La decisione del T.A.R. Lazio in merito al silenzio dell’Amministrazione.

La Sezione II bis del T.A.R. Lazio, con sentenza del 25 giugno 2015, n. 8695, in accoglimento del ricorso proposto dal Raggruppamento, restando riservata a rito ordinario la domanda risarcitoria in udienza che verrà fissata a richiesta di parte, ha ritenuto il ricorso fondato per la parte relativa al silenzio, ordinando all’Amministrazione competente di assumere un provvedimento espresso sulle istanze dei ricorrenti entro novanta giorni.

2.3. Il provvedimento adottato dall’Amministrazione.

La predetta Amministrazione, in adempimento del predetto ordine, ha adottato un provvedimento di revoca degli atti di gara per motivi di interesse pubblico sopravvenuti rispetto all’aggiudicazione provvisoria, ex art. 21 quinquies della Legge n. 241 del 1990, precisando altresì l'impossibilità di prendere in considerazione l'eventuale ricollocazione della concessione.

2.4. I motivi aggiunti proposti dal ricorrente.

Il Raggruppamento ha proposto motivi aggiunti al primo ricorso, chiedendo, altresì: l’annullamento del suddetto provvedimento di revoca; l’accertamento dell’obbligo di provvedere alla stipula del contratto, previa verifica dell’aggiudicazione definitiva, nonché, da ultimo, insistendo, per all’integrale risarcimento del danno per effetto dell’inosservanza del termine di conclusione del procedimento, da quantificarsi in corso di causa ovvero nella diversa misura liquidata in via equitativa ex art. 1226 c.c. e, ancora, dei danni derivanti dalla perdita dell’aggiudicazione e dell’impossibilità di eseguire il contratto a causa dell’illegittimità del provvedimento di revoca; nonché, nella denegata ipotesi in cui si riconoscesse la legittimità degli atti impugnati, per la condanna del Comune di Fiumicino al risarcimento dei danni subiti e subendi a titolo di responsabilità precontrattuale ai sensi dell’art. 1337 c.c., da quantificarsi in corso di causa e/o in via equitativa, oltre che alla corresponsione di un indennizzo ai sensi dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990.

2.5. La decisione del T.A.R. Lazio in merito alla domanda di risarcimento del danno da ritardo.

A questo punto, la Sezione II bis del T.A.R. Lazio, con sentenza del 13 luglio 2017, n. 3434, ai fini che qui rilevano, in merito alla domanda di risarcimento del danno da ritardo formulata con l’atto introduttivo, ha esposto le seguenti motivazioni in diritto.

La richiesta tipologia di danno, come noto, ha trovato espresso riconoscimento normativo con l’introduzione l’art. 2 bis della L. n. 241 del 1990, introdotto dalla lett. c) del comma 1 dell' art. 7 della L. 18 giugno 2009, n. 69.

Tale previsione, come precisato dal T.A.R. con la sentenza in esame, non può certo ritenere suscettibile di ristoro la mera indicazione de “il tempo perso”, dovendosi invece fare riferimento al danno prodotto nella sfera giuridica dell’istante “in conseguenza della inosservanza del profilo temporale”.

Infine, il T.A.R. ha ripercorso i presupposti che legittimano l’azione di risarcimento del danno da ritardo, rappresentando che «è necessaria l’identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità ai sensi dell'art. 2043 c.c., la quale impone che l’ingiustizia e la sussistenza stessa del danno non possano - in linea di principio - presumersi iuris tantum ma il danneggiato debba, ex art. 2697 c.c., provare tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda. In sintesi, richiede l’accertamento sia dei presupposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia di quello di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante)».

In mancanza, quindi, di elementi validi a supportare la fondatezza della pretesa risarcitoria, il T.A.R. ha respinto la suddetta domanda di risarcimento .

3. Il giudizio di impugnazione innanzi al Consiglio di Stato.

Il Raggruppamento, stante le suddette motivazioni del T.A.R., impugnava la sentenza n. 3434 del 2017 innanzi al Consiglio di Stato, chiedendone la riforma.

3.1. I motivi della decisione.

Il Consiglio di Stato, con la decisione in esame, nel confermare la sentenza impugnata, ha avuto modo di ribadire l’infondatezza di una tale domanda, essendo sprovvista di prova sia in ordine alla spettanza sua propria, che rispetto alla prova del danno e della sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa.

La decisione in esame, infatti, ha ribadito che con l’entrata in vigore dell’art. 2bis della Legge n. 241 del 1990 l’interesse procedimentale al rispetto dei termini dell’azione amministrativa non ha assunto il valore di bene della vita, non potendo quindi essere valutato senza considerare la spettanza dell’interesse sostanziale per cui all’Amministrazione è chiesto un intervento. In linea, peraltro, con i precedenti insegnamenti della giurisprudenza amministrativa precedente all'entrata in vigore della suddetta norma, per cui, in ogni caso, è necessario valutare la spettanza del bene vita richiesto nel procedimento in cui l'Amministrazione adotti le sue determinazioni con ritardo.

Senza considerare che, oltre alla verifica in ordine alla spettanza del bene vita, in ogni caso, la responsabilità dell'Amministrazione per il danno da ritardo nell’esercizio dell’azione amministrativa sussiste solo in presenza di determinati presupposti, ovvero: la constatazione della violazione dei termini del procedimento; l’elemento soggettivo rappresentato dal dolo o quanto meno la colpa dell’Amministrazione in relazione alla mancata adozione del provvedimento richiesto; il nesso di causalità tra il danno lamentato dall’istante e il ritardo dell’Amministrazione, nonché, da ultimo, la prova del danno (in termini, tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 23 giugno 2017, n. 3068; IV, 2 novembre 2016, n. 4580; IV, 6 aprile 2016, n. 1371).

3.2. Il principio di diritto.

Pertanto, come ha avuto modo di chiarire il Consiglio di Stato con la decisione in esame, « nel sistema attualmente vigente, il risarcimento del danno da ritardo, relativo ad un interesse legittimo pretensivo, non può essere avulso da una valutazione concernente la spettanza del bene della vita ed è subordinato, tra l’altro, anche alla dimostrazione che l’aspirazione al provvedimento sia destinata ad esito favorevole e quindi alla dimostrazione della spettanza definitiva del bene della vita collegato a tale interesse»;